21 November, 2024
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Giovedì 2 maggio, alle ore 18.00, al Cine-Teatro Centrale di Carbonia è in programma la proiezione in anteprima del film “Uomini in marcia” di Peter Marcias (Italia 2023, 75’) alla presenza del regista.
L’appuntamento, a ingresso gratuito, è realizzato dal CSC Carbonia della Società Umanitaria in collaborazione con Associazione Amici della Miniera e Coop Lilith – Sezione di Storia Locale e con il patrocinio del comune di Carbonia.
Il film nasce, in origine, su un progetto del Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria ispirato dalla marcia per lo sviluppo del Sulcis Iglesiente del 1992.
Uno sguardo indietro, al recente passato, per marciare insieme a chi ha combattuto e difeso un diritto, vitale e fondamentale, oggi sempre più negato e svilito nel suo significato etico: quello al lavoro e alla sua dignità. Voci di lotta, interviste, riflessioni vibrano nel magma fluttuante delle immagini di repertorio, a ricordarci che la storia siamo noi. Un viaggio istruttivo, fra sacrifici e scioperi, solidarietà e battaglie, operai e sindacati, contro diseguaglianze e ingiustizie: parole e concetti da non disperdere soprattutto oggi, al tempo precario della gig economy.
Insieme alle testimonianze di Ken Loach e di Laurent Cantet e alle voci di Peppino La Rosa, Giampaolo Puddu, Bruno Saba, Antonello Cabras, Antonello Pirotto, Salvatore Cherchi, la voce narrante principale è di Gianni Loy, professore di diritto del lavoro all’Università di Cagliari dal 1975 al 2014, scrittore e poeta. I ricordi delle battaglie dei lavoratori del Sulcis Iglesiente riportano la sua mente dai primi del ‘900 fino ai giorni nostri.

Una numerosa rappresentanza degli studenti delle classi del triennio degli istituti superiori presenti nella città di Carbonia (Istituto di Istruzione Superiore Beccaria, Istituto Statale Professionale E. Loi, Istituto di Istruzione Superiore G.M. Angioy, Istituto di Istruzione Superiore Amaldi-Gramsci) ieri mattina ha partecipato con interesse, entusiasmo e curiosità alla presentazione del libro “La nostra marcia”, edito da Giampaolo Cirronis, alla presenza del sindaco Pietro Morittu, dell’assessora della Pubblica Istruzione Antonietta Melas e degli autori: Peppino La Rosa, Tore Cherchi, Antonangelo Casula, Sandro Mantega. Sono intervenuti anche alcuni protagonisti della marcia: Antonello Pirotto, Roberto Puddu, Riccardo Cardia, Rino Barca, e il professor Andrea Corrias.
L’evento, organizzato dal comune di Carbonia e svoltosi presso l’Aula Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore Beccaria, è stato un prezioso momento formativo per valorizzare la memoria storica della città, promuovendo un’iniziativa rivolta ai giovani studenti per favorire la conoscenza della storia del Novecento, rievocando una pagina indelebile per tutti noi: la storica marcia per lo sviluppo economico e dell’occupazione realizzata nel Sulcis Iglesiente dal 19 ottobre al 15 dicembre 1992. Un’occasione per mantenere sempre viva la memoria degli uomini e delle donne che hanno lottato per lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche del Sulcis Iglesiente.

Uomini in marcia, il nuovo film di Peter Marcias, debutta in anteprima mondiale alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma (Selezione Uffciale, “Special Screening”). L’annuncio è stato diramato oggi nella capitale durante la conferenza stampa di presentazione della rassegna, in programma dal 18 al 29 ottobre 2023 all’Auditorium Parco della Musica.

Un film prezioso, quello di Marcias, che raccoglie cento anni di lotte per il lavoro in Italia: un viaggio nelle campagne e nelle fabbriche, nelle Isole, al Nord e al Sud del paese. Un racconto corale che unisce testimonianze d’archivio e nuove interviste, con il contributo di due grandi protagonisti del cinema internazionale: Ken Loach e Laurent Cantet, probabilmente i più autorevoli cineasti a misurarsi con i temi del lavoro.

Uomini in marcia trova il suo innesco in Sardegna, dove 27 comuni del Sulcis Iglesiente, nei primi anni Novanta, diedero vita a una protesta di massa dapprima nel territorio e poi a Roma.

«Rimasi colpitospiega Peter Marciasdai materiali degli archivi del Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria, che su quella vicenda aveva già avviato un importante lavoro di raccolta di testimonianze e documentazione. Ma poi mi chiesi: cosa è successo prima di quell’evento? E cosa sta accadendo ora? Da quel momento in poi ho iniziato a “disturbare” e interrogare lavoratori, sindacalisti, politici, professori di diritto, registi, cantanti, per farmi raccontare il mondo del lavoro in Italia.»

Uomini in marcia – prodotto da Agnese Ricchi e Mario Mazzarotto per Ganesh Produzioni in collaborazione con RAI Cinema – vuole essere uno sguardo indietro al recente passato, per marciare insieme a chi ha combattuto e difeso un diritto, vitale e fondamentale, oggi sempre più negato e svilito nel suo significato etico: quello al lavoro e alla sua dignità. Voci di lotta, interviste, riflessioni vibrano nel magma fluttuante delle immagini di repertorio, a ricordarci che la storia siamo noi.

Insieme alle testimonianze di Ken Loach (inflessibile narratore della workingclass) e di Laurent Cantet (autore dallo sguardo veramente incisivo che osa temi durissimi come lo scontro sociale e generazionale insieme) e alle voci di Peppino La Rosa, Giampaolo Puddu, Bruno Saba, Antonello Cabras, Salvatore Cherchi, la voce narrante principale è di Gianni Loy, professore di diritto del lavoro all’Università di Cagliari dal 1975 al 2014, scrittore e poeta.

Uomini in marcia

Film di Peter Marcias

Scritto e diretto da PETER MARCIAS

Con GIANNI LOY, KEN LOACH, LAURENT CANTET

Testimonianze di PEPPINO LA ROSA, BRUNO SABA, GIAMPAOLO PUDDU, SALVATORE CHERCHI, ANTONELLO PIROTTO, ANTONELLO CABRAS

Testimonianze d’archivio di MARIO SCELBA, GIUSEPPE DI VITTORIO, LAURA CONTI, GINO GIUGNI, LUCIANO LAMA, ARRIGO MIGLIO, GIACOMO BRODOLINI

Fotografia SIMONE RUGGIU

Aiuto regia ANTONIO GIANFAGNA

Suono RICCARDO PODDA

Musica STEFANO GUZZETTI

Montaggio FABRIZIO FEDERICO

Produttori AGNESE RICCHI, MARIO MAZZAROTTO

Prodotto da GANESH PRODUZIONI, ULTIMA ONDA PRODUZIONI in collaborazione con RAI CINEMA, AAMOD, CINETECA SARDA SOCIETÀ UMANITARIA, MORGANA STUDIO con il sostegno della FONDAZIONE SARDEGNA FILM COMMISSION – BANDO FILMING CAGLIARI

World Sales THE OPEN REEL

Genere DOCUMENTARIO

Anno 2023, ITALIA

Durata 75 minuti circa.

 

La grande scritta Supercinema, un richiamo pubblicitario imponente per tutte le generazioni di abitanti di Carbonia e non solo. Oggi la sala è tristemente chiusa. L’edificio sorto nel 1939, andrebbe tutelato dalla sovrintendenza, insieme agli altri edifici del centro matrice, identitari e storici della città di fondazione, bene architettonico da preservare. La bella grafica della scritta, che si vedeva imponente in lontananza, è crollata in diverse lettere che la compongono, e se non ci sarà un intervento di recupero e salvaguardia, è destinata a scomparire definitivamente. Occorre che a partire dall’Amministrazione comunale, con il coinvolgimento delle associazioni attive in città che si occupano della memoria storica, ma anche la Fabbrica del cinema che già nel nome è portatrice di interesse e i vari stakeholder, intervengano, anche coinvolgendo qualche impresa edile sensibile che possa contribuire al restauro e, se necessario, per coprire gli eventuali costi, promuovendo una raccolta di fondi popolare, nella quale ognuno possa contribuire per le proprie possibilità.

A Carbonia quando il cinema era uno degli spettacoli aggregativi insieme allo sport più in voga nel dopoguerra e per almeno il mezzo secolo successivo, richiamava nelle sale cittadine, Supercinema, Cine Teatro Centrale e il più piccolo e periferico nuovo cine noto come Pidocchietto, sito nell’attuale via Lubiana, nella deviazione che porta al ponticello per Medadeddu e al cimitero comunale, si riversavano vere e proprie masse di spettatori, che facevano il pieno per tutte le proiezioni, di tutti i ceti sociali, svago per minatori e famiglie e per la nascente borghesia locale. Alle sale principali, si aggiungevano le sale parrocchiali, distribuite nelle parrocchie di San Ponziano, Rosmarino e Gesù divino operaio, riservate principalmente ai ragazzi degli oratori, con proiezioni di film comici ed epici, nelle domeniche pomeriggio, a prezzi ultra popolari. Insomma, già in giovanissima età, era presente una marcata educazione al cinema, che poi fidelizzava gli spettatori.
Per il Supercinema di via Satta, non si tratta solo di una scritta, ma di un elemento storico e affettivo, che andrebbe salvaguardato. Già un’altra indicazione è scomparsa nell’oblio, la grande scritta “Stadio” che sormontava la facciata dello stadio comunale, oggi intitolato a Carlo Zoboli, rimossa durante i lavori di ristrutturazione di alcuni lustri addietro e del posizionamento della copertura (scomparsa anche quella, dopo una tromba d’aria che la distrusse qualche anno fa). La grande scritta si disse che sarebbe stata riposizionata, ma di fatto non c’è traccia di essa, così come della copertura della tribuna.
Antonello Pirotto

19 ottobre 1992 – 15 dicembre 1992. Due date rimaste impresse nella memoria di coloro che in quei 58 giorni furono protagonisti di un evento che scrisse un importante pezzo di storia del Sulcis Iglesiente nell’ultimo scorcio dello scorso millennio: “La Marcia per lo Sviluppo”.

Quell’evento è stato ricostruito da alcuni dei protagonisti, nel libro “La Nostra Marcia”, presentato ieri sera nella sala convegni del Lu’ Hotel, a Carbonia, riempita al limite della sua capienza («non accadeva da tempo» hanno sottolineato alcuni degli intervenuti nel corso della serata), in un incontro impreziosito dalla presenza di Sua Eminenza Cardinale Arrigo Miglio, ai tempi della “Marcia per lo Sviluppo” agli inizi della sua esperienza vescovile alla diocesi di Iglesias.

«Il libro ricorda marciatrici e marciatori, descrive il contesto, racconta e documenta la Marcia per lo Sviluppo del Sulcis Iglesiente, partita il 19 ottobre 1992 da Teulada e giunta a Roma l’8 dicembre.»

La presentazione è iniziata con gli interventi dei quattro autori: Sandro Mantega, allora responsabile della redazione di Carbonia del quotidiano l’Unione Sarda e giornalista di Telegamma; Tore Cherchi, allora parlamentare; Antonangelo Casula, allora sindaco di Carbonia; Peppino La Rosa, allora segretario della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente. Nei loro interventi gli autori hanno ricostruito origine e sviluppo della Marcia per lo Sviluppo, il grande coinvolgimento popolare, i risultati raggiunti, importanti anche se non esaustivi per l’intero ultimo decennio del secolo scorso. Al termine del suo intervento, nel corso del quale ha ricostruito brevemente il diario della “Marcia”, iniziata a Teulada e conclusa a Roma, curato nel libro, Peppino La Rosa ha coinvolto il giornalista Giacomo Serreli, allora redattore di Videolina, che ha seguito la “Marcia” anche nella Penisola, fino a Roma, autore dei servizi proposti alla visione dei presenti in un filmato, unitamente ad una breve sintesi delle varie tappe della “Marcia”, filmate a livello amatoriale da uno dei protagonisti, Carlo Rosso.

Particolarmente significativo l’intervento del cardinale Arrigo Miglio che ha sottolineato l’importanza di quella mobilitazione che vide unito l’intero territorio, con l’auspicio che, in qualche modo, possa servire da esempio per le nuove generazioni, in un territorio che, purtroppo, ancora oggi vive una situazione socio-economica difficile, nella quale occorre unirsi per raggiungere nuovi obiettivi.

Sono seguiti numerosi interventi: Antonello Pirotto, uno dei marciatori, tra gli otto che hanno collaborato con una testimonianza personale alla stesura del libro; Salvatore Benizzi, allora direttore della Pastorale per il Lavoro della Diocesi di Iglesias; Nino Flore, amministratore delegato del gruppo Euralcoop, che ha presentato un filmato che racchiude i risultati raggiunti dal progetto imprenditoriale nato nella cooperativa soci Eurallumina e cresciuto in diversi settori (commercio, turismo, agricoltura) fino ad avere oggi un organico di oltre 400 dipendenti, per dimensioni seconda azienda del Sulcis Iglesiente; Pietro Morittu, sindaco di Carbonia, allora giovane studente che partecipò alla “Marcia”, che ha ringraziato gli autori del libro «per aver ricostruito una pagina importante, che resterà indelebile, nella storia del nostro territorio Una pagina che ha visto protagonisti uomini e donne, lavoratori e lavoratrici, marciare verso Roma per reclamare maggiori spazi ed occasioni di sviluppo per il Sulcis Iglesiente, un lavoro dignitoso per tutti. Una pagina che è, ancora oggi, un esempio della grande resilienza e della tempra tipica dei cittadini del Sulcis che, quando sono tutti uniti e capaci di fare fronte comune, riescono a ottenere risultati straordinari». Il primo cittadino di Carbonia ha assunto l’impegno di promuovere il ricordo delle marciatrici e marciatori del Sulcis Iglesiente attraverso la realizzazione di un progetto didattico con il supporto degli Istituti scolastici della città. Roberto Puddu, allora sindacalista degli elettrici della CGIL e autore anche lui di una testimonianza nel libro; Rino Barca, allora sindacalista della CISL, autore di una testimonianza personale nel libro; Raffaele Callia, direttore della Caritas della Diocesi di Iglesias; Riccardo Cardia e Franco Porcu, allora sindacalisti della CGIL, anche loro autori di una testimonianza nel libro. Gli altri autori delle testimonianze nel libro, presenti in sala, sono Francesco Tocco, Stefano Meletti e Ottavio Spanu.

Tra i tantissimi intervenuti alla presentazione, sindaci, amministratori locali, sindacalisti, lavoratori.

Il ricavato delle vendite del libro, pubblicato da Giampaolo Cirronis Editore, finanziato dalla Fondazione di Sardegna, verrà devoluto interamente alla Caritas della Diocesi di Iglesias.

 

1.907 giorni dopo quel 22 dicembre 2017 che segnò nello stabilimento di Portovesme il primo passaggio del cambio di proprietà tra la multinazionale Alcoa Trasformazioni e Sider Alloys, alla presenza delle massime istituzioni regionali, dell’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri e delle organizzazioni sindacali, Carlo Calenda, allora ministro dello Sviluppo economico del Governo Gentiloni (aveva ricoperto lo stesso incarico anche nel precedente Governo Renzi), oggi senatore della Repubblica e leader politico di Azione, è tornato a Portovesme, in visita agli stabilimenti Sider Alloys ed Eurallumina, per rendersi conto in prima persona dello stato di avanzamento delle due vertenze.

Il primo incontro lo ha avuto alla Sider Alloys, successivamente si è recato in Eurallumina e al termine del secondo incontro ha tenuto una breve conferenza stampa.

Al termine del suo breve intervento, hanno parlato Antonello Pirotto, lavoratore Eurallumina e per molti anni della vertenza leader della RSU aziendale, e Claudia Mariani, coniuge di un lavoratore ex Alcoa, da anni al fianco dei lavoratori nella battaglia per la difesa del lavoro.

Allegata l’intervista al senatore Carlo Calenda.

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Antonello Pirotto, per anni leader della RSU Eurallumina, ha presentato una nuova querela al Commissariato di Carbonia, nei confronti dell’autore «di insulti diffamatori e dai contenuti minacciosi pubblicati su Facebook, che sfociarono con una querela ratificata in data 9/11/2019, cui  faceva seguito un’ulteriore segnalazione e deposito di nuovi allegati contenenti affermazioni dello stesso tenore dei precedenti».

«Più volte, in questi lunghi anni, a seguito della mia attività e avendo avuto una visibilità esponenziale sui mediadice Antonello Pirotto -, sono stato oggetto di vili ed infami attacchi attraverso il subdolo mezzo dei social, da parte di chi evidentemente è contrario alle istanze che portavo avanti. La maggior parte delle volte ho soprasseduto nel perseguire i responsabili, a parte alcuni casi, quando il limite della sopportazione era stato ampiamente superato, arrivando sino al tavolo di un giudice ed ottenendo ampia soddisfazione. Questo è uno di quei casi, dove l’accanimento è evidente, creando ripercussioni concrete alla mia dignità, nel tentativo di ledere o indebolire la mia attività sindacale e di costante azione nella vertenza Eurallumina e dell’intero comparto industriale di Portovesme.»

«Ribadisco che tali atti hanno conseguenze negative sui miei familiari, mia moglie e i miei figli, e tra i tanti amici che mi stimano e hanno apprezzato la mia opera che sin qui ha portato indubbi vantaggi a tanti lavoratori e alle loro famiglie, che se ancora hanno una possibilità di portare a casa un reddito ed avere una speranza di piena ripresa lavorativa, lo devono all’incessante azione di lotta portate avanti da me e dai miei colleghiconclude Antonello Pirotto -. Una situazione per me penalizzante e credo ingiustificata, che deve avere una conclusione. Non sono disponibile a tollerare oltre, è per questo che sono determinato ad avere soddisfazione attraverso le corrette vie legali, perché oltre alle reiterate querele mi sono affidato, a mia tutela, alle prestazioni professionali di un legale, conferendogli l’incarico di seguire l’iter previsto in questi casi.»

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Quante similitudini tra Arsia e Carbonia, città dalle origini e dai destini incrociati.
Costruita in un anno e mezzo dal regime fascista, dal progetto dello studio triestino di Gustavo Pulitzer Finali, grande architetto che si occupò, insieme a Cesare Valle e Ignazio Guidi, anche della realizzazione di Carbonia. Nel gruppo di lavoro figura la firma dell’architetto sloveno Zorko Lah, che realizzò i progetti di una tipologia di “palazzine” di Carbonia, le LACCHI N e R, visibili nella parte bassa di via della Vittoria  tra via Mazzini e Via Domenico Millelire), il suo cognome a seguito delle assurde regole imposte dal fascismo, fu italianizzato appunto da Lah a Lacchi.
Arsia fu inaugurata con la tipica enfasi propagandistica fascista il 4 novembre 1937, a rappresentare il regno ed il regime il Duca di Spoleto, la prima città-azienda, 12 mesi dopo seguì, il 18 dicembre 1938, la più grande e popolosa Carbonia.
L’architettura della cittadina in puro stile razionalista, sorta dopo le bonifiche che comportarono il prosciugamento di un lago, fu dotata dei servizi principali, scuole, ospedale, campo sportivo, ufficio postale, cinema, una piscina e di un albergo, statue del famoso scultore Marcello Mascherini. La Chiesa, dedicata a Santa Barbara, patrona dei minatori, ha una forma particolare, ricorda un carrello rovesciato per il trasporto del carbone, ed il campanile quello di una lampada usata in galleria, fu opera così come il palazzo municipale, dello stesso Pulitzer Finali.
Già nel 1936, poteva contare su 6.978 abitanti, sotto l’amministrazione di Albona e Barbara D’Istria, divenne comune autonomo nel 1937, con una popolazione arrivata a circa 10mila unità.
Questo alla luce del sole, mentre sotto terra, l’estrazione del carbone era ai suoi picchi massimi, erano già operative 160 km di gallerie, sino ai 350 metri di profondità, ma si dice che arrivassero anche a quota meno 500.
Minerale strategico e di ottima qualità, veniva addirittura paragonato, per le sue proprietà, a quello estratto nel Galles.
Viscere della terra pericolose e teatro, da subito, di numerosi incidenti mortali (nel 1937 furono 17 i morti, nel 1939 si registrarono 7 vittime), preludio a quello che sarebbe avvenuto, qualche anno dopo la sua inaugurazione.
Troppo importante quella produzione, per il regime autarchico, scelta obbligata a causa dell’embargo imposto all’Italia dopo l’invasione di Mussolini all’Etiopia.
Era il 28 febbraio del 1940, alle ore 4,35 del mattino, poco prima dell’avvicendamento dei turni di lavoro, un violentissimo scoppio nei livelli, 15, 16, 17 e 18, a morire furono in 185. Giovani prevalentemente istriani locali, età media trent’anni, il più giovane di soli 17, ma anche veneti, friulani, lombardi, emiliani, toscani, siciliani, marchigiani. Stando alle ricerche furono 53 quelli sardi o, comunque, provenienti dalla Sardegna. Il numero degli intossicati fu di 150, di coloro che perirono successivamente per le gravi ferite riportate è imprecisato.
Una morte orribile, asfissiati dal gas o seppelliti dalle frane, “un inferno di fuoco e polvere”, ci vollero molti giorni per recuperare le salme.
Una spasmodica lotta dei colleghi per riportare in superficie le spoglie di quei minatori e restituirle alle famiglie, tra loro si distinse un minatore e sindacalista triestino, Arrigo Grassi, che subito dopo il disastro, si calò ripetute volte nelle gallerie, salvando una decina di colleghi, prima di trovare la morte anche lui, sopraffatto dai micidiali gas. Un vero eroe e, per questo, ad imperitura memoria ricordato come tale.
Il regime tenne celata la notizia, una vera censura, qualche breve cronaca sulla stampa riportava dati che tendevano a minimizzare, 60 morti, qualche decina di feriti.
Non fu cosi, perché quella fu la più grande tragedia dell’industria estrattiva italiana, addirittura tra le più catastrofiche a livello mondiale, ma a differenza di Marcinelle, quelle vittime non hanno mai avuto il giusto tributo e gli onori che meriterebbero. Viene definita “la tragedia dimenticata“, le vicende di confine, susseguite alla conclusione della seconda guerra mondiale, resero quei morti “figli di nessuno”.
I freddi verbali redatti dai Regi Carabinieri liquidarono la tragedia «come omissione delle misure di sicurezza». Quali norme di sicurezza potevano essere osservate, quando la Germania era già in guerra, causa il blocco navale alleato, non riforniva più l’Italia dell’insostituibile carbone e la produzione ad Arsia aumentò repentinamente da 300mila tonnellate ad un milione di tonnellate annue, impegnando 7.000 addetti.
L’astensione dal lavoro durò tre settimane, una fortissima reazione, visti i tempi e le limitate libertà che venivano imposte.
Non pagò realmente nessuno per quella sciagura, in sordina pochi giorni dopo, i vertici dell’Ente Nazionale Carboni, vennero azzerati, ma tutto si concluse con quell’unico atto burocratico.
Ogni anno, in quella data funesta, si rende onore a quei caduti, l’amministrazione locale, e tante associazioni si stringono nel ricordo di quel tragico evento, da qualche anno anche il governo italiano partecipa ufficialmente alla commemorazione.
Arsia, dal 1943 al 1945 fu occupata dai nazisti, a cui si sostituirono i partigiani jugoslavi, che destinarono ai lavori minerari prigionieri di guerra e condannati ai lavori forzati.
Nel 1943 in una foiba, nei pressi di Albona denominata dei “colombi” subito dopo l’armistizio dell’otto settembre, furono gettati in una voragine carsica 72 italiani, dei quali una ventina dipendenti dell’Azienda Carboni Italiani (in totale quelli accertati nelle riesumazioni dalle varie foibe, come dipendenti A.CA.I. furono una sessantina), alcuni di loro provenienti da Carbonia, tra i quali Alberto Picchiani, giovane direttore dell’A.CA.I. che gestiva 9mila operai, giustiziato dai partigiani di Tito il 5 ottobre 1943.
Nel dopoguerra in quel clima di costante pericolo ci fu il mesto e duro esodo delle famiglie italiane.
Arsia fu annessa ufficialmente alla Repubblica Socialista Jugoslava nel 1961.
L’attività estrattiva andò via via diminuendo, sino a cessare definitivamente nel 1992.
Arsia (in croato Raza) oggi è un comune croato, situato nella parte sud orientale dell’Istria, dista 4,5 km dal centro più importante Albona e 121 km da Trieste. Conta circa 3mila abitanti, per oltre il 90 per cento di madrelingua croata, un 5 per cento bosniaca quella italiana risulta ormai marginale.
Purtroppo, causa le stringenti misure di prevenzione per il cosiddetto “coronavirus”, le cerimonie sono state annullate e saranno celebrate a data da destinarsi.
Alle cerimonie per la commemorazione dell’ottantesimo anniversario della tragedia, avrebbe dovuto presenziare a titolo personale, anche una rappresentanza proveniente da Carbonia.
Un invito pervenuto dall’amministrazione di Arsia, al ricercatore storico ed appassionato di storia locale, originario di Carbonia, Mauro Pistis, che più volte ha visitato la cittadina, e ha approfondito e scritto più volte sull’argomento  Con i suoi studi ha contribuito a togliere un velo di oblio sul dramma accaduto 80 anni addietro, approfondendo i vari aspetti storici, architettonici e sociali che legano Arsia e Carbonia.
Antonello Pirotto

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Enrico Pulisci e Gian Marco Mocci, due componenti della RSU Eurallumina protagonista della lunga vertenza per il rilancio produttivo dello stabilimento di Portovesme, hanno commentato in una nota diffusa questa sera, la decisione di Antonello Pirotto di lasciare la RSU, annunciata questa mattina nel corso dell’assemblea generale.

Di seguito, il testo integrale.

«La decisione del collega Antonello Pirotto di dimettersi dalla RSU Eurallumina, dopo 11 anni di lotta unitaria, serrata e ininterrotta, non può che recarci grande dispiacere. Dispiacere alimentato dall’ottimo rapporto che, con Antonello, in questi anni di lotta, fianco a fianco, si è creato, in un crescendo di esperienze comuni, di confronto e discussione, di situazioni particolari vissute e al limite della “normalità” e per questo difficili anche da raccontare e spiegare; situazioni, dove la tensione continua, che da anni ci scorre nelle vene, ci ha logorato, ma ci ha tenuto sempre attivi, con picchi devastanti che più volte ci hanno messo in ginocchio, ai quali abbiamo sempre prontamente reagito, facendoci forza l’un l’altro, rialzandoci più determinati di prima.

Periodi che ci hanno visto passare dal trascorrere insieme notti di segregazione, al dormire su freddi e non certo comodi tavoli in sedi istituzionali occupate, ad essere accolti (dopo estenuanti presidi giornalieri davanti alle sedi delle massime istituzioni nazionali) a portare i problemi dei lavoratori all’attenzione dei vertici dello Stato italiano nelle stanze di Palazzo Chigi, il cui arredamento d’epoca ha avuto l’onore di sostenere le terga dei lavoratori Eurallumina, in tenuta da lavoro, con tuta ed elmetto (cosa mai successa prima), stesso ambiente nel quale normalmente vengono accolti i capi di Stato in visita ufficiale. Insieme, abbiamo attraversato periodi nei quali gli unici che continuavano a credere in quello che stavamo facendo eravamo noi stessi, soli. In mezzo a tutto questo, tanti altri avvenimenti, a volte dolorosi, a volte con la capacità di strapparci un sorriso, importanti o meno, ma che ci hanno visto affrontarli sempre nell’unione di intenti che, dai primi giorni di questa avventura, abbiamo messo come punto fermo di quel movimento che ci ha portato sino ad ottenere l’enorme risultato per la vertenza con la delibera V.I.A. del 5 dicembre 2019.

Una unitarietà nella lotta che è stata cercata, voluta ed ottenuta, proprio grazie ad Antonello ed alla sua visione di un movimento operaio che non può e non deve prescindere da un’unità di intenti e di azione per arrivare all’obiettivo principale, che è e deve essere sempre, quello di rivendicare i diritti dei lavoratori, cosa che noi abbiamo sempre condiviso e con lui messo in pratica. Determinante è stato poter attingere dalla trascorsa esperienza di Antonello, che da subito, per chi tra noi ha avuto l’umiltà di voler apprendere, è stata sempre messa a disposizione: sia quella sindacale che quella decennale del mondo dell’informazione, argomento oggi sottovalutato dai più. Questa storia che va a concludersi, è fatta anche da persone con caratteri diversi (ognuno ha il suo), che hanno creato affinità, in altri casi antipatie, simpatie o grandi amicizie, situazioni affrontate dal 99% dei coinvolti con grande onestà intellettuale, guardando oltre le differenze caratteriali, riconoscendo il chiaro intento di perseguire sempre l’obiettivo principale mirato ad ottenere il bene di tutti, intento sostenuto poi dai diversi risultati ottenuti per tutti e che ci hanno portato sino ad oggi ad essere ancora in piedi, con uno stipendio ed un’Azienda che vuole investire nel nostro territorio…per l’1% che avanza, la scusa delle differenze caratteriali nasconde l’affinità a rimestare nel torbido, ma non è cosa che ci appartiene.

Di Antonello ci mancherà la predisposizione per l’organizzazione precisa e puntigliosa, alla quale, in realtà, ci siamo tutti dovuti abituare e con la quale ci ha dimostrato quanti risultati con rigore e determinazione, anche all’apparenza irraggiungibili, possono essere traguardati. Puntigliosità e precisione anche nei dettagli, come l’importanza di apparire in occasioni pubbliche o di semplice mobilitazione, perché grazie ad Antonello, abbiamo imparato che esiste una deontologia anche per chi protesta e per chi rappresenta persone in difficoltà, concetto per alcuni difficile da digerire e per noi antipatico ed impopolare da ribadire, ma che ci ha permesso oggi, come rappresentanti sindacali e, soprattutto ,come movimento dei lavoratori Eurallumina, di essere stimati e riconosciuti come persone serie e affidabili in tutta Italia, le “Tute Verdi Sulcitane”.

Per noi  questo è stato un periodo di grande crescita personale.

Il nostro dispiacere per questa decisione si stempera però quando ripensiamo all’intensità dall’impatto devastante che 11 anni di lotta hanno avuto su di noi e le nostre famiglie ed in modo particolare su Antonello e la sua famiglia. L’essere il portavoce ed il capo fila di un movimento così importante e con un impatto sociale ed economico di questi livelli, aver ottenuto una visibilità mediatica messa sempre a disposizione del movimento dei lavoratori Eurallumina e dell’intero territorio (non c’è stata occasione dove tutte le realtà del territorio non siano state coinvolte nelle diverse opportunità mediatiche nazionali e regionali nelle quali Antonello ci ha rappresentato) fa sì che si sia esposti in modo personale. L’impegno profuso per anni, dalla mattina alla sera ed alla notte, facendo un lavoro che solo una persona poteva fare e che per non inficiarne l’esito non poteva essere suddiviso, proverebbe chiunque e ne giustifica la stanchezza. Se questi anni sono stati pesanti per noi, per Antonello lo sono stati molto di più…e quel “molto di più” potrà tranquillamente essere considerato un eufemismo.

Quindi, cercando di non fare ragionamenti egoistici, ci dispiace infinitamente, ma comprendiamo e rispettiamo la posizione e la decisione di Antonello, che ringraziamo per tutto quello che ha fatto, elenco che non potrà certo essere contenuto in un comunicato come questo.

Augurandogli di riprendere, con tanta tranquillità, il corso normale della sua vita, speriamo che possa continuare a dare il proprio contributo nel mondo sindacale, attraverso la sua organizzazione di riferimento, che crediamo vorrà valorizzare la sua figura, anche perché visto il futuro incerto ed oscuro che attende i lavoratori italiani ed i loro diritti, c’è la necessità di uomini come lui che, sopratutto, abbiano idee come le sue.

E’ finita un’epoca, un periodo storico che resterà negli annali del movimento operaio italiano oltre che del territorio e della Sardegna. Siamo orgogliosi di averne fatto parte. Adesso si apre una nuova fase, per noi e per coloro che vorranno esserci, continueremo a combattere forti delle esperienze di questi anni e lo faremo per il rispetto che abbiamo per chi in questi anni ci ha creduto e con noi ha sofferto e lottato.

Caro Antonello, sai già che siamo stati onorati di vivere con te questo periodo particolare della nostra vita lavorativa e sindacale che ci ha dato grandi insegnamenti. Durante questo periodo abbiamo consumato insieme suole nelle strade, abbiamo sudato in estati torride e ci siamo ammalati in inverni freddi ed umidi, abbiamo discusso animatamente e ci siamo abbracciati, abbiamo consumato elmetti battendoli a terra ed abbiamo dormito nei posti più improbabili, per il bene di tutti, insomma, abbiamo mangiato lo stesso pane, che non è inteso solo come cibo, ma è l’aver condiviso gioie e dolori, rabbia, sconforto e soddisfazioni, cosa che ci rende orgogliosi di poterti chiamare COMPAGNO.

Enrico Pulisci

Gian Marco Mocci

Delegati RSU Eurallumina

Componente Filctem CGIL  

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Raggiunto il traguardo della VIA al progetto di rilancio produttivo dello stabilimento Eurallumina di Portovesme, Antonello Pirotto fa un passo indietro. Resterà al fianco dei compagni, con i quali nel corso di oltre dieci lunghi anni ha condiviso una lunga e durissima battaglia, ma non più da uomo simbolo della stessa. Ha deciso di fare un passo indietro, per dedicare più tempo alla famiglia e lascia la guida della RSU in buone e sicure mani, quelle mani che lo hanno sempre affiancato, giorno dopo giorno, a Portovesme, a Cagliari, a Roma, ovunque.

Di seguito, il comunicato integrale con il quale ha annunciato le sue dimissioni all’assemblea dei lavoratori svoltasi nella sala riunioni dello stabilimento di Portovesme.

Dopo quasi 11 anni di impegno totale dedicato alla risoluzione della vertenza Eurallumina, giunti al raggiungimento delle autorizzazioni VIA per la ripresa produttiva dello stabilimento di Portovesme, un obiettivo storico e di portata straordinaria, costato 5 anni di lotta e sacrifici, cocenti delusioni, contrastate da una irriducibile determinazione di una RSU e di quei lavoratori che hanno costituito lo zoccolo duro di una battaglia che resterà negli annali tra le pagine migliori delle lotte sindacali e del lavoro  loro protagoniste ed uniche riconoscibili e rispettate ovunque TUTE VERDI SULCITANE.

Risultati che sono sotto gli occhi di tutti, dall’aver difeso e mantenuto aperto e perfettamente funzionante l’ impianto, aumentando sempre, di anno in anno, le presenze operative dei lavoratori, aver garantito la tutela del reddito puntuale e dignitosa, e la fuoriuscita a piena retribuzione di tutti coloro che sono arrivati al pensionamento.

Le autorizzazioni sui temi ambientali e sanitari sono a garanzia di tutti e – secondo quanto ribadito dalla proprietà della Rusal, insieme ai successivi passaggi autorizzativi in ambito locale -, costituiscono l’elemento fondamentale per la realizzazione degli investimenti, dello sviluppo del piano industriale, con l’annesso programma del mantenimento dei livelli occupazioni e del loro incremento, attraverso un progressivo calendario di nuove assunzioni. Un’azienda che sin qui ha mantenuto gli impegni sottoscritti con i lavoratori, ciò dovrebbe essere una garanzia per essere a maggior ragione oggi ancora più conseguenti e su cui sarà doveroso impegnarsi perché  tutto si possa concretizzare.

Ritengo di aver completato il mio compito e ho deciso di rassegnare le mie dimissioni di componente della RSU, comunicandolo in data 17 dicembre 2019 nel corso dell’ultima assemblea generale e successivamente ad azienda ed organizzazione sindacale di riferimento.

Tale decisione che sarebbe avvenuta molto prima se gli eventi lo avessero permesso, è dettata da motivazioni  esclusivamente di carattere personale. Occorre conoscere i propri limiti, a livello di logorio psico fisico e di coinvolgimento delle persone che hanno sofferto con te in tutti questi anni, che ne sono state direttamente coinvolte. Limiti che ritengo abbondantemente superati. Oltre a questo, essendo arrivato all’inizio del  tramonto della mia attività lavorativa, che non mi vedrà negli anni del ritorno alla piena attività dello stabilimento, presente ancora per troppo tempo, credo che sia compito di chi avrà davanti un lungo periodo di attività, decidere come concorrere ad un nuovo ciclo di rapporti sindacali con l’azienda  di protagonismo nel movimento sindacale del territorio, regionale e nazionale.

La rinascita completa comporterà ancora il superamento di nuovi previsti ed imprevedibili ostacoli, riconfrontarsi nel mercato globale delle produzioni dalla raffinazione della bauxite, del rigoroso rispetto ambientale, della sicurezza, della professionalità nei vari ruoli operativi, i rapporti interni di vivibilità e solidarietà tra le lavoratrici ed i lavoratori, all’insegna della giustizia sociale e del rispetto reciproco.

All’interno della Rappresentanza Sindacale Unitaria, per lungo tempo un esempio di vera  unità, con tutte le normali difficoltà che questo ha comportato all’interno ed all’esterno del gruppo di lavoro, vi sono alcuni elementi di provata serietà e capacità, dovuti agli oltre 10 anni di lavoro, un’esperienza eccezionale che in pochi possono vantare, essendosi confrontati insieme a me, sui tavoli e con le figure più rappresentative delle istituzioni nazionali e regionali che si sono alternate in questi due lustri. Se avranno ancora stimoli e passione, sono una garanzia perché un patrimonio di lavoratori sotto un’unica bandiera, quella del lavoro, con il solo obiettivo della risoluzione della vertenza non vada sprecato, ritornando a vecchie stantie e logore dinamiche divisive del passato, parlando ai lavoratori e all’opinione pubblica, sempre dopo democratiche decisioni prese a maggioranza, con un univoca voce.

Il mio futuro: resterò nei quadri dirigenziali del sindacato e, se mi sarà richiesto, non mancherà il supporto, la vicinanza e, nei limiti delle risorse psico fisiche, dovendo rendersi necessario, auspicando che non lo sia, marciare in prima linea nella lotta per il riconoscimento di quelle che dovessero essere le giuste rivendicazioni, in quel caso la giacca verde della tuta ed il casco, saranno sempre pronti per essere indossati.

Come, se mi sarà richiesto, come è stato anche nel passato, anche non ricoprendo incarichi ufficiali, rispondere ed intervenire per dire come la penso, sui temi che mi verranno proposti.

Antonello Pirotto