21 November, 2024
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Si è concluso pochi minuti fa il rito religioso officiato dall’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, nella chiesa di Pula, in onore di Sant’Efisio.
Durante il trasferimento del Santo da Cagliari a Pula, nel tempo del Coronavirus, un numero assai limitato di devoti ha potuto accompagnare il viaggio, una presenza che ha ancora di più il senso della devozione del popolo sardo che si è stretto anche oggi in preghiera intorno al Santo Protettore della Sardegna.
Nella sua omelia, mons. Giuseppe Baturi non ha mancato di implorare il Santo, affinché possa intervenire per scacciare il Coronavirus e per proteggere tutti, troppe morti e lutti hanno devastato la Sardegna e l’Italia intera.
«Siamo certiha proseguito mons. Giuseppe Baturi – che Sant’Efisio sia al nostro fianco e che interverrà per liberare la Sardegna intera da questo virus, perché tutti abbiamo bisogno di riprendere la nostra vita e, soprattutto, abbiamo bisogno che l’aspetto socio-economico riprenda il suo corso naturale e che la politica e le istituzioni riescano a venire incontro alle esigenze di una societàha concluso l’arcivescovo di Cagliariche chiede a gran voce un aiuto, necessario e immediato, che non può essere procrastinato nel tempo.»
Armando Cusa

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Questo Primo Maggio 2020 non è giorno da festeggiare, è la giornata per fare il punto della situazione e capire cosa ancora non è stato fatto e perché.
La risposta è semplice: oggi che siamo ancora alle prese con il Coronavirus e all’orizzonte non si vede la sua definitiva sconfitta, dobbiamo ahimè riflettere su quello che la Pandemia ha prodotto.
Oggi, una data importante, siamo qui a confrontarci con una realtà terrificante.
Il Lavoro che non c’è, un Paese demolito, un Governo che ancora non ha messo in cantiere iniziative concrete volte a dare una svolta sociale, anche perché il tempo è scaduto.
È vero che dal 4 maggio oltre quattro milioni di persone torneranno al lavoro con le dovute precauzioni, indossando mascherine, guanti. thermo scanner, distanziamenti. È solo una parte del mondo lavoro che riprende e ci dà nuovamente un’apparente forma di normalità.
Il quadro nazionale è veramente disarmante ed una nuova ripresa è ancora lontana ma non dobbiamo dimenticare, in questo frangente, il lavoro encomiabile di medici ed infermieri che stanno operando nella lotta al Coronavirus.
Il Primo Maggio deve essere dedicato interamente a loro, un giusto e dovuto riconoscimento.
Operatori della Sanità a tutto tondo e non dobbiamo mai dimenticare che il loro sacrificio è valso ad arginare, per quanto possibile, la pandemia.
Indubbiamente, tanto ci sarebbe da dire e, soprattutto, sottolineare quanto c’è da fare nell’immediato.
Credo sia necessario non dimenticare che cosa è diventato il panorama socio-economico, praticamente un dramma nel dramma.
Un Primo Maggio che non può e non dev’essere dimenticato, il ricordo delle bare, innumerevoli, allineate, è vivo in noi il lungo e mesto corteo delle bare trasportate dai camion militari e lo strazio dei familiari che non hanno potuto dare l’ultimo saluto ai loro cari.
Anche noi Sardi siamo testimoni della pandemia, anche noi abbiamo avuto i nostri morti, anche se fortunatamente in numero nettamente inferiore rispetto a Regioni come la Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna.
Il Primo Maggio sardo sarà ancora una volta una giornata che non verrà dimenticata per la situazione disastrosa determinata dal Coronavirus e dal lavoro che mettono in risalto impietosamente cosa siamo e cosa è successo.
Certamente, questo giorno rimarrà indelebile nei nostri cuori e nelle nostre menti, uno tsunami che nel suo attraversare ha mietuto vittime, tantissime, e che ha messo in luce i nostri limiti ma, soprattutto, le nostre fragilità, ponendoci di fronte ad una realtà che mai avremmo immaginato di conoscere.
Auguriamoci che questa Pandemia termini quanto prima possibile ma molto dipenderà dal nostro comportamento e quindi dal rispetto delle disposizioni che ci sono state impartite da Governo e Regione.
Coraggio, ce la faremo, noi Italiani abbiamo riscoperto di avere un ruolo importante nella società e l’unità che abbiamo dimostrato conferma la nostra grandezza.
A voi Lavoratori anonimi della Sanità, del Volontariato, a voi Forze dell’Ordine, a voi Volontari, a voi vada il nostro ringraziamento.
Grazie e Buon Primo Maggio!
Armando Cusa

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È indubbio che la situazione socio-economica italiana, con la diffusione al Coronavirus, abbia assunto un aspetto completamente diverso rispetto alla precedente. Abbiamo chiesto all’ing. Giuseppe Toia, vicepresidente Assomet, di esprimere il suo pensiero in merito.
«La situazione nazionale e non solo ha esordito l’ing. Giuseppe Toiaa causa del Coronavirus, ha dovuto confrontarsi con una realtà nuova, dove antecedente alla Pandemia, aveva imboccato la strada della ripresa. Indubbiamente la situazione si è completamente capovolta e adesso i presupposti per una nuova ripresa si allungano notevolmente. In generale l’aspetto socioeconomico deve essere affrontato con nuove iniziative governative che devono trovare una nuova strada orientata e finalizzata ad una ripresa che non può più attendere.»
«La Sardegna non è certamente esente – ha aggiunto Giuseppe Toiaanche se rispetto al resto dell’Italia si trova in una situazione più favorevole con la diffusione del Coronavirus, tuttavia anche da noi le problematiche sono diverse e quindi gli interventi da mettere in campo da parte della Regione Sarda sono innumerevoli. Sotto questo aspetto la situazione socio-economica ha dovuto fare i conti con il Coronavirus, con le ripercussioni negative che hanno messo in luce, come anche nel resto d’Italia, tutti i limiti che in questa situazione impongono di rivedere una nuova società completamente diversa e più razionale.»
«Una riflessione è necessariaha rimarcato Giuseppe Toiala nostra preoccupazione come Assomet è rivolta, soprattutto, a tutte quelle aziende produttive che si sono trovate a confrontarsi con una recessione devastante, nella quale il loro sistema produttivo ha subito un blocco e gli scambi commerciali, i contratti stipulati, sono stati freezzati e l’aspetto occupazionale ne ha risentito tantissimo. Si parla concretamente di una perdita finanziaria di oltre 30 miliardi di euro se la situazione dovesse perdurare ancora.»
«Pertantoha concluso l’ing. Giuseppe Toianoi come Assomet seguiamo con una certa preoccupazione l’evoluzione della situazione, nella speranza che tutte le iniziative che il Governo ha cantierizzato siano indirizzate verso una concreta ripresa produttiva.»
Armando Cusa

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In una stagione così drammatica che trova gli italiani impegnati a contrastare e prevenire il Coronavirus che ha già fatto tante vittime, anche la Sardegna non è rimasta esente e i decessi, purtroppo, sono una dura realtà che ha scosso profondamente la comunità sarda.
Questa nuova situazione, indubbiamente, ha modificato il nostro modo di vivere e, soprattutto, sono pesantissime le conseguenze che il virus ha prodotto.
L’assetto socio-economico ha ricevuto un grosso scossone non solo a livello nazionale ma anche planetario.
La politica sarda è arrivata in soccorso delle famiglie e delle imprese, attivandosi e mettendo in atto iniziative indirizzate a sostegno della popolazione e a supporto del tessuto economico.
Il mondo industriale ha subito uno stop drammatico ed abbiamo chiesto all’assessore dell’Industria, Anita Pili, quali iniziative sono state messe in cantiere per superare l’emergenza.
«L’assessorato dell’Industria – spiega Anita Pili sta lavorando, attraverso il tavolo di agenda industria, per individuare gli assi strategici del sistema industriale ed improntare il piano regionale per la loro valorizzazione, saranno centrali il lavoro ed il valore sociale dell’impresa. Riteniamo che solo attraverso il loro potenziamento sarà possibile dare nuovo respiro al nostro sistema produttivo.»
«Insieme ai player industriali regionali, stiamo invece lavorando sull’individuazione e condivisione delle best practice in ambiente di lavoro industriale al tempo del Coronavirusaggiunge Anita Pili -. Sarà necessario, infatti, non soltanto individuare modalità di lavoro “sicuro” per tutte quelle attività che dovranno riprendere il loro lavoro, ma anche e, soprattutto, per prevenire eventuali nuovi stop produttivi legati ad improvvisi focolai.»
«Stiamo collaborando con i sindacati, le associazioni ed i player industrialiconclude l’assessore regionale dell’Industria – non solo per governare l’emergenza ma, soprattutto, per anticipare la gestione della ripartenza, perché dobbiamo farci trovare pronti ed essere capaci di trasformare tutto ciò che sembrava una minaccia, in nuove opportunità per la nostra Sardegna.»
Armando Cusa

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La situazione che si è venuta a creare a causa della diffusione del Coronavirus ha cambiato il nostro modo di vivere e di riflettere con più profondità sul senso della vita. Tutti noi siamo stati testimoni di quante vittime il Coronavirus ha mietuto, ma certamente non va dimenticato il sacrificio di medici, infermieri volontari e protezione civile ed anche le forze dell’ordine. Anche tra loro ci sono state vittime. Va fatta una profonda riflessione, rivolgendo lo sguardo al resto del mondo, impegnato nella lotta contro questo temibile virus.

In questo frangente non va dimenticata la presenza e la voce potente di Papa Francesco. Mai come oggi la Sua Santa presenza è stata così forte e noi tutti, smarriti, tremanti, abbiamo ascoltato le sue parole nel chiedere a Nostro Signore la fine di questa Pandemia. La Preghiera si è levata altissima e tutti noi siamo grati a Sua Santità.

In una fase storica così difficile, abbiamo chiesto all’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi qual è il suo pensiero e cosa la Chiesa sta facendo per far sentire la sua presenza e vicinanza a tutta la comunità cristiana.

«La Pandemia in atto ha trasformato le nostre vite, modificando non solo le abitudini quotidiane ma soprattutto la percezione del vivere personale e socialedice l’arcivescovo di Cagliari -. Siamo stati messi davanti agli enigmi che interrogano nel profondo l’animo dell’uomo e che riguardano la fragilità dell’uomo, la malattia, la sofferenza e la morte, ma anche la convivenza, la responsabilità per gli altri e il dovere della solidarietà vicendevole.

Nel nuovo inizio che ci attende non possiamo lasciar cadere alcuna di queste domande. Il Papa ha chiesto fin dall’inizio di dare “un senso evangelico anche a questo momento di prova e di dolore”. Avere uno sguardo di fede significa percepire dentro questa circostanza la presenza consolante del Risorto ed il compito di ciascuno.

È, anzitutto, il compito di suscitare ed accompagnare la domanda sul senso ultimo del vivere e sulle ragioni della convivenza tra gli uomini.

È poi l’appello a sfidare ogni forma di indifferenza individualistica e a lasciarsi muovere a compassione per la sofferenza ed il disagio degli altri.»

«Guardiamo con ammirazione a gratitudine agli esempi di generosa dedizione degli operatori della sanità e dei custodi del bene pubblico, dei sacerdoti, dei volontari della carità che si preoccupano dei più poveri, dei senza tetto, dei disoccupati e delle persone soleaggiunge mons. Giuseppe Baturi -. Ciascuno è custode del bene dell’altro e insieme siamo chiamati a “portate i pesi gli uni degli altri” (Gal 6, 2). Questa emergenza, inoltre, è stata una grande lezione di convivenza: abbiamo imparato che le scelte individuali e il destino degli altri e della società sono fortemente correlati.»

«È possibile un nuovo inizio solo nella semplicità con cui accetteremo di spartire con gli altri un destino comune e di far posto nei nostri cuori alle necessità degli altri. Ho rivolto più volte un “Atto di affidamento” a Sant’Efisio a favore della comunità e dell’intero nostro Paese, così come mi sono rivolto a Nostra Signora di Bonaria. I tanti morti di questi mesi siano accolti nelle braccia misericordiose del Padre conclude l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi -. Abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio e dell’intercessione di sua Madre e dei suoi Santi, perché il flagello dell’epidemia si plachi, perché siano guariti gli infermi, preservati i sani, illuminati chi opera per la salute di tutti, e perché il nostro amore ci spinga a cooperare al bene dei fratelli e alla dilazione del regno di Dio.»

Armando Cusa

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Come dimenticare il 25 aprile del 1945? Sembra una data lontanissima ma è fortemente vicina a noi.
L’Italia era ancora occupata dai tedeschi ma l’indomito coraggio dei partigiani è rimasto nella storia e ha segnato per sempre un’era che ha visto tante perdite tra i partigiani e anche tra i civili.
Tante storie inerenti la vita di quel periodo ci sono state lasciate in eredità a ricordo perenne, segnato da lutti, esecuzioni, campi di sterminio.
Non possiamo certamente dimenticare le ritorsioni tedesche con esecuzioni sommarie.
Tra i misfatti più cruenti da non dimenticare gli eccidi delle Fosse Ardeatine e Marzabotto.
Ecco, indubbiamente, sono episodi che hanno scosso quel periodo, ma proprio per non dimenticare quei fatti ma soprattutto in generale, l’occupazione tedesca che ormai era giunta alla sua fine, il 25 aprile è la data che celebra la Liberazione che finalmente prendeva corpo con l’insurrezione generale di tutti, contadini, operai, intellettuali e, soprattutto, tante donne.
È in questo frangente che per ricordare quell’incredibile evento che ha liberato l’Italia dall’occupazione nazista, tanti sono i volti, le storie e, soprattutto, il ruolo delle donne, che grazie al loro sacrificio, spesso anche con la vita, hanno dato un valore ed un significato indelebile per tutti.
A questo proposito, vorrei citare il racconto di Renata Viganò, che con il suo libro “L’Agnese va a morire” ci propone uno spaccato di vita vissuta del personaggio Agnese.
È la stessa autrice, che prendendo spunto dalla sua esperienza tra i partigiani delle Valli di Comacchio, ben risalta il risentimento collettivo di fronte all’offesa dell’invasione, che si tramuta in un sommovimento di giustizia e libertà.
Il romanzo ben si inquadra in quel periodo ed il personaggio Agnese ci fornisce il quadro preciso di situazioni, che mano a mano, cambiano repentinamente.
Agnese non si è mai allontanata dall’orto, dalla fontana di casa sua, ma quando questo accade, l’episodio dell’uccisione del marito è in quel preciso istante che avviene la trasformazione che si concretizza nella ribellione, nel seguire i partigiani nelle paludi e nel compiere imprese oltre l’immaginario, a cavallo della sua bicicletta.
È la vita che scorre e che ci presenta, trasportandola ai nostri giorni, l’esempio dell’Italia migliore che ritrova il coraggio, la forza, il sacrificio, consegnando a noi questa bella Italia. Noi tutti, a perenne ricordo, non dimentichiamolo e non dimentichiamo tutti questi Eroi, a loro vada il nostro eterno Ringraziamento.
Armando Cusa

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Il Coronavirus ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, è stata eccezionale la mobilitazione generale del personale medico schierato in modo massiccio con il supporto di infermieri, volontari e con l’ausilio delle forze dell’ordine adibite al controllo del movimento delle persone, per evitare quanto più possibile lo spostamento delle persone ed evitare il contagio, provvedimento imposto dal Governo su indicazioni della comunità scientifica.
Il quadro generale è di un grande sconforto per la perdita così massiccia di tante persone, soprattutto anziani.
Abbiamo rivolto alcune domande al sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, per fare il punto della situazione che si sta vivendo in Sardegna e in particolare a Cagliari.
Gli interventi della Regione Sardegna sono stati immediati e anche lei con la sua amministrazione ha messo in atto tutta una serie di interventi afferenti la diffusione del contagio.
Ritiene che gli interventi messi in atto siano stati esaustivi?
«La situazione è indubbiamente difficile, non dico niente di nuovo. Innanzitutto, abbiamo pensato di mettere in sicurezza sanitaria i cittadini. Numeri alla mano, riteniamo di aver raggiunto un risultato soddisfacente, usando il linguaggio della realtà. Siamo ovviamente preoccupati per l’impatto che questa epidemia sta già producendo sul tessuto economico e sociale. Rispetto ad un evento totalmente sconosciuto ed improvviso, ritengo che gli interventi siano stati esaustivi, guardando anche ai numeri dei contagi. Poi, con le attuali conoscenze maturate sul campo, certo si potrà fare meglio in futuro.»

Come Amministrazione comunale, quali ulteriori interventi avete in cantiere?

«Intanto, abbiamo affrontato l’emergenza alimentare e, in generale, quella sui beni di prima necessità, organizzando, attraverso le politiche sociali, la distribuzione di cibo e la consegna a casa per chi non aveva la possibilità materiale di muoversi. Abbiamo lavorato con la Croce rossa, la Caritas, le varie associazioni sul territorio, Mondo X, Domus del Luna, la Corisar in collaborazione con Coldiretti.

La risposta c’è stata ma molto dipende anche dalla durata di questa crisi e dagli aiuti che devono necessariamente arrivare da Governo in particolare e regione. I Comuni non hanno budget illimitati e quello che entra serve per i servizi essenziali. Io non voglio tagliarli.»

Un altro aspetto non meno importante è il blocco totale delle attività industriali ma non solo, anche il commercio in generale è in estrema sofferenza: a tal proposito, quali sono le vostre iniziative?

«Il lockdown non è deciso dal Comune. Noi abbiamo posticipato tutte le scadenze relative ai tributi locali. E’ chiaro che più fondi ho a disposizione e meglio sono in grado di aiutare le piccole imprese. Stiamo studiando sistemi per agevolare la ripresa, verificando gli spazi all’aperto e le relative concessioni. 

La situazione è in evoluzione e sono in contatto con tutti gli altri colleghi sindaci per fare una proposta unitaria a Governo e rRegione. Cagliari, soprattutto in questo periodo, fino ad ottobre inoltrato, vive di eventi, iniziative turistiche e culturali. E’ ovvio che la ripartenza sarà legata a quanto sarà possibile muoversi in libertà.

Stiamo comunque lavorando al bilancio, alla ricerca di altri fondi che vadano, da un lato a sostenere le attività imprenditoriali, dall’altro a chi ha davvero bisogno.»

Armando Cusa 

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Conclusa la Via Crucis officiata da Papa Francesco, siamo tutti qui con i nostri pensieri, le nostre inquietudini e le nostre speranze, ma Papa Francesco ci ha corroborato lo spirito riversando su di noi Fede, Speranza, Fiducia e Preghiera nell’affidarci totalmente a Gesù.
La Corona di Spine sta a significare il nostro stato d’animo, ma noi stessi siamo chiamati a dare una svolta alla nostra vita.
Lo spunto di tutto ciò viene esplicitato da un servizio televisivo condotto da Bruno Vespa.
Le tematiche che vengono affrontate sulle cause prodotte dal Coronavirus, vengono sviscerate e messe in luce con estrema chiarezza.
Esiziale è stata l’affermazione fatta da un medico virologo: «Il Coronavirus è stato l’11 settembre della Sanità Italiana».
L’accostamento con l’11 settembre statunitense con l’attacco alle Torri Gemelle è veramente terrificante.
Ad oggi la contabilità delle vittime ci lascia sgomenti, ci fa e deve fare riflettere sull’estrema precarietà della nostra vita, ha posto in evidenza la fragilità di una società volta esclusivamente ad un benessere personale senza che noi stessi non abbiamo avuto la consapevolezza di guardare oltre la siepe che separa il nostro giardino dal vicino di casa nostra.
La Pandemia scoppiata in tutta la sua violenza ha causato tantissime vittime, i medici, infermieri, volontari, che hanno cercato di combattere il Coronavirus, inizialmente hanno spesso operato privi di dispositivi di protezione individuale e questo ha prodotto un’ulteriore diffusione del contagio.
Le morti sotto i nostri occhi ci conferiscono l’esatta realtà della Via Crucis, uno stillicidio continuo, con un Virus subdolo, sinuoso, invisibile, che si è concretizzato con la strage di tante morti.
Il Virus è stato definito dall’OMS una Pandemia e questa affermazione si è, purtroppo, concretizzata con decine di migliaia di decessi a livello planetario.
Questa Via Crucis che ci prepara alla Pasqua vorremmo veramente che fosse l’inizio di una rinascita per tutti e, a tal proposito, non posso fare a meno di fare un riferimento all’Enciclica di Papa Giovanni XXIII “PACEM IN TERRIS” che chiede a gran voce la Pace nel mondo, così tanto martoriato e sofferente.
Armando Cusa

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Oggi 2 aprile 2020 ricorre il 15° anniversario della morte di Papa Wojtyla.
Tutti hanno ricordato la sua figura, a Lui tantissimi hanno rivolto una preghiera.
In questa ricorrenza non possiamo esimerci dal ricordare quanto Papa Wojtyla ha fatto durante il suo pontificato.
Il percorso di evangelizzazione da lui portato avanti fatto capire l’importanza della presenza di Dio.
«Non siete mai soli» «Bisogna varcare la soglia della speranza», così ripeteva rivolgendosi alle folle che lo acclamavano.
Era amato da tutti, già in vita era Santo e la sua beatificazione è diventata realtà grazie a Papa Francesco che lo ha proclamato Santo fra i Santi.
Durante il suo pontificato è rimasto scolpito nella mente di tutti il suo intervento nella Valle dei Templi, ad Agrigento, nel 1980.
Furono durissimi il suo intervento e l’anatema lanciato ai mafiosi che in quegli anni causarono morti e tanti lutti.
In quell’occasione, fu nitido quando, rivolgendosi alla mafia, disse: «Anche per voi arriverà il giorno del giudizio, pentitevi!»
Ancora un ricordo che è importante non venga mai dimenticato: la caduta del muro di Berlino, nel 1989.
Quell’avvenimento ha cambiato le sorti del mondo e tutti i potenti si sono chinati dinanzi a Lui.
Noi tutti, non potremo mai dimenticare Papa Wojtyla e come si è speso per il bene dell’umanità, cercando sempre di infondere speranza ed affidarsi totalmente a Dio e alla Chiesa che, sin da allora, aveva subito un forte cambiamento in un’evengelizzazione sul campo, fianco a fianco con tutti, infondendo fiducia nel cammino della vita.
Questo percorso evangelico è stato ancora di più rafforzato dopo l’attentato in Piazza San Pietro e, soprattutto, lo sgomento a livello planetario e le preghiere che si levarono per la sua salvezza.
Questa è la figura di Papa Wojtyla, un Papa innovativo, moderno, che con il contatto continuo con le folle ha cambiato il volto della Madre Chiesa e, soprattutto, con un innovativo ecumenismo, con un coinvolgimento di tutte le religioni.
Armando Cusa

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Uno spettacolo senza luci, senza applausi, un evento che arriva direttamente dalle case degli artisti per raccogliere fondi per la Protezione civile.
Ad aprire questa kermesse canora Cesare Cremonini e Tiziano Ferro che apre la carrellata con il proposito di abbracciare tutta l’ Italia.
Una serata speciale e per il momento unico che l’Italia intera sta vivendo.
Uno sforzo enorme che RAIUNO ha messo in campo per mettere insieme artisti importanti.
Una grande serata di musica dedicata a quanti stanno lottando contro il Coronavirus.
Grandi artisti, attori cantanti, tutti uniti per dare il loro contributo in un momento così drammatico.
Una serata speciale dove la musica è stata la padrona di casa, elargendo a grandi mani un po’ di quella leggerezza e anche un po’ di serenità.
Una serata mai vista prima, innovativa, bellissima ed anche commovente, una performance che tutti hanno fatto compiendo un gesto di solidarietà e generosità.
Tantissimi hanno seguito questo inedito spettacolo, molto gradito e seguito e tanti sono stati i messaggi di ringraziamento.
Veramente una bellissima serata, indimenticabile, ineguagliabile, impareggiabile.

Armando Cusa