22 November, 2024
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I segretario regionali di CGIL, CISL e UIL, Michele Carrus, Gavino Carta e Francesca Ticca, hanno chiesto all’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, la pubblicazione del Rapporto di Monitoraggio.

«Lo scorso 17 febbraio, al tavolo “Agenda Industria”, ci sono stati illustrati i principali risultati emersi dal II Rapporto di Monitoraggio del Piano Energetico e Ambientale della Regione Sardegna 2015-2030 (PEARS)scrivono in una nota Michele Carrus, Gavino Carta e Francesca Ticca -. In quell’occasione, si era ipotizzato di presentare il Rapporto nel corso di una “Conferenza regionale sull’Energia” che Lei intendeva promuovere a breve anche come momento di confronto e di riflessione per un eventuale riorientamento del Piano stesso e adeguamento a quanto, nel frattempo, si sta definendo a livello europeo e nazionale. Nessuno avrebbe ovviamente potuto prevedere che di lì a poco la diffusione del Coronavirus avrebbe determinato un blocco sostanziale delle attività, costringendo tutti noi a rivedere la programmazione che ci eravamo dati.»

«In attesa del riavvio operativo a seguito dalla progressiva uscita dal “lockdown” e stante la difficoltà di poter prevedere comunque nel medio termine una “conferenza” aperta al pubblico e fortemente partecipata, siamo dell’avviso che si dovrebbe comunque procedere a rendere pubblici i contenuti del II Rapporto di Monitoraggio – aggiungono Michele Carrus, Gavino Carta e Francesca Ticca -. Ciò al fine di poter disporre di un documento particolarmente utile anche per i ragionamenti che sono oggetto del tavolo “Agenda Industria” da Lei voluto e costituito.»

«La sostenibilità del sistema energetico regionale, la sua evoluzione in chiave di una de-carbonizzazione e neutralità climatica, la possibilità di costituire la base per avviare uno sviluppo di importanti filiere anche industriali basato su FER, efficienza energetica, smart grid e smart city, unito alla necessità di costruire un sistema che si adatti e sia in grado di resistere adeguatamente alle crisi a cui va ormai regolarmente incontro il nostro sistema economico e socialeconcludono Michele Carrus, Gavino Carta e Francesca Ticca -, richiedono di poter conoscere nel dettaglio l’evoluzione del sistema energetico regionale, l’attuazione del PEARS, e monitorare l’efficacia delle misure programmate.»

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In una stagione così drammatica che trova gli italiani impegnati a contrastare e prevenire il Coronavirus che ha già fatto tante vittime, anche la Sardegna non è rimasta esente e i decessi, purtroppo, sono una dura realtà che ha scosso profondamente la comunità sarda.
Questa nuova situazione, indubbiamente, ha modificato il nostro modo di vivere e, soprattutto, sono pesantissime le conseguenze che il virus ha prodotto.
L’assetto socio-economico ha ricevuto un grosso scossone non solo a livello nazionale ma anche planetario.
La politica sarda è arrivata in soccorso delle famiglie e delle imprese, attivandosi e mettendo in atto iniziative indirizzate a sostegno della popolazione e a supporto del tessuto economico.
Il mondo industriale ha subito uno stop drammatico ed abbiamo chiesto all’assessore dell’Industria, Anita Pili, quali iniziative sono state messe in cantiere per superare l’emergenza.
«L’assessorato dell’Industria – spiega Anita Pili sta lavorando, attraverso il tavolo di agenda industria, per individuare gli assi strategici del sistema industriale ed improntare il piano regionale per la loro valorizzazione, saranno centrali il lavoro ed il valore sociale dell’impresa. Riteniamo che solo attraverso il loro potenziamento sarà possibile dare nuovo respiro al nostro sistema produttivo.»
«Insieme ai player industriali regionali, stiamo invece lavorando sull’individuazione e condivisione delle best practice in ambiente di lavoro industriale al tempo del Coronavirusaggiunge Anita Pili -. Sarà necessario, infatti, non soltanto individuare modalità di lavoro “sicuro” per tutte quelle attività che dovranno riprendere il loro lavoro, ma anche e, soprattutto, per prevenire eventuali nuovi stop produttivi legati ad improvvisi focolai.»
«Stiamo collaborando con i sindacati, le associazioni ed i player industrialiconclude l’assessore regionale dell’Industria – non solo per governare l’emergenza ma, soprattutto, per anticipare la gestione della ripartenza, perché dobbiamo farci trovare pronti ed essere capaci di trasformare tutto ciò che sembrava una minaccia, in nuove opportunità per la nostra Sardegna.»
Armando Cusa

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Gli assessori regionali dell’Industria e della Difesa dell’Ambiente hanno approvato congiuntamente le “Linee guida per la regolamentazione e l’incentivazione dello sfruttamento delle risorse finalizzate alla realizzazione di impianti a bioenergie in Sardegna”.

Partendo dalla analisi della diffusione degli impianti alimentati a bioenergie nell’isola, e dai relativi studi sulle emissioni in atmosfera, il provvedimento mira a fornire indicazioni utili alla regolamentazione e valorizzazione dell’utilizzo delle bioenergie disponibili, affinché suddetti impianti possano essere realizzati e gestiti in ottemperanza alle misure previste dal Piano Energetico Ambientale Regionale della Sardegna.

Gli assessori Gianni Lampis ed Anita Pili concordano sull’incentivazione di determinate forme di recupero e valorizzazione delle risorse, attraverso la premialità per gli operatori che sottoscriveranno accordi di ritiro dedicato alla valorizzazione energetica della biomassa da scarti di lavorazione, e sui contributi per la realizzazione di strutture logistiche asservite al recupero e alla valorizzazione della biomassa residuale. Tra le tipologie di impianti pilota finanziabili rientrano quelle di tipo cogenerativo con teleriscaldamento situate in aree industriali e in prossimità dei centri urbani, le colture di micro-alghe o oleaginose per produzione di biocarburanti, e gli impianti di teleriscaldamento asserviti ad edifici di pubblica fruizione anche in presenza di offerta energetica termica di tipo privato.

Con l’obiettivo di sostenere la promozione e lo sviluppo della produzione di energia da biomassa, infine, saranno da individuarsi come ottimali gli studi finalizzati all’individuazione di condizioni infrastrutturali e contrattuali favorevoli ad accordi di filiera per la produzione di energia termica da biomassa legnosa e di biocarburanti da colture dedicate di aree marginali. Promuovibili anche i regolamenti di gestione delle aree industriali e artigianali rivolti a favorire e/o ad incentivare la produzione di energia da biomassa preferibilmente residuale; nonché i regolamenti urbanistici comunali atti a favorire con i necessari limiti e condizioni la localizzazione degli impianti termici a biomassa in prossimità dei centri urbani.

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«Il sistema industriale della nostra Isola deve trovare il modo di fare squadra mettendo in atto strumenti di compensazione dei vari interessi e innescando virtuosi meccanismi di collaborazione, grazie ai quali uscire tutti prima e meglio da questo difficile momento derivato dall’emergenza del Coronavirus.»

Lo ha detto l’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, a margine dell’incontro che si è tenuto questa mattina in videoconferenza con i rappresentanti delle sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil, di Confindustria e di Confapi.

Dal tavolo, riunito ad una settimana di distanza dal primo dedicato all’approfondimento dello scenario industriale emergenziale determinato dal Coronavirus, sono emersi alcuni elementi di priorità per il sistema industriale sardo.

«La crisi in atto – ha sottolineato l’assessore Anita Pili – con le conseguenti difficoltà economiche e finanziarie, può scatenare una serie infinita di conflitti tra aziende, tale da paralizzare buona parte del nostro sistema produttivo. In questa fase invece è fondamentale che tutti gli attori del tavolo ‘Agenda Industria’ siano predisposti alla raccolta di idee e di concertazione in un’ottica di sviluppo economico e sociale. Oltre all’emergenza sanitaria, occorre unità e coordinamento centrale anche per quella economica.»

«La crisi causata dalla pandemia da Covid-19 – ha concluso l’assessore regionale dell’Industria – implicherà lo stanziamento di risorse economiche destinate a dei cluster industriali strategici preliminarmente individuati. Da questo punto di vista, saranno determinanti gli stimoli provenienti dal tessuto produttivo isolano e dal mondo imprenditoriale quali sentinelle di ascolto delle singole specificità e vocazioni del territorio.»

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Il presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Tarcisio Agus, ha scritto una lettera al ministro dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Sergio Costa, nella quale espone le problematiche e le esigenze dell’Ente.

Di seguito il testo della lettera, inviata, per conoscenza, anche al sottosegretario di Stato dello stesso ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Roberto Morassut; al presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas; all’assessore regionale della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis; all’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili.

«Ill.mo Sig. Ministro,

ho chiesto tempo fa la possibilità di un incontro con la SV per presentarLe il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna e le sue problematicità che, a mio avviso, si trascinano sin dalla sua origine.

Immagino che il suo dicastero lo tenga impegnato su fronti molto più importanti ed attuali e, nelle more di uno spazio di audizione del nostro Ente, cerco di esporLe gli elementi più rilevanti che ritengo meritino attenzione.

Il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna è assimilato agli Enti di cui alla legge 9 maggio 1989 n.168 e la sua gestione è affidata ad un Consorzio ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, ma viene accostato ad un’Area Protetta, ai sensi della legge 6 dicembre 1991 n. 394, tanto che nel decreto istitutivo si fa riferimento, per le sanzioni, all’art.30 della stessa legge, nonostante, mi pare, non rientriamo nella sua classificazione ai sensi dell’art. 2.

Peraltro i comuni compresi nel Parco Geominerario non beneficiano delle Misure di incentivazione previste dall’art.7.

Tutto questo ha da sempre creato disorientamento e forti perplessità nell’agire e nella programmazione per il territorio del Parco, bisognoso più di altri di risorse per la sua caratteristica fisica e storia industriale che ne costituisce un unicum in Sardegna, ma non solo.

Il decreto Istitutivo, come modificato dal decreto dell’8 settembre 2016, assegna al Parco, ai sensi dell’art. 2, l’impegno a perseguire la finalità di assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico, storico-culturale ed ambientale dei siti e dei beni ricompresi nel territorio, nonché quella di garantire uno sviluppo economico e sociale dei territori interessati in un’ottica di sviluppo sostenibile. Seguono nove commi di attività da porre in essere.

Il Parco si estende su un territorio di 3.500 kmq, con al suo interno 86 comuni, con ambiti di grande pregio naturalistico ed ambientale, ma anche, 6.739 ettari di aree inquinate, dovute alle pregresse attività minerarie, con 1.947 fabbricati, suddivisi in 743 civili, di cui numerosi di alto pregio architettonico, come le direzioni delle miniere, gli ospedali e le foresterie; 425 industriali, con diversi complessi di pregio architettonico e storico culturale, 412 ruderi e 367 aree di fabbricati demoliti che con l’andar del tempo andranno sempre più aumentando.

Se per un verso gli interventi relativi al programma delle bonifiche ambientali, finanziate dal suo Ministero, muovono i primi passi, dopo venti anni dalla legge istitutiva del Parco, restano ancora al palo il recupero del vasto patrimonio immobiliare, costituito da diversi borghi minerari, con rilevante valore storico, culturale ed ambientale che potrebbero esser recuperati e destinati a finalità sociali, culturali e produttive.

Su tale patrimonio il Parco negli anni ha investito alcune risorse dei trasferimenti annuali, peraltro dimezzati nel corso di questi anni e relativi a degli avanzi di amministrazione.

Una goccia d’acqua nel mare del bisogno finanziario necessario per il suo pieno recupero prima del suo definitivo disfacimento.

Il Parco intende, in questo nuovo anno, attivarsi per la predisposizione di un Piano di sviluppo socioeconomico, con il pieno coinvolgimento degli stakeolder territoriali, ma questo necessita di un organico adeguato di cui oggi non disponiamo, sia in termini numerici (7 dipendenti di cui 3 a tempo pieno e 4 part-time) che in termini di professionalità.

Attualmente al Parco è riconosciuta una pianta organica di 13 unità, ma per il blocco delle assunzioni non ci è possibile disporre pienamente neanche di quanto la pianta organica ci riconosce.

La gestione di un piano di sviluppo su un territorio vasto 3.500 kmq, con le finalità assegnateci meriterebbe una maggior attenzione sia di risorse finanziarie che di personale.

Per quest’ultimo aspetto potremmo rifarci in termini comparativi all’organico del più piccolo e del più grande dei Parchi Nazionali:

Parco 5 Terre – sup. 38,6 kmq. 12 Unità

Parco del Cilento – sup. 1.781 kmq. 40 unità

Parco Geominerario sup. 3.500 kmq. 7 unità (3 tempo pieno 4 Part-time).

Da questa breve analisi si evince che il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, in primo luogo, per i compiti assegnati dal Decreto Istitutivo, non è mai stato equiparato di fatto alle Aree Protette, nonostante al suo interno, oltre alle aree inquinate, siano presenti vasti territori (SIC e ZPS) caratterizzati da paesaggi eterogenei, abitati da varie specie animali e vegetali ed in particolare nell’area del Guspinese Arburese, permane il più vasto areale del cervo sardo, autoctono. Ma ancora, sono presenti vaste zone umide protette dalla convenzione Ramsar.

La situazione ibrida potrebbe essere risolta, riconoscendone la tipologia, quale Consorzio assimilato agli Enti di cui alla legge 9 mMaggio 1989, n. 168, ed inserendolo con le Università nei programmi di ricerca previsti dalla legge 168.

Il Parco, dall’insediamento degli organi, Presidente e Consiglio direttivo (giugno 2018), collabora strettamente con le due Università isolane, peraltro facenti parte a pieno titolo del Parco, con i Comuni e gli Enti regionali.

Esperienza questa della ricerca, messa in atto, in questo nuovo corso del Parco, con l’accordo quadro dell’Università di Cagliari e Sassari e in concorso con alcuni dipartimenti.

In particolare credo interessante e proficua l’opera avviata con il Comitato Tecnico Scientifico del Parco, nell’ambito delle bonifiche ambientali, ove siedono, il soprintendente regionale, docenti universitari ed esperti di sperimentata competenza nelle seguenti aree disciplinari: materie geologico-minerarie; materie ambientali; materie economico-sociali; pianificazione territoriale; materie storico-archeologiche e museali.

Il Parco grazie agli esperti del comitato, ora, oltre al rilascio del nulla osta di carattere edilizio, si sta pienamente occupando del recupero ambientale delle aree minerarie dismesse, portando importanti contributi di natura tecnica e scientifica, perché le discariche minerarie e gli ambienti minerari non siano più un grave danno all’ambiente ed alle popolazioni residenti, ma possano diventare risorsa. L’ultima proposta in ordine di tempo predisposta dal Parco in concorso con l’Università di Cagliari è il progetto di sviluppo Tour Remine.

Il progetto TouRemine vuole essere un progetto pilota che si propone il ricupero, la bonifica e l’infrastrutturazione di numerose realtà entro l’ambito del Parco, per un decisivo risanamento e fruizione ambientale, nonché per un nuovo processo sviluppo socio economico. Questo progetto integrato è oggi all’attenzione di Invitalia che cura i fondi per lo sviluppo destinati al sud Italia, con l’intento di estendere la sua portata a tutti i comuni appartenenti alla comunità del Geoparco, con tre obiettivi:

Infrastrutturazione: costruire e/o adeguare le infrastrutture che garantiscono la mobilità (dati/persone), l’accoglienza e la ricettività per rendere sfruttabili a fini commerciali e fruibili a scopi turistici i borghi e gli ambienti minerari.

Industrializzazione: creare le condizioni per sfruttare gli scarti delle miniere per attivare potenziali nuove opportunità di business e lo sfruttamento sostenibile delle risorse.

Imprenditorialità: sviluppare percorsi di creazione d’impresa e offrire nuovi servizi alle imprese esistenti. In particolare vorrei evidenziare il secondo obiettivo, che prevede nel progetto il recupero di importanti immobili minerari da destinare a musealizzazione ed a nuove destinazioni socio – culturali, nonché la bonifica ed il recupero di minerali di valore, come per esempio nel progetto in TouRemine, la fonderia di antimonio a Villasalto diventata nel tempo discarica di antimonio, ci consentirà, se finanziato, di recuperare il minerale, oggi di nuovo richiesto dal mercato, e la fonderia, unica rimasta forse in Italia per questa tipologia di minerari.

Questa esperienza di recupero degli scarti minerari entro l’area del Parco Geominerario, è già in atto tra l’università e gli enti regionali, in particolare con la Carbosulcis, ove la bonifica delle discariche minerarie di carbone hanno contribuito, con la ricerca, a darci importanti risultati come il progetto “Aria” impianto sperimentale produzione isotopi, ma anche il recupero delle “Terre rare” o la sperimentazione su fertilizzanti e disinquinanti ecologici.

Sono convinto dell’importante apporto che può dare il Parco Geominerario se è posto in condizioni di operare, con un ruolo più lineare ed una dotazione organica adeguata.

Ill.mo sig. Ministro, la invito nei limiti delle sue disponibilità, a verificare con i suoi uffici questi due principali aspetti, dell’inquadramento normativo o nell’impossibilità che ciò avvenga, almeno il riconoscimento, anche ai comuni del Parco Geominerario, dei benefici previsti dalla  legge 349/1986, e la valutazione di una pianta organica adeguata alle funzioni assegnate ed ai complessi problemi di natura ambientale presenti entro l’area Parco, non certo assimilabili ai territori delle Aree Protette. Questo ultimo aspetto credo meriti una particolare attenzione perché devono assolutamente esser risolti, pena il perdurate dei rischi di natura sanitaria, già a suo tempo riscontrati dal rapporto del ministero della Salute del 2016, che pone il Sulcis-Iglesiente-Guspinese, la parte più consistente delle aree del Parco Geominerario, fra quelle “invivibili”, ove si sono riscontate le più alte percentuali di patologie oncologiche e mortalità, fra le 44 aree ad alto rischio in Italia.

Certo di una sua attenzione, nel pormi a sua disposizione per ogni ulteriore approfondimento e in attesa di un possibile incontro, porgo cordiali saluti.»

Tarcisio Agus

Presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna

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Mattinata di audizioni, ieri, in commissione “Attività Produttive” sulla situazione delle società Igea e Carbosulcis e sulla proposta di legge di riordino delle professioni turistiche con particolare riferimento alle guide ambientali ed escursionistiche.

Igea e Carbosulcis:

La situazione delle due società regionali, una in house (Igea) e l’altra partecipata (Carbosulcis) è stata illustrata alla Commissione dai due commissari Michele Caria e Francesco Lippi.

«Il piano di chiusura dell’ex miniera di Nuraxi Figus, avviato nel 2014, va avanti – ha spiegato Francesco Lippi – stiamo rispettando le prescrizioni e le tempistiche indicate dalla Commissione europea. Nel 2018 c’è stato lo stop definitivo all’attività estrattiva e proseguiamo negli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito che si concluderanno nel 2026». Il commissario della Carbosulcis ha indicato alcune criticità riscontrate nell’attuazione del piano di dismissione: la gestione del personale e la chiusura della discarica delle ceneri provenienti dall’ex centrale Enel di Portovesme: «Sugli esuberi e gli incentivi all’esodo del personale il piano ha subito un rallentamento a causa di alcuni interventi legislativi – ha affermato Francesco Lippi – dai 450 dipendenti del 2014 siamo passati ai 130 attuali, 70 in più rispetto alle previsioni iniziali. Tra gli attuali dipendenti, il numero più consistente è rappresentato dagli impiegati. Per questo abbiamo attivato una procedura di mobilità  che ci consentirà di poter utilizzare 12 persone (10 provenienti da Igea e due dalla miniera di Olmedo) per portare a termine alcuni interventi di ripristino ambientale». Francesco Lippi ha poi parlato dello stato finanziario della società: «Il piano di chiusura aveva una dotazione di 100 milioni di euro per il periodo 2014-2027 – ha detto Francesco Lippi – gran parte delle risorse sono state incamerate, quando la miniera era attiva, sotto forma di aiuti di Stato. Oggi abbiamo in cassa circa 30 milioni di euro che non saranno sufficienti a raggiungere il traguardo del 2027. Il costo attuale è di circa 18 milioni all’anno. Ciò significa che dal 2023 occorrerà pianificare un nuovo percorso per arrivare alla definitiva chiusura della miniera».

Il commissario della Carbosulcis ha poi parlato dei progetti di riconversione, di ricerca scientifica e di promozione di nuova imprenditorialità che stanno interessando il sito: «La buona notizia di questi giorni arriva da Bruxelles – ha rimarcato Francesco Lippi – Nuraxi Figus, insieme a Taranto, sembra essere uno dei siti prescelti per i progetti di riconversione energetica nell’ambito del Green New Deal approvato dal Parlamento europeo e voluto dalla presidente Ursula von Der Leyen. Una partita da 350 milioni che rappresenta un’opportunità straordinaria per la Sardegna». Un’altra grande opportunità  per il rilancio del sito minerario è offerta dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica: «Nel 2018 è partito il progetto ARIA, voluto dall’Istituto nazionale di fisica nucleare. La miniera di Seruci ospita la più grande torre di distillazione criogenica del mondo per la produzione di isotopi in purezza da impiegare nella ricerca della materia oscura. In futuro potrebbero esserci sviluppi commerciali con l’utilizzo degli isotopi in campo medico, farmaceutico, ambientale ed agricolo. Ci sono già importanti manifestazioni di interesse da parte di gruppi internazionali che la Regione sta valutando».

Non si parla più di chiusura, invece, per Igea che dopo le grave crisi di qualche anno fa, culminata nell’apertura di una procedura di liquidazione, è stata ricapitalizzata e ha ripreso la sua attività. «Siamo usciti dalla procedura di liquidazione nel 2017 – ha detto il commissario Michele Caria – da tre anni abbiamo ripreso con le bonifiche ambientali e assunto nuovi incarichi anche nel campo della messa in sicurezza le  miniere dismesse. Stiamo inoltre procedendo a un censimento dei siti che una volta concluso sarà trasmesso alla Regione per la predisposizione di un piano complessivo di interventi che avrà bisogno di molte risorse da reperire attraverso i fondi europei. E’ la prima volta nella storia che si predispone un piano di questa portata».

Caria ha poi annunciato il censimento del patrimonio immobiliare di Igea: «Abbiamo ereditato da Emsa un consistente numero di immobili – ha spiegato il commissario – sono oltre 4.500 le posizioni catastali censite. Vogliamo avere un  quadro complessivo del patrimonio disponibile per provvedere alla dismissione dei beni privilegiando la cessione, come previsto dalla legge 33, ai comuni che ne faranno richiesta per pubblica utilità. Igea non ha la forza di gestire un patrimonio di questa consistenza».

Anche Igea, come Carbosulcis, sta intanto pensando a possibili utilizzi alternativi dei siti minerari: «A Lula, nella miniera di Sos Enatos, va avanti un grande progetto di ricerca sulle onde gravitazionali promosso dall’Università di Sassari – ha sottolineato Michele Caria – un altro possibile utilizzo è quello dello stoccaggio di prodotti alimentari (vino e formaggio) per il quale ci sono già delle richieste presentate da alcuni gruppi imprenditoriali. Per finire con i progetti di recupero e riciclaggio dei rifiuti rimossi con le bonifiche».

Piena disponibilità a lavorare a progetti innovativi di sviluppo è arrivata dall’assessore dell’Industria Anita Pili: «E’ importante coinvolgere il Consiglio sul ruolo che le società partecipate potranno avere in questo percorso – ha detto Anita Pili – come assessorato stiamo pensando ad aprire alcuni tavoli tecnici per valutare le proposte. L’avvio della collaborazione per la mobilità del personale tra Igea e Carbosulcis è un importante passo in avanti che consentirà di valorizzare le risorse umane e realizzare una cultura d’impresa condivisa».

Proposta di legge su guide ambientali:

In Commissione va avanti l’esame della proposta di legge presentata dal centrosinistra, primo firmatario il consigliere del Pd Salvatore Corrias, per il riordino delle professioni ambientali. Obiettivo: consentire alle guide ambientali che operano in Sardegna di specializzarsi per poter accompagnare i turisti su percorsi escursionistici attrezzati.

Il parlamentino presieduto da Piero Maieli ha sentito il direttore generale dell’assessorato del Turismo Angela Maria Porcu che ha rilevato alcuni possibili profili di illegittimità costituzionale. «E’ una materia sottoposta alla competenza legislativa concorrente Stato-Regioni che riserva allo Stato la definizione dei principi fondamentali – ha detto Anna Maria Porcu – la proposta di legge interviene su professioni specialistiche che prevedono l’uso di materiali e attrezzature riservati in modo esclusivo alle guide alpine. In passato ci sono stati diversi tentativi di introdurre figure simili che sono stati però vanificati dall’intervento della Corte Costituzionale. Per questo la Giunta sta pensando di avviare dei corsi, in collaborazione con il Conaga (Collegio nazionale delle guide alpine) che permettano alle guide ambientali della Sardegna di conseguire il titolo di Guida alpina o Accompagnatore di media montagna, qualifiche disciplinate dalla legge nazionale n.2 del 1989. In questo modo anche le nostre guide potrebbero accompagnare gli escursionisti nei percorsi ferrati, con corda o in pareti rocciose».

Di diverso avviso il primo firmatario della proposta di legge: «Siamo consapevoli delle criticità presenti nella proposta ma riteniamo che possano essere superate – ha detto Salvatore Corrias – questa iniziativa non mira a creare nuove professioni ma a dare una specializzazione alle guide che già lavorano nei nostri territori. Vogliamo mettere i nostri ragazzi nelle condizioni di operare al meglio. I tratti da percorrere in “ferrata” o con l’ausilio di una corda sono brevi, non è necessaria la presenza di una guida alpina, basta una formazione adeguata che consenta alle guide ambientali di offrire i loro servizi in massima sicurezza».

Posizione condivisa dai rappresentanti delle guide sarde: «Il turismo ambientale non è lo stesso di 20 anni fa – ha detto Alessandro Abis, vice presidente dell’AIGAE (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche)occorre cambiarlo ed innovarlo. La proposta di legge non è finalizzata alla creazione di nuove figure professionali, si tratta solo della possibilità di dare una ulteriore qualifica alle guide esistenti. La legge nazionale del 1989 non è sacra come hanno dimostrato diverse sentenze del Tar. E’ una norma obsoleta, la proposta di legge va nella giusta direzione. L’esclusiva alle guide alpine dovrebbe essere riservata solo per i percorsi alpini, in questo caso si parla di percorsi escursionistici attrezzati».

«Non vogliamo alzare muri contro le guide alpine – ha aggiunto Gianluigi Paffi di Guide Confesercenti – noi siamo per la massima collaborazione. Ciò che occorre evitare è l’abuso della professione».

«Le guide sarde devono essere messe nelle condizioni di svolgere al meglio il loro lavoro – ha detto Luciano Murgia, rappresentante delle Guide del Supramonte – il turismo ambientale è completamente cambiato nell’ultimo decennio, i professionisti sardi devono essere messi nelle condizioni di svolgere attività che oggi sono precluse. Vogliamo lavorare a casa nostra, il futuro dei piccoli paesi dipende anche da questo.»

Massima disponibilità ad appoggiare le richieste degli operatori è arrivata da tutte le forze politiche rappresentate in Commissione. «Ci confronteremo con la Giunta e con gli uffici per trovare una soluzione percorribile – ha detto il presidente Maieli – le richieste degli operatori sono legittime, nostro obiettivo è dare la possibilità alle guide sarde di lavorare nel nostro territorio e di offrire ai turisti servizi sempre più efficienti e sicuri».

 

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«La Sardegna paga un costo sociale enorme per la presenza dell’amianto nelle aree industriali dismesse. Oggi è stata l’occasione per presentare la nostra realtà regionale alla Commissione parlamentare». Sono le parole dell’assessore regionale dell’Industria Anita Pili che oggi, insieme al collega della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis, e della Sanità, Mario Nieddu, ha partecipato all’incontro con i deputati dell’XI commissione della Camera, vertice che si è tenuto al Caip di Abbasanta.

«Insieme ai sindaci del territorio – ha aggiunto Anita Pili – abbiamo sollevato il problema delle bonifiche nei siti industriali dismessi di Ottana e Marrubiu. La presenza della commissione nelle aree interessate è sicuramente un segnale d’attenzione, ma al Governo chiediamo una collaborazione sistematica per dare un impulso concreto alla soluzione del problema. Per le bonifiche occorrono nuove risorse che tengano conto delle reali necessità della Sardegna e il riconoscimento per Marrubiu e Ottana, di Sin, Siti di interesse nazionale.»

Un tema cruciale quello delle risorse, non solo per i siti industriali. Lo ribadisce l’assessore Gianni Lampis: «La tematica delle bonifiche ambientali laddove sia presente amianto rappresenta una priorità per la Giunta regionale: dopo l’approvazione della ripartizione di 2,3 milioni di euro a favore di Province, Consorzi di Bonifica ed Abbanoa, la Regione ha ottenuto dal Governo 35 milioni di euro per interventi in strutture ospedaliere e scuole. Risorse non sufficienti a esaudire le necessità soprattutto dei privati che oggi vorrebbero intervenire sulle loro proprietà, ma ci rinunciano a causa dei cospicui costi che andrebbero sostenuti».

«Gli ultimi dati – spiega l’assessore Mario  Nieddu – indicano oltre duemila siti censiti in cui sono presenti manufatti in amianto, oltre un migliaio sono edifici pubblici. I provvedimenti adottati dalla giunta dimostrano la massima attenzione da parte della Regione per questa problematica. Quello della prevenzione è per noi un tema centrale. Ho chiesto ai membri della commissione di sostenere a Roma la proposta di scorporare la spesa per la prevenzione dal tetto del 5% del deficit. Una richiesta già avanzata e non inserita nel Patto per la Salute, ma che per noi resta un punto fondamentale: quello di veder riconosciuta la prevenzione come un investimento da parte dei sistemi sanitari regionali.»

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L’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, ha annunciato oggi la prosecuzione del percorso per la definizione del progetto di riconversione industriale della Carbosulcis (partecipata al 100 per cento dalla Regione), attualmente nella fase di chiusura concordata con la Commissione europea.

«La Carbosulcis può qualificare la sua azione da protagonista nella gestione delle attività legate ai processi di ‘economia circolare’, un sistema economico pianificato per riutilizzare materiali e risorse in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi, in linea con le politiche di ‘green new deal’ che interesseranno prossimamente la Sardegna e che la Regione intende portare avanti.»

«Stiamo dando un impulso concreto alla nostra idea di sviluppo e pianificazione intelligente delle risorse. Nei giorni scorsi abbiamo avuto un primo incontro tecnico nel quale l’azienda, i sindacati ed i funzionari dell’Assessorato hanno iniziato a discutere e valutare il progetto presentato dall’amministratore della società – ha aggiunto l’assessore regionale dell’Industria -. Un’ipotesi che sembra essere pienamente compatibile e può affiancare e supportare il progetto Aria, che prevede la realizzazione a Nuraxi Figus di un hub energetico di proprietà regionale, unico in Italia per la produzione da fonti rinnovabili e lo stoccaggio in sottosuolo, un sistema per la valorizzazione di fertilizzanti dagli scarti di lavorazione del carbone e compost prodotto da Tecnocasic, e una coltivazione di spirulina a fini farmaceutici e alimentari.»

«Il passo successivo, a seguito dell’esame delle proposte, sarà il confronto con le forze politiche di maggioranza, e infine, con la Giunta regionale, attraverso il quale valuteremo la bontà del progetto finale, dando eventualmente mandato alla governance della società per la scrittura di un piano industriale da proporre alle rappresentanze sociali», ha sottolineato Anita Pili.

Nel prossimo incontro – programmato per il prossimo 20 febbraio – l’amministratore di Carbosulcis, Francesco Lippi, presenterà i dati relativi alle possibili ricadute occupazionali, alle professionalità richieste e a una ipotesi di piano economico che renda sostenibile il progetto.

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«La decisione di un phase out dal carbone nel 2025 va accompagnata da interventi qualificati e adeguati per assicurare una transizione del sistema energetico in piena sicurezza che rispetti le specifiche peculiarità della Sardegna e non comprometta le prospettive di sviluppo dei nostri territori.»

Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, al termine del vertice sull’energia convocato a Roma al ministero dello Sviluppo economico dal sottosegretario Alessandra Todde, al quale hanno partecipato l’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, per delineare lo scenario futuro nell’Isola, in vista dell’uscita dal carbone nel 2025 delle centrali termoelettriche di Fiumesanto e del Sulcis. All’incontro erano presenti gli amministratori dei Comuni interessati (Portoscuso, Sassari e Porto Torres), i sindacati ed i rappresentanti delle società elettriche Terna, Enel e Invitalia e delle associazioni ambientaliste.

«Abbiamo definito con chiarezza la posizione della Regione sul tema, chiedendo soluzioni che ci vedano protagonisti e che portino vantaggi per il territorio e per i cittadini – ha detto l’assessore regionale dell’Industria Anita Pili -. Siamo consapevoli che esista l’esigenza di coniugare lo sviluppo e il risparmio del costo dell’energia con il rispetto dell’ambiente e su queste posizioni attesteremo la nostra azione.»

«Siamo convinti – ha sottolineato l’assessore Anita Pili – che la soluzione per ridurre l’impatto ambientale con il contenimento del costo dell’energia sia la realizzazione di una infrastruttura energetica che permetta di veicolare una fonte meno inquinante del carbone, utilizzabile in ambito termico ed elettrico, e che consenta di riconvertire i siti industriali, per essere competitivi sul mercato internazionale e soprattutto per garantire il livello occupazionale.»

All’interno del Pniec (piano nazionale integrato energia e clima), presentato alla Commissione europea, è già tracciato il percorso finora condiviso dalla Regione e dal Governo. Considerando l’obiettivo della decarbonizzazione, che nel Piano nazionale è legata alla distribuzione del metano in Sardegna.

«Lavorare per la corretta transizione energetica – ha aggiunto Anita Pili – significa lavorare per garantire condizioni di opportunità per le generazioni future, significa abbattere una delle condizioni di insularità della nostra isola, ma significa soprattutto, creare condizioni che arginino il largo fenomeno dello spopolamento. Ora – ha concluso l’assessore regionale dell’Industria – spetta all’Esecutivo nazionale decidere se metterci nelle migliori condizioni per abbandonare il carbone, consentendo così all’intero Paese di realizzare la decarbonizzazione.»

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«Vogliamo favorire i nuovi processi di sviluppo del territorio ed il conseguente potenziamento dell’occupazione attraverso un approccio integrato che prevede la realizzazione di una pluralità di interventi capaci di contrastare gli effetti prodotti dalla crisi.»
Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, commentando l’approvazione da parte dell’assessorato regionale dell’Industria delle direttive regionali sulle sovvenzioni per la realizzazione di opere infrastrutturali nelle aree di crisi delle provincie di Sassari, Nuoro ed Ogliastra.

«Il nostro obiettivo è quello di agire sui fattori di svantaggio strutturale e sugli elementi che condizionano il rafforzamento e lo sviluppo di specifiche filiere produttive», ha osservato il presidente.

Le risorse che saranno impiegate per finanziare questo programma ammontano a 7 milioni e 710mila euro.

Destinatari dei benefici sono le amministrazioni comunali, le associazioni di Comuni, le Unioni di Comuni ed i Consorzi Industriali Provinciali.

«Stiamo lavorando per assicurare una prospettiva di crescita all’interno di quei territori strutturalmente svantaggiati o al centro di criticità che limitano la competitività degli insediamenti produttivi e delle aziende. Abbiamo approvato delle linee di indirizzo che premiano gli interventi nelle zone che hanno subìto spopolamento negli ultimi cinque anni. È importante dare un segnale alle comunità, garantendo servizi e condizioni di vantaggio per poter esercitare in quelle aree di crisi attività imprenditoriali», ha spiegato l’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili.

Sono ammessi alle sovvenzioni regionali le manutenzioni straordinarie e la messa in sicurezza di opere pubbliche e infrastrutture già esistenti, il completamento di opere pubbliche già realizzate, la bonifica e il recupero di insediamenti produttivi abbandonati o dismessi e la realizzazione (ex novo) di opere pubbliche e infrastrutture di interesse comunale o sovracomunale.