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Il saluto di benvenuto del sindaco di Bonifacio, Jean Charles Orsucci ha aperto i lavori della Consulta corso-sarda, riunita per la sua terza sessione nei locali del municipio del capoluogo, sotto la guida dei presidenti delle assemblee di Sardegna e Corsica, Gianfranco Ganau e Jean Guy Talamoni.
Le celebrazioni per il 70° anniversario dell’Autonomia (illustrate dalla portavoce del presidente del Consiglio sardo, Maria Grazia Ledda) hanno preceduto il partecipato dibattito sul processo di riforma costituzionale in Francia, con la richiesta dello statuto di Autonomia della Corsica, e sullo “stato di salute” della specialità sarda, anche alla luce delle riforme parlamentari e delle rinnovate richieste autonomistiche avanzate, attraverso i recenti referendum popolari dalle regioni del Nord del Paese. Il confronto tra la delegazione sarda (Gianluigi Rubiu, Udc; Gianni Lampis, FdI; Attilio Dedoni, Riformatori sardi; Daniele Cocco, Art. 1 – Sdp; Pierfranco Zanchetta, Upc; Giovanni Satta, Psd’Az; Anna Maria Busia, Misto; Gianfranco Congiu, Pds; Edoardo Tocco, Fi; Pietro Cocco, Pd) e quella corsa (Petr’Anto Tomasi, Corsica Libera; Francois Ceccoli, Corsica nella Repubblica; Camilla De Rocca Serra, Per l’avvene; Jean Jacques Lucchini, Femu a Corsica; Pierre Ghionga, Corsica nella Repubblica; Francois Orlandi, Andà per dumane) ha interessato non solo i rispettivi livelli regionale e statale ma ha riguardato anche le politiche e le iniziative assunte in sede europea, per la piena affermazione delle autonomie regionali.
I capigruppo del Consiglio regionale della Sardegna hanno insistito, con in testa Attilio Dedoni e Gianfranco Congiu, sul riconoscimento dello status di insularità e sulla creazione della macroregione mediterranea tra le due isole. «Rilancio con convinzione il tema della insularità – ha dichiarato il presidente sardo Gianfranco Ganau – insieme con l’obiettivo della Consulta di aprire una interlocuzione diretta con l’Unione europea per vedere realizzato un diritto fondamentale e irrinunciabile per i sardi e per i corsi». Il capo dell’assemblea sarda ha inoltre illustrato alla Consulta le iniziative nel frattempo assunte, in Sardegna e in Italia, sul piano politico e istituzionale, per l’inserimento del riconoscimento dello status di insularità nella Costituzione della Repubblica italiana.
Lo “stallo” delle trattative con Parigi, sul delicato tema delle riforme costituzionali sono state, invece, le preoccupazioni espresse con chiarezza dalle rappresentanze dell’assemblea corsa che, soprattutto con gli esponenti delle forze politiche autonomiste e identitarie (sono maggioranza nel governo della Regione), hanno ribadito la richiesta di vedere riconosciuti maggiori poteri, più risorse e funzioni alla Corsica.
Condizioni e interventi specifici per le regioni insulari e la costituzione della macroregione Mediterranea di Sardegna e Corsica sono state invece, le dettagliate proposte avanzate dal presidente Ganau, nel corso della sua relazione sulle politiche di coesione dell’Unione europea. Relazione che, insieme con la relativa deliberazione (già all’esame delle rispettive assemblee) sarà posta in votazione nella prossima seduta della Consulta, la cui nuova convocazione è stata annunciata per il prossimo novembre in Sardegna.
E’ stata invece approvata all’unanimità la deliberazione sulla gestione del parco internazionale delle Bocche di Bonifacio (relazione Jean Michel Culioli) che su proposta di Petr’Anto Tomasi afferma «una strategia comune delle isole di Sardegna e Corsica a difesa delle Bocche e un’accresciuta cooperazione e comuni obiettivi per la gestione ambientale delle Bocche di Bonifacio». A sostegno della proposta corsa è intervenuto per la Sardegna, il capogruppo Upc, Pierfranco Zanchetta, che ha evidenziato il minore ruolo della Regione e delle amministrazioni locali nella gestione dei parchi nazionali della Maddalena e dell’Asinara, rispetto a quelle riservate alle istituzioni della Corsica, nelle aree sottoposte a misure di salvaguardia e tutela da parte dello stato francese.
La proposta dello statuto di coufficialità della lingua corsa (relazione Sebastian Quenot) e la promozione e valorizzazione della lingua sarda (relazione Daniele Cocco, Art.1-Sdp), anche in considerazione delle norme recentemente approvata in Consiglio in materia di politiche linguistiche, hanno evidenziato la volontà della Consulta di rafforzare le azioni politiche e istituzionali per la tutela ed il pieno riconoscimento del corso e del sardo come lingue ufficiali. «Il problema non è neanche più politico – ha dichiarato il presidente Talamoni – ma la questione è tecnica e scientifica perché è ormai accertato che senza coufficilità la lingua corsa è condannata a scomparire».
Il tema del sociale è stato trattato direttamente dal presidente dell’assemblea corsa, Jean Guy Talamoni che, in collaborazione con il segretario generale, Serge Tomi, ha illustrato le principali iniziative in campo promosse nel settore (169 milioni di euro di stanziamenti) soffermandosi sul progetto sperimentale “disoccupato di lunga durata” che incentiva le assunzioni a tempo indeterminato. Il presidente della commissione Salute del Consiglio regionale, Mondo Perra (Psi) ha invece illustrato le misure promosse in Sardegna, con particolare riferimento all’introduzione del Reis e il progetto LavoRas. Al termine, il presidente Jean Guy Talamoni, ha invitato ufficialmente il presidente Gianfranco Ganau e l’intero Consiglio sardo ad Ajaccio, in occasione della giornata di studio e confronto “sull’evoluzione del lavoro e dell’impiego in Corsica”.
I lavori della Consulta sono proseguiti con la votazione unanime della proposta della firma congiunta della Carta europea per l’uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini. A favore, in precedenza, per la delegazione corsa è intervenuto il presidente Talamoni («una firma internazionale per ribadire l’impegno di Corsica e Sardegna per la parità e i diritti») mentre per la Sardegna, Anna Maria Busia, ha ricordato lo straordinario risultato ottenuto in Consiglio regionale con l’introduzione della doppia preferenza di genere nella legge elettorale per le elezioni regionali.
I lavori della Consulta corso-sarda si sono conclusi, dunque, con l’intervento di Petru Antone Vesperini, vice presidente assemblea della gioventù della Corsica, che ha illustrato il funzionamento e le attività dell’assemblea. Gianni Lampis ha quindi proposto una valutazione in Consiglio regionale per la costituzione di una consulta giovanile anche in Sardegna.
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Sei consiglieri di maggioranza, Francesco Agus, Anna Maria Busia, Roberto Deriu, Piero Comandini, Valter Piscedda e Giuseppe Meloni, hanno presentato un’interrogazione all’assessore regionale della Pubblica istruzione, Giuseppe Dessena, sui ritardi nel saldo delle risorse del programma “Tutti a Iscol@” messe a disposizione per l’anno scolastico 2016/2017.
«Si tratta dei laboratori scolastici della Linea B2 – relativa alle attività extracurriculari di laboratori innovativi – realizzati dagli operatori economici che nel precedente anno scolastico hanno progettato e realizzato i laboratori tecnologici nelle scuole sarde, e che, nonostante siano concluse da mesi le attività di rendicontazione, ancora attendono una risposta dalla Regione per il pagamento del saldo dei finanziamento. Una situazione inaccettabile – spiega l’esponente di Campo Progressista Sardegna, Francesco Agus – considerando che le risorse sono disponibili nelle casse regionali, che i laboratori si sono svolti tutti entro l’estate scorsa e che le attività di rendicontazione sono state completate da tempo. Tutti a Iscol@” è un piano lodevole e strategico per la scuola sarda, sul quale la Regione ha investito oltre 20 milioni di euro. Ha inoltre permesso a numerosi professionisti di lavorare in questo settore, promuovendo nella scuola l’innovazione al servizio dei ragazzi e del loro futuro, specialmente nei piccoli centri a rischio spopolamento. Purtroppo, il grande sforzo finanziario rischia di essere reso meno utile da inaccettabili ritardi burocratici che non permettono l’erogazione di compensi.»
«La Presidenza della Regione e l’assessorato alla Pubblica Istruzione risolvano l’impasse ed evitino che un programma meritorio come “Tutti a Iscol@” si trasformi in un boomerang. La macchina regionale ha gravi difficoltà organizzative che, senza interventi più incisivi, rischiano di rendere meno efficace anche la politica più meritoria. In questo caso parliamo di 70 operatori economici – sottolinea Francesco Agus – molti dei quali hanno svolto più laboratori. Si tratta per lo più di piccole società che hanno investito tempo, denaro, energie, ma che oggi si trovano in difficoltà nell’adempiere agli obblighi fiscali e tributari, piccole realtà economiche che non dispongono della capacità finanziaria necessaria per farsi carico dei ritardi della Regione, e di lavoratori che mensilmente sono tassativamente chiamati a saldare rate di mutui e prestiti.»
«Al di la di tutti i ritardi finora accumulati – conclude Francesco Agus – e così come già avvenuto in altre situazioni simili, ritengo che su questo tema ci debba essere tutta l’attenzione dell’Esecutivo regionale per la risoluzione del problema, da effettuarsi in giorni e non in settimane e men che mai in mesi.»
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Un dibattito pubblico per discutere del futuro dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari. E’ la richiesta avanzata in una mozione sottoscritta dai consiglieri regionali Francesco Agus, primo firmatario, Raimondo Perra, Anna Maria Busia, Pierfranco Zanchetta, Piero Comandini, Lorenzo Cozzolino, Alessandro Collu, Paolo Zedda, Emilio Usula, rivolta al presidente della Regione per decidere insieme ai residenti del centro storico della città, l’amministrazione comunale e l’Università di Cagliari il destino dell’ospedale cagliaritano, la cui futura destinazione d’uso non è stata stabilita nella riorganizzazione delle rete ospedaliera regionale.
Recentemente, con una petizione sottoscritta da 1.500 cittadini, i residenti del quartiere hanno espresso al sindaco di Cagliari le loro preoccupazioni sul futuro dell’ospedale.
Così Francesco Agus illustra le motivazioni contenute nella mozione: «La completa soppressione dei servizi sanitari nel centro storico di Cagliari sarebbe un grave danno non solo nei confronti dei numerosi residenti dei quartieri limitrofi, ma per tutta la città. L’area è frequentata quotidianamente da migliaia di persone che accedono a servizi e attività commerciali, e l’imponente aumento dei flussi turistici riscontrato in città negli ultimi anni ci obbliga a ragionare tutti insieme se un’ utenza così consistente possa avere bisogno di un presidio sanitario stabile nel centro di Cagliari, mantenendo alcuni servizi indispensabili per la sicurezza e l’emergenza sanitaria».
A mettere in allarme l’esponente di Campo Progressista Sardegna è anche la possibilità che in futuro possa ripetersi un nuovo caso “ex ospedale marino”, questa volta nel centro storico della città.
«In passato la scarsa sinergia tra le istituzioni ha trasformato la vicenda dell’ex ospedale marino di Cagliari in un emblema dell’inefficienza dell’azione politica e amministrativa, una brutta storia che solo dopo tanti anni di totale abbandono e interminabili contenziosi finalmente sembra avviata verso una soluzione positiva – conclude Francesco Agus -. Ora stabiliamo insieme, quanto prima, il futuro dell’Ospedale San Giovanni di Dio evitando che la struttura possa nel tempo decadere e divenire un rudere su cui, in futuro, dover dibattere solo per deciderne la demolizione.»
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Il Consiglio regionale ha approvato la proposta di regolamento n. 4 (Cocco Pietro e più) “Modifiche al regolamento di attuazione della legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23 (Sistema integrato dei servizi alla persona). Trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, approvato con decreto del Presidente della Regione n. 3 del 2008”.
La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con la proposta di modifica, sottoscritta da tutti i capigruppo, del regolamento di attuazione della legge regionale 23/2005 (Sistema integrato dei servizi alla persona). La proposta, a seguito dell’approvazione della legge regionale 32/2015 (Disposizioni in materia di sanità pubblica. Prime misure per la copertura delle perdite pregresse), prevede che “le funzioni, il patrimonio ed il personale delle Ipab che svolgevano prevalentemente servizi socio-sanitari siano trasferite alle Asl competenti per territorio, scorporandone l’attività sociale che, con relative funzioni e personale, sarà invece ricollocata presso i Comuni”.
Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, intervenendo sull’ordine dei lavori, ha protestato perché la terza commissione ha lavorato senza i consiglieri di minoranza e la seduta, a suo giudizio, non è valida anche perché si è svolta in un orario che si è sovrapposto a quello del Consiglio.
Il presidente Ganau ha ricordato che il lavoro della commissione (l’unica ad aver lavorato per poter avviare il percorso della finanziaria) si è limitato all’esame delle cosiddette “norme intruse” ed ha chiarito che si è trattato di un equivoco.
Il consigliere Alberto Randazzo di Forza Italia ha osservato che a suo avviso manca il numero legale.
Il presidente ha riposto che i lavori possono proseguire.
Aprendo la discussione sul provvedimento all’esame del Consiglio, il consigliere Luigi Lotto (Pd) ha ripercorso il contenuto delle questioni all’attenzione dell’Aula, cioè «la completa attuazione della legge dopo l’approvazione della legge 32/2015 e la considerazione della situazione di difficoltà in cui versano i lavoratori delle strutture; per risolvere questa complessa vicenda maggioranza ed opposizione hanno formulato due proposte sostanzialmente identiche e quindi è opportuno oggi arrivare ad una soluzione definitiva con la condivisione di tutti i capigruppo, perché altrimenti i tempi si allungherebbero a dopo la finanziaria».
Il consigliere Marco Tedde di Forza Italia ha confessato di aver temuto a lungo «per le sorti di questo regolamento ed anche ieri quando è mancato il numero legale; il consigliere Lotto ha ragione, bisogna evitare un inutile allungamento dei tempi e dare attuazione alla legge 32 votata dal Consiglio, che va a sanare una situazione incancrenita, con 200 lavoratori (oltre l’indotto) che attendono risposte ed hanno 6 mensilità arretrate». La fondazione San Giovanni Battista deve assolutamente essere salvata e non ci sono alternative, ha concluso Tedde, «ed il regolamento ha lo scopo di prevenire ed evitare ulteriori battute d’arresto».
Il consigliere Luigi Ruggeri (Pd) ha affermato, a differenza di Tedde, «che è utile riflettere sulle scelte che si fanno tenendo presente l’interesse dei lavoratori ma anche il pubblico interesse». La natura di questa Ipab, ha ricordato, «è sempre stata ibrida ed ora non può continuare a svolgere servizi perché la sua condizione patrimoniale non lo consente, è impraticabile sciogliere una Ipab trasferendo beni e personale su un comune unico e quindi non resta che ricollocare le sue attività nell’ambito della Asl del territorio; prediamo atto del fatto che regolamentiamo meglio questo contesto e chiediamo all’assessorato di gestire queste attività in modo che non si producano difficoltà simili a quelle del passato».
Il consigliere Salvatore Demontis, dopo aver ribadito la sua convinzione che «la pubblica amministrazione non deve essere un polmone occupazionale» ha assicurato che non è questo il caso, perché la legge obbliga a sottoporre tutte le Ipab ad un processo di trasformazione. Alcune soluzioni prospettate non erano sostenibili, ha continuato Demontis, «a cominciare dalla trasformazione in Asp perché sarebbe stato necessario istituire nuove specialità, incrementare il personale ed adeguare le strutture; non resta dunque che l’estinzione e le modifiche apportate al regolamento intervengono proprio su questo, trasferendo funzioni e personale alla Asl». Infine, ha concluso Demontis, «va ringraziato l’assessorato ha trovato una buona soluzione nel senso che si utilizzano fondi nazionali per la soppressione dell’Ibap per circa 3 milioni annui, andando a costituire una disponibilità complessiva di 16 milioni di euro».
L’assessore delle Sanità Luigi Arru, a nome della Giunta, ha ricordato la complessità della vicenda del San Giovanni Battista di Ploaghe, dove la stessa analisi del commissario ha evidenziato la presenza sia di criticità che prospettive all’interno dello sviluppo delle cosiddette “cure intermedie”. La riforma, ha sostenuto, «dovrebbe trovare nuovo impulso anche in questa modifica del regolamento, che consente la collocazione del personale presso la Asl e non presso il comune, in considerazione sia della natura delle prestazioni sono socio sanitari che della presenza di pazienti dell’ex ospedale psichiatrico». L’assessorato, ha aggiunto Arru, «ha fatto una valutazione attenta del piano industriale che dovrà inserirsi nelle attività della Asl e nell’ottica del nuovo modello gestionale previsto dalla riforma, con attenzione ai costi ed allo sviluppo delle cure intermedie, ancora in oggi accentrate in modo del tutto improprio sulla rete ospedaliera».
Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni ha chiesto il voto segreto sul passaggio ad articoli, che il Consiglio ha comunque approvato con 31 voti favorevoli e 10 contrari. Subito dopo l’Aula ha approvato anche i 3 articoli del provvedimento.
Prima del voto finale, intervenendo per dichiarazione di voto, il consigliere di Forza Italia Marco Tedde ha espresso parere favorevole, sottolineando la positiva conclusione «di un lavoro iniziato ad avvio legislatura mettendo in campo tutti gli strumenti necessari e dialogando costruttivamente con i colleghi della maggioranza; ora siamo arrivati all’obiettivo superando la situazione insostenibile di 200 dipendenti da 6 mesi senza stipendio».
Voto favorevole anche da parte dell’Udc che, con Peppino Pinna, ha ricordato che «finalmente si mette fine all’annoso problema del S. Giovanni Battista e soprattutto alla difficilissima situazione dei lavoratori e dei creditori».
Per il gruppo di Sdl Anna Maria Busia si è espressa invece in modo contrario. E’un pasticcio legislativo, ha detto, «aggravato dal fatto che non si capiscono cifre e dati finanziari di questa operazione sbagliata, né si conosce quanto del nuovo gettito fiscale andrà a finire al San Giovanni Battista e non ad altri lavoratori della Sardegna». Bisognava rispettare il percorso previsto per la trasformazione dell’Ipab in Asp, ha detto, «ed inserire il nuovo soggetto nel quadro della riprogrammazione dell’assistenza sanitaria, invece si è voluto procedere in maniera nefasta, contro tutte le disposizioni normative in materia, ribadisco il mio “no” ad una decisione scellerata che aumenta la spesa sanitaria, dopo aver aumentato le entrate attraverso le tasse».
Per il Pd Salvatore Demontis, favorevole, ha ribadito che «l’assessore ha individuato una soluzione corretta e sostenibile, il ricorso a finanziamenti nazionali per la soppressione dell’Ipab è l’unica strada percorribile, oltre che inattaccabile da ogni punto di vista».
Il consigliere di Forza Italia Antonello Peru, favorevole, ha messo l’accento sul fatto che «si chiude un percorso iniziato da tempo con lavoratori, sindacati e politica, un percorso che dimostra che quando c’è unità le soluzioni si trovano e a questa soluzione hanno creduto assessore, maggioranza ed opposizione, per salvare una struttura che fornisce 400 prestazioni giornaliere ad alta professionalità in un territorio sofferente». Chiediamo ancora all’assessore, ha concluso Peru, «un ulteriore sforzo per assicurare ai lavoratori che da sei mesi non percepiscono stipendio il pagamento delle spettanze maturate».
A nome del Pd la consigliera Rossella Pinna ha annunciato un voto favorevole sofferto ma ponderato «che chiude una vicenda complessa durata oltre 10 anni con un provvedimento cui hanno lavorato con determinazione Giunta e Consiglio». E’vero che la struttura, ha affermato, «si doveva mettere in sicurezza molto tempo fa ma non c’erano soluzioni percorribili, così come non ce ne sono state per quella di “Guspini per la vita”, chiusa nell’indifferenza generale nella precedente legislatura, determinando una sofferenza notevole per il territorio; ora voto a favore perché certe sciagure non si ripetano, ricordando però che ora mettere mano alla riapertura del centro riabilitazione di Guspini».
Il consigliere di Cps Antonio Gaia ha annunciato invece la sua astensione, pur ringraziando l’assessore per l’impegno profuso e condividendo i problemi dei dipendenti della struttura. Però, ha osservato, «i problemi vanno risolti secondo la legge e non contro, con questo provvedimento stiamo decretando il passaggio di aliquote consistenti di personale alla pubblica amministrazione senza concorso, creando fra l’altro un precedente gravissimo condivisibile sul piano politico ma sbagliato sul piano legislativo».
Il capogruppo di Sdl Roberto Desini ha annunciato il voto contrario del gruppo, «non sul merito del provvedimento perché riaffermiamo la solidarietà ai lavoratori del S. Giovanni Battista ed altri nella medesima situazione, ma per l’iter compiuto che secondo noi non è completo e corretto; non conosciamo i numeri di questa operazione di accorpamento e non sappiamo nulla del piano industriale e per questo avevamo chiesto altri approfondimenti». Ora ci chiediamo e chiediamo ai sardi, ha continuato Desini, «se dopo aumento della tasse queste risorse incideranno sui risparmi della spesa sanitaria e se è giusto trasferire i lavoratori, senza concorso, da un istituto privato alla pubblica amministrazione;voteremo contro perché vogliamo tutelare gli interessi generali della collettività e non provocare un precedente che provocherà altri problemi nel futuro».
Il consigliere del Pd Luigi Lotto, favorevole, ha ringraziato i colleghi della maggioranza e dell’opposizione per aver deciso di metterci la faccia e portare in porto questo provvedimento ed ha poi esteso il ringraziamento anche alla Giunta all’assessore ed agli uffici che hanno costruito il percorso. Stiamo chiudendo l’ultima Ipab della Sardegna, ha osservato, «dopo le altre che avevamo sistemato proprio con la legge regionale 23/2005 e siamo andati più volte a Ploaghe a dare solidarietà ai lavoratori dicendo che bisognava andare oltre; oggi dobbiamo fare una scelta consapevole, coerente con le norme dello Stato e della Regione».
Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, contrario, ha parlato di un «papocchio realizzato, non per la condizione dei lavoratori ma perché non si tratta di una risposta seria, dato che quattro anni fa la struttura ha ricevuto ben 25 milioni ma nessuno ci ha detto come sono stati spesi, ed ora arriva anche il passaggio del personale alla Asl». Le fughe in avanti, ha protestato Dedoni, «non agevolano la soluzione dei problemi e ricordo ai consiglieri regionali che se non c’è voto contrario si paga anche il solido perchè l’astensione non basta; abbiamo fatto una cosa non chiara senza prospettive di sviluppo e crescita ed una operazione di politica clientelare, andando anche a danno di privati che non hanno mai vissuto alle spalle della Regione».
Il capogruppo del Misto, Fabrizio Anedda (Prc) ha fatto un parallelismo tra la situazione discussa ieri in Consiglio, vertenza Alcoa, e il caso del San Giovanni Battista di Ploaghe. L’esponente della maggioranza ha preannunciato voto favorevole sul provvedimento: «Per dare fiducia all’assessore della Sanità sull’efficacia del nuovo piano industriale della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe».
Il capogruppo di Daniele Cocco (Sel) ha annunciato voto a favore ed ha ricordato al drammatica situazione degli operatori e delle loro famiglie, nonché l’assenza di certezze nel percepire le retribuzioni. «Davanti a questi lavoratori – ha concluso l’esponente della maggioranza – abbiamo assunto impegni che oggi onoriamo dando una soluzione definitiva a un problema decennale».
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ricordato che il regolamento in via di approvazione è frutto di una sintesi tra due proposte, una della maggioranza e una della opposizione, è dà soluzione ad una situazione non più sostenibile per i lavoratori del San Giovanni Battista. L’esponente della minoranza ha inoltre spiegato che i 25 milioni di euro stanziati dalla precedente Giunta, sono serviti per risanare il debito contributivo della fondazione e non potevano dunque risolvere i problemi di funzionamento e gestione della struttura di Ploaghe. «Votiamo a favore – ha concluso Pittalis – perché oggi gi si dà un assetto definitivo al San Giovanni Battista e lo facciamo convintamente perché ricociamo alla struttura importanza e ruolo strategico».
Posto in votazione il testo finale del regolamento è stato approvato con 34 sì 10 no e 3 astenuti.
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Il Consiglio regionale approva un emendamento del Gruppo SDLIeri il Consiglio regionale ha approvato un emendamento al disegno di legge 176, presentato come prima firmataria dalla consigliera di SDL, Anna Maria Busia, e sottoscritto da tutti i componenti del Gruppo consiliare Sovranità, Democrazia e Lavoro (Roberto Desini, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu, Piermario Manca e Alessandro Unali).
«L’emendamento aggiunge un tassello importante all’attuale legge a tutela degli amministratori locali vittime di attentato, la legge regionale. 21/1998», spiega la rappresentante del Centro Democratico Sardegna, Anna Maria Busia.
La nuova legge, unica in Italia, consente all’amministrazione regionale di intervenire con un indennizzo per rafforzare la solidarietà nei confronti della vittima di atti di natura ritorsiva o intimidatoria e attenuarne così le conseguenze negative.
L’emendamento approvato ieri dal Consiglio regionale, grazie all’introduzione dell’articolo 49 quater nel disegno di legge per il riordino degli enti locali, riduce i termini per ottenere l’anticipazione dell’indennizzo ed elimina la necessità di ricorrere alle garanzie, previste dalla normativa ora in vigore; l’esperienza applicativa ha dimostrato, infatti, che per la vittima era molto difficile o eccessivamente oneroso ottenere la garanzia.
L’articolo 49 quater, inoltre, l’emendamento chiarisce la natura di puro indennizzo dell’aiuto concesso, consentendo di limitare il ristoro ai casi indicati dalla deliberazione della Giunta regionale che fissa gli importi massimi a seconda della tipologia di bene danneggiato o distrutto.
«L’intervento si inserisce in un contesto segnato, purtroppo, da frequenti attacchi intimidatori nei confronti di chi esercita funzioni importanti a servizio della collettività – conclude Anna Maria Busia -; si vuole pertanto, contribuire a dare un ulteriore segnale di vicinanza delle istituzioni a chi ricopre incarichi pubblici importanti.»
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Il Consiglio regionale della Sardegna si è riunito negli uffici della Regione sarda a Roma, alla presenza Gianfranco Ganau e dei consiglieri Anna Maria Busia, Roberto Desini, Piermario Manca, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu e Alessandro Unali (Sovranità, democrazia e lavoro); Pierluigi Rubiu, Giorgio Oppi, Luigi Tatti e Giuseppino Pinna (Udc); Alessandra Zedda e Alberto Randazzo (Fi); Attilio Dedoni (Riformatori); Pietro Cocco, Gavino Manca, Luigi Lotto e Salvatore Demontis (Pd); Luca Pizzuto (Sel); Gaetano Ledda (Misto-La Base) e Raimondo Perra (Upc-Socialisti) – la riunione a sostegno della vertenza energetica della Sardegna.
Una vertenza storica aggravata dalla recente decisione assunta da Terna che nega il riconoscimento della “super interrompibilità” e della “essenzialità” per le centrali del Sulcis, di Porto Torres e di Ottana e che potrebbe comportare la chiusura dei tre impianti isolani, con drammatiche conseguenze per il futuro delle residue attività industriali che operano in Sardegna e con ovvie conseguenza per l’occupazione e lo sviluppo.
«L’energia – ha dichiarato il presidente Ganau – resta un tema centrale per la Sardegna e la mobilitazione del Consiglio regionale punta al riconoscimento, da parte del Governo, delle specificità della nostra Regione che sconta un troppo elevato gap infrastrutturale, derivante dalla condizione di insularità e che continua a sostenere un più alto costo dell’energia, a causa della mancanza di approvvigionamento del metano.»
La delegazione del Consiglio regionale si è quindi recata nella sede del ministero dello Sviluppo economico per esprimere massima solidarietà ai lavoratori e pieno sostegno all’azione della Giunta e alle rappresentanze sindacali, impegnate in queste ore in nuovo vertice al Mise per difendere il futuro e i posti di lavori nell’industria sarda.
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Il gruppo consiliare Sovranità, Democrazia e Lavoro, ha presentato una mozione in Consiglio regionale (primo firmatario il presidente del gruppo, Roberto Desini) con cui chiede alla Giunta e all’assessorato dell’Igiene e Sanità e Assistenza sociale, l’avvio del processo di accreditamento e certificazione, secondo i criteri dell’Eusoma, della Breast unit di riferimento per il territorio regionale sardo presso il P.O. Oncologico di Cagliari, e l’istituzione di altre due Brest unit in Sardegna, una presso l’AOU di Sassari e una presso il polo ospedaliero di Nuoro.
La mozione, sottoscritta da tutti i consiglieri regionali del gruppo Sdl (Roberto Desini, Anna Maria Busia, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu, Piermario Manca e Alessandro Unali, pone alla base della richiesta un’accurata analisi sull’incidenza del carcinoma alla mammella in Sardegna, sulle strutture isolane che già operano con successo nell’ambito della suddetta patologia, e sulla necessità di garantire a tutti i cittadini sardi, in qualunque area geografica dell’Isola, un’adeguata assistenza sanitaria.
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Si è svolto oggi, in Consiglio regionale, il dibattito sulla situazione della scuola in Sardegna, previsto dall’articolo 120 del Regolamento.
La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le dichiarazioni della Giunta regionale sulla situazione della scuola in Sardegna, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento. Il presidente ha quindi dato la parola all’assessore della Pubblica istruzione Claudia Firino.
Nel suo intervento, l’assessore ha definito molto positivo il dibattito in Aula «su un tema che caratterizza l’azione della Giunta e la sua idea di scuola sarda, con approccio organico e strutturale ed azioni concrete, non ultima quella a favore dei docenti dopo la recente riforma nazionale; la situazione è stata esaminata col ministro Giannini, cui è stato posto con fermezza sia il problema dell’insularità che quello legato ad un contesto più ampio riguardante gli organici attuali e nella prospettiva dell’anno scolastico 2016-2017». «Per quanto riguarda gli effetti reali della riforma nazionale sulla Sardegna – ha proseguito la Firino – le cifre sulla mobilità dei docenti sardi si sono molto ridimensionate, in parte per effetto degli accorgimenti adottati dal ministero e in parte per la pressione della Regione; le domande presentate sono state 1741 con 285 proposta di nomina di cui 89 fuori provincia e soltanto 10 fuori dalla Regione». «Resta il fatto – ha sostenuto poi la Firino – che la proporzione fra il numero dei docenti e del personale tecnico amministrativo ed il numero degli studenti è un metodo non adatto per la Sardegna, dove c’è una dispersione passata dal 23% del 2008 al 28% del 2015, oltre alla difficoltà di apprendimento per alcune materie; sono dati importanti per definire un fabbisogno formativo che non sia frutto di un ragionamento in termini quantitativi».
L’assessore si è quindi soffermata sul significato dei provvedimenti della Giunta adottati in questi mesi: dall’aumento dei fondi per diritto allo studio per le medie e superiori alle risorse per le borse di studio, dai fondi per il trasporto e l’assistenza ai disabili, all’attenzione per le scuole dell’infanzia, al contributo per le autonomie didattiche, nel quadro di una programmazione unitaria di risorse regionali e statali nel ciclo 2014-2020 fortemente orientata al potenziamento dell’istruzione.
«Questa programmazione – ha spiegato la Firino – si articola in 3 fasi principali: interventi sulle infrastrutture e su edifici che per la maggior parte risalgono agli anni ’70, di cui 13 milioni nel 2014 solo per le urgenze, oltre alla sistemazione dei fabbricati vecchi ed alla realizzazione di nuove scuole per 130 ml nel 2015; a queste misure si sommano quelle per il trasporto scolastico ed il rinnovo (dopo 30 anni) del parco scuolabus con l’acquisto di 70 nuovi mezzi, se per la didattica attraverso il programma Iscola (miglioramento competenze di base degli studenti con docenti in più, scuole aperte con più offerta formativa e laboratori tematici, percorsi di inclusione individuali e collettivi dei bambini e dei ragazzi in difficoltà)». «Sono tutte azioni strutturali – ha concluso l’assessore – sorrette da un forte impianto di analisi frutto di dialogo col mondo della scuola, per la realizzazione di progetto organico che offrirà ai Sardi una scuola migliore».
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ricolto ironicamente i complimenti all’assessore «che ha trasformato con buoni propositi e fondi inesistenti o già esistenti una pessima legge in una buona legge, mentre la posizione del presidente Pigliaru sulla scuola è al limite dell’imbarazzante perché non ha difeso specialità della Regione, come ha detto anche un deputato di Sel come Michele Piras, dello stesso partito dell’assessore Firino». «Il problema della scuola – ha detto ancora Tedde – rilancia la centralità dei rapporti fra Stato e Regione che il presidente ha sempre gestito in modo insufficiente, come dimostrato dalla mancata impugnazione con la motivazione che nella stessa ci sarebbero parti buone; può anche darsi, ma allora bisognava impugnare le cattive, visto che sulla materia ci sono competenza concorrente e competenze da rivendicare, come hanno fatto la Puglia guidata dal Pd ed il Veneto». «Credo proprio – ha immaginato Tedde – che della materia si occuperà a fondo la Corte costituzionale perché la norma è da un lato troppo vaga e poi contraria al principio costituzionale che richiede confini chiari sugli ambiti dello Stato e della Regione; in realtà siamo di fronte ad una legge che mette in pericolo la libertà di insegnamento ed introduce grandi differenze di trattamento fra docenti, ottime ragioni per impegnare la legge; altre Regioni, infatti, ne hanno discusso, mentre la Sardegna lo fa a babbo morto». In definitiva, ha concluso il vice capogruppo di Forza Italia, «se c’è da difendere le prerogative della Regione il presidente si deve muovere se davvero vuole rappresentare un popolo; forse non si vuole disturbare il manovratore ma è un atteggiamento sbagliato e dannoso per la scuola e per la Sardegna».
Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az), nell’auspicare un dibattito ampiamente partecipato, ha ricordato il momento in cui Papa Francesco ha salutato gli insegnanti sardi auspicando che le leggi tengano conto delle esigenze delle famiglie e dei docenti e riconoscendo le buone ragioni degli insegnanti sardi. «Altre Regioni – ha affermato – hanno impugnato la legge a cominciare dalla Puglia governata dal Pd e, mentre accadeva tutto questo, la Sardegna faceva scadere i termini per il ricorso alla corte costituzionale». La legge Renzi-Giannini, a giudizio di Orrù, «è una legge pessima che ha causato pesanti disagi a molti docenti sardi innescando fra l’altro un meccanismo perverso per la scelta della destinazione ed ignora i disagi l’insularità; non averla impugnata è perciò un segno di debolezza politica della Giunta succube al Governo Renzi, senza dimenticare la gravità dell’introduzione dell’insegnamento gender che cancella ogni differenza con progetti deviati senza alcuna autorizzazione delle famiglie su argomenti di grande delicatezza, i dirigenti scolastici con le mani legati per intervenire sul fabbisogno di personale, dato che la legge di stabilità taglia i fondi sia per le supplenze che per i bidelli, non aver fatto niente significa che la Giunta si è calata le braghe davanti ad un governo arrogante che calpesta i diritti dei sardi».
Ha quindi preso la parola il consigliere di Sinistra Sarda Alessandro Unali che ha sottolineato l’esigenza di restituire centralità al sistema scolastico pubblico. «E’ necessario potenziare la formazione professionale e i programmi di alta formazione – ha detto Unali – serve una proposta di legge organica sulla pubblica istruzione che metta ordine all’attuale confusione legislativa».
Unali ha poi parlato dei dati sulla dispersione scolastica: «E’ un fenomeno drammatico che colpisce in particolar modo le aree più emarginate dell’Isola – ha affermato l’esponente della maggioranza – per contrastarlo è necessario portare a sistema le azioni progettuali che la Giunta ha messo in campo». Al termine del suo intervento, Unali ha invitato l’esecutivo a difendere la specificità sarda «della quale la riforma Renzi non ha tenuto conto».
Paolo Zedda (Rossomori) ha esordito ricordando il clima di tensione che si respira in questi giorni in Sardegna intorno alla scuola. «Ci troviamo ad affrontare la questione mentre sotto il palazzo un comitato di precari manifesta la sua contrarietà alla legge 107, un altro comitato delle scuole paritarie dell’infanzia ha iniziato lo sciopero della fame per contestare il ritardo nel trasferimento dei fondi regionali che mette a rischio le lezioni».
Paolo Zedda si è detto orgoglioso di essere rappresentato da un Presidente e da una Giunta che hanno individuato nella scuola la priorità del loro programma. «L’investimento sull’istruzione è la miglior cosa che si può fare per il futuro dei nostri figli – ha rimarcato Zedda – la situazione della scuola sarda è degenerata negli ultimi 20 anni. Siamo la Regione italiana con la percentuale più bassa di laureati, appena il 13%, contro il 29% della media europea. La Sardegna è al 265° posto su 269 delle regioni europee con il tasso più basso di scolarizzazione, da noi uno studente su 4 non conclude le scuole superiori».
Il consigliere sovranista ha quindi definito “catastrofica” la situazione della Sardegna auspicando un’inversione di rotta che faccia perno sulla specificità dell’Isola. «La legge 107 presenta diverse criticità per la nostra Regione. Ancora non si conoscono numeri e progetti della riforma nazionale, il 57% dei docenti sardi ha per ora rinunciato al passaggio di ruolo preferendo una supplenza pur di stare in Sardegna.
Non sono previsti interventi a favore delle minoranze linguistiche. E’ una prerogativa sfruttata da Valle d’Aosta e dalle province di Trento e Bolzano. Questo si poteva fare e non lo si è fatto. La carta della lingua poteva essere sfruttata per impedire il trasferimento dei docenti sardi. Chiediamo che la Giunta tenga conto delle esigenze dei lavoratori – ha concluso Zedda – si lavori ad una legge di sistema per il diritto allo studio».
Di clima surreale ha invece parlato Christian Solinas (Psd’Az). «Mentre lei tratteggiava la situazione della scuola sarda – ha detto rivolgendosi all’assessore alla Pubblica Istruzione – mi ritornavano in mente i flash mob dei precari in aeroporto, le manifestazioni sotto il Consiglio regionale, le proteste dei sindaci, il ritardo nell’erogazione dei fondi per la mobilità degli studenti».
Secondo Solinas, la scuola non è un problema di maggioranza e opposizione ma della politica intera. «La gente non riconoscerà più la politica come quel soggetto che difende gli interessi del popolo – ha detto l’esponente sardista – la Giunta doveva presentare un ricorso contro la Riforma Renzi. I ricorsi non sono contro il governo amico ma un atto di difesa del popolo. La Puglia ha fatto ricorso e non è una Regione a statuto speciale.
Christian Solinas ha poi ricordato di aver proposto iniziative in difesa delle minoranze linguistiche. «Questo argomento sembra però non interessare la Giunta, viene considerata una questione non culturalmente adatta. E’ invece una battaglia fondamentale».
Rivolgendosi poi ai consiglieri sovranisti e indipendentisti, Solinas ha invitato i colleghi a marcare la loro presenza all’interno della maggioranza riaffermando le ragioni dell’identità e della specificità sarda. «La Giunta decanta gli effetti benefici della riforma sulla “Buona Scuola”, siamo difensori non richiesti di un provvedimento che non va bene. Se il 57% dei docenti non ha fatto domanda per il passaggio in ruolo significa qualcosa. Mi auguro – ha concluso Solinas – che l’Aula capisca che non si può liquidare l’argomento con questo dibattito. Occorre che la Giunta riprenda in mano la questione. Si trovi una soluzione altrimenti sarà una sconfitta per tutti».
Antonio Solinas (Pd) si è detto d’accordo con la decisione della Giunta di privilegiare l’interlocuzione con il Governo anziché procedere all’impugnazione della Riforma Renzi.
«Il sistema scolastico regionale non è oggi in grado di formare i ragazzi per la sfida alla globalizzazione e non dà risposte alle famiglie – ha detto Solinas – i dati sulla dispersione scolastica sono drammatici. Il progetto “Iscola” è importante sotto questo punto di vista: la filosofia non è dare fondi per riparare una scuola, ma pensare a progetti territoriali, introdurre la banda larga, favorire l’insegnamento dell’inglese, aprire le scuole nel pomeriggio, promuovere l’innovazione tecnologica e l’aggiornamento degli insegnanti. Un progetto che dà pari opportunità ai meno abbienti con contributi per l’acquisto di libri di testo».
Il consigliere del Pd ha quindi invocato una norma che faccia valere le prerogative della Sardegna: «L’idea è quella di una scuola accogliente ed inclusiva, tagliata sulla specificità sarda. Occorre rafforzare identità e senso di appartenenza, esaltare l’interculturalità. La scuola deve diventare patrimonio di tutti».
Solinas ha poi auspicato un rafforzamento della concertazione sul piano di dimensionamento scolastico. «La riduzione delle pluriclassi è importante, ma le scelte fatte sulle autonomie non rispecchiano la realtà sarda. Alcune decisioni vanno riviste ascoltando amministrazioni e dirigenti scolastici. L’obiettivo di tutti è ridurre la dispersione scolastica e costruire una scuola migliore».
Alessandra Zedda (Forza Italia) ha contestato la decisione della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «L’art. 5 dello Statuto permetteva di far valere le ragioni della specificità sarda, voi non lo avete utilizzato – ha attaccato Zedda – altrimenti non saremmo qui a discuterne e non ci sarebbero state le manifestazioni di protesta. Se vi abbiamo chiesto di impugnare la legge è perché la scuola sarda è quella più in difficoltà in Italia».
La consigliera azzurra ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a trasferirsi in altre regioni d’Italia: «In molti hanno rinunciato ad entrare in ruolo, quest’anno avranno delle supplenze ma il problema si riproporrà nel 2016 . In Sardegna intanto le scuole attendono ancora i pullmini per il trasporto degli studenti».
Alessandra Zedda, al termine del suo intervento, ha invitato l’esecutivo ad un’azione più decisa nei confronti del Governo: «Dobbiamo pretendere ciò che spetta alla Sardegna. Ciò che stiamo facendo con i fondi comunitari è una nostra capacità, Non c’entra nulla con quello che il Governo ci deve. Nemmeno un nostro docente deve andare fuori se ci sono i posti sufficienti in Sardegna. La Giunta continua a fare proclami e annunci. Abbiamo aperto la legislatura parlando di Iscola ed edilizia scolastica. Finora non è stato fatto nulla».
Il consigliere di Sel, Francesco Agus, ha dichiarato in apertura del suo intervento «di non considerarsi un sostenitore dell’attuale figura del preside» spiegando inoltre di «non ritenere che i presidi possano svolgere con efficacia il ruolo assegnato dalla nuova legge». Agus ha però sottolineato che la riforma del governo «avvia il percorso di stabilizzazione dando seguito alle diverse sentenze della Corte di giustizia europea». Il presidente della commissione Autonomia ha ricordato l’elevato livello di precariato in Sardegna definendolo una situazione “fuori controllo” su cui è bene – così ha affermato l’esponente della maggioranza – tirare una linea e risolvere il problema». «Superare il precariato a scuola – ha dichiarato Agus – deve essere una volontà improcrastinabile sia per i diritti degli insegnanti che per quelli degli studenti». Il consigliere di Sel ha quindi spiegato che il tema della discussione resta l’applicazione delle legge 107 alla realtà sarda ed ha ricordato che per l’anno in corso solo grazie all’interlocuzione della giunta il problema è stato limitato: «Ma dobbiamo fare in modo che in futuro si evitino i disagi per i docenti sardi e siano ricosciute le nostre specificità».
«Con l’applicazione della legge di riforma – ha aggiunto Agus – saranno dieci i docenti a lasciare l’isola per trovare un lavoro stabile e dobbiamo agire su più fronti per scongiurare il ripetersi dei problemi». L’esponente di Sel ha invitato alla “responsabilità” ed ha auspicato la messa al bando della politica degli annunci. «Serve, invece, pressione politica anche per via parlamentare – ha proseguito il consigliere del centrosinistra – perché siano riconosciuti i disagi patiti dai docenti sardi e riconosciute le pecularietà della realtà sarda». Agus ha concluso rimarcando la necessità di una nuova legge regionale sull’istruzione che “ragioni sull’organico” e introduca nei programmi lingua, storia e cultura.
Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha riconosciuto l’opportunità di una riflessione approfondita sul tema dell’istruzione ed ha definito la scuola “il tema strategico”. «Affrontiamo oggi solo un pezzo del problema – ha proseguito l’esponente della minoranza – che sembra mostrarci un mondo alla rovescia: la sinistra che ha sempre considerato la scuola come parte della soluzione della disoccupazione oggi, infatti, adotta meccanismi di reclutamento brutali, tipici “da padrone delle ferriere”. Cossa ha quindi criticato la decisione della Giunta regionale di non impugnare la riforma “nonostante molte altre regioni governate dal centrosinistra abbiano proceduto in tal senso».
In merito alle discusse graduatorie della “Buona scuola” il consigliere dei Riformatori ha evidenziato che «sarebbe bastato attivare le graduatorie nazionali solo in ultima istanza, partendo invece dalle graduatorie su base provinciale». Michele Cossa ha inoltre evidenziato il dato che il «57.5% dei docenti sardi non ha fatto richiesta di assunzione e che appare grave dunque l’atteggiamento di sufficienza mostrato in proposito dal governo e anche da alcuni colleghi del Consiglio». Il consigliere della minoranza ha parlato di «eccessiva accondiscendenza da parte della Giunta» e di un “atteggiamento bifronte” da parte del partito di Sel. Michele Cossa ha rimarcato l’urgenza di una nuova legge regionale sull’istruzione ma ha precisato: «Bene storia e lingua sarda ma ciò che è più importante garantire ai sardi l’ingresso nei circuiti che oggi gli sono negati e che fa sì che oggi tanti sardi cerchino altrove e al di fuori dell’isola le occasioni di lavoro». Nella parte conclusiva del suo intervento, l’esponente dei Riformatori ha definito “un’inezia” le cifre stanziate per la sicurezza nelle scuole sarde («tante sono inagibili» ed ha affermato che si è dinanzi ad “un’autentica emergenza”. Cossa ha concluso con un riferimento alla situazione di difficoltà che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie: «Sono in attesa dei che la Regione versi i contributi dovuti per il 2013 e il 2014 e nel frattempo danno lavoro a circa 2.000 persone e offrono servizi importanti a tanti sardi coprendo, in alcuni casi e in molti centri, le tante carenze delle scuola pubblica».
Il consigliere del Partito dei sardi, Gianfranco Congiu ha rivolto pesanti critiche verso l’operato dell’ufficio scolastico regionale «per non aver tenuto conto, nell’applicazione della riforma “Buona scuola”, delle difficoltà della Sardegna nonostante le indicazioni fornite in proposito dalla Regione». «L’ufficio scolastico regionale – ha proseguito l’esponente della maggioranza – non ha proceduto con la richiesta delle consentite deroghe delle legge 107». «Tutte le altre Regioni – ha proseguito Congiu – hanno chiesto le deroghe, tranne l’ufficio scolastico regionale della Sardegna». Il consigliere Pds ha quindi parlato di “scuole smantellate” per effetto delle “scelte al risparmio” adottate dall’ufficio scolastico regionale: a Sindia come a Fonni e a Macomer come a Laconi. «Chiediamo che il Consiglio regionale censuri l’operato dell’ ufficio scolastico regionale ed auspichiamo un confronto tra Giunta e governo per la formalizzazione delle deroghe a favore della Sardegna o rivolgere l’invito per compensare le criticità segnalate, nelle diverse fasi di applicazione della riforma della scuola».
«Riappropriamoci delle nostre competenze legislative – ha concluso Congiu – e ripudiamo suggestioni proconsolari di romana derivazione».
Il consigliere Oscar Cherchi (Fi) ha criticato duramente la decisione del presidente e della Giunta di non ricorrere contro la riforma “Buona scuola” del governo Renzi. «Troppo spesso – ha ammonito il consigliere della minoranza – la Giunta ha dimenticato il significato della specificità della nostra isola». Oscar Cherchi ha quindi ricordato alcuni criticità del sistema sardo ad incominciare da quelli che riguardano «gli elementi di debolezza dei sistemi locali, dei livelli di infrastrutturazione e dei trasporti».
Il consigliere di Fi ha quindi affermato che il consigliere di Sel, Francesco Agus, avrebbe mostrato sulla riforma, nel corso del suo intervento, un’idea diversa rispetto a quella che il suo partito avrebbe nel Parlamento a Roma. «Agus – ha detto Cherchi – giustifica e difende la legge 107 ipotizzandone vantaggi nel futuro mentre invece la norma non tutela la scuola sarda ed è questo un problema prettamente politico». Cherchi ha concluso dichiarando di attendere dal presidente della Giunta e dall’assessore della Pubblica istruzione sulla base di quali motivazioni la Regione sarda non abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la riforma Buona scuola.
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha contestato in apertura le affermazioni dell’on. Orrù secondo il quale i governi Pigliaru e Renzi hanno ucciso la scuola. In realtà, ha sostenuto, «sono stati i diversi governi Berlusconi a fare a fettine il mondo della scuola, tagliando 8 miliardi e 100.000 posti e dando vita alle classi pollaio; al contrario, il governo Renzi ha invertito la tendenza perché ha finalmente scelto di investire sulla scuola con una scelta coraggiosa e di cambiamento, aggredendo il vero e proprio deficit di conoscenza dell’Italia rispetto all’Europa, con la Sardegna che registra dati ulteriormente negative». Prima di tutto, secondo l’esponente del Pd, «dobbiamo rivendicare il diritto al sapere dei ragazzi, ad una scuola con nuovi strumenti in grado di aprire nuovi scenari, intervenendo in un mondo dove il personale è spesso stanco, demotivato e mal pagato nonostante molti buoni esempi; nella riforma ci sono fondi per premiare il merito ed incentivare l’arricchimento culturale dei docenti, ci sono anche risorse importanti per l’edilizia ma, soprattutto, ci sono 100.00 docenti immessi in ruolo mettendo fine alla reiterazione del precariato e creando le condizioni per prevenire e contrastare dispersione ed abbandono scolastico». Quanto al nuovo ruolo dei dirigenti che qualcuno ha definito sceriffi, la consigliera Pinna ha osservato che «saranno valutati come gli altri dirigenti della pubblica amministrazione ed affiancati dal collegio docenti nella predisposizione del piano dell’offerta formativa e, rispetto al ruolo della Regione, sarà importante una presenza incisiva nella conferenza unificata e nella stessa commissione cultura del Consiglio per la definizione degli ambiti territoriali e degli accordi di rete fra scuole, puntando sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi e sul piano dell’edilizia scolastica».
Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) è partito dal dato comune sul ruolo strategico della scuola nella società dove devono esserci opportunità per tutti, per affermare che «la Giunta non ha mostrato un’idea di scuola vincente per la Sardegna, perché alle parole (a parte i soliti spot) non sono seguiti i fatti ed oggi tutti vediamo cosa accade nelle nostre scuole dove manca spesso la carta ed il sapone». Dopo aver lamentato la scarsa attenzione dell’Esecutivo per le scuole paritarie, «che non sono le scuole dei bambini ricchi ma strutture che coprono le lacune del settore pubblico», Truzzu ha messo in luce che «si sta ripetendo la logica delle occasioni perse facendo discussioni a babbo morto mentre la Sardegna avrebbe bisogno di altro, perché non è in discussione la buona scuola ma cosa fare per realizzare l’autonomia della scuola sarda». Un consigliere di maggioranza come Paolo Zedda, ha ricordato ancora Paolo Truzzu, «ha parlato di quanto si poteva fare e non si è fatto; è la certificazione del fallimento, un fallimento politico frutto di una leale collaborazione con lo Stato che, finora, ha solo danneggiato la Sardegna».
Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha auspicato che si metta ordine nella discussione dove a suo avviso si sta assistendo al solito gioco delle parti. Non condivido la legge e non amo Renzi, ha dichiarato, «con buona pace del consigliere Manca, pur ammettendo che le stabilizzazioni sono un risultato importante anche se bisogna fare di più perché la legge in Sardegna va applicata e sotto questo aspetto l’impugnazione ha un percorso lungo che avrebbe dato garanzie immediate ai docenti sardi mentre è vero che, in questa prima fase, i lavoratori sardi rimangono in Sardegna». Riferendosi alle posizioni critiche verso la maggioranza espresse dal deputato Michele Piras, Pizzuto ha risposto confermando la sua vicinanza al presidente Pigliaru ed il suo dissenso dalle idee di Piras ricordando inoltre che «la legge è stata approvata a livello nazionale anche da alcuni che ora la contestano; come Consiglio regionale, piuttosto, dobbiamo esprimere con un ordine del giorno sia la volontà di recuperare i rapporti con modo sindacale che quella di stabilizzare la posizione dei docenti sardi in Sardegna». Riferendosi alla situazione dei lavoratori della scuola privata, Luca Pizzuto ha ammesso che si tratta di un errore cui occorre rimediare purchè, ha avvertito, «ci si ricordi che in passato ci sono state le riforme Moratti e Gelmini che hanno prodotto dispersione di cui oggi ci lamentiamo, mentre l’attuale maggioranza ha finanziato il trasporto pubblico scolastico, ripristinato i contributi e aumentato gli importi delle borse di studio; dobbiamo ora concentrare tutti i nostri sforzi per governare le fasi successive della riforma, perché insularità pesa come svantaggio ma pensando ad un siciliano che va in val d’Aosta, dobbiamo renderci conto della necessità di un nuovo sistema che va reso accettabile e ragionevole».
Il consigliere Gavino Manca (Pd) ha parlato della scuola come argomento di grande spessore che da sempre suscita con grandi contrapposizioni, ricordando poi che la riforma della buona scuola non è la prima che cerca di cambiare le cose ma ha contenuti importanti e guarda alla competitività del sistema Paese, a differenza di riforme precedenti che non hanno funzionato lasciando l’Italia nelle ultime posizioni in Europa. C’era quindi bisogno di una riforma nuova e coraggiosa, ha aggiunto Manca, «per superare la lunga fase del precariato introducendo valutazione e meritocrazia e superando la vecchia paura del nuovo ed i fatti concreti: 1 miliardo di investimenti nel 2015, 6 miliardi a regime, nuove materie come musica e scuola dell’arte, obbligo dell’alternanza scuola lavoro, scuola digitale, spese correnti raddoppiate, risorse per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, semplificazione burocratica». A novembre, ha detto poi Manca, «in Sardegna ci saranno più di 2000 assunti ed in futuro saranno sempre di più i sardi che insegneranno nella Regione; questo è un anno di passaggio ma dal prossimo le assunzioni saranno fatte su ambiti regionali e proprio su questo la Regione potrà e dovrà intervenire per far valere la sua specificità». Manca, infine, ha respinto l’identificazione del dirigente scolastico con uno sceriffo, ricordando che la maggiore responsabilità dei dirigenti risale al 2011, e sottolineando l’aspetto della gestione collegiale degli istituti, la responsabilità delle scelte e la trasparenza nella pubblicazione dei risultati; rispetto a queste innovazioni la Sardegna non è rimasta indietro, perché c’è un grande piano di interventi che dà una risposta all’emergenza e indica una prospettiva nuova per la scuola sarda».
La consigliera Anna Maria Busia (Sdl) ha preso le distanze, in apertura, dalla piega che ha preso la discussione, perché a suo giudizio «non si presta la giusta attenzione alle situazioni concrete, a cominciare dalle decisioni del provveditore scolastico regionale che avrebbe dovuto agire in modo diverso con un sistema di deroghe che avrebbe garantito i docenti sardi». Ma ora, ha proposto, «bisogna pensare al futuro sia per le ragioni che ha espresso il consigliere Congiu, sia perché la stessa legge sulla buona scuola dice che la sua applicazione avverrà nelle Regioni a Statuto speciale compatibilmente con gli statuti e le norme di attuazione». Proprio questo, secondo la Busia, «è lo strumento su cui bisogna agire ed anche la ragione per cui la legge non è stata impugnata; le norme di attuazione consentono già ora, infatti, di adattare una legge nazionale a realtà territoriali specifiche come la nostra, lavorando in modo paritario con lo Stato ed attivando il confronto previsto dall’art. 56 dello Statuto, è la strada giusta già tracciata, peraltro, da altre Regioni speciali».
Una bocciatura senza appello della riforma sulla “Buona Scuola” è arrivata da Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda). «Il provvedimento del Governo Renzi mette a rischio il diritto all’istruzione, faticosamente raggiunto dalle generazioni precedenti – ha detto Anedda – una riforma che, inoltre, non tiene conto della specificità sarda». Anedda ha citato come caso emblematico la situazione del Liceo Classico di Laconi ancora chiuso nonostante le richieste del territorio. «Gli studenti sardi non possono scegliere dove istruirsi – ha sottolineato il consigliere comunista – alcuni territori non sono in grado di sostenere gli alti costi per la mobilità».
Negativo anche il giudizio sul piano delle assunzioni («che penalizza i docenti sardi») e sui super poteri dei dirigenti scolastici («si introduce il concetto del preside-padrone»), sul finanziamento alle scuole private a scapito delle scuole pubbliche e sulla marginalizzazione dei sindacati. «Meglio avrebbe fatto Pigliaru ad impugnare la riforma – ha affermato Anedda – noi abbiamo in testa una altro modello di autonomia scolastica. Il Ministero affida il compito di definire l’offerta formativa agli Uffici scolastici regionali espropriando la Regione sarda delle sue competenze. La Giunta deve assumersi le sue responsabilità ed occuparsi di offerta formativa».
Secondo il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, l’interlocuzione avviata dalla Giunta con il Governo arriva fuori tempo massimo. «La discussione doveva avvenire prima della riforma e non dopo la sua approvazione – ha detto Carta – il risultato è il trasferimento dei docenti sardi, una sconfitta per la Giunta che non ha fatto valere il principio dell’insularità».
Angelo Carta ha poi parlato del piano di dimensionamento scolastico: «Il raccordo tra enti locali e Regione è basilare. Il confronto con i comuni è mancato. Non è questo il modo di declinare il concetto di scuola sarda. I comuni si trovano a combattere contro i mulini a vento. Chi lo spiega al Governo come è fatta la realtà sarda?»
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha detto di apprezzare il Progetto Iscola, molto meno la riforma Renzi.
L’esponente della maggioranza ha contestato l’atteggiamento dell’opposizione: «Quando vennero spostati i fondi per la scuola digitale al governo della Sardegna non c’era il centrosinistra – ha detto Cocco – parlavate di lavagne interattive, di computer per gli studenti, di formazione del personale docente per l’uso degli strumenti elettronici. Gran parte del programma è rimasto sulla carta».
Sul Progetto Iscola, Cocco ha espresso apprezzamento per il lavoro della Giunta, impegnata a superare le criticità. «Il Progetto Iscola parte dalla base. Pigliaru e Firino sono andati nei comuni ad ascoltare amministratori, operatori scolastici e famiglie – ha rimarcato Cocco – su questo progetto si sono espressi tutti a favore».
E’ quindi intervenuto il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni che ha invitato l’Aula ad affrontare la discussione su un tema come la scuola lasciando da parte le logiche di schieramento. «Abbiamo il dovere di pensare al bene comune. Gli insegnanti devono essere all’altezza ma devono essere garantiti, non possono sopportare spostamenti che lacerano le famiglie – ha detto Attilio Dedoni – la “Buona scuola” deve tenere conto di questo, il sistema dei trasporti sardi è vergognoso, come faranno i docenti a raggiungere la Sardegna».
Attilio Dedoni ha poi contestato la decisione della Giunta di non impugnare la riforma sulla scuola davanti alla Corte Costituzionale. «E’ la Regione che detta le linee guida sulla razionalizzazione scolastica, il ministero viene in subordine. Non si possono subire le loro decisioni calibrate su regioni come il Veneto, la Toscana e L’Emilia dove non ci sono difficoltà di collegamento tra un centro e l’altro. Non si possono applicare alla Sardegna che ha una condizione geografica e di viabilità profondamente diversa».
Il capogruppo dei Riformatori ha quindi invocato un ordine del giorno unitario del Consiglio «una convergenza che dia speranza ai giovani e agli insegnanti – ha concluso Dedoni – dobbiamo dare un’immagine diversa dell’Istituzione regionale».
Per Gianluigi Rubiu (Aps) la discussione «è una beffa per i docenti che si sono battuti contro la riforma del Governo».
Il capogruppo di Area Popolare Sarda ha espresso un giudizio negativo sui contenuti della riforma (super poteri ai presidi, cancellazione delle graduatorie per la chiamata in ruolo, penalizzazione dell’autonomia scolastica).
«Il dato più allarmante è però l’esproprio delle competenze della Regione da parte del Governo – ha affermato Rubiu – ripetutamente abbiamo sollecitato un riscorso: non c’è stata risposta. La specificità sarda sarà danneggiata dagli standard imposti dal Governo che cancellano la diversità. Assurdo non difendere le prerogative dell’autonomia e non far valere il principio di insularità».
Gianluigi Rubiu ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a spostarsi in altre Regioni ed espresso preoccupazione per il futuro del sistema scolastico regionale. «L’esecutivo regionale è sempre più succube nei confronti del Governo – ha sottolineato Rubiu – difende a spada tratta una riforma che penalizza la Sardegna. Auspichiamo una scuola tutta sarda con norme che scongiurino i trasferimenti dei docenti. Serve una battaglia unitaria. La Giunta batta i pugni sul tavolo del Governo. La mancata impugnazione della riforma è di fatto una rinuncia a difendere le prerogative costituzionali e statutarie in materia di istruzione». Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha definito “un’occasione persa” il dibattito sulla riforma della scuola, per la condotta tenuta dagli esponenti della minoranza. A giudizio dell’esponente della maggioranza la riforma della “Buona scuola”, è invece “la risposta attesa” che merita di essere difesa perché «può offrire nuove opportunità a tutti, ad incominciare dai precari della scuola e dagli studenti».
Il consigliere dei democratici ha quindi evidenziato “l’enorme problema del precariato” con cui ha dovuto confrontarsi l’azione riformatrice del governo: «Un enorme pasticcio, frutto di pasticci e piccole furberie praticate da anni nel comparto della scuola». Il capogruppo, ha definito “non giustificabili” le reazioni “feroci” alla riforma della scuola ed ha affermato che è “sbagliato” parlare in Sardegna di “deportazioni”. «Voglio stare sul tema dei diritti degli studenti – ha proseguito Cocco – che vogliono avere un’istruzione migliore». Il rappresentante del Pd ha precisato inoltre che il tema della scuola è al centro dell’azione del governo regionale e che le risorse stanziate in questo primo anno e mezzo di legislatura sono di una entità non paragonabile rispetto a quanto fatto nelle precedenti legislature. «E’ vero che qualcosa ritarda – ha aggiunto il capogruppo – ma stiamo mettendo in piedi azioni strategiche e un piano di riforma».
In riferimento alle proteste degli insegnanti il consigliere del Pd ha dichiarato: «Le proteste meritano rispetto però protestare sul niente non si può». «Far credere che con la Buona scuola si stanno violando le specificità della Sardegna è un’affermazione non vera – ha incalzato Pietro Cocco – e la riforma della scuola non infrange alcuna prerogativa statutaria della Regione sarda».
Quanto alla polemica sui docenti costretti al lavoro al di fuori dell’Isola, a giudizio di Cocco, «sono sufficienti i numeri (10 insegnanti) per capirne la reale portata».
Il capogruppo del Pd ha quindi concluso auspicando una nuova legge regionale sull’istruzione.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha affermato che si attendevano le dimissioni dell’assessore della Pubblica Istruzione, Claudia Firino: «Come gesto coerente con tutte le dichiarazioni rese dai leader nazionali e regionale del suo partito sugli effetti della riforma della “Buona scuola”». Pittalis ha quindi proseguito con la lettura delle note di agenzia riportanti le dichiarazioni, tra gli altri, di Vendola e Piras. «Chi ha la responsabilità politica dell’Istruzione in Sardegna – ha tuonato il leader di Fi in Consiglio – non può far finta che nulla sia accaduto e che le dichiarazioni appartengono ad un altra realtà». «La verità – ha aggiunto – e che volete fare la lotta e fare la parte del governo perché volete i benefici dell’uno e dell’altro ruolo».
«Le dimissioni – ha proseguito Pittalis – sono dovute per una questione di etica politica e di buonsenso: perché è la stessa parte politica dell’assessore Firino che mette in discussione l’operato della giunta di cui fa parte, proprio sul tema della scuola e sulla “Buona scuola”».
Il capogruppo di Forza Italia ha quindi elencato una serie di altre ragioni per le quali l’assessore – a suo giudizio – dovrebbe dimettersi dall’incarico, tra queste: il Piano di dimensionamento scolastico («avete chiuso 29 scuole in un anno»); il ritardo nell’acquisto degli scuolabus promessi ai Comuni interessati dal taglio delle pluriclassi («l’anno scolastico è iniziato senza autobus e i sindaci devono trovare il modo di arrangiarsi»); l’edilizia scolastica («il piano c’era già e state accumulando ritardi negli interventi»). «La verità – ha attaccato l’esponente di Forza Italia – è che avete scaricato sui sindaci l’onere di rispettare i vostri annunci».
Pietro Pittalis ha quindi fatto riferimento agli “inammissibili ritardi” nel pagamento dei contributi alle scuole paritarie ed ha concluso ribadendo profondo dissenso per la scelta del presidente della Giunta di non ricorrere contro la legge 107 (riforma “Buona scuola”): «Quella legge che offre ai precari sardi l’alternativa tra una rinuncia e una valigia e che offende l’autonomia dei sardi, affidando al ministero l’offerta formativa, una competenza esclusiva che sta invece in capo alla Regione».
Intervenendo a chiusura della discussione generale per la replica a nome della Giunta il presidente Pigliaru ha subito replicato al capogruppo di Forza Italia Pittalis sostenendo che «a fronte del probabile ritardo di qualche settimane, si è nascosto il nulla dei precedenti cinque anni durante i quali non si è fatto niente per combattere la discussione scolastica che si sconfigge anche sopprimendo con coraggio le pluriclassi mentre sui trasporti si stanno pagando i costi aggiuntivi e sull’edilizia si sta intervenendo con un piano di 130 milioni che cambierà gran parte delle scuole sarde, chiudendo la pagina delle piccole scuole dove non si fa buona istruzione, per aprirne un’altra dove i territori devono diventare più forti anche nell’istruzione».
«Mi sarei aspettato un po’ più di umiltà – ha aggiunto il presidente – nel riconoscere l’assenza di risultati della precedente legislatura, soprattutto perché i dati dicono che dal 2010 la Sardegna è indietro persino rispetto al Mezzogiorno su dispersione scolastica, apprendimento e lettura». «Il problema – ha detto ancora Pigliaru – non è quello di piantare bandierine politiche ma quello di migliorare la scuola, non mi scandalizzo per i risultati mancati ma per la incapacità di capire dove e come si è sbagliato; noi vogliamo evitare di fare errori e costruire un futuro migliore per i nostri ragazzi attraverso proposte operative, è quello che stiamo cercando di fare». «Spero ancora in una opportunità in questa direzione – ha auspicato il presidente della Regione – perché i ragazzi sardi hanno perso due anni rispetto ai coetanei del centro nord, non è che tutto va bene adesso con Renzi e Pigliaru ma ci stiamo rimboccando le maniche, ed è significativo che nella riforma siano stati introdotti per i dirigenti scolastici responsabilità e valutabilità e per gli studenti l’alternanza scuola-lavoro, materie aggiuntive, docenti più formati, reti a banda larga, scuole moderne ed aperte alla realtà sociale in cui operano e connesse con il mondo».
«In tempi di bilanci sempre più ridotti – ha aggiunto il presidente riferendosi al programma per l’istruzione varato dalla Giunta – stiamo investendo 200 milioni pensiamo siamo ben spesi; però, come ho detto recentemente alla direzione nazionale del Pd, di fronte ad una dispersione alta e a livello di apprendimento bassi, non ha senso calcolare organici con parametri lineari uguali in tutta Italia, ci sono specificità che vanno aggredite perché a 15 anni i ragazzi del Sud hanno perso terreno e bisogna tener conto sia degli studenti che dei problemi delle diverse realtà». «Di questo – ha concluso – deve farsi carico il governo centrale, noi con Iscola facciamo la nostra parte ma questa deve diventare una questione nazionale seguendo l’esempio degli Usa, dove nelle situazioni più difficili, si mandano più docenti e si mandano i migliori; questo dobbiamo allo Stato, altro che ricorsi, questa è la proposta che abbiamo portato al tavolo nazionale anche in termini finanziari, perché è la prima condizione per dare pari opportunità ai ragazzi italiani».
Al termine dell’intervento del presidente Pigliaru, il presidente Ganau ha chiesto al Consiglio notizie sulla predisposizione di un ordine del giorno.
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha chiesto una breve sospensione della seduta, per verificare la possibilità di predisporre il documento.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha sottolineato la necessità di disporre di un testo, precisando l’impossibilità di aderire ad un documento della sola maggioranza ma dichiarandosi disponibile ad un ordine del giorno unitario da votare, se necessario, anche nella giornata di domani.
Il presidente Ganau ha condiviso l’opportunità di una sospensione e di una verifica delle posizioni dei gruppi
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è detto d’accordo per una sospensione della seduta allo scopo di avviare un confronto con minoranza, condividendo inoltre l’ipotesi di un rinvio dei lavori a domattina.
Il presidente Ganau ha quindi sospeso brevemente la seduta.
Alla ripresa dei lavori, il capogruppo del Pd Pietro Cocco, a nome della maggioranza, ha comunicato la posizione contraria della stessa all’ordine del giorno, precisando che la coalizione si riconosce totalmente nella relazione conclusiva del presidente Pigliaru,
Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta aggiornando i lavori a domattina e ricordando che, sempre per domani alle 9.30, è convocato l’ufficio di presidenza del Consiglio.
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La consigliera regionale e responsabile nazionale Giustizia del Centro Democratico, Anna Maria Busia, questa mattina ha partecipato alla manifestazione organizzata dalla Uil Penitenziaria Sardegna davanti al PRAP di Cagliari, per protestare contro le falle ormai croniche nel sistema delle carceri isolane.
«Non posso che esprimere la completa solidarietà e sostegno alla manifestazione con cui il sindacato ha voluto evidenziare la situazione critica in cui versa il sistema penitenziario della Sardegna, afflitto da problematiche diventate croniche nella totale indifferenza del Ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria», ha commentato Anna Maria Busia.
«Il Ministero ha aperto nuove carceri nell’Isola per poi abbandonare la Sardegna a se stessa, dimenticando di organizzare al meglio la gestione degli istituti penitenziari. L’ultimo sovrintendente regionale ha lasciato il suo incarico prima dell’estate e ancora non è stato indicato un sostituto; in diverse carceri non è stato nominato un direttore; la carenza di agenti penitenziari ha raggiunti livelli insostenibili: mancano all’appello ben 560 agenti, una insufficienza che mina la serenità e la sicurezza sia degli agenti in servizio, sia dei detenuti – ha aggiunto Anna Maria Busia -. In alcuni istituti, come Uta, la situazione è resa ancora più grave dal sovraffollamento detentivo, condizione limite che sta per interessare anche molte altre carceri sarde. Davanti a questa persistente emergenza si assiste al paradosso di colonie penali svuotate, non utilizzate, laddove questi istituti dovrebbero essere sfruttati proprio per alleggerire il carico di detenuti nelle carceri. Per reagire a questo immobilismo delle istituzioni preposte, non posso fare altro se non sollecitare i nostri parlamentari a Roma – ha concluso Anna Maria Busia -.affinché presentino alle Camere l’ennesima interrogazione con cui chiedere, ancora una volta, l’intervento del ministero della Giustizia per porre fine a una situazione diventata, ora più che mai, insostenibile.»