Successo della manifestazione “Educhiamoci al rispetto” organizzata a Quartu dai Riformatori sardi.
La violenza, sulle donne e sui minori, ma anche sugli anziani, è ormai una piaga sociale ed è sempre più necessario educarci al rispetto. E’ questo il messaggio lanciato oggi durante la manifestazione, dal titolo appunto “Educhiamoci al rispetto”, promossa dai Riformatori sardi con la collaborazione e grazie ai maestri Alessandro Marciali e Sabrina Pili (Tempio di Shaolin Quartu) che si è tenuta nel campo da basket del Lungomare Poetto di Quartu.
Ma è stata anche l’occasione per fare il punto sulla situazione della sicurezza a Quartu. «Noi vogliamo che i quartesi si sentano sicuri a casa loro – hanno detto i Riformatori sardi – vogliamo che le donne possano passeggiare serene senza paura, che i bimbi possano andare tranquilli a scuola, che nelle nostre strade il Comune debba garantire sicurezza a tutti».
«Una donna su tre in una età compresa tra i 16 e i 70, è stata vittima di violenza – spiega Elena Secci, coordinatrice cittadina di Quartu dei Riformatori sardi – il 35% delle vittime non presenta denuncia; 63 sono le donne uccise da gennaio a giugno di quest’anno il 13% di queste aveva chiesto aiuto per stalking; negli ultimi 12 mesi sono 152 le donne uccise, 179 femminicidi (una vittima ogni due giorni) solo nel 2013, e cioè il 14% in più rispetto ai 157 del 2012; 7 femminicidi su dieci si consumano all’interno del contesto familiare, contesto familiare dove i minori sono spettatori e troppo spesso ulteriori vittime. La violenza psicologica è ancora più alta, raggiunge il 43% e comprende, violenza economica, impedimento alla libertà di movimento, controllo, minacce.»
Danilo Pillitu, vice coordinatore del partito, ha parlato del bullismo. «Una piaga sociale – ha detto – su cui è necessario intervenire con forza. Il bullismo tra i ragazzini è il primo stadio della violenza: una violenza ormai non solo fisica ma anche psicologica, attuata con i moderni mezzi della tecnologia. Con i social network in particolare. Dobbiamo fare rete: istituzioni, scuola, famiglie per evitare che queste cose succedano.»