2 November, 2024
HomePosts Tagged "Antonio Carta"

La poesia è tra i tanti doni di scrittura che il compianto Paolo Pulina (Ploaghe 1948 – Pavia  2024) ha prodotto ed elargito con generosità, riscuotendo sempre crediti di grande considerazione.

La sua competente, appassionata e disponibile attenzione per l’arte della poesia ha significato anche la valorizzazione o la riscoperta di diverse voci e  forme poetiche della tradizione sarda (gosos, atitidos, etc.) e dell’attualità lirica  in limba ed in italiano. Significativo interesse poetico, già espresso in età giovanile con il saggio “La poesia dialettale in Sardegna negli anni 1963-1965”, e premiato nel 1966 all’undicesima edizione del “Città Ozieri”. Il saggio, con la “storica” intervista-conversazione al poeta Giommaria Pulina ‘Ranzolu’, venne pubblicato nel 1982 dalla Nuova Tipografia Popolare di Pavia.

Paolo Pulina, figura di intellettuale e attiva personalità nel mondo dell’emigrazione sarda organizzata, ha vissuto pienamente e intensamente l’attività pubblicistica; innumerevoli le pubblicazioni di carattere storico, saggistico e letterario relative a Ploaghe, la Sardegna e la provincia di Pavia. 

Da custode e conoscitore del patrimonio poetico degli autori ploaghesi, si è prodigato ad alimentarne la conoscenza con studi critici, articoli biografici e le ricorrenti mirate citazioni e ricordi nei suoi molteplici volumi di memorie su Ploaghe e Logudoro. In assoluto disinteresse alla “materialità” ha lavorato con totale impegno alla valorizzazione e tutela della limba, facendo veicolare complessivamente tutta la poesia delle diverse parlate dell’Isola. Particolarmente attento, e non poteva essere altrimenti, ai poeti di Ploaghe: Lorenzo Ilieschi, Foricu Paba, Antonio ‘Giorgio’ Satta, Antonio Spensatellu, Elias Busellu, Giommaria Pulina ‘Ranzolu’, Antonio Michele Salis, Baingio Sini, Salvatore Budroni, Gerolamo Zazzu, Luca Mele e ai popolari aedi locali dell’Ottocento (Francesco Brandino, Francesco Fais, Luigi Marongiu, Gavino Luigi Salis).

Da poeta è stato interprete razionale e sensibile nell’immaginare versi a misura e nel metro dell’umanità; creati come elementi di senso, tra sonorità e ritmi, da collocare nel rapporto di equivalenza tra significanti e significati. Una democrazia di parole “ordinate”, i suoi versi dal linguaggio vitale e dinamico, per costruire le operazioni della poesia ed offrire un messaggio e un orientamento critico da sviluppare nel segno della memoria storica e culturale.

Di assoluto valore poetico i componimenti contenuti in “Versi d’occasione e testi per canzoni”, il titolo della silloge poetica in cui ripercorre con puntuali riferimenti storici e personali gli eventi che vanno dal 1993 al 2020; l’occasione è spesso l’augurale componimento per le più  importanti festività che caratterizzano il calendario. 

Il volume, quarantaduesima perla nella “Piccola collana di memorie” della “Soter Editrice” di Villanova Monteleone, ideata da Salvatore Tola e curatore della presentazione, è opera capace di catturare l’attenzione con l’energia di versi che contemplano l’esperienza della quotidianità e l’attraversamento fiducioso verso i sentieri del divenire; l’autore comunica la parola poetica come segno profondo di sé per gli altri, tesse un inno al presente e alla memoria con componimenti che scandiscono il tempo e lo scorrere degli anni ricchi di eventi personali e collettivi.

Il titolo, che sottolinea il genere di elaborati “d’occasione”, non è certo riduttivo, direi invece un arricchimento e segno ulteriore della genuinità e istintività poetica, raffinata e colta, che caratterizza gran parte dei versi della silloge di intensa testimonianza  ed umanità.

I “testi per canzoni”, come da titolo e pubblicati bilingui, sono quelli noti di Nuraghes e monumentos de Pavia, Sardos semus fintzas nois (è auspicabile che ora diventi l’inno ufficiale de sos disterrados, come sognava lo stesso autore), Pro sos mortos de Buggerru 1904; musicati e cantati da Antonio Carta hanno dato vita ad originali ballate nello stile cantautorale. La forza testuale e realistica, sostenuta da ricchezza di immagini, donano versi di alto senso sociale e storico che “rompono il silenzio” su degrado artistico ed archeologico, su rivendicazioni identitarie e memorie storiche. 

Paolo Pulina, nell’unica sua pubblicazione lirica, propone anche le traduzioni in sardo del Logudoro l’universale testo Imagine (Immàgina), di John Lennon e l’intramontabile ed emozionante La canzone di Marinella (Sa cantone de Marinella), di Fabrizio De André. È doveroso evidenziare che l’opera poetica di Pulina si presenta come libro tipograficamente valido: coglie e garba subito per il suo formato pratico-tascabile con ottima rilegatura e sovraccoperta in carta avoriata; per caratteri e grafica realizza un senso di grande cura e l’amorevole impegno lavorativo del sapere artigianale… che tanto apprezzava! La selezione delle composizioni, pubblicate e proposte all’attenzione, evidenziano anche attraverso i versi il primario impegno e “missione” del poeta per il mondo dell’emigrazione sarda. Caratterizzazione e segno distintivo di tutta la vita di Paolo Pulina. 

Cristoforo Puddu

Sulle note del Silenzio suonato dalla prima tromba della banda Bellini si è aperto stamane, mercoledì 2 novembre, il cerimoniale della commemorazione dei Defunti che ha fatto tappa come da tradizione nei cimiteri di Carbonia, Serbariu e Cortoghiana.

«Rendere omaggio a chi ci ha preceduto, ci permette di manifestare sentimenti di rispetto, ma soprattutto di sincero affetto e gratitudine verso i nostri cari e tutti coloro che non ci sono più, rendendoci consapevoli che facciamo tutti parte di una catena, come consequenziali gli uni con gli altri. Nessuno infatti è avulso da questa storia collettiva di cui siamo tutti partecipi», ha dichiarato l’assessora agli Affari istituzionali Katia Puddu, a nome dell’Amministrazione e portando i saluti del sindaco Pietro Morittu, impossibilitato a presenziare.

Davanti alle corone d’alloro posizionate nei cimiteri comunali nei quali si sono radunate le Autorità militari, religiose e civili, associazioni e cittadini per un momento di raccoglimento, i parroci don Giampaolo Cincotti, affiancato da don Antonio Carta, don Luigi Sulas e don Marco Farris, hanno impartito le benedizioni di rito.

«Con questa cerimonia odierna, il pensiero si volge inevitabilmente ai nostri cari il cui ricordo consolida il nostro passato e anima i sentimenti d’amore di ciascuna famiglia che vede in questi posti riposare le proprie radici. L’auspicio è continuare a tramandare il significato di queste celebrazioni che portano con sé simboli profondi e una solennità che non devono essere mai dispersi», ha concluso l’assessora Katia Puddu, affiancata dal vicesindaco Michele Stivaletta, gli assessori Antonietta Melas e Roberto Gibillini, il presidente del Consiglio Fantinel ed il comandante della Polizia locale Andrea Usai.

Oltre ad un ringraziamento sentito da parte dell’Amministrazione a tutti coloro che hanno partecipato alla cerimonia odierna, il prossimo appuntamento è fissato per venerdì 4 novembre, con la commemorazione dei Caduti di tutte le guerre, nel giorno in cui si celebra la festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate.

 

Ha superato due guerre mondiali, altrettante pandemie e tutte le difficoltà che la vita le ha posto davanti ma ieri 4 aprile 2022, Speranza Aresu può vantare un invidiabile stato di salute nel giorno del suo compleanno numero 108.
Nata a Seui il 4 aprile 1914, la signora Aresu è stata sposata con Antonio Piga ma è rimasta vedova dal 1964. Dal matrimonio sono nati cinque figli che ora le permettono di godersi sei nipoti e due pronipoti, dopo una vita dedicata alla famiglia e al lavoro. L’insegnamento è stata una delle sue passioni che ha potuto esercitare, oltre che nel suo paese natio, anche a Cagliari nella scuola di via Garavetti. Ancora in forma, tanto da voler qualche volta andare a fare la spesa di persona, segue tutte le vicende di attualità in tv e si tiene aggiornata su tutto quello che le accade intorno.
Il presidente del Consiglio comunale di Cagliari, Edoardo Tocco, le ha consegnato una targa ed una medaglia.
Antonio Caria

[bing_translator]

Venerdì 17 luglio, alle ore 10.30, si svolgerà la cerimonia di intitolazione di una via nel ricordo di una giovane ragazza di Carbonia, Gisella Orrù, la cui scomparsa nel 1989 ed il successivo omicidio lasciarono sgomenta ed incredula un’intera comunità. La richiesta dell’Amministrazione Comunale, già inoltrata lo scorso anno in occasione del trentennale della morte della nostra concittadina, è stata esaminata dalla Prefettura di Cagliari e dalla Deputazione di Storia Patria della Sardegna, che hanno emesso parere favorevole dopo una lunga istruttoria durata circa un anno e conclusasi il 17 giugno.

«Il nostro obiettivo è ricordare Gisella, una giovane ragazza figlia della nostra città, tragicamente e prematuramente scomparsa in un omicidio efferato, avvenuto in circostanze ancora poco chiare. Una vicenda dai contorni incerti e su cui non si è ancora fatta piena luce, così come è peraltro accaduto per l’intera storia della città di Carbonia degli anni Ottanta e Novanta. L’intitolazione di una strada dedicata a Gisella Orrù è un modo per mantenere vivo il ricordo di una giovane ragazza nostra concittadina, alla quale venne rubato il futuro, impedendole di realizzare le sue legittime aspirazioni personali e professionali», ha spiegato il sindaco Paola Massidda.

L’appuntamento è fissato venerdì 17 luglio, alle ore 10.30, nel tratto di strada compreso tra via Abruzzi e via D’Annunzio.

All’intitolazione della nuova via sarà presente anche don Antonio Carta, parroco della Chiesa della Beata Vergine Addolorata.

[bing_translator]

La prima edizione dell’International Gramsci Festival è stata inaugurata con la riapertura della Casa Museo, dopo sette mesi di inattività. A spalancare il portone ed entrare per primo nell’edificio (fresco di ristrutturazioni) è stato Antonio Gramsci jr che, al fianco del direttore Paolo Piquereddu, ha illustrato l’originale mostra fotografica allestita al primo piano con 45 immagini della “Famiglia Schucht”.

«Una mostra su Gramsci non c’era mai stata nemmeno nell’Unione Sovietica – ha affermato il nipote del grande pensatore -. In Russia è stata predisposta per la prima volta proprio quest’anno grazie all’appoggio della fondazione Gramsci di Roma, e mi è stata data la possibilità di lavorarci tanto. Ho riesaminato l’archivio familiare e tutti i documenti, alcuni dei quali sono stati ripresi dagli archivi del Comintern, e abbiamo scannerizzato tutto. Poi lo scorso anno, quando sono venuto a Ghilarza, è nata l’idea di portarvi questo bel progetto. È una grande emozione essere tornato qui, ci venni per la prima volta negli anni settanta con mio padre, poi ho studiato la musica a Santulussurgiu. Mi sento molto legato a questo territorio.»

Alcune foto sono inedite e rarissime, come il ritratto del trisnonno Alexander Schucht nella divisa da generale. C’è anche un’immagine del castello appartenuto alla famiglia, una casata nobile russa di origini tedesche. “Nonno Antonio” nel 1923 aveva sposato Giulia, dalla quale ebbe due figli, Delio e Giuliano. Di quest’ultimo è figlio Antonio jr.

Tra i preziosi documenti è esposto il certificato di battesimo della sorella di Giulia, firmato Vladimir Ilyich Ulyanov, il nome completo di Lenin. «Quando ha fatto il prete ha battezzato una mia parente», ha scherzato Antonio di fronte al pubblico numeroso.

Mentre alcune foto sono piuttosto antiche, risalenti addirittura a metà ottocento, una delle ultime ritrae Antonio jr bambino con suo padre per un “lasciapassare congiunto”. «La nostra famiglia non ha sentito su di sé le repressioni di Stalin – ha affermato nell’illustrare la mostra – è stata risparmiata probabilmente proprio grazie agli stretti legami con Gramsci».

All’ingresso del museo è stata presentata anche l’opera In punta di ago, un frammento di vita”, un libro realizzato dagli studenti del Liceo artistico Foiso Fois, dedicato alla vita da studente di Gramsci a Torino, mentre nei locali rinnovati dell’ex sede del PCI è stata allestita la mostraGlobal Gramsci con le illustrazioni di Agostino Iacurci, in cui l’immagine del filosofo si presenta quasi come un’icona pop a livello planetario.

In avvio della manifestazione alla Torre aragonese, il presidente della Fondazione Casa Museo, Giorgio Macciotta ed il sindaco di Ghilarza Alessandro Defrassu, hanno illustrato il progetto destinato ad avere uno sviluppo ben più ambizioso, grazie al milione di euro ottenuto con la programmazione territoriale. Il concorso di progettazione che porterà alla realizzazione del polo museale sarà bandito la prossima settimana.

Intanto il festival sta coinvolgendo tutta la cittadina del Guilcer, dai negozi che ospitano “Le parole di Gramsci” alle strade dove campeggiano gigantografie in bianco e nero che raccontano “I luoghi gramsciani”.

Stasera (13 dicembre) dalle 17.00 tra gli ospiti più attesi del festival giungeranno lo scrittore irlandese Sam Millar con Seba Pezzani e subito dopo il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick.

Il programma di sabato (14 dicembre). Domani alle 10 la Torre Aragonese farà da teatro a una lettura comparata tra le Lettere dal carcere di Nelson Mandela e quelle di Antonio Gramsci. All’evento, patrocinato dall’Ambasciata del Sudafrica in Italia, parteciperanno Sahm Venter, curatrice del libro “Lettere dal carcere di Nelson Mandela”, e Seba Pezzani, traduttore del testo, in compagnia di Maria Luisa Righi della Fondazione Gramsci di Roma.

Alle 17.00, l’autore nuorese Sebastiano Prino, conosciuto come l’“ergastolano-scrittore”, racconterà il suo percorso di rieducazione per il riscatto sociale e culturale. Prino interloquirà con il sociologo Gianfranco Oppo (già garante dei diritti delle persone detenute nel carcere di Badu ‘e Carros a Nuoro) e con i giornalisti Luciano Piras e Piera Serusi.

Alle 18.30, all’Auditorium comunale di viale Antonio Carta, il regista ed attore Fabio Cavalli introdurrà la visione del film-documentario Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle carceri, presentato di recente a Venezia (2019, Rai, Clipper Media), che testimonia un’esperienza unica per i giudici della Corte costituzionale, entrati per la prima volta nella storia tra le mura del carcere per comprendere cosa sia la vita dietro le sbarre. Cavalli, che dirige il Teatro di Rebibbia, è stato ispiratore del film dei fratelli Taviani “Cesare deve morire”. La manifestazione si concluderà alle 21 con un evento gastronomico a base di prodotti della tradizione locale.

L’IGF è organizzato dalla Fondazione Casa Museo Antonio Gramsci e dal comune di Ghilarza, con il supporto di RAS, Fondazione di Sardegna e ISRE, e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’ICOM, la FIHRM, l’Ambasciata del Sudafrica in Italia, e la collaborazione di numerosi enti, istituzioni e  associazioni.

[bing_translator]

Nel pomeriggio di venerdì 11 gennaio 2019 (a vent’anni esatti dalla scomparsa di Fabrizio De André) è stata presentata in anteprima a Pavia, presso il Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria, la seconda edizione ampliata del volume “La mia prima volta con Fabrizio De André. 515 storie” a cura di Daniela Bonanni e Gipo Anfosso, edito da Ibis.

Le storie, che raccontano la propria, personale iniziazione” a Fabrizio De André (come-dove-quando-con chi è successo), da 305 sono diventate 515. Questo interesse sempre vivo testimonia il fatto che Fabrizio De André è ancora tanto amato e presente nel nostro immaginario collettivo: di fatto si conferma essere sempre più il “filo rosso” che unisce vite e generazioni. Tanta è la voglia di raccontare e raccontarsi in rapporto al mitico Faber – dichiarano i due curatori -, che sono stati chiamati a presentare la prima edizione del libro in tutt’Italia e lo hanno fatto in osterie, biblioteche, librerie  e in qualche festival letterario.

Scrivono Bonanni e Anfosso: «Sono storie  scritte da persone di ogni età, dai 10 agli 82 anni. Da persone comuni e personaggi famosi (tra cui musicisti e stretti collaboratori di De André). Tutti inseriti, rigorosamente e molto democraticamente, in ordine alfabetico. Questa edizione, oltre al messaggio pieno d’affetto di Dori Ghezzi, è impreziosita da una introduzione – accurata e appassionata – di Enrico De Angelis. In collegamento con la nuova edizione del libro, in segno di omaggio a Fabrizio De André, si propone l’iniziativa: #deandregoccedimemoria 2019: dedicato a Fabrizio De André. Vent’anni dopo. Si tratta di una proposta semplice: dare un segnale, inserire “frammenti di De André” nelle nostre attività quotidiane. Una canzone, un testo, un pensiero di Fabrizio nella scaletta dei concerti (pop, rock, jazz, rap, musica classica…) per chi è musicista, nelle programmazioni scolastiche per chi è insegnante, nella playlist dell’I Pod, nelle librerie, nelle biblioteche… Ma anche nei negozi e negli uffici in cui lavoriamo. Una sorta di “De André diffuso”, perché mai come ora, in tempi sempre più cinici e disumani, sentiamo il bisogno, la necessità di divulgare la sua musica, la sua poesia, la sua direzione ostinata e contraria».

Adesioni: #deandregoccedimemoria, indicando generalità, luogo, titolo e breve descrizione dell’iniziativa. Info: danielabonanni52@alice.it ; gipoanfosso@gmail.com

Blog:  primavoltacondeandre.tumblr.com  /  Facebook @primavoltacondeandre».

La giornata pavese in ricordo di De André si è conclusa a Spaziomusica con l’omaggio da parte di diversi cantanti e gruppi musicali. Il cantautore sardo-pavese Antonio Carta ha cantato due pezzi di De André: “Monti di Mola” (testo in gallurese) e “Inverno”; con lui hanno suonato Giovanni Lanfranchi al violino e Matteo Zanesi alle percussioni.

***

Ed ecco qui di seguito “la prima volta con Fabrizio De André” di Paolo Pulina (Ploaghe, 1948)

Quando uscì, nel 1963, il terzo 45 giri di Fabrizio De André, con i pezzi  Il fannullone e Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, anche in una classe di quinta Ginnasio del Liceo classico “Domenico Alberto Azuni” di Sassari, cominciarono subito a circolare – in una specie di samizdat – le parole trasgressive ed i contenuti  dissacratori di una figura mitizzata nella manualistica storica come Carlo Martello, contenuti molto più “intriganti” di due “licenze poetiche” pur presenti nei versi (Carlo Martello non era re, ma solo “maestro di palazzo” dei re Merovingi; la battaglia di Poitiers avvenne nel 732 nel mese di ottobre, non “nella calda primavera”).

Nel mio paese natale, Ploaghe, vicino a Sassari, in una famiglia di pastori come la mia non era certo disponibile un giradischi né c’erano le possibilità economiche di comprare degli oggetti voluttuari come i 45 giri.

Era successo però che, in cambio di numerose forme di formaggio pecorino, una famiglia che stava per emigrare in Francia, nei primi anni Sessanta, ci aveva  consegnato una vecchia, ingombrante RadioMarelli e lo Zingarelli, il famoso dizionario della lingua italiana: due strumenti di acculturazione sicuramente non di prima necessità vitale nel luogo di nuova residenza della famiglia costretta all’espatrio alla ricerca di un lavoro.

Avendo potuto ascoltare fortunosamente “Carlo Martello” alla radio anche io potei vantare il “privilegio emozionante” (secondo il ben conosciuto meccanismo del  “fascino del proibito”) di aver sentito dalla viva voce di Fabrizio De André quelle “parole brutte” e dissacranti che non potevano non sollecitare l’interesse dei giovani  allevati in un contesto socio-culturale (prima metà degli anni Sessanta) di asfissiante pruderie che la studiosa Nora Galli de’ Paratesi si apprestava a documentare addirittura in un volume degli Oscar Mondadori (1969; ma l’edizione originale presso Giappichelli di Torino  era del 1964) con un titolo ineccepibilmente scientifico ma veramente ostico per la comprensione da parte di lettori comuni, cioè Le brutte parole: semantica dell’eufemismo. Sicuramente la spiegazione riportata in copertina dell’edizione economica era più intelligibile (“Uno studio sulla censura del linguaggio; l’interdizione verbale operata dall’inconscio, dal pregiudizio, dal pudore e dalla convenienza; le parole proibite nell’italiano, nei dialetti, nei gerghi”)  anche rispetto al sottotitolo originale che era “L’eufemismo e la repressione verbale: con esempi tratti dall’italiano contemporaneo”.

Da allora Fabrizio De André per me ha significato “trasgressività” e nel clima di rivoluzione sessuale inaugurato nel 1968 dal movimento studentesco la “favola d’amore” intitolata “La canzone di Marinella” ha trovato la sua più adatta collocazione e valorizzazione, diventando la colonna sonora di molte reali storie d’amore.

***

Scritta questa testimonianza – racconta Paolo Pulina -, da sardo, in omaggio a De André innamorato della Sardegna, mi sono divertito a tradurre nella variante logudorese della lingua sarda (Faber avrebbe certo apprezzato di più la variante gallurese, quella parlata nei luoghi a lui cari giustappunto in Gallura, ma non è la mia parlata materna…) La canzone di Marinella, in versione ovviamente cantabile.

Sa cantone de Marinella

Custa de Marinella est s’istòria bera 

chi in d’unu riu at illitàdu in berànu 

ma su entu chi l’at bida gai bella 

da-i su riu l’at giuta subra un’istèlla. 

Sola, chena amméntos de dolore,

vivías chena sónnios de amore, 

ma unu re, chena corona e chena iscorta 

at tzoccàdu tres bortas a sa porta. 

Biancu che-i sa luna  at su cappéddu 

che-i s’amore  ruju at su mantéddu 

tue l’as sighídu chena una rajone 

comente unu pitzínnu sighit s’abbilòne.

E bi fit su sole e aías ojos beddos

e isse t’at basadu laras e capíddos, 

bi fit sa luna e aías ojos istràccos 

isse t’at postu  sa  manu  in sos fiancos 

et fint meda basos et fint meda risíttos

poi fint solu sos frores bellítos   

e sas istèllas ant bidu cun própios ojos

trèmere sa pedde tua pro entu e basos. 

E naran poi chi cando ses torràda

in su riu chissà comente che ses falàda

e isse  chi non cheria a ti crèere morta 

at tzoccàdu àteros chent’annos a sa porta. 

Custa est sa cantone tua, Marinella, 

chi ses bolàda in chelu subra de un’istèlla 

e comente totu sas pius bellas cosas 

as vívidu solu una die comente sas rosas.

e comente totu sas pius bellas cosas 

as vívidu solu una die comente sas rosas.

Traduzione in logudorese di Paolo Pulina

La canzone di Marinella

Questa di Marinella è la storia vera

che scivolò nel fiume a primavera

ma il vento che la vide così bella

dal fiume la portò sopra a una stella.

Sola senza il ricordo di un dolore

vivevi senza il sogno di un amore

ma un re senza corona e senza scorta

bussò tre volte un giorno alla tua porta.

Bianco come la luna il suo cappello

come l’amore rosso il suo mantello

tu lo seguisti senza una ragione

come un ragazzo segue un aquilone.

E c’era il sole e avevi gli occhi belli

lui ti baciò le labbra ed i capelli

c’era la luna e avevi gli occhi stanchi

lui posò la sua mano sui tuoi fianchi

furono baci e furono sorrisi

poi furono soltanto i fiordalisi

che videro con gli occhi delle stelle

fremere al vento e ai baci la tua pelle…

Dicono poi che mentre ritornavi

nel fiume chissà come scivolavi

e lui che non ti volle creder morta

bussò cent’anni ancora alla tua porta.

Questa è la tua canzone Marinella

che sei volata in cielo su una stella

e come tutte le più belle cose

vivesti solo un giorno, come le rose

e come tutte le più belle cose

vivesti solo un giorno come le rose.            

Fabrizio De André

[bing_translator]

La squadra dell’Isola di Sant’Antioco nella categoria Pulcini e quella della Simba di Oristano nella categoria Esordienti, si sono aggiudicate sabato scorso, sui campi dell’Oratorio Rosmarino, la prima edizione del Memorial di calcio giovanile intitolato a Ninni Arca, un ex calciatore e dirigente della stessa società scomparso alcuni mesi fa.

Nella categoria Pulcini, l’Isola di Sant’Antioco ha superato in finale il Gonnesa per 3 a 0 (le due squadre erano approdate in finale superando rispettivamente l’Antiochense per 4 a 0 e il Cortoghiana per 3 a 1). Nella finale per il terzo e quarto posto, il Cortoghiana ha avuto la meglio sull’An tiochense per 4 a 1 ai calci di rigore, dopo che i tempi regolamentari di erano conclusi in parità, 2 a 2.

Nella categoria Esordienti, la Simba Oristano, allenata dall’ex centrocampista dell’Inter, del Cagliari e della Nazionale Gianfranco Matteoli, ha superato in finale il Calasetta con il punteggio di 4 a 3 (le due squadre in semifinale avevano superato rispettivamente la Sport Time Gonnesa per 3 a 2 e il Rosmarino per 2 a 0. Nella finale per il terzo e il quarto posto, il Rosmarino ha superato la Sport Time Gonnesa per 2 a 1.

Il torneo ha visto anche la partecipazione delle squadre dei Primi calci: Isola di Sant’Antioco, Cortoghiana, Calasetta e Orione, e dei ragazzi della Polisportiva Girasole.

Al termine delle premiazioni, cui hanno partecipato il parroco della chiesa Beata Vergine Addolorata don Antonio Carta, Antonello Mereu presidente dell’ASD Rosmarino, organizzatrice del torneo, e i tecnici Giorgio Melis e Tano Piroddi, sono stati estratti i biglietti della lotteria che hanno assegnato le maglie dei calciatori Andrea Peana dell’Arzachena, Toto Burrai del Pordenone, Simone Aresti dell’Olbia, Francesco Pisano dell’Olbia, Alessandro Deiola, Marco Sau e Nicolò Barella del Cagliari, e, infine, Salvatore Sirigu del Torino.

[bing_translator]

Don Luigi Sulas, nato 49 anni a Carbonia, parroco della chiesa di San Narciso, a Serbariu, è il nuovo cappellano dell’Ospedale Sirai di Carbonia. Subentra a don Giulio Demontis, 46 anni, nominato alcune settimane fa nuovo parroco della chiesa della Vergine d’Itria, a Portoscuso, al posto di don Antonio Carta, 55 anni, nominato parroco della chiesa della Beata Vergine Addolorata, a Carbonia, in sostituzione a sua volta di don Gianni Cannas, 68 anni, nominato parroco della chiesa di San Carlo Borromeo, a Carloforte. Quest’ultimo, nell’Isola di San Pietro, ha preso il posto lasciato vacante da don Francesco Pau, 45 anni, nuovo parroco della Cattedrale di Santa Chiara, a Iglesias, al posto di don Antonio Mura, da un paio di mesi rettore del seminario regionale. Oltre alla nomina a cappellano dell’Ospedale Sirai, don Luigi Sulas ha ricevuto anche quella di parroco della chiesa San Camillo di Sirai che dividerà con quella della parrocchia San Narciso di Serbariu.

Il panorama delle nuove nomine nelle parrocchie della diocesi di Iglesias, si va via via completando. Don Giampaolo Cincotti, nato 46 anni fa a Carbonia, parroco della chiesa di Gesù Divino Operaio, a Carbonia, ha ricevuto anche la nomina ad amministratore parrocchiale della chiesa della Vergine delle Grazie di Barbusi, lasciata da don Giulio Demontis unitamente a quelle di parroco della chiesa di San Camillo e di cappellano dell’Ospedale Sirai.

Ad oggi resta da coprire solo un posto vacante, quello di parroco della chiesa di San Giovanni Battista, a Masainas, lasciato da don Bachisio Carta, 60 anni, nominato recentemente parroco della chiesa della Vergine delle Grazie di Palmas.

Ricordiamo le altre nomine recenti: Ignazio Porcu, 62 anni, è il nuovo parroco delle due chiese di Teulada, quella della Beata Vergine del Carmelo (lasciata da don Melchiorino Dore per aver raggiunto i limiti di età, 83 anni) e quella della chiesa di San Giovanni Battista.

Alla chiesa della Vergine della Neve, a Villamassargia, lasciata da don Ignazio Porcu, è stato nominato don Antonio Manunza, 48 anni, che ha lasciato a sua volta, le parrocchie di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine di Villarios e Vergine delle Grazie di Palmas. A Villarios è arrivato don Gabriele Culurgioni, amministratore parrocchiale.

Don Antonio Rubiu, 66 anni, già parroco della chiesa di San Giuseppe Artigiano, a Iglesias, è stato nominato anche nella chiesa della parrocchia di San Benedetto Abate, sempre a Iglesias; don Franco Pometti, 74 anni, già parroco della chiesa di San Paolo Apostolo, a Iglesias, guida ora anche la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, sempre a Iglesias e, in entrambe le parrocchie, ha come vice parroco don Maurizio Mirai.

Don Giuseppe Tilocca, 48 anni, infine, è stato nominato Vicario Episcopale per la Pastorale.

Don Luigi Sulas.

Don Luigi Sulas.

Don Giampaolo Cincotti.

Don Giampaolo Cincotti.

Don Luigi Sulas.

Don Luigi Sulas.

[bing_translator]

Giulio Demontis 66 copia

Don Giulio Demontis, 46 anni, originario di Giba, ordinato sacerdote il 26 aprile 2003, è il nuovo parroco della chiesa della Vergine d’Itria di Portoscuso. E’ stato chiamato a ricoprire il vuoto lasciato da don Antonio Carta, 55 anni, nominato parroco della chiesa della Beata Vergine Addolorata, a Carbonia. Giulio Demontis lascia la chiesa della Vergine delle Grazie di Barbusi e la Cappella dell’ospedale Sirai di Carbonia.

La nomina di Giulio Demontis a parroco della chiesa della Vergine d’Itria di Portoscuso arriva dopo una serie di nomine iniziata con quella di don Antonio Mura, 53 anni, parroco della Cattedrale di Iglesias, a rettore del seminario regionale, decisa due mesi fa dalla Conferenza Episcopale Sarda, sostituito da don Francesco Pau, 45 anni, parroco della chiesa di San Carlo Borromeo, a Carloforte. Nell’Isola, al posto di Francesco Pau, è arrivato don Gianni Cannas, 68 anni, parroco della chiesa della Beata Vergine Addolorata, a Carbonia, dove è stato nominato don Antonio Carta, 55 anni, parroco della chiesa della Vergine d’Itria, a Portoscuso, ora sostituito da don Giulio Demontis.

Ignazio Porcu, 62 anni, parroco della Vergine della Neve, a Villamassargia, è stato nominato a Teulada, al posto di don Melchiorino Dore che, a 83 anni, è andato in pensione, ed ha assunto sia la guida della chiesa della Beata Vergine del Carmelo (lasciata da don Dore) sia quella della chiesa di San Giovanni Battista.

Alla guida della parrocchia della Vergine della Neve, a Villamassargia, è stato nominato don Antonio Manunza, 48 anni, che ha lasciato le parrocchie di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine di Villarios e Vergine delle Grazie di Palmas. A Villarios è arrivato don Gabriele Culurgioni, amministratore parrocchiale; a Palmas il nuovo parroco è don Bachisio Carta, 60 anni, che ha lasciato la parrocchia di San Giovanni Battista di Masainas, dove non è stato ancora nominato il successore.

Don Antonio Rubiu, 66 anni, già parroco della chiesa di San Giuseppe Artigiano, a Iglesias, è stato nominato anche nella chiesa della parrocchia di San Benedetto Abate, sempre a Iglesias; don Franco Pometti, 74 anni, già parroco della chiesa di San Paolo Apostolo, a Iglesias, guida ora anche la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, sempre a Iglesias e, in entrambe le parrocchie, ha come vice parroco don Maurizio Mirai.

Don Giuseppe Tilocca, 48 anni, infine, è stato nominato Vicario Episcopale per la Pastorale.

[bing_translator]

Giovedì 24 settembre il Consiglio comunale di Carbonia si occuperà della chiusura dell’ufficio postale di Cortoghiana. E’ stato convocato dal presidente dell’Assemblea, Ignazio Cuccu, in seduta straordinaria, nella sala polifunzionale di Piazza Roma.

Due settimane fa la convocazione del Consiglio comunale era stata chiesta da 12 consiglieri di minoranza: Arturo Troilo, Alberto Zonchello, Alessandra Tresalli, Roberto Concas, Mario Porcu, Annalisa Usala, Roberto Gibillini, Giuseppe Meletti, Antonello Mereu, Antonio Carta, Michele Stivaletta e Gianluca Arru, che hanno definito la chiusura dell’Ufficio «illogica e deleteria nei riguardi della frazione di Carbonia sia per posizione geografica dello stesso, sia per l’enorme bacino di utenza, sia perché non concertata», considerano «infruttuose e fallimentari le poche iniziative avviate nel corso di questi mesi» e visto «l’enorme danno arrecato alla comunità e ritenendo necessario che il Sindaco riferisca in aula circa le azioni intraprese», ed hanno chiesto «l’immediata convocazione di un Consiglio comunale per la chiusura dell’ufficio postale», proponendo, per opportunità, che tale assemblea si svolgesse presso i locali dell’ex circoscrizione di Cortoghiana.

Il Consiglio comunale, viceversa, affronterà il problema nella sala polifunzionale di Piazza Roma.

L’ufficio postale di Cortoghiana è stato chiuso da Poste Italiane il 7 settembre scorso, nell’ambito di un programma di ristrutturazione delle sedi e dei servizi, nonostante la fortissima opposizione della comunità locale, dell’Amministrazione e del Consiglio comunale di Carbonia.

Poste Cortoghiana 1Poste Cortoghiana AManifestazione Cotoghiana contro la chiusura delle Poste 2

.