21 November, 2024
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Le prospettive di riforma dell’ordinamento regionale e degli Enti locali sono state al centro delle audizioni dei costituzionalisti dell’Università di Cagliari davanti alla commissione Autonomia, presieduta da Pierluigi Saiu (Lega).

Il prof. Pietro Ciarlo, ricordando che si tratta di argomenti dei quali “si parla da decenni”, ha invitato tutti a considerare il fattore tempo e l’esperienza fin qui maturata suggerendo, piuttosto che impegnarsi «in grandi leggi di riforma di difficile praticabilità», di concentrare l’azione legislativa su “alcuni nodi” del sistema. Da questo punto di vista, ha proseguito, sono fondamentali le norme di attuazione, che il Trentino Alto Adige ha usato in maniera molto efficace costituendo fin dalla nascita della Regione un ufficio di specialisti che ha lavorato a stretto contatto con la commissione paritetica Stato-Regione: una buona pratica che la Sardegna può replicare.

Secondo il prof. Andrea Deffenu la riforma del Titolo V della Costituzione che doveva essere seguita dall’adeguamento degli Statuti regionali, ha aperto un lungo periodo di transizione e criticità che ha avuto, come conseguenza indiretta, anche una giurisprudenza costituzionale sfavorevole alle Regioni, «anche in casi recenti che hanno riguardato la Sardegna come i contratti pubblici e gli usi civici». Da questa situazione di stallo, ha continuato, si può uscire con un uso appropriato delle norme di attuazione e, per quanto riguarda gli Enti locali, prendendo atto che «lo scenario previsto dalla legge regionale 2/2016 (che non le considerava) è cambiato e quindi le Province sono enti costituzionali necessari».

La professoressa Ilenia Ruggiu si è invece soffermata sul ruolo dei Comuni «che storicamente hanno preceduto lo Stato e la Regione» ed hanno percepito la riforma del 2016 come un provvedimento calato dall’alto, «non accompagnato da una volontà reale della Regione di applicare il principio della leale collaborazione, di stabilire con gli Enti una vera alleanza, di coinvolgerli pienamente nella programmazione regionale, attraverso competenze più incisive di Cal ed Anci». Le Province, ha osservato, potrebbero avere funzioni differenziate, distinguendo quelle di prossimità da quelle di area vasta ma poi, sullo sfondo, va ridefinito il ruolo della Regione, che deve mandare alle autonomie locali “un messaggio anche simbolico di delocalizzazione” sia istituzionale che burocratica.

La crisi della politica e l’aumento dell’astensionismo hanno caratterizzato la riflessione del prof. Roberto Cherchi, che l’ha attribuita ad una contraddizione di fondo «fra l’elezione diretta del presidente della Regione, che genera sempre forti aspettative, ed una prassi parlamentare che nel tempo sposta il baricentro dell’azione di governo verso l’Assemblea e la rallenta». L’art.102 del regolamento del Consiglio regionale, ad avviso di Roberto Cherchi, è un esempio classico perché consente ad una proposta di legge, purché sostenuta da tutti i capigruppo, di superare il passaggio in commissione ma analoga procedura non è prevista per i disegni di legge della Giunta.

Per il prof. Marco Betzu le difficoltà del rapporto fra Regione ed Enti locali nascono dalla incompleta definizione del ruolo del Cal, «costituito con i migliori auspici ma poi rivelatosi incapace, non per sua responsabilità, di interpretare il principio della leale collaborazione». Nella sua configurazione attuale, ha spiegato, il Consiglio delle Autonomie fornisce pareri dei quali (anche per semplici questioni di tempo) si può prescindere ed interviene su testi legislativi in commissione che poi possono anche cambiare radicalmente al termine del dibattito in Consiglio. Per correggere questa situazione, ha proposto, «si potrebbero prevedere procedimenti rafforzati e/o un obbligo di motivazione da parte della Regione». In generale comunque, ha concluso, anche sulla base delle migliori esperienze è preferibile l’esperienza di una Regione minimale che lascia uno spazio adeguato alla Conferenza Regione-Enti locali (o, se si preferisce, il Cal ma non entrambi gli organismi che finiscono col sovrapporsi).

Il prof. Gian Mario Demuro (ex assessore degli Affari generali) ha sostenuto che, da un lato, «l’idea di autonomia speciale della Sardegna va inquadrata nella prospettiva del riconoscimento della sua insularità a livello europeo» ma, dall’altro, deve anche caratterizzarsi per la capacità della Regione di “fare il primo passo” intervenendo in una realtà con tante differenze. Questo obiettivo, ha aggiunto, si può raggiungere seguendo due percorsi: le norme di attuazione e la legge statutaria, che andrebbe a toccare anche il totem della legge 1/77 sull’organizzazione della Regione, immaginata allora sul modello ministeriale dei “silos lontani”. «Un modello di governo da riformare – ha aggiunto – con l’istituzione di deleghe assessoriali a tempo selezionate per obiettivi e con una marcata azione di decentramento della Regione in un nuovo quadro istituzionale in cui le Province dovrebbero assumere le funzioni di area vasta.»

Nel dibattito hanno preso la parola i consiglieri Massimo Zedda e Diego Loi dei Progressisti. Zedda ha messo l’accento sulle difficoltà complessive del sistema politico, «che ha perso slancio e capacità di contatto con la società reale, fenomeni all’origine del largo astensionismo». Questo è un problema della Regione che, con un nuovo assetto delle Province, deve accelerare il decentramento. «Se potessimo tracciare una mappa dello spopolamento della Sardegna – ha concluso – ci accorgeremmo che è perfettamente sovrapponibile a quella di territori dove progressivamente sono scomparsi servizi essenziali per le comunità».

Diego Loi ha ricordato in apertura che «lo Stato sul territorio sono i Comuni e bisogna partire da qui, perché qui sono organizzate e realizzate le politiche pubbliche delle quali i cittadini hanno una percezione negativa perché ci sono ancora troppe carenze, non ultima quella del digital divide che allontana ancora di più dai nuovi contesti civili quanti vivono in realtà marginali». L’assetto degli Enti locali di questi anni, ha concluso, non è stabile ma sarebbe sbagliato abbandonare del tutto e senza alternative la strada delle Unioni dei Comuni che ha fatto segnare importanti momenti di crescita”.

Nelle conclusioni il presidente Pierluigi Saiu ha dichiarato che «sulle riforme la commissione ha un approccio laico ed intende lavorare su un terreno sgombro da soluzioni precostituite». «Accogliamo quindi con estremo interesse e con una certa dose di entusiasmo, il contributo prezioso dei giuristi sulle riforme ed i loro suggerimenti sulla disciplina dei rapporti Stato Regione attraverso le norme di attuazione e su interventi mirati rivolti ad alcuni temi centrali come legge statutaria, organizzazione della Regione e riordino del sistema delle autonomie locali. Su quest’ultimo punto – ha concluso – intendiamo impegnarci per un nuovo Testo unico degli Enti locali sardi dove trovino spazio materie come finanza locale, status degli amministratori, piccoli Comuni e realtà montane».

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«Nonostante  le gravi difficoltà e i limiti dell’Unione Europea, emersi soprattutto negli anni più recenti,  il rafforzamento politico, in una prospettiva federale, dell’Unione europea non ha alternative, se non negative. Sono infatti regressivi i rigurgiti nazionalisti e esclusivisti emergenti in numerosi Paesi europei, Italia compresa: bisogna contrastarli innanzitutto sul piano culturale.»

E’ questo il messaggio centrale emerso in (circa duecento partecipanti) a Cagliari, coordinata da Lucetta Milani e Tore Cherchi, introdotta da tre intellettuali, Gian Giacomo Ortu, Christian Rossi e Andrea Deffenu e che ha visto un dibattito serrato con 13 interventi dalla platea e significative testimonianze con la presenza come quella di Francesco Pigliaru, presidente della Regione, a dimostrazione che il tema è sentito.

Europeisti e federalisti perché? «Senza l’Europa unita – ha detto Gian Giacomo Ortu – non avremmo avuto il lungo periodo di pace vissuto dal 1945 ad oggi e mai conosciuto prima; non avremmo avuto i grandi  progressi ottenuti nell’affermazione e nella tutela dei diritti fondamentali e la formazione di una identità transnazionale permeata di valori umanistici e solidali». A Christian Rossi, storico delle Relazioni Internazionali, è toccato il compito di analizzare la crisi politica in atto, originata da spinte egoiste di taluni Stati e ad Andrea Deffenu argomentare perché l’unione politica e federale sia la strada per superare la crisi e dare una risposta europea, la sola realmente efficace, ai problemi del presente.

“Europa dove vai?” si è chiesto don Ettore Cannavera, indignato per la situazione drammatica dei migranti alla deriva nel Mediterraneo. Un tema, quello delle migrazioni, che è ritornato negli interventi di Giulio Calvisi e della deputata Romina Mura. La politica di cooperazione nord-sud in alternativa ai nuovi muri è la strada indicata da Cristina Zuddas che di cooperazione transfrontaliera si occupa professionalmente e dall’avvocato Patrizio Rovelli. Giulio Lai, Erasmus alle spalle, testimonia lo spirito europeo dei giovani di oggi. Mauro Sarzi illustra un suo lavoro artistico ispirato ad Ernesto Rossi, coautore con Altiero Spinelli del Manifesto di Ventotene. Del linguaggio internazionale dell’arte parla Angelo Liberati. Mauro Pistis ha rivendicato una riforma elettorale che garantisca la  rappresentanza sarda nel Parlamento europeo. Remo Sizza, Benedetto Barranu, Luca Pizzuto ed il segretario della CGIL, Michele Carrus hanno rilanciato la necessità di un profondo cambio della politica economica e di welfare per fare fronte alla disoccupazione ed alle diseguaglianze crescenti: rivendicano un’Europa con un’anima sociale, attenta alle persone e non alle agenzie di rating.

Il populismo è alimentato anche dal disagio sociale. L’Unione europea deve porre al primo punto le questioni del lavoro e dell’equità sociale. Non casualmente, il programma federalista del Manifesto di Ventotene che ha ispirato la discussione, ha una forte caratterizzazione anche sociale perché si propone, oltre che la «definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani», anche «l’emancipazione  delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita». Le prossime elezioni europee saranno un referendum sul futuro dell’Europa: o si va avanti o si regredisce pericolosamente. Non stare alla finestra, è l’invito conclusivo dell’assemblea.

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Il tema complesso e delicato del rapporto tra processo penale e informazione, del cosiddetto “processo spettacolo” e dell’equilibrio tra tesi accusatorie e difensive nel racconto giornalistico delle vicende giudiziarie, sarà al centro del dibattito in programma a Cagliari il 7 giugno prossimo nella sala conferenze dell’Unione Sarda, in piazza Unione Sarda e a Nuoro l’8 giugno, presso la sala riunioni della Camera di Commercio, in via Papandrea 8. L’evento, inserito nel programma della formazione continua dei giornalisti, avrà inizio alle 14.00, si concluderà alle 17.00 e darà diritto a tre crediti formativi per i giornalisti.

A Cagliari sono previsti gli interventi di Rita Dedola (presidente dell’Ordine degli avvocati di Cagliari), di Alessandro Valenti (vice presidente della Camera Penale di Bologna), di Andrea Deffenu (docente Diritto Costituzionale all’Università Cagliari) e di Ottavio Olita (giornalista e scrittore). Introdurrà Luigi Almiento, (segretario regionale dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna).

A Nuoro, il giorno successivo, sempre alle 14.00, interverranno Alessandro Valenti (vice presidente della Camera Penale di Bologna), Pasquale Ramazzotti (avvocato penalista), Sebastian Cocco (della Camera Penale di Nuoro) e Ottavio Olita (giornalista e scrittore). Introdurrà Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna. 

Parco Vila Sulcis.

Il Parco di Villa Sulcis.

Il parco di Villa Sulcis, dal 20 al 22 settembre, ospita la festa di SEL, dedicata alla Costituzione e al tema del lavoro, con un carattere nazionale.

La tre giorni è organizzata in collaborazione con il circolo Arci La Gabbianella Fortunata e il Pitosforo Art Music Bar.

«Vogliamo partire dall’Articolo 1, quello che definisce il lavoro come diritto e come pilastro fondante della nostra repubblica democratica – spiegano gli organizzatori -. Avremo ospiti importanti, tra i quali il giornalista e presentatore televisivo Luca Telese; il sindacalista della FIOM Giorgio Airaudo; lo sceneggiatore del film “Viva la Libertà” Angelo Pasquini, vincitore del David di Donatello, del Nastro D’Argento e del Ciak D’oro come miglior sceneggiatura; i registi Tomaso Mannoni e Alberto Badas che presenteranno il film “Fino in fondo”, gli Intreccio e il musicista blues Francesco Piu. E ancora, Lilli Pruna e Andrea Deffenu, docenti dell’Università di Cagliari; Luciano Uras e Michele Piras, parlamentari di SEL; Luca Pizzuto, ex assessore provinciale delle Politiche sociali; il sindaco Giuseppe Casti e tanti altri.»

Sarà attivo, come ogni anno, il ristorante a km 0 tutti i giorni dalle 20.30 in poi: prodotti locali e di cooperative della zona, pasta di filiera corta ed utilizzo di stoviglie completamente biodegradabili e compostabili (legno, mater-bi e PLA). Prodotti di qualità ed ecosostenibili a prezzi popolari. Saranno presenti banchetti e stand di espositori di manifatture, dell’usato e di varie associazioni, attività e giochi per i bambini e l’iniziativa “Musei aperti”. Durante la festa il museo archeologico di Villa Sulcis resterà aperto fino alle ore 22.00.