Martedì sera si alza il sipario sull’“Apocalisse” del Teatro dell’Archivolto all’Electra di Iglesias.
Si alza il sipario sull’“Apocalisse” del Teatro dell’Archivolto, pièce originale tratta dai racconti di Niccolò Ammaniti, con il contributo di Antonio Manzini, che vede protagonista un funambolico Ugo Dighero, per la regia di Giorgio Gallione, in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo (con lo slogan “Giù la Maschera!”, che rimanda al potere svelante delle atti della scena). Visioni e storie della “fine del mondo” con lo spettacolo, un autentico one-man-show (impreziosito da scene e costumi di Lorenza Gioberti e dal disegno luci di Aldo Mantovani) che debutterà in prima regionale martedì 21 aprile alle 20.30 al Teatro Electra di Iglesias.
Lo spirito profetico delle antiche rivelazioni s’incarna nel protagonista, afflitto da un misterioso e terribile morbo che rende faticoso e doloroso ogni suo gesto, perfino sorridere o respirare, figurarsi fare all’amore: rinchiusosi volontariamente in una sorta di bunker, egli racconta il declino della civiltà attraverso le immagini di un’umanità irrimediabilmente perduta, tra zombies laureati e folli chirurghi plastici, feroci poliziotti-giustizieri e ultras demenziali – senza risparmiare il luccicante mondo dello spettacolo, in cui trionfano sedicenti cabarettisti e stelline senza talento. L’“Apocalisse” dell’Archivolto (in cui si fondano e si intrecciano le trame e i personaggi de “Lo zoologo” (tratto da “Fango”) e “Sei il mio tesoro”, pubblicato nel volume “Crimini”) è quindi «una perfida parodia di una società alla deriva, un po’ operetta a/morale e un po’ favola nera. Ma… le favole sono cambiate e “nella bocca dei poeti anche la bellezza è terribile”».
I racconti di Niccolò Ammaniti sono commedie grottesche, al limite dell’inverosimile, che utilizzano spesso un linguaggio senza ipocrisie, duro, spudorato e vorace; vicende paradossali dove il delirio comico e l’immaginario sfrenato convivono ed esplodono sulla pagina. Apocalisse monta e incrocia in palcoscenico due racconti scritti in tempi molto diversi: Lo zoologo (tratto da “Fango”) e Sei il mio tesoro (pubblicato nel volume “Crimini”). Queste due storie si innestano nella vicenda di un uomo colpito da un morbo misterioso contratto con l’avvicinarsi di una sorta di Apocalisse globale, arrivata senza trombe del giudizio ad annunciarla. Ma ormai per lui e – teme – per tutti, qualsiasi processo biologico provoca disagio, dolore: dal camminare alla crescita della barba, dal sorridere al fare all’amore. Allora, barricato in una devastata casa / hangar, con le ultime forze scrive e racconta storie simbolo di questo progressivo disfacimento dell’umanità e del mondo. Vengono così evocati sulla scena zombie che prendono la laurea e folli chirurghi plastici, poliziotti antidroga dal grilletto facile, ultras demenziali e violenti, cabarettisti cialtroni e starlette formose dal dubbio talento. Ne viene fuori uno spettacolo che è una perfida parodia di una società alla deriva, un po’ operetta a/morale e un po’ favola nera. Ma, lo sappiamo, nel tempo dell’Apocalisse le favole sono cambiate e «nella bocca dei poeti anche la bellezza è terribile».