24 November, 2024
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È sempre grande l’interesse sulla figura ed opera del marxista critico e comunista umanista Antonio Gramsci (Ales, 22 gennaio 1891-Roma, 27 aprile 1937); sono costanti e molteplici, infatti, le iniziative di Facoltà Universitarie e Associazioni che promuovono Convegni e presentazioni critiche sul grande pensatore sardo.

Gli scritti gramsciani, indipendentemente dalle idealità politiche personali, risultano il pensiero più letto, studiato e tradotto nel mondo, tra gli autori del Novecento. Autorevoli ed importanti traduzioni del suo pensiero sono ampiamente diffuse in Giappone, Cina, America Latina, Stati Uniti, Canada, India, Gran Bretagna, Germania, Francia, in diversi paesi dell’Est europeo e nei paesi arabi. Questo “successo” si spiega certamente con l’attualità e contemporaneità di un pensiero che riesce a spiegare il presente e varcare il limite temporale ed ideologicamente politico del Novecento, proponendosi sempre fondamentale, propositivo di idee e con tratti di modernità sociale, politica, umana e didattica. Come sostiene il ricercatore e studioso Gianni Fresu, il pensiero dialettico ed antidogmatico ha permesso a Gramsci di essere riferimento di contemporaneità e “sfuggire alle rigide classificazioni, di andare oltre la crisi e il crollo politico-ideologico”, dimostrandosi fondamentale in diversi ambiti disciplinari (pedagogia, critica letteraria, scienza politica, etc.) e rivelando le molteplici forme e natura del potere. Nel suo impegno di scrittura e di pensiero non trascurò le traduzioni e gli scritti per l’infanzia; con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo e formazione dei bambini, tra il 1929 e il 1931, operò la traduzione di ventiquattro fiabe dei fratelli Grimm. Anche nelle Lettere prestò particolare attenzione a favole e racconti di grande valenza pedagogica e culturale. Nella particolare classifica dell’UNESCO figura tra i maggiori 250 autori di ogni tempo e di ogni lingua. All’opera di Antonio Gramsci bisogna ancor più ora, in tempi di crisi di valori, rivolgersi con massima attenzione e “con reverenza”, come scrisse e sostenne lo stesso Benedetto Croce. La vitalità morale e intellettuale  del piccolo grande sardo, al cui cervello il regime fascista voleva “impedire di funzionare per almeno vent’anni”, ha generato capolavori di letteratura e pensiero che resistono, come alto esempio morale, alle macerie e disfatte ideologiche ed autoritarie del Novecento.

E proprio “con reverenza”, la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (F.A.S.I.), ha pubblicato gli Atti del Convegno, tenutosi a Parigi il 12 maggio 2018 su “La ricezione delle opere e del pensiero di Gramsci in Francia – La réception des oeuvres et de pensée de Gramsci en France”; la tappa d’Oltralpe, sostenuta dal patrocinio e contributo della Regione Autonoma della Sardegna, la collaborazione della Fondazione Gramsci di Roma e dal progetto “Sardinia Everywhere”, faceva seguito ai precedenti Convegni internazionali tenutesi a Roma il 5 dicembre 2017 e a Cornaredo (MI) il 7 dicembre 2017. La pubblicazione, stampata dalla rinomata Nuova Tipografia Popolare del pavese Ezio Gandolfi e magistralmente impaginata da Marika Re, è la documentata cronaca della giornata franco-sarda curata dall’infaticabile e puntuale Vicepresidente della F.A.S.I. Paolo Pulina ed incentrata sulle prestigiose e qualificate relazioni che hanno ricostruito le varie fasi attraverso le quali si sono diffusi in Francia gli scritti in traduzione di Gramsci e la scoperta “entusiastica” del pensatore sardo dal mondo intellettuale degli anni Settanta.

Il volume, centoventi pagine e con una ricca documentazione fotografica, si apre con la “Premessa” di Paolo Pulina e i saluti al Convegno di Serafina Mascia, Presidente della F.A.S.I., di Virginia Mura e Giuseppe Dessena, rispettivamente assessore del Lavoro ed assessore della Pubblica Istruzione della Regione Autonoma della Sardegna, e di Maria Luisa Righi della Fondazione Gramsci, Roma. Le relazioni parigine, ben si collegano alle tante iniziative svolte durante l’Anno gramsciano deliberato nel 2017 dalla Regione Sardegna e coincidenti con l’Ottantesimo della morte. Introduce i lavori l’ampia relazione di Paolo Pulina, la cui tesi in Lettere Moderne (Università Statale di Milano, anno accademico 1977-1978, relatore il professor Franco Fergnani, docente di Filosofia morale) era proprio incentrata su La ricezione di Gramsci in Francia e contribuì, grazie alla pubblicazione di ampi estratti dello studio specifico sugli anni 1949-1975, al rafforzamento e diffusione delle opere e del pensiero di Gramsci; Pulina dedica la seconda parte del suo intervento agli aggiornamenti relativi al periodo 1976-2017. Segue il contributo di Jean-Yves Frétigné, titolato “I quattro Gramsci. Primo abbozzo di una ricerca sulla ricezione di Gramsci e della sua opera in Francia dal 1990 ai giorni nostri”, che anticipa la primissima tappa di una ricerca relativa alla diffusione di Gramsci in Francia nel corso degli ultimi venticinque anni; Frétigné è autore della particolarissima biografia francese Antonio Gramsci: vivre c’est résister, pubblicata per le edizioni Armand Colin nel 2017. Anthony Crézégut propone invece una sintesi della sua tesi di laurea (Le prigioni immaginarie di Gramsci. Genealogia di una prima edizione francese 1947-1959) e la base di lavoro per un articolo di imminente pubblicazione in una rivista storica francese. Il saggio-relazione di Marco Di Maggio analizza la ricezione di Gramsci nel partito comunista francese dal 1953 al 1983. Giuseppe Còspito interviene con la rivisitazione del suo saggio sul volume di Christine Buci-Glucksmann interprete di Gramsci, pubblicato in Francia nel 1975 dall’editore Fayard e successivamente in Italia dagli Editori Riuniti. Interessante il contributo di Anna Chiara Mezzasalma che confronta la ricezione di Gramsci, con i suoi differenti interessi, passaggi e incontri, in Francia e nelle due Germanie, fino alla caduta del muro di Berlino. Sébastien Madau, figlio di emigrati sardi originari di Ozieri e nato in provincia di Marsiglia nel 1980, relaziona sulla sua personale scoperta di Gramsci come ambasciatore della Sardegna; la documentazione del Convegno  si conclude con la relazione The most original communist thinker produced in the Twentieth-Century West (Eric Hobsbawm), intervento dotto del docente di storia contemporanea Carlo Felice Casula.  A cornice della giornata parigina internazionale l’attore Bruno Putzulu ha letto una lettera di Gramsci e la “Lettre à Gramsci” di Marc Porcu; Pasqualina Deriu ha declamato una sua poesia dedicata alla memoria del poeta Marc Porcu; Giulio Biddau e Vittoria Lai hanno omaggiato Lao Silesu; Andrea Vallebona  ha coordinato un incontro con i giovani sardi a Parigi, nel cui dibattito sono intervenuti per la F.A.S.I. la presidente Serafina Mascia ed il presidente onorario Tonino Mulas.

Cristoforo Puddu                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

 

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Intervista di Sébastien Madau a Jean-Yves Frétigné, autore della prima biografia di Antonio Gramsci scritta in francese: “Gramsci è un pensatore allo stesso tempo classico e attuale.

Traduzione e cura  di Paolo Pulina

1) Al prof. Jean Yves Frétigné (Università di Rouen), specialista francese della storia italiana dell’Otto-Novecento, autore di una biografia di Gramsci di recentissima pubblicazione (la prima in francese o almeno la prima scritta da un Francese), si devono due importanti saggi sulla diffusione delle opere e del pensiero di Gramsci in Francia: “La réception et l’influence de Gramsci chez les intellectuels français de 1945 à nos jours” in “La Rassegna storica del Risorgimento”, aprile-giugno 2003, pp. 293-324; “L’âge d’or de l’influence de Gramsci en France (1968-1977)”, in “Maria-Antonietta Macciocchi, figure intellectuelle et penseur politique des années Vincennes”, 2010.

2) Sébastien Madau, nato a La Ciotat (comune a poco più di 30 chilometri da Marsiglia) da padre sardo originario di Ozieri, oggi caporedattore del quotidiano regionale “La Marsellaise”, ha dedicato la sua tesi di laurea a Gramsci (la ha presentata nel dicembre 2002 a Cinisello Balsamo per iniziativa del locale circolo “A.M.I.S. – Emilio Lussu”) e ha continuato l’approfondimento con successivi saggi: “Vita e ricezione di Antonio Gramsci” (redatta in italiano nel 2002 con la collaborazione del prof. José Guidi, Università di Provenza); “Antonio Gramsci. De la Question méridionale à la Voie italienne au Socialisme (1926-1964)” (redatta in francese nel 2003 con la collaborazione della prof.ssa Théa Picquet, Università di Provenza).

Sia Frétigné che Madau sono stati coinvolti dalla F.A.S.I. (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), insieme a relatori indicati dalla Fondazione Istituto Gramsci, per due convegni sul tema “A ottanta anni dalla morte di  Antonio Gramsci (1891-1937). La diffusione in Francia delle sue opere e del suo pensiero”, che avranno luogo, rispettivamente,  a Roma, nella mattinata di martedì 5 dicembre 2017, presso l’auditorium (155 posti) gentilmente concesso dall’Istituto Francese di Cultura (Institut Français – Centre Saint-Louis, Largo Toniolo, 20/22, 00186 Roma, www.ifcsl.com) e a Cornaredo (vicino a Milano), nel pomeriggio di giovedì 7 dicembre 2017, presso il Teatro comunale “La Filanda”, gentilmente concesso al Circolo culturale sardo “Amedeo Nazzari” di Bareggio-Cornaredo.

Sul suo giornale “La Marseillaise” Madau ha appena pubblicato un colloquio  su Gramsci con Jean Yves Frétigné, in occasione della citata recentissima uscita del volume di Frétigné “Antonio Gramsci: vivre c’est résister”, edizioni Armand Colin, 317 pagine, euro 24,90. Qui di seguito la traduzione in italiano.

L’INTERVISTA
Lo storico  Jean-Yves Frétigné ha pubblicato una biografia di Antonio Gramsci (1891-1937) nella quale traccia il percorso fuori del comune del filosofo marxista italiano.

Quali approcci nei confronti di Antonio Gramsci?

In tre maniere possibili: la sua vita, l’eredità presso i posteri e l’analisi filosofica. Io ho scelto la sua vita. Studio da lungo tempo la storia dell’Italia e desideravo restituirlo alla sua epoca. Non c’era nessuna sua biografia in francese. Come se non si volesse ripercorrere la sua esistenza.

Antonio Gramsci è stato incarcerato per 11 anni dal fascismo. Alcuni hanno parlato di una doppia prigione attorno a lui. Quella reale del regime fascista e quella presunta eretta dall’Unione Sovietica…

Il rapporto di Gramsci con l’URSS era complicato perché affettivo, dato che sua moglie era sovietica. In breve, egli constata che lei non gli scrive più. Vede in questo fatto una metafora dell’evoluzione del comunismo reale. Dopo gli anni Venti, ha la consapevolezza di una rigidità crescente del sistema sovietico. Gramsci è d’accordo con Stalin sul “socialismo in un Paese solo”, non teorizza la rivoluzione mondiale. Ma critica la burocrazia e la sorte riservata agli oppositori. Quando scrive a Palmiro Togliatti, che rappresenta il Partito Comunista a Mosca, questo gli risponde che si sbaglia e che in questo modo  fa il gioco dell’opposizione.

Queste riserve fanno di lui un comunista dissidente?

No. Gramsci è e resta comunista. Non diviene liberal-democratico come alcuni hanno potuto dire. L’Internazionale comunista gli aveva chiesto di prendere la direzione del PCI. E questo egli fa nel difendere la linea della grande unione antifascista. Dopo il suo arresto, egli sarà quasi eliminato politicamente. Egli non ha alcuno scambio con Togliatti al quale era comunque molto vicino.

Giustamente non si può evocare Gramsci senza evocare Palmiro Togliatti, che, dopo la sua morte, ha fatto vivere la sua eredità politica. Come definire la loro relazione?

Molto è stato detto a questo proposito. Una cosa è sicura: Togliatti ha salvato i “Quaderni del carcere” di Gramsci dopo la sua morte facendoli arrivare in URSS per evitare che cadessero in mano ai fascisti. È Togliatti che si occuperà della pubblicazione dei suoi Quaderni. Gli si farà un cattivo processo a questo proposito. Certo, delle parti sono state tagliate. Ma era il modo per pubblicarli in maniera tematica e non cronologica. Per farli conoscere meglio. Togliatti ha tradito Gramsci per salvarlo meglio e  lo ha salvato per tradirlo meglio.

Lo tradisce per quali motivi?

Quando legge i “Quaderni” Togliatti non li fa tradurre nelle lingue dell’Internazionale Comunista. Egli scrive soltanto delle note in modo che gli scritti non siano troppo divulgati, in rapporto a certi contenuti. Li protegge così.

Dalla Sardegna all’URSS passando per l’ Italia, quale avvenimento decisivo ha segnato la sua vita?

La Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Diventa allora comunista. La sua grande idea sarà quella di tradurre in Italia ciò che si era verificato in Russia, partendo però dalle specificità  italiane e non riproducendo un modello.

Perché ha insistito sul contesto italiano?

Perché la situazione del Paese era differente rispetto a quella della Russia. In Italia il fascismo aveva messo salde radici. Non era soltanto una spinta della borghesia. Gramsci considerava che il  fascismo  era una risposta alla crisi del capitalismo e che bisognava dunque, per batterlo, radunare tutti i movimenti dell’antifascismo. Un orientamento differente, questo, rispetto a quello dell’Internazionale Comunista che non voleva sentire parlare di alleanza con coloro che essa considerava dei social-traditori.

Gramsci muore nel 1937. Nel 1944 il PCI esce ingrandito dalla guerra. Cosa divengono allora i suoi scritti e la sua immagine?

Togliatti fa di Gramsci il martire  del fascismo. Il simbolo della classe operaia,  a scapito del suo pensiero. Le sue “Lettere dal carcere”, più personali, saranno pubblicate d’altronde prima dei suoi Quaderni.

Il filosofo non sarà stato dunque che un’immagine?

No. In effetti, se gli si è data all’inizio l’immagine del martire, il PCI ha tirato fuori i suoi scritti nel momento della destalinizzazione, negli anni Cinquanta, spiegando che proponeva una via diversa dallo stalinismo, che da esso  prendeva le distanze.

Dove Gramsci ha attinto i fondamenti del suo pensiero?

Nella sua vita! Gramsci è un intellettuale in un corpo sofferente, una forza dello spirito. Evidentemente  la sua infanzia in Sardegna lo ha segnato per sempre. È lì che emerge la sua teoria sulla Questione meridionale. Egli propone l’alleanza dei contadini  del Sud  dell’Italia con gli operai del Nord.  Quando andò a studiare a Torino, egli fece la conoscenza della classe operaia. Fu uno degli artefici dei Consigli di Fabbrica, una sorta di Soviet all’italiana. È un’esperienza più avanzata. E la partenza per l’URSS gli permetterà di continuare questa formazione intellettuale.

Oggi la sua opera gode di un ritorno di interesse. Per quali ragioni?

Gramsci è molto meno strumentalizzato che in passato. È un pensatore utile a comprendere la nostra epoca su concetti come la guerra di posizione, l’ egemonia, la capacità di rinascita del capitalismo, ecc. Egli è un pensatore allo stesso tempo classico e attuale.    

Sébastien Madau (“La Marseillaise”, 28/29 ottobre 2017)