2 November, 2024
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12 consiglieri di opposizione (Arturo Troilo, Alberto Zonchello, Alessandra Tresalli, Roberto Concas, Mario Porcu, Annalisa Usala, Roberto Gibillini, Giuseppe Meletti, Antonello Mereu, Antonio Carta, Michele Stivaletta, Gianluca Arru) hanno chiesto la convocazione straordinaria del Consiglio comunale di Carbonia per affrontare l’emergenza dell’ufficio postale di Cortoghiana, chiuso da ieri.

I consiglieri definiscono tale iniziativa di chiusura dell’Ufficio «illogica e deleteria nei riguardi della frazione di Carbonia sia per posizione geografica dello stesso, sia per l’enorme bacino di utenza, sia perché non concertata», considerano «infruttuose e fallimentari le poche iniziative avviate nel corso di questi mesi» e visto «l’enorme danno arrecato alla comunità e ritenendo necessario che il Sindaco riferisca in aula circa le azioni intraprese», chiedono «l’immediata convocazione di un Consiglio comunale per la chiusura dell’ufficio postale» e ritengono opportuno che tale assemblea si svolga presso i locali dell’ex circoscrizione di Cortoghiana.

 Poste Cortoghiana 1

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Dopo le iniziative assunte dall’Amministrazione comunale di Carbonia, anche 11 consiglieri scendono in campo a difesa degli uffici postali di Cortoghiana, per i quali Poste Italiane hanno deciso la chiusura definitiva per il 7 settembre.

La mozione, sottoscritta dai consiglieri Arturo Troilo, Alberto Zonchello, Alessandra Tresalli, Roberto Concas, Mario Porcu, Annalisa Usala, Roberto Gibillini, Giuseppe Meletti, Francesco Fele, Antonio Carta e Massimo Usai, sottolinea che la decisione di chiusura dell’ufficio è illogica e deleteria, sia per posizione geografica dello stesso, sia per l’enorme bacino di utenza, sia perché non concertata come richiesto nei mesi precedenti e provoca un danno alla collettività, poiché incide nell’offerta dei servizi in un territorio martoriato dalla crisi economica e sociale.

Nel testo viene inoltre rimarcato che durante le assemblee svoltesi nei giorni scorsi «sono stati date ai cittadini alcune risposte di immediati “interventi“ attraverso i riferimenti istituzionali, ma che nella pratica sono già stati superati poiché a livello regionale il Governatore è già stato sollecitato per un pronto intervento da parte dei alcune forze politiche e anche a livello parlamentare si è investito il Governo e il competente ministero dello Sviluppo economico da parte di diversi parlamentari».

La mozione prevede che il Consiglio comunale dia mandato al sindaco affinché «di concerto con tutte le forze politiche, sociali e tutti i cittadini, avvii nuove iniziative per scongiurare l’imminente chiusura delle Poste a Cortoghiana».

Poste Cortoghiana 1

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Dieci consiglieri comunali hanno presentato una mozione al presidente del Consiglio comunale, Ignazio Cuccu, e al sindaco di Carbonia, Giuseppe Casti, sul posizionamento ai piedi della torre civica di un leone di trachite dello scultore Luigi Angius.

Traendo spunto dall’iniziativa dei Lions International Club di Carbonia che prevede il posizionamento di una scultura di un leone in trachite ai piedi della torre civica (ex Littoria) e preso atto che la scultura verrebbe regalata alla città di Carbonia dallo scultore Luigi Angius e dal Club Lions e che il leone in trachite andrebbe a riempire quel vuoto nell’apposito sito ai piedi della torre civica, creatosi con il trafugamento (durante il periodo della seconda guerra mondiale) del celebre leone in bronzo; ritenendo inoltre che tale iniziativa andrebbe nella direzione di un recupero della memoria storica e/o architettonica della città e non della rievocazione del periodo storico del fascismo che tutti ovviamente condannano e ritenendo la proposta valida e utile per la città di Carbonia, la mozione presentata dai consiglieri Mario Porcu, Annalisa Usala, Alberto Zonchello, Alessandra Tresalli, Roberto Concas, Arturo Troilo, Roberto Gibillini, Giuseppe Meletti, Francesco Fele e Antonio Carta, se verrà approvata, darà mandato al sindaco affinché avvii l’iter per posizionare la scultura del leone in trachite dello scultore Luigi Angius ai piedi della torre civica.

Torre Civica illuminata di blu 1 copia

Si è spento ieri #Nicolino Sanna, il nonnino di Portoscuso. Aveva festeggiato i 100 anni il 1/02/2013, circondato dall’amore dei familiari e dall’affetto di un’intera comunità, con una cerimonia nella chiesetta di Sant’Antonio ed un ricevimento nei locali della vecchia tonnara “Su Pranu”, al termine del quale aveva cantato alcune canzoni in sardo.

Per ricordare quello che è stato un uomo esemplare per la famiglia e per quanti hanno avuto modo di conoscerlo ed apprezzarne le qualità professionali ed umane, riportiamo il testo integrale dell’articolo pubblicato sull’edizione cartacea de “La Provincia del Sulcis Iglesiente”, il n° 255 del 16 febbraio 2013, a firma di Ernesto Valdés.

Nicolino Sanna, nato a Portoscuso il 1° febbraio del 1913 ha festeggiato nei locali della tonnara “Su Pranu” cento primavere e così salgono di numero i centenari a Portoscuso. I suoi familiari hanno organizzato una grande festa in onore del nostro caro concittadino conosciuto da tutti per essere anche sempre presente a dare il suo contributo nelle manifestazioni dei gruppi cambattentistici. Per l’occasione, una solenne celebrazione ha dato il via alla giornata di festa tenutasi nella splendida cornice della chiesetta all’interno dell’arsenale e presieduta dal parroco don Antonio Carta.

Il sindaco, Giorgio Alimonda, ha portato il saluto del paese ma ha altresì ricordato la nobile figura da combattente di Nicolino, esempio di rettitudine morale nella famiglia, nella professione e nella vita in generale. Al termine del discorso gli è stata consegnata una targa-ricordo da parte dell’Amministrazione comunale, segno di riconoscenza per la sua vita militare e civile trascorsa con laboriosità, dignità ed onestà. Erano presenti tutte le associazioni culturali e di volontariato, le associazioni dei minatori ed il coro polifonico che ha regalato stupende emozioni con brani rigorosamente sardi e diverse sezioni di Marinai d’Italia per onorare e festeggiare il nostro beneamato, circondato dall’affetto dei figli Maria Rosa, Demetrio e Antonella, i generi Vito e Bruno, i nipoti, gli amici e tutti quanti gli vogliono bene.

L’intensa partecipazione, la vicinanza di parenti, amici e paesani, stretti affettuosamente a Nicolino a conferma della grande stima e sincero affetto, ha commosso tutti. Maria Rosa, a nome della famiglia Sanna, ha ringraziato infinitamente tutti per la calorosa e convinta partecipazione e per aver reso straordinario un giorno ancora più speciale e sicuramente indimenticabile.

Alla fine della celebrazione, per ringraziare i presenti è stato offerto un ricco buffet che spaziava dagli antipasti ai dolci, fino alla mega torta. Nulla è stato dimenticato, nemmeno l’allegria del gruppo folk che ha intonato per tutta la serata i tradizionali canti portoscusesi.

Nicolino si è forgiato attraverso il lavoro, l’educazione invece è arrivata dai nobili esempi trasmessi dalla famiglia. Ha imparato per gradi, una tappa dopo l’altra, durante la difesa dei confini della Patria, per ben nove durissimi anni. Una vita di lavoro e di amore per la famiglia e il suo paese, dalla quale si allontanò solo per compiere il suo dovere di soldato.

Era il 10 settembre del 1933 quando fu arruolato per la ferma di ventotto mesi. Dal 10 gennaio 1936 (fine ferma) venne trattenuto alle armi sino al 10 febbraio 1937 per l’occupazione dell’Africa Orientale Italiana.

Il 4 settembre del 1939 fu richiamato alle armi per i noti eventi bellici e per combattere una guerra che ha sempre ritenuto ingiusta. Imbarcato in diversi mezzi navali, Nicolino fu impegnato in operazioni di protezione del traffico del #Mediterraneo e di difesa mobile, impiegato nei treni armati della Marina Militare.

Nel 1943, dopo l’armistizio, le truppe tedesche misero in esecuzione il piano che prevedeva “arresto esercito” e successiva deportazione. Molti ufficiali e soldati riuscirono a fuggire nelle montagne e diventare partigiani. La #Marina Militare cercò di portare la flotta nei porti alleati per sottrarla alla rappresaglia tedesca e salvare il personale dipendente. L’informazione non arrivò a tutti i comandi periferici e molti militari italiani caddero prigionieri dei tedeschi.

Anche Nicolino fu fatto prigioniero dai nemici a #Patrasso e deportato a #Waidofen (città di prigionia) in Austria, patendo la fame e il freddo. Nel marzo 1945 giunsero la liberazione ed il rimpatrio.

La sua tempra gli consentì di sopravvivere a quella brutta esperienza che egli ha messo per iscritto in un libro semplice ma intenso: “Vento in Poppa e Piume al Vento”. I ricordi di esperienze umilianti sono indelebilmente fissati nella sua mente. Trasmettere una testimonianza della sua vita da prigioniero è assolutamente necessario affinché le nuove generazioni possano comprendere il dolore fisico e la perdita della dignità che sono indimenticabili turbamenti di chi ha vissuto le atrocità della guerra. Per questo, la seconda guerra mondiale, senza le testimonianze dirette di quel periodo, senza gli aspetti quotidiani, senza la conoscenza delle ore tragiche vissute soggettivamente, appaiono solo cenni di una conoscenza storica oggettiva. Cogliere nell’insieme le complesse e contrastanti vicende significa conoscere le emozioni e i turbamenti dei soldati che hanno partecipato a missioni di guerra fra insidie, pericoli e offese alla dignità umana, accanto a date, armi, strategie e alleanze.

Un libro di storia e di storie, viste con gli occhi e la forza di chi vi ha partecipato.

A Nicolino per il suo valore sono state riconosciute diverse medaglie e croci al merito.

Cent’annus!

Una lunga vita vissuta con grande fede e dedizione alla famiglia, momenti non sempre facili, alcuni veramente difficili come la perdita della cara moglie Brigida. Oggi è ricambiato dall’amore e dalle cure dei suoi cari e da tutta la comunità; orgoglioso di trasmettere ai giovani un patrimonio di tradizioni e di valori culturali e religiosi che sono stati e restano ben radicati alla base della sua vita.

Nicolino non è solo questo, è la “memoria storica” vivente del nostro paese. Ricorda ancora oggi ogni minimo particolare della storia di Portoscuso e dei personaggi che l’hanno fatto crescere, mettendo sempre a disposizione il suo patrimonio di conoscenze e per ciò lo ringraziamo.

A Nicolino, per tutti Lino, cittadino esemplare e speciale, che ha trasmesso a ciascuno di noi i suoi saldi valori sulla famiglia e sull’onestà, auguriamo un sereno cammino.

Un saluto e ancora avanti tutta caro “giovane” Lino, la comunità ti onora e spera in cento di questi giorni e un mondo di questi uomini!

Ernesto Valdés

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Consiglio comunale Carbonia 17 copia

Il gruppo UDC in Consiglio comunale a Carbonia, formato da Vincenzo Panio, Antonello Mereu, Francesco Fele, Michele Stivaletta ed Antonio Carta, ha presentato una mozione sulla gestione della ASL 7 con richiesta di revoca dell’attuale dirigenza.

«In questi ultimi giorni – si legge nella mozione – è tornato alla ribalta il tema della Sanità nel Sulcis Iglesiente con riferimento espresso alle assai scadenti perfomance dell’Azienda Sanitaria Locale n. 7 e delle tanto discutibili strategie poste in atto dal sua dirigenza, con la conseguenza che l’assistenza erogata risulta gravemente ridotta a livelli del tutto inadeguati rispetto ai bisogni reali del territorio.

Anche negli anni scorsi, a cadenze più o meno regolari, tale tema è stato più volte sollevato e posto anche all’attenzione di questo Consiglio Comunale che, dopo averlo ripetutamente esaminato, non ha saputo andare oltre generiche prese di pozione, peraltro spesso dopo aspri scontri tra le parti politiche in campo ove ha trovato profonda eco la difesa sia delle scelte adottate sia quella dell’azione delle lobby professionali e di potere che tali scelte hanno imposto e fatto attuare.

Nel frattempo, i problemi della quantità e, soprattutto, della qualità della salute garantita nel territorio, non solo non si sono risolti ma, con voluta e sistematica gradualità, sono andati a raggiungere livelli di vero allarme che, con crescente frequenza, si traducono in situazioni di vera e propria “sanità negata”!

E’ il risultato di una politica generale regionale già di per sé miope e caratterizzata sempre di più, soprattutto negli ultimi anni, da scelte settoriali non solo incapaci di interpretare le istanze dei territori ma, come nel caso della sanità, fortemente influenzate da pesanti interessi privatistici che finiscono per prevalere, a qualunque costo, su quelli generali.

Infatti, non è un caso che, almeno negli ultimi cinque anni, i “pezzi da novanta” della politica regionale in materia di salute – al di là di coloro che nominalmente hanno occupato formalmente le istituzioni delegate al settore – si siano identificati con esponenti di organizzazioni non sempre molto cristalline ma anche con soggetti che, contemporaneamente, hanno agito in base alla sedia nella quale poggiavano di volta in volta il proprio “fondo schiena”: da un lato  programmatori dell’intervento pubblico, dall’altro esponenti ufficiali e/o occulti di enti e organismi di rappresentanza  della sanità privata, cliniche e baronie varie!

Infatti, come è noto, nel frattempo è cresciuto a dismisura il business dell’area sanitasria privata e, in proporzione, sono state ridotte le risorse all’area pubblica mentre il livello complessivo di  qualità dell’assistenza sanitaria, tranne qualche rarissimo esempio, è andato via via scadendo a livelli mai conosciuti.

La prospettiva, del resto, non lascia intravedere mutamenti di rotta. Anzi, la stessa idea più volte affacciata di potenziare i due grandi poli sanitari accentrati su Cagliari e Sassari, al fine – si sostiene – di elevare al massimo l’eccellenza, se non accompagnata da un’organica riprogettazione della sanità locale in tutti i territori  e la conseguente riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza di base, finirà in un  ulteriore impoverimento delle “periferie” ove risulterà ancora più accentuato l’attuale già grave divario tra l’offerta in campo  e i reali bisogni di salute espressi e, dunque, non sarà garantito al cittadino il diritto a quella completa continuità assistenziale che è e deve rimanere il pilastro portante della sanità pubblica per tutti. 

Gioco forza, ne deriverà un ampio spazio di insoddisfazione che sarà colmato (guarda caso!) da una crescita  – voluta! – delle strutture private, attingendo così ingenti risorse dalle casse pubbliche senza assicurare un adeguato standard di sanità locale nella prevenzione e nella cura pre-ospedaliera. Tanto meno in quella ospedaliera, le cui strutture, come nel caso del Sulcis-Iglesiente, stanno subendo, e ancora  di più sarà in futuro, un pericoloso e dannoso depauperamento dei servizi, delle professionalità  e delle prestazioni.

Quanto sopra, specialmente nel nostro territorio, spesso avviene nel dispregio totale della stessa legge che impone un costante procedimento di consultazione da parte del vertice dell’azienda sanitaria con le istanze democratiche che rappresentano i cittadini: i Comuni. Infatti, le cosiddette “conferenze socio-sanitarie”, organismo di rappresentanza territoriale, spesso vengono ignorate e si procede con decisioni assunte in solitudine a pericolosi ridimensionamenti al ribasso  dei servizi, millantandole come “processi di razionalizzazione ed efficienza” rivolti ad un impiego più produttivo delle risorse, salvo poi verificare che ciò, quasi sempre, si traduce in tagli indiscriminati delle prestazioni sanitarie e che, al contrario, cresce il volume di risorse da destinare a un ristretto numero di privilegiati dirigenti della ASL in premi di risultato o altre prebende. Cioè, l’imperativo è tagliare i costi comunque,  anche se ciò riduce l’assistenza, non eliminare le improduttività.

In questo quadro, a Carbonia – ma attendibili notizie ci dicono che ad Iglesias la musica non cambia (basta vedere la recente mozione di censura approvata da quel Consiglio Comunale contro la dirigenza della ASL, accusata di gravi inadempienze) – da almeno quindici anni, con marcate accentuazioni negli ultimi cinque anni, si registra un sostanziale smantellamento dei servizi sanitari che, per esempio, nell’ospedale di Carbonia, determina una riduzione dei posti letto dai 384 dell’anno 2000 agli attuali poco più di 130, facendo registrare un taglio netto di circa 250 posti letto; ciò sebbene siano stati aperti nuovi servizi che, peraltro, alla prova dei fatti, si sono talvolta rivelati incapaci di funzionare.

Gli organici dell’intera ASL n. 7, per effetto dei tagli su tutti i servizi e delle cosiddette esternalizzazioni hanno fatto registrare un costante decremento che, dall’anno 2000 circa ad oggi, ha comportato una riduzione dell’occupazione da circa 2.350  unità  a  circa 1.850 del  2008 e a circa 1.300 unità del 2014, facendo mancare al territorio un’occupazione di ben un migliaio di posti di lavoro in totale, compensati molto parzialmente dagli occupati assorbiti dalle accennate esternalizzazioni, come lavaggio biancheria, catering,  ecc.; peraltro gran parte di questa occupazione è  andata a ricadere in altri territori. 

Per non parlare della fuga indotta di sanitari che, diventati termine di confronto scomodo, sono stati “costretti” ad andar via dal territorio, come nel caso di colui che unanimemente viene considerato il più autorevole chirurgo ginecologico in Sardegna.

Soprattutto negli ultimi anni è stata operata una drastica riduzione degli acquisti di attrezzature, dispositivi e presidi medici chirurgici, oltre che dei farmaci, non sulla base di un accertato e comprovato precedente eccesso di forniture ma semplicemente perché  l’obiettivo da raggiungere è comunque la riduzione della spesa, anche se ciò comporta di sovente il blocco di talune attività mediche o, quanto meno, la loro considerevole contrazione, come talvolta è avvenuto per la stessa attività chirurgia, spesso bloccata, anche parte di quella già programmata, per carenza di personale d’ausilio al chirurgo (vedasi anestesisti). I risparmi, a carico della qualità della prestazione, almeno una parte, sono destinati agli incentivi a taluni capiservizio.

Cresce in tal modo a dismisura il costo di quel calvario dei pazienti che viene definito come “mobilità passiva”. Infatti, la mancanza di risposte delle indebolite strutture  del territorio, ovvero le modeste quantità e qualità di risposta offerte ai pazienti, induce questi a spostarsi in altri territori, area di Cagliari in testa, per visite e prestazioni sanitarie – talvolta anche elementari – che qui non vengono garantite ovvero si possono avere dopo mesi di attesa. Ne consegue un costo per la collettività di circa 22 milioni di euro l’anno, frutto in larga misura del depotenziamento e dei tagli irrazionali dei servizi. Parte di quei denari, guarda caso, finisce nelle casse della sanità privata e crea occupazione altrove, mentre noi la perdiamo.

Il Pronto Soccorso: purtroppo è un esempio abbastanza noto a migliaia di cittadini, costretti, quando vi ricorrono, a interminabili code che fanno registrare, rispetto a dieci anni fa,  tempi di attesa quanto meno quintuplicati.

L’elenco del fallimento dell’attuale gestione della ASL sul versante di Carbonia, ma, si ripete, ad Iglesias non cambia molto, potrebbe continuare tanto da poter dimostrare che  questa malasanità riguarda tutti i comparti: ridimensionamento – forse  sarebbe meglio parlare di sostanziale chiusura – del reparto Pediatria, compreso il depotenziamento della chirurgia pediatrica ad Iglesias; le chiusure estive di taluni reparti assumendo a pretesto le ferie dei medici; il taglio dei fondi per le procedure di accertamento delle invalidità; la costante crescita dei tempi di attesa per visite specialistiche. E l’elenco potrebbe continuare!

Questa non è la sanità che vogliamo!

Tutto questo è l’effetto del tradimento del ruolo dell’azienda sanitaria locale, così come il suo impianto istitutivo  è definito  nella legislazione: programmazione e gestione delle risorse in maniera appropriata rispetto alla domanda socio-sanitaria del paziente-cittadino il cui soddisfacimento deve essere l’unico obiettivo, basando le strategie operative sul costante controllo e adeguamento delle attività che devono restare perfettamente coerenti allo stesso obiettivo rispetto al quale deve essere perseguito l’equilibrio economico-finanziario di bilancio.

Non i tagli indiscriminati ma, se tagli ci devono essere, essi devono verificarsi secondo un concetto di economicità dell’azienda sanitaria che deve, per l’alto valore e utilità sociale che interpreta, soddisfare non prioritariamente ma esclusivamente i propri fini istituzionali. Quindi, poco ha a che fare con un concetto di economicità che invece  prevale a Carbonia, eminentemente di tipo finanziario e ragionieristico così come di solito viene correlato a tale termine. Infatti, nel caso delle aziende sanitarie, l’economicità deve essere intesa come grado di capacità di produrre salute al minor costo possibile ma con la maggiore soddisfazione del cittadino-paziente. 

Ancora, è vero che anche nel caso dell’azione di un’azienda sanitaria  il concetto di economicità deve fondarsi su due imprescindibili criteri contemporanei: “il valore aggiunto” e “l’utilità”. Ma attenzione: con il primo si deve intendere che nell’utilizzo delle risorse per la produzione del bene salute è stato “aggiunto valore”, mentre con il secondo si deve intendere che il “prodotto” dell’azienda sanitaria è “utile” quando è in grado di soddisfare la domanda di salute che il territorio esprime.

Quindi, l’azienda sanitaria deve intendersi come un insieme ordinato di risorse umane, finanziarie, tecnologiche, ecc., organizzato in via esclusiva per raggiungere l’obiettivo di “salute”. Senza cadere, ovviamente, nel tecnicismo e nell’efficientismo fine a se stesso, ovvero per raggiungere i premi di risultato dei dirigenti, ricordando soprattutto che un’organizzazione sanitaria pubblica è fatta principalmente da persone  e non solo di procedure  ed è rivolta al benessere delle persone, indipendentemente, se necessario, dalle gerarchie da premiare e dai costi.

Dunque, la ASL n. 7 deve cambiare rotta e diventare la risposta alle attese insoddisfatte di un numero sempre crescente di cittadini-pazienti. Questo è possibile solo e soprattutto attraverso il responsabile e qualificato esercizio dei suoi compiti particolarmente impegnativi che derivano dal fatto, voluto dalla legge, di non avere come ultimo fine il profitto; neanche quello dei premi ai dirigenti che fanno risparmiare ad ogni costo, soprattutto a carico dei cittadini-pazienti.

Insomma, occorre che si capisca che l’unico modello culturale a cui ci si deve ispirare non è quello di un’azienda che ha come fine il profitto da perseguire mediante la produzione di beni che il cliente, più o meno convinto, compra, ma il fine molto più complesso ed alto che è la salute dei cittadini. Vanno  benissimo l’efficienza e l’efficacia raggiunte attraverso la razionalizzazione delle spese, salvo il fatto che la posta in gioco non è una generica e semplice produzione di servizi ma una sfida molto più alta, delicata ed importante: la salute! I dirigenti di un’azienda sanitaria pubblica più che manager, devono sentirsi, non esclusivamente per i soldi che portano a casa, fieri di appartenere ad un’organizzazione con finalità così importanti e nobili e, nel contempo, proprio per questo, devono strutturare la ASL come  un’organizzazione non solo al passo coi tempi, efficiente, razionalizzata nella produzione e nella spesa, ma soprattutto in grado di produrre risultati efficaci ed utili per i propri cittadini di riferimento. Questo deve essere, nella sanità pubblica, il concetto di “economicamente vantaggioso”. Ogni altra ipotesi deve essere respinta!

Non si può tuttavia non rilevare che i deprecabili fatti accaduti nella ASL n. 7, se da un lato appartengono alla responsabilità soggettiva di quella dirigenza, dall’altro, sul terreno squisitamente politico, i Comuni del territorio, compreso il nostro, che avrebbero dovuto costantemente vigilare e pretendere il puntuale e coerente assolvimento dei compiti affidati alla suddetta dirigenza, sono quanto meno oggettivamente e politicamente responsabili per non aver attivato gli strumenti politici e giuridici di controllo sui fatti sopra esposti e che, di volta in volta, imponevano una adeguata presa di posizione atta ad impedire, anche attraverso la chiamata in causa della Regione, lo smantellamento di settori significativi dei servizi sanitari.

Né possono bastare, al fine di far cessare la fallimentare gestione della ASL, le sole conclusioni cui è pervenuta la conferenza dei Sindaci del territorio svoltasi il 17 c.m. che, come riferiscono gli organi si informazione, si è limitata semplicemente a contestare l’unilateralità degli atti della dirigenza  di tale azienda e a domandare incontri regionali al fine di ottenere il semplice ripristino della concertazione.

Ciò non basta; occorre far cessare il disastro in atto e ricondurre la ASL alla sua funzione originaria attraverso una nuova dirigenza che  risponda alla legge, alla Regione e, soprattutto, ai Comuni del territorio in ordine al puntuale raggiungimento degli scopi istituzionali aziendali.»

La mozione si conclude sottolineando che «l’attuale dirigenza della ASL, per la volontà finora messa in campo, ha dimostrato di  non essere pienamente in grado di condurne la gestione coerentemente sia con gli obiettivi sia nel rispetto della legge, non ultimo l’obbligo della costante consultazione» e propone al Consiglio comunale di esprimere «la totale non condivisione dei metodi gestionali attuati dall’attuale dirigenza della ASL n. 7 e chiede urgenti interventi da parte del Presidente della Regione e dell’Assessore regionale competente affinché, unitamente al puntuale rispetto delle norme in materia di consultazione dei Comuni dell’area, si proceda alla revoca dell’attuale vertice aziendale e alla nomina di una nuova dirigenza rispettosa dei compiti ad essa affidati e disponibile al dialogo con il territorio quale unico mezzo per interpretarne pienamente le aspettative e la domanda di sanità che lo stesso territorio esprime.»

 

 

 

 

Verrà inaugurato lunedì 16 dicembre, alle 19.00, a Portoscuso, nei locali della Tonnara “Su Pranu”, il presepe monumentale, curato dall’associazione culturale Sardinian Events e dalla Parrocchia Vergine d’Itria.

Lo scenario della sacra rappresentazione del Mistero della Natività viene raffigurata dai pescatori della tonnara vestiti con gli abiti da lavoro che  animano gli spazi dinanzi le baracche de “Su Pranu”.

Lo spaccato di vita quotidiana dei tonnarotti si presenta su una accentuata scenografia delle baracche della tonnara; uomini e donne intenti nelle consuetudini si apprestano a preparare un piccolo spazio per celebrare con il cappellano della tonnara il Santo Natale rievocando l’emozionante gesto di San Francesco d’Assisi.

L’interpretazione sonora in lingua sarda manifesta il sentimento più profondo e l’attaccamento alle tradizioni cristiane; il racconto descrive la celebrazione del Natale del 1223  quando l’umile frate di Assisi, desiderò rievocare il racconto dell’evangelista Luca.

Le azioni dei personaggi, la voce fuori campo, le musiche, gli effetti sonori della natura e gli effetti di luce fanno di questo presepe  un unico ed originale evento. Gli abiti ci fanno tornare al periodo storico fine ’800;  l’abbigliamento è stato confezionato seguendo uno studio di ricerca come pure la distinzione dei tessuti che rispecchiano la classe sociale del tempo.

L’iniziativa nasce dal bisogno di dare impulso all’antica tradizione del presepio e lo stesso tempo la valorizzazione e la rivalutazione del territorio con i suoi monumenti e la sua storia; è un presepe che si fonde nelle radici e negli avvenimenti di Portoscuso; conoscere il proprio paese e le sue origini, gli uomini del tempo e il lavoro dei nostri avi è stato motivo per creare e per proporre ai visitatori qualcosa di nuovo e singolare.

Il presepe è segno di fede ma anche passione, ed è per questa ragione che gli autori si sono attorniati di amici che hanno fatto corona a questo appuntamento; un lavoro di gruppo che dimostra, dalla ideazione alla messa in opera, zelo e passione!

Il programma prevede la preghiera semplice di San Francesco, a cura di Suor Barbara Ferrari e la benedizione del presepe, impartita dal parroco don Antonio Carta.

I bambini e ragazzi che hanno allestito il presepe in famiglia sono invitati a portare il bambinello per la benedizione.

Verranno poi presentati il Cantico delle Creature, a cura di Dario Loddo e l’invocazione a Gesù Bambino, a cura di Simone Biggio – Cantico de Fratello Sole, Sorella Luna

Nadia Fois-soprano, Martina Marongiu-flauto, Marta Putzolu-pianoforte.

Il presepe sarà visitabile nei giorni feriali dalle 15.30 alle 19.00 e nei festivi e prefestivi dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 20.00, fino al 26 gennaio 2014.

Sono possibili visite organizzate per Istituti scolastici su prenotazione – info: 338 9657942.

Presepe Portoscuso

Antonello Mereu.

Antonello Mereu.

 

Consiglio comunale Carbonia.

I consiglieri di opposizione nel Consiglio comunale di Carbonia.

Il gruppo Udc del Consiglio comunale di Carbonia, ha presentato una mozione sulla situazione occupazionale del territorio, primo firmatario Antonello Mereu.

«La situazione occupazionale del nostro territorio continua a peggiorare – scrivono Antonello Mereu, Antonio Carta, Francesco Fele, Vincenzo Panio e Michele Stivaletta -. Le ultime notizie su Alcoa confermano tale situazione. La nostra città è al centro del territorio e deve, per questo, ma non solo per questo, svolgere un ruolo appropriato e responsabile. Dobbiamo, visti i risultati  sin qui raggiunti, trovare  la forza per sviluppare un impegno straordinario, nelle forme e nei contenuti,  per favorire uno sbocco ottimale, difficile ma possibile, all’attuale situazione economico-sociale che non può fare a meno del nostro tessuto industriale. Occorre perciò unità d’intenti di tutte le forze presenti in Consiglio comunale su obiettivi e strategie da attuare nell’interesse generale del nostro territorio che, diversamente, è destinato a scomparire. Nel ricordare a tutti che prima di abbandonare il vecchio occorre progettare e realizzare il nuovo, si propone al Consiglio l’istituzione, al proprio interno, di una commissione permanente, presieduta dal Sindaco, per intraprendere tutte quelle azioni atte a trovare e facilitare soluzioni ai problemi del nostro territorio in particolare quelli di tipo industriale per riattivare un’economia di sviluppo che trovi un reale sbocco all’occupazione.»