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L’eradicazione della Peste suina africana (PSA) in Sardegna è vicina, un obiettivo atteso da 40 anni, da quando la malattia arrivò dalla penisola iberica. Dagli ultimi dati presentati oggi, durante una conferenza stampa a Villa Devoto a Cagliari, le misure adottate nel corso degli ultimi 4 anni e intensificate dal 2017 hanno portato a un forte miglioramento della situazione PSA nei suini domestici e nei cinghiali. Secondo il report, illustrato dal presidente Francesco Pigliaru e dai vertici dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della malattia, «la PSA è attualmente riscontrata, pressoché esclusivamente in alcune aree della Sardegna centrale, prevalentemente nei maiali bradi ancora presenti e in minor misura in alcune popolazioni di cinghiali. Molto probabilmente, il virus della PSA non è in grado di persistere nei soli cinghiali, in cui appare in via di graduale auto-estinzione. Le azioni di depopolamento dei maiali bradi ancora presenti continueranno quindi nelle prossime settimane e mesi, mentre la definitiva eradicazione della PSA è prevista nel 2019/2020».
Nella presentazione del rapporto, sul piano più prettamente tecnico-scientifico, sono intervenuti il responsabile dell’UdP e direttore generale della Presidenza della Regione, Alessandro De Martini, il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS), Alberto Laddomada, e il Coordinatore unico per la lotta alla PSA dell’ATS, Franco Sgarangella. Proprio Sgarangella ha rappresentato l’UdP, ieri a Bruxelles, alla riunione tecnica con una delegazione della Sanità animale della Commissione europea, a cui ha partecipato anche il ministero della Salute, in cui sono stati illustrati i notevoli progressi raggiunti dalla Regione Sardegna nell’eradicazione della PSA.
«L’eradicazione della Peste suina, che ha tenuto i nostri territori in ostaggio per quarant’anni, era un obiettivo di legislatura – ha detto il presidente Pigliaru -. Aver affrontato questa battaglia complicata in modo così articolato, con capacità, determinazione, coraggio, arrivando a un risultato tanto positivo, è uno dei grandi successi della nostra azione di governo. Ci sono ancora passaggi da fare, naturalmente, ma vuol dire che abbiamo consolidato la lotta, coinvolto i territori, cambiato il clima e la prospettiva non solo in Sardegna ma anche a Bruxelles, da dove oggi finalmente arriva una apertura importantissima. Vuol dire che abbiamo fatto quello che nessuno aveva fatto prima, che siamo a un passo dalla vittoria definitiva, storica. È un caso di successo basato su punti chiari: abbiamo modificato i livelli di responsabilità – ha spiegato – sollevando i Sindaci dalla difficoltà della gestione diretta del problema e nello stesso tempo abbiamo individuato e seguito un modello scientifico che ha già funzionato in Estremadura cambiando l’economia di un’intera regione. Ancora, abbiamo facilitato in tutti i modi possibili l’uscita dall’illegalità. Siamo riusciti a fare tutto questo attraverso la formula di governance dell’Unità di Progetto, che si è rivelata vincente anche per il programma Iscol@. La storia di questa battaglia è la storia di un lavoro di squadra che ha coinvolto e messo insieme moltissime persone, cittadini, professionisti, amministratori, istituzioni di ogni livello – ha concluso Francesco Pigliaru -, che ha ringraziato quanti hanno lavorato per raggiungere il risultato. Nella considerazione dell’Europa stiamo passando dall’essere gli ultimi della classe a diventare un modello per gli altri, è un successo che appartiene a tutta la Sardegna e di cui andiamo orgogliosi».
«Il risultato di oggi è il coronamento di quanto messo in campo dal Sistema Regione, con impegno e determinazione, in questi ultimi 5 anni. Nel 2014 il ministero della Salute voleva commissariare la Sardegna in conseguenza della disastrosa situazione venutasi a determinare a seguito dell’esplosione di focolai nel biennio 2012-2013. Da lì è partita la scelta della Giunta di fare delle battaglia contro la PSA un impegno di legislatura». Così Alessandro De Martini che ha aggiunto: «Il 2014 non era l’anno zero, ma eravamo al 36esimo anno di presenza della malattia in Sardegna. Siamo quindi partiti dall’analisi degli errori del passato per costruire un piano d’intervento che avesse un approccio innovativo. Per fare questo abbiamo, con umiltà, cercato l’aiuto dei maggiori esperti sul campo; li abbiamo trovati in Sardegna e all’estero e con loro abbiamo elaborato la strategia d’intervento e pianificato le attività di questi anni. La questione della PSA in Sardegna – ha proseguito il responsabile dell’Unità di Progetto – coinvolge diversi temi e, tra questi, l’uso delle terre civiche e la gestione dei controlli che spettano alle amministrazioni locali in tema sanitario. E proprio avendo cura delle inevitabili difficoltà degli amministratori locali, abbiamo lavorato affinché il Consiglio regionale votasse la legge 34 del 2014 che ha permesso, tra l’altro, di sollevare i sindaci da responsabilità legate al tema degli abbattimenti, allontanando il più possibile dai Comuni la gestione di questi momenti di crisi. In ogni abbattimento, di animali non registrati e di cui fosse ignota la proprietà, i sindaci sono stati sempre informati a operazione in corso e mai prima». A questo si aggiunga che è stato avviato un confronto aperto con tutti gli attori coinvolti nella problematica: amministratori locali, allevatori e loro rappresentanze, cacciatori e loro associazioni e con tutti è stata intrapresa una forte collaborazione che ha contribuito grandemente al raggiungimento del risultato di oggi.
Nel fare un bilancio dell’incontro di ieri a Bruxelles, Alessandro De Martini ha spiegato che ormai ci sono tutte le condizioni per la regionalizzazione del tema PSA in Sardegna, ovvero suddividere l’Isola in zone infette e indenni, così da permettere a queste ultime di riprendere la commercializzazione delle carni e dei suoi derivati fuori regione. I tempi attesi per la riapertura dell’export sono di circa 6 mesi.
Il responsabile dell’Unità di Progetto ha inoltre ricordato che, proprio per le limitazioni dovute alla PSA che impediscono il trasporto fuori dall’Isola degli scarti di macellazione e lavorazione delle carni suine, il presidente della Regione ha dovuto adottare delle ordinanze contingibili e urgenti per consentire la prosecuzione delle macellazioni e delle lavorazioni. Però ha sottolineato anche che il prossimo 2 marzo scade, improrogabilmente l’ultima ordinanza (la quarta dal 2016) che il Presidente della Regione può emettere. A questo punto, considerato che le strutture in grado di trattare questa tipologia di scarti presenti in Sardegna non sono assolutamente sufficienti, è necessario che il ministero della Salute autorizzi il trattamento degli scarti di macellazione negli impianti del territorio nazionale. Sino ad oggi il Ministero della Salute, a fronte di specifiche richieste della Regione, ha sempre negato questa autorizzazione ma, in considerazione dei risultati ottenuti, diventerebbe difficilmente comprensibile un ulteriore diniego.
«Oggi – ha osservato Alberto Laddomada – siamo riusciti ad eliminare buona parte dei suini bradi presenti in Sardegna. E l’impatto di questa misura è stato una forte riduzione della presenza del virus nei cinghiali selvatici, che stiamo osservando in particolare sui campioni raccolti durante la stagione venatoria ancora in corso. Inoltre, si è molto ridotta anche la proporzione di cinghiali con anticorpi, che negli animali giovani – sotto i 18 mesi di età – è al di sotto dell’1%, ulteriore dato che suggerisce che la malattia è in via di estinzione tra i selvatici. Infine, è da più di quattro mesi che non si verifica nessun focolaio di malattia nei suini domestici. Se nei prossimi mesi – ha concluso il direttore generale dell’IZS – riusciremo a eliminare gli ultimi animali bradi, potremmo pervenire alla eradicazione della malattia già nel corso di quest’anno, o al più tardi nei primi mesi del 2020.»
«In questi anni – ha detto Franco Sgarangella – noi veterinari abbiamo chiesto molti sacrifici agli allevatori con cui abbiamo lavorato costantemente e fattivamente per accompagnare le aziende su percorsi rispettosi delle norme igienico sanitarie e di biosicurezza. Lo stesso abbiamo fatto con i cacciatori nella raccolta dei campioni dai cinghiali abbattuti. Dall’incontro di ieri a Bruxelles è emersa una importante apertura della Commissione UE relativamente all’export dei prodotti suini sardi.»
Le misure di controllo della PSA si focalizzano sulle tre popolazioni di suini della Sardegna: circa 178mila capi domestici allevati in 14034 aziende; circa 90mila cinghiali presenti nell’Isola; qualche centinaio di maiali bradi illegali ancora presenti nei territori, spesso più inaccessibili, di 7/8 Comuni tra Barbagia ed Ogliastra.
Le novità più incoraggianti, e che fanno ben sperare in una prossima eradicazione della PSA, giungono dai dati elaborati sulle analisi di laboratorio effettuate nei campioni prelevati dai cinghiali selvatici dove è stata riscontrata una notevole regressione del virus (che indica infezione recente) di oltre il 95% rispetto al passato. Si è passati infatti da una presenza del virus nell’1,69% dei cinghiali analizzati nel triennio 2012-15 allo 0,67% nel 2015-2018 e allo 0,08 registrato tra il 2018-2019. In parallelo, è diminuita anche la presenza di cinghiali trovati positivi agli anticorpi contro la PSA: dal 2012 ad oggi, si è scesi dall’8,5%, poi al 4,9% e, infine, all’1,87% della stagione venatoria in corso. Grazie alla collaborazione dei cacciatori, il numero dei campioni analizzati è cresciuto di anno in anno, attestandosi ultimamente sui 12mila campioni, e questo consente di avere un quadro sempre più preciso della situazione.
Sono sostanzialmente tre le azioni che hanno alimentato il trend positivo: l’avvio, nella primavera del 2015, del nuovo programma di eradicazione da parte dell’UdP, l’intensificazione dei controlli veterinari (secondo semestre 2017) da parte dell’ATS anche grazie alla creazione dei GIV (Gruppo di intervento veterinario) e dal dicembre 2017 il depopolamento massivo dei maiali bradi e irregolari.
Dal 2015 a oggi sono stati abbattuti 3.892 maiali bradi: 478 nel 2015-2016, 616 nel 2017, 2652 nel 2018 e 146 nel 2019. Il pascolo brado, vietato da quarant’anni, non è mai stato contrastato adeguatamente come in quest’ultimo triennio. Quasi 500 maiali bradi sono stati abbattuti nel 2016, dopo una prima finestra di regolarizzazione/emersione degli allevamenti illegali. L’attività di depopolamento è stata rivista e rafforzata nel 2017 dopo una seconda finestra. Quasi 3.500 capi bradi abbattuti tra il dicembre 2017 e metà gennaio 2019 (oltre il 90% in Barbagia e Ogliastra). I test di laboratorio hanno confermato in modo inequivocabile che i maiali bradi sono la prima fonte e serbatoio di virus, con positività del 70% in alcuni territori. Oltre 200 suini, inoltre, sono stati abbattuti in aziende registrate, ma con gravi irregolarità. Le “finestre” di regolarizzazione hanno comunque consentito la emersione di circa 500 allevamenti, ora registrati e regolarmente sottoposti ai controlli veterinari previsti dalle norme.
Se nel triennio 2012-2014 i focolai registrati nelle aziende erano stati 223, con un picco di 109 nel 2013, nel triennio 2015-2017 si è scesi a 56, mentre nel 2018 ci si è fermati a 5.
Tra il 2015 e il 2018, con il dato ancora in aggiornamento sull’ultima annualità, sono stati effettuati un totale di circa 200mila controlli nelle aziende e lungo la filiera suinicola, con un costante aumento delle attività nel corso degli anni.
La riunione del Comitato Veterinario Permanente, tenuta ieri a Bruxelles, aveva all’ordine del giorno la situazione epidemiologica della Sardegna sulla presenza della PSA. Il quadro è stato presentato dal rappresentante della Regione Sardegna e dell’Unità di Progetto, Franco Sgarangella, e dal direttore generale del ministero della Salute, Silvio Borrello. Il direttore ha illustrato i dati elaborati dalla Regione che evidenziano un marcato miglioramento, in questi ultimi anni, della situazione epidemiologica sia negli allevamenti domestici sia nei cinghiali, con il contrasto al pascolo brado illegale ormai limitato ad alcune zone della Sardegna Centrale dove, nel 2018, si sono verificati 5 focolai nel domestico.
Tutti i rappresentanti della Commissione europea hanno sottolineato e apprezzato il grande lavoro fatto dalla Regione Sardegna e da tutte le amministrazioni coinvolte in collaborazione con il Ministero. I responsabili della Commissione Europea hanno incoraggiato il Ministero e la Regione ad andare avanti sulla strada intrapresa aprendo alla prossima “regionalizzazione” della Sardegna e quindi alla possibilità di riavviare l’export. Le buone pratiche utilizzate in Sardegna sono state sottolineate dai Commissari europei e da diversi Paesi membri che si sono complimentati per il lavoro svolto.
Dalle esperienze maturate tra il 1978 e il 2014 la Giunta Pigliaru ha valutato punti di forza e di debolezza nei diversi piani di eradicazione messi in campo dalla Regione in questi decenni. Il passaggio principale che ha determinato un cambio di rotta rispetto al passato è la nascita dell’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della PSA in Sardegna. L’UdP, vera novità sul piano organizzativo, per la prima volta ha messo in stretto collegamento tutti i soggetti istituzionali, e non solo, coinvolti nella lotta al virus. Un coordinamento che ha permesso di attivare un lavoro di squadra mai visto sul piano legislativo e quindi operativo nelle diverse azioni intraprese per debellare la malattia. L’UdP ha una organizzazione piramidale dove sono chiari: responsabilità, compiti e obiettivi. E dove l’informazione e il dialogo non impediscono un processo decisionale rapido ed efficace. Proprio l’approvazione della legge 34 del 2014, licenziata dal Consiglio Regionale, ha permesso per la prima volta di sollevare i sindaci, troppo esposti, dalle attività di abbattimento degli animali irregolari.
L’UdP ha coordinato le azioni degli Assessorati di Sanità, Agricoltura e difesa dell’Ambiente, dell’Azienda Tutela della Salute (ATS), dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS), del Corpo forestale e di Vigilanza ambientale, delle Agenzie regionali Forestas e Laore Sardegna. Ha poi collaborato con le istituzioni governative e dell’Unione europea, con le Prefetture e le forze di polizia nazionale, con le comunità locali e con i sindaci, con Università e Centri di ricerca nazionali ed esteri, con allevatori e trasformatori e le loro rappresentanze di categoria, con i cacciatori e le associazioni venatorie. Proprio attraverso la straordinaria collaborazione delle compagnie di caccia si è riusciti a monitorare costantemente la presenza della PSA nei cinghiali selvatici. L’Unità di Progetto ha inoltre promosso campagne informative e corsi di formazione per i cittadini e i diversi portatori di interesse.
Novità importanti, che hanno contribuito a migliorare notevolmente le attività di contrasto alla PSA, sono arrivate attraverso la riorganizzazione dei servizi veterinari che ha permesso un particolare rafforzamento dei controlli lungo tutta la filiera suina: allevamenti, macelli, punti di trasformazione e vendita, ristoranti, agriturismo, porti e aeroporti. I servizi veterinari sono stati infatti inseriti nell’ATS, mentre l’eradicazione della PSA è stato uno degli obiettivi fondamentali assegnato al direttore generale ATS, Fulvio Moirano, da parte della Giunta. Altro impulso positivo è arrivato con la nomina del Coordinatore unico per la lotta alla PSA all’interno dell’ATS, Franco Sgarangella. Ha inoltre contribuito alla buona riuscita delle attività la rotazione dei veterinari ufficiali, la creazione di 12 team addizionali (veterinario + agente tecnico), in forza all’UdP e seguiti dal Coordinatore unico, il piano interno dell’ATS per verificare l’efficacia dei controlli e la riorganizzazione dell’ufficio sanzioni.