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Il salone parrocchiale di Villarios ha ospitato ieri sera la presentazione del libro “Villarios – La vecchia borgata tra storia e racconti”, scritto da Guido Floris e pubblicato da Giampaolo Cirronis. Sono state numerose le persone, non solo di Villarios e Giba, che nonostante la calda giornata di agosto, non sono voluti mancare all’appuntamento, nel corso del quale è stato ripercorso quasi un secolo di storia della comunità, con un’attenzione particolare a quanto accadde negli anni ’60, prima dell’abbandono del vecchio paese e nei primi anni di vita nel vuoto centro abitato, costruito per porre rimedio ai gravi danni provocati dalla realizzazione della diga di Monte Pranu (inaugurata nel 1950).
Dopo la breve presentazione dell’editore e i saluti del sindaco di Giba, Andrea Pisanu, Guido Floris ha ricostruito i contenuti del libro commentando le fotografie pubblicate, proiettate su uno schermo. Molti dei presenti, non più giovanissimi, hanno rivissuto con emozione un’indimenticabile fase della loro vita.
Nel salone parrocchiale è stata allestita anche una mostra di fotografie (stampate in formato 30×40) sulla storia del paese, parte delle quali sono contenute nel libro.
Per documentare compiutamente i contenuti del libro, pubblichiamo la presentazione allo stesso fatta dall’autore.
«Nel 1054, dopo lo scisma d’Oriente, il giudice Orzocco I per divulgare meglio la religione, la cultura e le idee innovatrici nel Sud Sardegna, diede in dono ai benedettini di Montecassino sei chiese del Sulcis, tra cui Santa Marta, presso il vecchio borgo di Villarios. E’ la prima volta che compare il nome di Villarios. Compare ancora nell’atto di donazione paga del 1485 con cui Pietro De Aragall figlio di Giacomo, fa in favore di un altro Giacomo figlio di Filippo.
In seguito Villarios, Giba e Masainas ebbero le stesse vicende di spopolamento.
Nel XV secolo il Sulcis risulta quasi interamente spopolato a causa delle frequenti invasioni turche.
Questo lavoro non vuole essere un documento storico nel senso stretto del termine. Non ci interessava produrre date e avvenimenti. Certo i fatti narrati sono documentati attingendo a varie fonti e restituiscono l’intreccio delle storie di Villarios, Masainas e Giba. Una storia di ripopolamento. Di gente che si è ripresa i propri territori dopo le incursioni barbariche e in quei salti costruì le loro dimore con attività agricole e pastorali che lì crebbero fino a diventare, alternativamente, sedi municipali.
Nell’agosto del 2017, l’associazione culturale “Su Estrai”, con un progetto intitolato “Ricostruiamo la memoria”, volle festeggiare il 50° anno del trasferimento della vecchia borgata alla nuova, riproponendo il cammino della comunità attraverso una serie di foto antiche e il ripristino, parziale, dei luoghi e delle vie della vecchia borgata. L’interesse della comunità fu grande. Vedere sfilare numerosissime persone alla mostra fotografica, soffermarsi a commentare le foto dei personaggi e dei luoghi, fu una gioia immensa per gli organizzatori. E poi percorrere le vie antiche, i luoghi, i resti che racchiudevano ricordi ancora vivi, fu un’esperienza bellissima.
Questo lavoro nasce per raccontare quella storia. Storia di ricordi, di sentimenti, di fatica, di dolore e di gioie. Accanto ai dati storici abbiamo cercato di ricostruire la sua vita contadina, le sue abitudini, la sua vita sociale, il suo lavoro, le sue credenze. Lo abbiamo fatto attraverso numerose interviste con i più anziani del paese. Il sardo, in genere, è persona chiusa, discreta. Non ama parlare del suo passato. Nelle interviste, dopo un’iniziale diffidenza, i ricordi fluivano velocemente, sempre più chiari, sempre più popolati di persone e di luoghi.
Come in un film, raccontiamo quel vissuto. Un villaggio un tempo importante, fino a diventare Comune che ha visto fiorire, anche se non direttamente coinvolto, un’economia industriale nella zona di Porto Botte con la peschiera, l’imbarco del carbone di legna proveniente da Pantaleo, il Carbonia Lido.
Gli affioramenti d’acqua provenienti dalla diga di Monte Pranu resero le abitazioni pericolanti. Da quel momento tutto cambiò. Iniziò la lunga fase della costruzione della nuova borgata. Le discussioni sulla scelta del nuovo sito e, infine, il trasferimento tra l’ottobre e novembre del 1967.
Non lontano il rumore delle ruspe cancellava ogni ricordo.»