2 November, 2024
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«Chiederemo all’assessore Mario Nieddu di bloccare i bandi del 19 luglio scorso che consentono sulla carta anche agli psicologi di dirigere i centri di salute mentale. Con tutto il rispetto per questa importante professione riteniamo che ci debba essere uno psichiatra al vertice di strutture come queste. E lo dico da medico, prima ancora che da presidente della commissione Sanità del Consiglio regionale che si sta occupando di tracciare il riordino della materia, in stretta collaborazione con l’assessore. Questa è una commissione che sino a oggi ha lavorato unita per affrontare i problemi, non ha fatto parti politiche.»

Parole dell’on. Domenico Gallus, a capo del “parlamentino” della Sesta commissione che ieri ha audito la professoressa Liliana Lorettu (direttrice della Clinica psichiatrica dell’Università di Sassari), Graziella Boi (Direttrice del centro per il trattamento dei disturbi psichiatrici correlati ad alcol e gioco d’azzardo, Cagliari) e Chicco Trincas (direttore del servizio psichiatrico del sud Sardegna.

I tre professionisti, anche in rappresentanza di un vastissimo numero di colleghi sin sono rivolti alla commissione Sanità per segnalare «l’enorme difficoltà di funzionamento del servizio» e hanno denunciato «accorpamenti effettuati senza criterio con gravissimi disagi per i pazienti e per le loro famiglie». In questo scenario «la Sardegna conta il più alto numero di suicidi in Italia rispetto alla popolazione mentre in mancanza di strutture territoriali i pazienti arrivano in emergenza al Servizio psichiatrico, con evidente e pericoloso sovraffollamento».  

In commissione Sanità sono stati auditi anche i medici di famiglia che fanno parte del Simeg e del Sigm, rappresentati dal dottor Carlo Piredda.

A seguire, l’associazione Audiente Onlus con la presidente Luisa Guarenti, che ha portato all’attenzione dei commissari il problema della riabilitazione dei bambini sardi affetti da sordità (una ventina di casi ogni anno) e ha ricordato l’importanza dello screening neonatale e della diagnosi precoce. «Il rischio – ha detto Alfio Desogus, presidente Fish Sardegna – è che la sordità non curata provochi il mutismo e quindi l’handicap. Il diritto alla parola è costituzionalmente garantito e deve essere assicurato a tutti.»

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La commissione Sanità presieduta da Raimondo Perra (Cps-Psi) ha ascoltato le relazioni delle associazioni più rappresentative dei disabili uditivi nell’ambito dell’esame della PL n. 453 (Moriconi e più) sottoscritta da gruppi di maggioranza ed opposizione.

A nome dell’Ens (Ente nazionale sordi) il presidente regionale Gianfranco Cappai ha auspicato che la nuova legge aumenti le opportunità di inclusione dei disabili nella vita sociale.

Sempre in rappresentanza dell’Ens, Alessandra Farris ha definito la legge “un ottimo punto di partenza”, sottolineando che il mondo della sordità è composto da tanti differenti percorsi sul piano riabilitativo ed educativo, frutto di scelte legittime che vanno rispettate. «L’importante – ha sottolineato – è che tutti si sentano cittadini titolari di diritti avendo a disposizione le stesse opportunità anche se, ovviamente, il mondo è a misura di persone udenti». «La sordità tuttavia – ha proseguito – non è una malattia ma un deficit da compensare e può essere compensato benissimo con una serie di interventi mirati: dallo screening neo-natale all’utilizzo delle tecnologie, dalla formazione degli operatori di supporto all’affermazione di una cultura nuova che, ad esempio, non confini i sordi in lavori a bassa capacità perché invece possono fare tutto e per questo si sentono più integrati se valutati in base al merito ed alla competenza e non per la loro condizione».

In rappresentanza della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) il presidente regionale Alfio Desogus ha espresso alcune riserve sulla parte della legge che, in nome della libertà di scelta, prevede il riconoscimento della Lis (linguaggio dei segni) sostenendo che, in realtà, «il riferimento corretto è quello alla Convenzione Onu del 1948 sui diritti umani che equipara la comunicazione ad un diritto umano e individua la parola come verso umano accompagnato da espressioni del viso con caratteri di universalità tali da consentire all’individuo di entrare in relazione con le altre persone».

«Questo diritto umano – ha aggiunto – non può essere esercitato con il linguaggio dei segni che, come strumento di comunicazione mediata, non è di inclusione ma di discriminazione oltre che limitativo dell’autonomia personale.»

«Va poi considerato – ha concluso, il diritto alla salute che in Sardegna richiede – lo screening audiologico neonatale, la diagnosi precoce, un servizio logopedico organizzato sul territorio per la presa in carico del bambino presso i centri specializzati.»

Anche Cesarina Pibiri, esponente dell’associazione Audientes, ha osservato che la legge «propone un approccio superato alla sordità equiparando il linguaggio dei segni all’intervento linguistico vero e proprio, perché soprattutto i bambini tendono a scegliere la strada più facile salvo poi trovarsi in difficoltà durante l’età dello sviluppo». «Come mamma di un bambino nato sordo – ha ricordato – dopo un primo periodo con gli insegnanti di sostegno ho girato l’Italia per trovare una cura efficace ed anche ora la situazione in Sardegna non è molto diversa soprattutto per i bambini piccoli: a volte nelle strutture sanitarie mancano strumenti che costano pochissimo, mancano reparti di chirurgia infantile e perfino le protesi sono a pagamento mentre nella Penisola rientrano all’interno dei Lea. Ciò che bisogna privilegiare – ha concluso – è l’accompagnamento degli individui col deficit uditivo alla formazione di una personalità autonoma perché solo questo consente una vera integrazione».

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Il Terzo Settore è un mondo vasto e variegato che conta in Italia centinaia di migliaia di organizzazioni non a scopo di lucro avvalendosi dell’apporto professionale di 1 milione di lavoratori e 5 milioni di volontari.

E’ un modello di infrastrutturazione sociale che viene da lontano, un percorso che – sul piano legislativo – si fa risalire agli anni ’90 con le leggi sulle associazioni di volontariato (266/91), sulla cooperazione sociale (381/91), sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), passando dalle norme che hanno promosso l’istituzione delle ONLUS (460/97). Le organizzazioni che si riconoscono in questa cornice normativa sono fondate su principi di solidarietà e democrazia, orientate alla realizzazione di attività solidaristiche, di tutela dei diritti, di promozione sociale, di mutualità e gratuità. Organizzazioni entro le quali una parte rilevante delle attività si sviluppa attraverso la donazione di tempo a titolo gratuito e di volontariato.

In Sardegna le attività volontaristiche rese all’interno delle associazioni di volontariato contano l’apporto di circa 100mila persone; a queste vanno sommate le attività di volontariato prestato dentro le cooperative sociali di tipo B, quelle che si occupano di inserimento lavorativo di persone in particolari condizioni di svantaggio personale e sociale; inoltre bisogna annoverare la disponibilità dei soci delle associazioni di promozione sociale, che in migliaia di strutture di base rendono possibile la realizzazione delle attività sociali grazie al volontariato. A tutto ciò va aggiunto il tanto lavoro volontario che cittadini – anche non organizzati all’interno di associazioni e cooperative – prestano in modo estemporaneo negli ambiti più svariati (cultura, tempo libero, sport, ambiente, cittadinanza attiva).

La riforma del Terzo Settore avvia un percorso di sostegno a tutti questi enti con l’esplicita ambizione di una maggiore interconnessione tra tutte le anime che lo compongono, attraverso una notevole semplificazione normativa e un unico registro nazionale che tuttavia non cancellerà le identità storiche.

La promozione del settore si svilupperà attraverso agevolazioni fiscali, maggiore limpidezza nelle modalità di collaborazione con gli enti pubblici, maggiore chiarezza e trasparenza nei bilanci e nelle rendicontazioni, utilizzo di strumenti di sostegno finanziario innovativi (social bonus), riconoscimento delle attività di volontariato svolte in ogni Ente di Terzo Settore e quindi potenziamento dell’apporto gratuito in tutte le organizzazioni che lo compongono e valorizzazione della figura del volontario.

La riforma istituisce anche il Servizio Civile Universale, con maggiori opportunità che verranno offerte ai giovani per prestare il proprio servizio in Italia e all’estero. Favorisce l’estensione nel sostegno ai Centri di Servizio per il Volontariato (in Sardegna si tratta del CSV Sardegna Solidale – gestito dall’Associazione la Strada e attivo dal 1998 – che ha gestito da allora oltre 30 milioni di euro in attività svolte dalle associazioni di volontariato aderenti), estendendo la governance a tutto il Terzo Settore, attraverso un’organizzazione condivisa e democratica, con una propria personalità giuridica, improntata al principio della “porta aperta”.

La riforma del Terzo Settore in Sardegna riguarderà 1.725 associazioni di volontariato, oltre 800 cooperative sociali, migliaia di circoli e strutture di base delle associazioni di promozione sociale e altri enti non lucrativi. Si stima vengano interessate oltre 8 mila organizzazioni, anche raggruppate in reti associative, al cui interno operano oltre 14 mila lavoratori e centinaia di migliaia di cittadine e cittadini sardi.

Per tutto questo la riforma è certamente una grande sfida che vogliamo affrontare con fiducia, riguarda tutto il mondo della solidarietà organizzata, l’economia sociale ed il volontariato in senso lato. È un grande potenziale riconosciuto da tutti e approvato dal Forum Nazionale del Terzo Settore che raggruppa tutte le nostre sigle.

Per questo rimaniamo sorpresi nel leggere l’attacco portato da una parte delle associazioni sarde di volontariato a nome di tutto il Terzo Settore sardo. Attacco in cui non ci riconosciamo e non si riconoscono le altre sigle del Terzo Settore in Sardegna. Un attacco mistificatore che richiama un’unità che in Sardegna non esiste e che riguarda solo una frazione di questo grande mondo, quello  che aderisce al CSV Sardegna Solidale. C’è tanta altra parte di volontariato nella nostra regione che non ci si riconosce e guarda con spirito positivo il percorso riformatore sui Centri di Servizio per il Volontariato basato sul principio della “porta aperta”.

La Regione Sardegna – per la competenza data dal suo Statuto Autonomo – dovrà avviare un proprio percorso attuativo che potrà essere l’occasione per iniziare una nuova stagione, in cui il mondo del Terzo Settore regionale si metterà al servizio di tutta la società sarda.

Francesco Sanna (confcoop federsol), Alfio Desogus (FISH), Tore Farina (UISP), Franco Marras (ACLI), Andrea Pianu legacoopsic, Franco Uda (ARCI)

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Venerdì 27 ottobre 2017, alle ore 16.00, presso l’Aula Magna “Vera Cao Pinna” della Facoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche, in Viale Fra Ignazio 74, a Cagliari, si terrà l’incontro dal titolo “La Riforma del Terzo Settore. Nuove opportunità, nuovo sviluppo” organizzato da Acli Sardegna, Arci, Confcooperative, Fish, UISP, Legacoop sociali Sardegna.

In vigore dal 3 agosto di quest’anno, il Codice del Terzo Settore riordina finalmente la legislazione riguardante l’attività delle organizzazioni del Terzo Settore. Quello della Riforma del Terzo Settore è un cammino iniziato già nel 2014, culminando nel 2016 con la legge delega al Governo che sarà completato con i decreti ministeriali che ne permetteranno una concreta attuazione. Tante le novità di questa riforma, fra le quali l’abrogazione di alcune normative e la nuova denominazione delle organizzazioni del Terzo Settore che si chiameranno ora Enti del Terzo Settore (Ets) e comprenderanno sette tipologie diverse di organizzazioni.

All’incontro di approfondimento sarà presente Luigi Bobba, sottosegretario al Welfare, che ha promosso ed accompagnato la riforma, insieme ad altri ospiti tra i quali Franco Marras (Acli Sardegna), Franco Uda (Arci Sardegna), Maria Pina Casula (UISP Sardegna), Silvio Lai (senatore della Repubblica), Francesco Sanna (Federsolidarietà Sardegna), Alfio Desogus (Fish Sardegna), Valter Piscedda (consigliere regionale RAS), Andrea Pianu (Legacoop Sociali Sardegna) e Carlo Mannoni (Fondazione di Sardegna).

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L’Alleanza contro le povertà contesta le linee guida sul Reddito di Inclusione sociale approvate ieri dalla Giunta Pigliaru.

«Le nuove linee guida sul Reddito di Inclusione sociale non saranno efficaci e rischiano di far naufragare il percorso di contrasto alle povertà – denunciano Michele Carrus, Franco Marras, don Marco Lai, Ignazio Ganga, Federica Ticca, Emiliano Deiana, Anna Melis, Alfio Desogus, Fabio Onnis, Giorgio Vargiu, presidenti e segretari delle organizzazioni aderenti all’Alleanza –. Nonostante i ripetuti richiami dell’Alleanza, l’assessore alla Sanità ha portato in Giunta un nuovo documento di linee guida per l’attuazione del Reddito di Inclusione Sociale (REIS) che manca di molti degli elementi necessari a rendere efficaci gli interventi pensati dalla nuova legge regionale e coerenti con la nuova misura nazionale REI.»

Il documento non considera il necessario gradualismo tra vecchie misure e nuovi meccanismi e rischia di escludere molti poveri dal sostegno – aggiungono -. Ci si stà ponendo rispetto ad una novità rilevante di politica sociale in atteggiamento di forte distacco dalle reali necessità dei poveri e degli attori che devono accompagnare le persone e le loro famiglie verso l’autonomia. Il Reis potrà funzionare solo se le comunità locali saranno in grado di progettarne ed attuarne le azioni con il sistema dei servizi del lavoro, della formazione, dell’istruzione e della sanità, con un’azione sinergica di tutte le sue componenti e non come misura calata dall’alto.»

«Nulla di tutto questo è definito e pertanto la strada così tracciata non potrà che portare al fallimento della misura. Ci appelliamo al Presidente della Giunta regionale – dichiara Fabio Meloni, portavoce dell’Alleanza contro le povertà – affinché ritiri la delibera adottata il  28 marzo e si faccia promotore della riapertura del confronto con il Tavolo dell’Alleanza nell’interesse dei poveri della Sardegna.»

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La commissione Bilancio, presieduta dall’on. Franco Sabatini (Pd) ha proseguito il suo ciclo di audizioni sulla Legge di Stabilità 2017 ascoltando la direzione regionale dell’Inps e le Associazioni del Terzo Settore.

Il direttore regionale dell’Inps, Maurizio Pizzicaroli, ha riferito sule attività dell’istituto riguardanti le prestazioni di sostegno al reddito, sottolineando la particolare complessità del settore, sia per il perdurare della crisi economica che per le importanti novità normative introdotte dal legislatore.

«Per quanto riguarda la Sardegna – ha spiegato Maurizio Pizzicaroli – emerge un dato in controtendenza col trend nazionale soprattutto sulla Naspi (nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego, per i rapporti di lavoro conclusi a partire dal 1°maggio 2015) che registra una durata molto bassa (8 mesi, la durata più bassa in assoluto su scala nazionale), segno che il mercato del lavoro locale è caratterizzato da un alto tasso di precarietà in una fascia molto ampia della popolazione attiva». «Sulla mobilità in deroga – ha proseguito Pizzicaroli – l’Inps sta definendo insieme alla Regione le procedure per la chiusura del 2014 che interessano una platea di 14.000 lavoratori, anche se a fronte di una disponibilità di 20 milioni mancano altri 60 milioni per la copertura totale delle prestazioni». «L’Inps – ha annunciato inoltre il direttore regionale – ha costituito una banca-dati per censire tutte le prestazioni sociali agevolate che provengono dal perimetro della pubblica amministrazione, un processo all’inizio perché finora solo 17 Comuni (pari ad una popolazione di 44.000 abitanti) hanno mandato le informazioni richieste».

Maurizio Pizzicaroli, infine, si è soffermato sui primi risultati del Sia (sostegno all’inclusione attiva) che in prospettiva dovrebbe rappresentare uno strumento di contrasto alla povertà insieme al Reis (reddito di inclusione sociale) recentemente introdotto dalla Regione. «Il piano nazionale – ha precisato il direttore regionale dell’Inps – è stato rimodulato per problemi di copertura finanziaria e di conseguenza è stata ristretta la platea degli aventi diritto, limitata ai nuclei familiari dove siano presenti minorenni, figli disabili, donne in stato di gravidanza accertata». «Le domande presentate in Sardegna – ha concluso – sono state 7.000 ma solo poco più di 2000 sono state accolte, un dato molto basso che evidenza la necessità di migliorare l’efficienza di questo strumento che, a parte l’erogazione di un sussidio attraverso una carta prepagata, prevede la preparazione di un progetto di attivazione lavorativa a cura dei servizi sociali dei Comuni in collaborazione con i centri per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole ed i soggetti del Terzo Settore».

In un primo commento su questi dati, il presidente della commissione Franco Sabatini ha espresso, a proposito del Reis regionale per il quale bisognerà trovare un terreno di integrazione con il Sia nazionale, la sua preoccupazione per la mancanza di dati affermando che «non sappiamo niente delle persone che aiutiamo e rischiamo di dare molto a molti ma nulla a molti altri; su questo c’è un evidente problema strutturale del sistema dei servizi sociali».

Subito dopo è stata la volta della Associazioni del Terzo Settore. A nome della Fish Sardegna, il presidente Alfio Desogus ha richiamato l’attenzione della commissione sulla realtà di «oltre 40.000 disabili disoccupati, che possono avere una opportunità con percorsi formativi e tirocini presso le aziende». Desogus ha poi sollecitato l’incremento dello stanziamento di 3 milioni indicato nella Finanziaria 2016 per l’abbattimento delle barriere architettoniche, «perché è del tutto insufficiente a soddisfare le circa 1000 domande pervenute all’assessorato dei Lavori Pubblici».

A nome della Caritas, don Marco Lai messo in evidenza che «i centri di ascolto dell’associazione ci dicono che la povertà si è inasprita, riguarda una fascia di età molto ampia fra i 20 ed i 50 anni ed esprime con forza bisogni primari come quello della casa». Don Lai ha poi espresso apprezzamento per lo strumento del Reis, ricordando però che «la mancanza di coordinamento del settore pubblico rischia di vanificare buoni risultati che ci mettono all’avanguardia a livello nazionale nella protezione sociale».

Sul Reis, anche i rappresentanti del Forum del terzo Settore hanno manifestato preoccupazioni analoghe a quelle della Caritas, sottolineando che il contrasto alla povertà non può esaurirsi nell’erogazione su sussidi ma deve dare vita ad un progetto virtuoso di inclusione sociale “attiva” delle persone in difficoltà.

Un altro Forum, rappresentato da associazioni e famiglie impegnate per la piena attuazione della legge 162/98 che assicura sostegno alle persone con disabilità grave, ha lanciato un allarme per il taglio di 4 milioni contenuto nella Legge di Stabilità. Con questo taglio, secondo associazioni e familiari, perderebbe ogni sostegno circa 4000 disabili gravi ed almeno 1500 persone che si occupano di loro aprendo la strada ad una alternativa ospedaliera che costerebbe molto di più al servizio sanitario regionale (ben 58 milioni, secondo le stime del Forum).

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, presente alla riunione, ha assicurato l’impegno del suo gruppo e di tutta la commissione per il ripristino dello stanziamento.

Il presidente Sabatini, nelle conclusioni, ha riassunto le problematiche emerse nell’audizione in una domanda: «Perché la spesa sociale della Sardegna aumenta ma la povertà non diminuisce?»

«La risposta – ha osservato – interroga certamente la politica ma penso che tutto il sistema regionale pubblico abbia responsabilità e dimostri una inefficienza che va superata; subito dopo la Legge di Stabilità predisporremo le iniziative più adatte per verificare l’andamento dei diversi capitoli di bilancio della spesa sociale.»

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

 

Si è conclusa la prima settimana di audizioni della Commissione Bilancio sulla manovra finanziaria 2016-2018. L’organismo consiliare, presieduto da Franco Sabatini, ha sentito i rappresentanti delle associazioni degli enti locali, il coordinamento delle comunità di recupero dei detenuti e le associazioni dei disabili.

Il presidente dell’Anci Sardegna Pier Sandro Scano ha espresso apprezzamento per il lavoro della Commissione finalizzato a scongiurare l’aumento dell’Irpef. «Siamo favorevoli ed esprimiamo un incoraggiamento forte – ha detto Scano -l’importante è che chi vuole evitare il rincaro delle tasse non deve fare l’errore di trasferire il compito ad altri. Un intervento sul Fondo Unico per gli enti locali costringerebbe i comuni a dover utilizzare la leva fiscale, una soluzione difficile da far digerire ai cittadini».

Secondo l’Anci, per raggiungere l’obiettivo si potrebbe agire su due fronti.

Dal lato delle entrate, proseguendo il negoziato con lo Stato sugli accantonamenti. «Abbiamo a disposizione l’articolo 13 dello Statuto e la legge 42/2009 che, all’articolo 27, assicura il conseguimento dei principi di perequazione e solidarietà per le regioni a Statuto speciale che scontano evidenti ritardi infrastrutturali, gli svantaggi dell’insularità e abbiano un reddito pro capite inferiore alla media nazionale».

Sul fronte della spesa si potrebbe invece accelerare il processo di riforma in modo da eliminare i centri di costo che stanno nella terra di mezzo, tra Regione e comuni, e sfuggono ai controlli.

Pier Sandro Scano ha poi ricordato i pesanti sacrifici che i comuni si sono dovuti accollare per il risanamento della finanza pubblica: «Dal 2007 al 2014 abbiamo contribuito con 18 miliardi di euro – ha detto il presidente dell’Anci – ecco perché non è rimasto altro da tagliare. In Sardegna si è riusciti a parare il colpo grazie alle risorse del Fondo Unico, altrimenti sarebbe stata una tragedia».

Un discorso a parte riguarda gli stanziamenti per le politiche sociali. «Nel 2015 vennero stanziati inizialmente 260 milioni di euro, poi portati a 292 – ha sottolineato Scano – la proposta del 2016 è di 263 milioni, all’appello mancano 30 milioni di euro. Invitiamo Consiglio e Giunta a riflettere su questo».

Enrico Delussu, consulente dell’Asel (Associazione sarda enti locali) ha ribadito la contrarietà del sodalizio a un aumento delle tasse (“pagano sempre i soliti noti”) e sollecitato la Regione a dare certezza sui tempi per i trasferimenti delle risorse agli enti locali e alle categorie produttive.

Il presidente della Commissione Franco Sabatini si è detto favorevole a un confronto più serrato con lo Stato sulle entrate fiscali. «Tra accantonamenti (681 milioni di euro) e riserve erariali (300 milioni) manca circa un miliardo nelle casse regionali – ha detto Sabatini – se avessimo quei soldi non saremmo in questa situazione. Il Consiglio deve farsi carico di coinvolgere tutta la società sarda in questa sacrosanta battaglia in difesa dei nostri diritti».

I rappresentanti delle comunità di recupero hanno illustrato alla Commissione le criticità del sistema che in Sardegna offre un supporto decisivo alle istituzioni nei percorsi di accoglienza e reinserimento dei detenuti in attuazione dell’articolo 27 della Costituzione. «Lavoriamo, da oltre vent’anni, per consentire a chi ha sbagliato di poter ricominciare – ha spiegato Antonello Caria della comunità “Il Samaritano” chi deve scontare una pena ha la possibilità di essere accolto, ascoltato e accompagnato verso il reinserimento sociale. In Sardegna, senza le nostre strutture, questo servizio non sarebbe possibile».

La novità di quest’anno è la nascita di un coordinamento regionale che raggruppa sei comunità di recupero dei detenuti: la Cooperativa Sociale “San Lorenzo” di Iglesias, la Cooperativa Sociale “Il Samaritano” di Arborea, la Società Cooperativa Sociale “Ut Unum Sint” di Nuoro, la Cooperativa sociale “Comunità Il Seme” di  Santa Giusta, l’Associazione di Volontariato “Giovani in cammino” di Sorso, l’Associazione Cooperazione e Confronto – “Comunità la Collina” di Serdiana. L’obiettivo è quello di armonizzare e rendere più efficaci gli interventi.

Le comunità chiedono di andare oltre un mero riconoscimento nominale e di pensare a un sistema di finanziamento certo che consenta loro di assolvere a tutti i compiti . «Le nostre comunità non si occupano solo di accoglienza, 24 ore su 24, ma anche di educazione – ha ricordato don Ettore Cannavera responsabile della Comunità “La Collina” – questo ruolo è stato finora assicurato grazie al supporto dei volontari e dalla generosità di donatori privati. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: chi esce dalle nostre strutture ha una percentuale di recidiva inferiore al 5% contro il 70% dei detenuti che escono dal carcere. La Regione ha sempre assicurato il suo contributo ma adesso è necessario fare un salto in avanti: i progetti vanno coordinati e resi quanto più efficaci, l’istituzione pubblica svolga un monitoraggio sulle attività e ci chieda un rendiconto minuzioso».

Per far fronte alle esigenze delle comunità servirebbero 2,5/3 milioni di euro. Una cifra nettamente inferiore rispetto ai costi di una detenzione in carcere, hanno spiegato i rappresentanti delle Comunità di recupero, senza considerare i benefici sociali. «La collaborazione tra pubblico è privato è stata decisiva in questi anni – ha detto don Pietro Borrotzu della Comunità “Ut Unum Sint” – questa sinergia deve proseguire per consentire alle nostre associazioni di svolgere al meglio un ruolo sociale».

Il presidente Franco Sabatini ha assicurato il pieno appoggio della Commissione e avanzato l’idea di costituire un fondo unico da destinare ai progetti di recupero.

Una proposta accolta favorevolmente dalle comunità: «Una soluzione si questo tipo consentirebbe di programmare meglio gli interventi. Lo strumento normativo c’è già: basta dare attuazione alla legge 23 del 2005 sui servizi sociali».

I Comitati della famiglie per la legge 162, che riuniscono circa 54 organizzazioni regionali,  hanno rivolto un appello accorato alla Commissione perché venga scongiurato il taglio di 10 milioni di euro destinato ai progetti per il sostegno alle persone con disabilità.

Il Sardegna sono 39.365 le persone seguite attraverso i percorsi della legge 162 che consentono ai pazienti di rimanere nelle loro case evitando di subire una

Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Audizioni delle associazioni sulle Consulte di cittadinanza in ambito sanitario in commissione Sanità e Politiche sociali presieduta da Raimondo Perra (Psi).

«Le esperienze del mondo associativo – ha affermato il presidente di Fish Sardegna Alfio Desogus – possono essere molto utili alla programmazione regionale, per realizza re una riforma sanitaria che metta al centro i problemi della persona.»

Alfio Desogus ha espresso un parere positivo sull’istituzione delle Consulte sottolineando però che «occorre garantire una ampia partecipazione del mondo associativo, articolato in una serie di soggetti diversi che operano nel mondo del volontariato, della promozione sociale e delle rappresentanza di interessi di specifiche categorie». «Per questo – ha suggerito – sarebbe opportuno modificare la parte della norma che fa riferimento ad associazioni accreditate con una definizione più allargata comprendente quelle iscritte ad appositi albi regionali».

Per quanto riguarda le Consulte territoriali, infine, il presidente di Fish ha auspicato che siano davvero espressione dei diversi territori, «per poter dare il loro contributo costruttivo alla definizione di una rete efficiente di prestazioni».

Per il dirigente dell’Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili), Alessandro Sitzia, le Consulte «devono rappresentare uno strumento capace di assicurare la piena partecipazione delle associazioni di categoria alla programmazione sanitaria, tanto più nella fase di avvio della riforma».

Carmelo Addaris, vice presidente dell’Associazione sarda paraplegici ha infine messo l’accento sulla necessità di «rivedere le norme che disciplinano gli interventi della Regione in materia di disabilità; le risorse disponibili sono sempre più contenute ma, proprio per questo, bisogna essere capaci di qualificare la spesa ed è un obiettivo che si può raggiungere proprio dando il giusto valore al nostro vissuto».

Alla seduta della Commissione avrebbe dovuto partecipare anche l’assessore della Sanità ,Luigi Arru, sia per riferire sulle Consulte di cittadinanza che per illustrare il programma di riabilitazione protesica odontoiatrica in età geriatrica ma l’esponente della Giunta ha comunicato di non poter essere presente a causa di sopravvenuti impegni istituzionali.

Il presidente Perra ha quindi chiuso la riunione, comunicando che i lavori riprenderanno la prossima settimana, compatibilmente con la sessione del Consiglio.

Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

I rappresentanti del terzo settore hanno aperto questo pomeriggio le audizioni della Commissione Bilancio sulla manovra finanziaria.

Il portavoce del Forum del terzo settore, Giampiero Farru, ha manifestato in premessa la condivisione del documento contabile e delle priorità individuate dalla Giunta, soprattutto sul fronte del lavoro e dell’occupazione. Farru ha però chiesto che siano meglio specificate le risorse destinate al terzo settore. «Da una lettura veloce della legge finanziaria sembrerebbe che ci vengano destinati quasi 15 milioni di euro – ha detto Farru – in realtà quella cifra rappresenta la copertura finanziaria di una miriade di interventi, molti dei quali riferibili ad altri ambiti».

Il portavoce del Forum ha quindi chiesto alla Commissione l’attivazione della legge 10 del 2007 sul servizio civile sardo finora mai attuata. «Rappresenterebbe un’importante opportunità dal punto di vista educativo e formativo – ha detto Farru – bisogna capire che fine hanno fatto i soldi stanziati, e non spesi, nelle precedenti manovre finanziarie». Dal mondo del volontariato e della cooperazione sociale è poi arrivata la richiesta di istituzione dell’Osservatorio regionale sulle povertà, previsto dalla legge 23 del 2005. «La nascita di questo organismo – ha spiegato Farru – non comporta oneri finanziari ma rappresenterebbe un presidio forte per lo studio di un fenomeno in costante aumento in Sardegna».  I rappresentanti del Forum, infine, hanno auspicato un impegno più stringente sul fronte dell’educazione alla legalità e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, circa 200, che potrebbero essere messi a disposizione di associazioni e cooperative.

Fabio Meloni, presidente regionale delle Acli, ha invece chiesto il ripristino dei contributi ai patronati e l’incremento del fondo per la promozione sociale. Secondo le Acli, la prossima manovra finanziaria dovrebbe inoltre prevedere un sostegno per le imprese gestite fuori dalla Sardegna da emigrati sardi. «Il fenomeno migratorio è in ripresa – ha detto Meloni – sostenere queste imprese, con l’aiuto dei circoli degli emigrati, darebbe più opportunità di lavoro a chi lascia la nostra isola».

Alfio Desogus, presidente della Fish Sardegna, ha chiesto più attenzione per i disabili. «Vogliamo creare una rete con le associazioni del terzo settore – ha detto Desogus – per questo è necessario spendere le risorse delle leggi 20/2002 e 7/2002 che consentirebbero alle associazioni dei disabili di siglare accordi con la cooperazione sociale e favorirebbero l’accesso dei portatori di handicap nel mondo del lavoro».

Antonello Pili di Federsoldidarietà-Confcooperative, che raccoglie 240 cooperative sociali con oltre 6.000 addetti, ha proposto l’incremento da 1,3 a 1,5 milioni di euro dei contributi per favorire l’occupazione delle categorie protette e il ripristino delle risorse, tagliate nel 2013, per lo sviluppo dei consorzi sociali.

Andrea Pusceddu, presidente regionale di Federconsumatori, ha chiesto chiarimenti sul mancato trasferimento alle associazioni dei fondi provenienti dalle sanzioni comminate dall’Antitrust per frodi ai danni dei consumatori. «Se questi soldi non verranno assegnati dalla Regione – ha detto Pusceddu – torneranno nelle casse dello Stato impedendoci di garantire servizi migliori e assistenza puntuale ai consumatori sardi».