5 April, 2025
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Oggi 2 aprile 2020 ricorre il 15° anniversario della morte di Papa Wojtyla.
Tutti hanno ricordato la sua figura, a Lui tantissimi hanno rivolto una preghiera.
In questa ricorrenza non possiamo esimerci dal ricordare quanto Papa Wojtyla ha fatto durante il suo pontificato.
Il percorso di evangelizzazione da lui portato avanti fatto capire l’importanza della presenza di Dio.
«Non siete mai soli» «Bisogna varcare la soglia della speranza», così ripeteva rivolgendosi alle folle che lo acclamavano.
Era amato da tutti, già in vita era Santo e la sua beatificazione è diventata realtà grazie a Papa Francesco che lo ha proclamato Santo fra i Santi.
Durante il suo pontificato è rimasto scolpito nella mente di tutti il suo intervento nella Valle dei Templi, ad Agrigento, nel 1980.
Furono durissimi il suo intervento e l’anatema lanciato ai mafiosi che in quegli anni causarono morti e tanti lutti.
In quell’occasione, fu nitido quando, rivolgendosi alla mafia, disse: «Anche per voi arriverà il giorno del giudizio, pentitevi!»
Ancora un ricordo che è importante non venga mai dimenticato: la caduta del muro di Berlino, nel 1989.
Quell’avvenimento ha cambiato le sorti del mondo e tutti i potenti si sono chinati dinanzi a Lui.
Noi tutti, non potremo mai dimenticare Papa Wojtyla e come si è speso per il bene dell’umanità, cercando sempre di infondere speranza ed affidarsi totalmente a Dio e alla Chiesa che, sin da allora, aveva subito un forte cambiamento in un’evengelizzazione sul campo, fianco a fianco con tutti, infondendo fiducia nel cammino della vita.
Questo percorso evangelico è stato ancora di più rafforzato dopo l’attentato in Piazza San Pietro e, soprattutto, lo sgomento a livello planetario e le preghiere che si levarono per la sua salvezza.
Questa è la figura di Papa Wojtyla, un Papa innovativo, moderno, che con il contatto continuo con le folle ha cambiato il volto della Madre Chiesa e, soprattutto, con un innovativo ecumenismo, con un coinvolgimento di tutte le religioni.
Armando Cusa

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Uno spettacolo senza luci, senza applausi, un evento che arriva direttamente dalle case degli artisti per raccogliere fondi per la Protezione civile.
Ad aprire questa kermesse canora Cesare Cremonini e Tiziano Ferro che apre la carrellata con il proposito di abbracciare tutta l’ Italia.
Una serata speciale e per il momento unico che l’Italia intera sta vivendo.
Uno sforzo enorme che RAIUNO ha messo in campo per mettere insieme artisti importanti.
Una grande serata di musica dedicata a quanti stanno lottando contro il Coronavirus.
Grandi artisti, attori cantanti, tutti uniti per dare il loro contributo in un momento così drammatico.
Una serata speciale dove la musica è stata la padrona di casa, elargendo a grandi mani un po’ di quella leggerezza e anche un po’ di serenità.
Una serata mai vista prima, innovativa, bellissima ed anche commovente, una performance che tutti hanno fatto compiendo un gesto di solidarietà e generosità.
Tantissimi hanno seguito questo inedito spettacolo, molto gradito e seguito e tanti sono stati i messaggi di ringraziamento.
Veramente una bellissima serata, indimenticabile, ineguagliabile, impareggiabile.

Armando Cusa

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In questi giorni di emergenza Coronavirus, non dobbiamo dimenticare di aprire una finestra sulle altre malattie, tra le quali c’è la SLA.

Casualmente, l’altra sera, ho seguito un piccolissimo frammento di Frontiere, il programma di RAI 1 condotto da Franco di Mare.
Non voglio fare della pubblicità alla RAI, anche perché non ne ha bisogno, ma quel documento mi ha fatto riflettere su problemi di estrema importanza e mi riferisco in modo particolare alla recente presenza a Sanremo 2020 di Paolo Palumbo, giovane sardo affetto da SLA. Terminata la sua performance, che ha suscitato enorme commozione, è calato il sipario e tutto è stato accompagnato da un silenzio assordante.
Tutto quello che è stato descritto è un richiamo chiaro, forte, netto, rivolto soprattutto alla Sanità, perché vorremmo che ci fosse maggior attenzione su questa malattia,  senza dimenticare anche le tante altre malattie che meritano la stessa attenzione.
La Sanità pubblica in occasione dell’emergenza Coronavirus ha messo in campo tutte le sue energie, con il totale sacrificio e impegno di medici, infermieri, volontari.
A loro deve sempre il nostro perenne ringraziamento, ma una volta che l’emergenza sarà rientrata, bisognerà mettere mano alle carenze emerse ed andranno trovate adeguate risposte, con programmi di sviluppo e stanziamenti di risorse, non più rinviabili nel tempo.
Armando Cusa

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L’emergenza Coronavirus, in Sardegna, ha già mietuto 28 vittime e 682 persone sono risultate positive. In Italia il bilancio è sconvolgente, 101.739 i contagiati, 11.591 le vittime (812 soltanto nelle ultime 24 ore).
Per esaminare la situazione sarda ma in particolare come si vive l’emergenza a Cagliari, abbiamo interpellato il presidente del Consiglio comunale di Cagliari, Edoardo Tocco, anche per conoscere quali iniziative sono state poste in cantiere e con quale urgenza verranno concretizzate.
«È chiaro – ha spiegato Edoardo Tocco – che la situazione si è ulteriormente aggravata ed i problemi da affrontare sono diversi. Innanzitutto, ci sono le criticità presenti degli ospedali che sono privi di DPI e non possono operare in sicurezza. Questo non è ammissibile, anche perché c’è la necessità di respiratori, indispensabili per curare i pazienti critici. A tal proposito, dobbiamo alzare la guardia e contenere al massimo il movimento delle persone per evitare la diffusione del virus. La situazione a Cagliari è drammatica ed il problema sociale non va sottovalutato, la guerra del pane anche qui è diventata una realtà. Inoltre – ha aggiunto Edoardo Tocco – il finanziamento disposto dal Governo è insufficiente a colmare le necessità delle persone ma questo è un problema per tutta la Sardegna e l’Italia intera. Ho deciso di attivare delle videoconferenze con gli altri rappresentanti dei Comuni, per verifiche e iniziative da intraprendere.»
«Abbiano chiesto al Governo concrete misure di sostegno per le attività produttive – ha concluso Edoardo Tocco -. È indubbio che l’Esecutivo nazionale debba mettere in campo tutta una serie di iniziative divenute ormai imprescindibili, per la sanità, le persone e le città.»
Armando Cusa

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La fame unità alla disperazione, questo è il connubio tragico a cui stiamo assistendo in questi giorni.
Il Coronavirus, oltre che aver già mietuto molte vittime, piano piano sta attirando a sé anche altre vittime che non sono persone decedute, ma sono vittime che potranno concretamente aggiungersi al conto globale se il Governo non riuscirà a mettere in campo iniziative mirate per dare certezze ad una Nazione già duramente colpita e provata.
In questi giorni è, soprattutto, il Meridione che comincia a fare sentire la sua voce, una voce che parla di fame e disperazione.
I supermercati che vengono presi d’assalto con violenza ed iniziative che non lasciano intravedere nulla di buono.
La disperazione viene cavalcata dalle organizzazioni malavitose che certamente stanno sfruttando la situazione di malessere conseguente alla mancanza di soldi e di cibo.
Per certi versi, sembra di essere tornati indietro nel tempo, ai “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, quando nel Milanese del ‘600, aggredito dalla peste, il sommovimento popolare lasciò spazio alla fame con la guerra del pane e, soprattutto, era il Governo di allora che venne messo alla berlina. In quel frangente, la massa venne facilmente manipolata da chi voleva che il malcontento ed il dissenso trovassero terreno fertile per la delinquenza asservita ai padroni senza scrupoli.
Quello che sta accadendo oggi, è come la cartina di tornasole che ripropone un copione già visto.
Il campanello d’allarme certamente non è sfuggito al Viminale che ha attivato immediatamente le contromisure del caso, senza tralasciare nulla, anche perché questi fenomeni di sciacallaggio devono essere fermati.
Una sottolineatura credo sia necessaria: ciò che sta accadendo, ripropone fortemente sempre la questione Meridionale che induce ancora una volta a riflettere sul come intervenire in un’area del Paese che quasi sempre è stata emarginata, con la creazione di discriminazioni sociali che possono sfociare in una forte contestazione popolare, con conseguenze drammatiche.
Tutti ci auguriamo che questo periodo che stiamo attraversando a causa del Coronavirus, con restrizioni giustissime e mirate, sfoci presto in una conclusione positiva, nella speranza che si possa giungere ad un vaccino che possa arginare la diffusione dei contagi e, soprattutto, alla sconfitta definitiva di questo virus che ha già mietuto tante vittime e per il quale l’umanità sta pagando un prezzo altissimo.
Armando Cusa

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Mercoledì 25 marzo 2020 è la giornata dedicata al ricordo di Dante Alighieri, il sommo Poeta conosciuto in tutto il mondo che mai come ora è ancora di più attuale.
Le opere principali  di Dante sono la “Vita Nuova” e la “Divina Commedia“.
Del periodo giovanile l’una, posteriore all’esilio l’altra.
Indubbiamente. l’argomentare su Dante è veramente interessante e la lettura delle sue opere, ci fa capire quanto la società attuale si specchia maggiormente e le sue vicissitudini ci portano quasi a confrontarci e capire, da parte nostra, il significato della vita.
In Dante, mantiene una centralità assoluta il tema di Dio che viene quasi intuito, non come amore ma come potenza.
I grandi enunciati della Summa, per citarne alcuni, “Deus aeternus est“, “Deus infinitus est”.
Dio è “L’Imperator che lassù regge”, “Il Nostro Imperatore” e altre potremmo citarne.
Il Dio Dantesco, come Dio di Potenza è il Dio tomista, motore primo, immobile, dell’universo.
Credo che il concetto che Dante ha di Dio, ci trasporta inequivocabilmente nella nostra società attuale, nel nostro vivere quotidiano.
Pertanto, il sommo Poeta ci riporta alla realtà, il riavvicinarsi a Dio in un momento in cui la società attuale si trova alle prese con il Coronavirus. Perché l’accostamento con la Divina Commedia è certamente attuale tale da proporre imperiosamente da parte nostra ad una riflessione che credo sia necessaria per darci modo di capire ancora nel nostro intimo il vero messaggio che Dante ci ha lasciato.
E’ anche vero che non tutti conoscono le opere di Dante Alighieri, ma oggi credo che studiosi e non, siano nella condizione di conoscerlo e di apprezzarlo.
Armando Cusa

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Oggi, 21 marzo 2020, è una data importante, perché è oggi che vengono ricordate tutte le vittime di mafia.
Una data importante che serve ancora una volta a scuotere le coscienze di tutti, per far sì che i delitti perpetrati dalla mafia non vadano nel dimenticatoio ma restino sempre impresse nella memoria.
Se dovessimo citare tutte le persone che sono state uccise dalla mafia, l’elenco sarebbe lunghissimo e tutti meriterebbero di essere citate e che si racconti la loro storia, come sono vissuti e, soprattutto, tenere presente il loro sacrificio e che, immolatisi per la difesa della Patria e delle Istituzioni, sono per noi un esempio di legalità.
Oggi voglio ricordare Peppino Impastato, ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978.
La data ci fa pensare, anche una strana casualità, all’uccisione di Aldo Moro, perpetrato dalle Brigate Rosse, il cui corpo venne fatto ritrovare in via Caetani, a Roma, il 9 maggio 1978.
Sì, forse una coincidenza, strade e storie che si intersecano per motivi diversi ma che hanno in comune sempre la Libertà, le Istituzioni, il vivere civile, valori che non possono essere messi in secondo piano, sempre freschi, trasparenti.
Oggi, a distanza di tanti anni, tutti lo ricordano e non a caso viene considerato alla stregua dei martiri. Peppino Impastato sapeva bene cosa fosse la mafia, certamente non quella delle coppole o delle lupare, bensì la mafia come potere, sistema, connubio e, soprattutto, prevaricazione dei diritti dei lavoratori e dei diritti dei cittadini. In questo caso, la memoria va all’eccidio di Portella della Ginestra, dove in quell’occasione gli agricoltori manifestavano il loro dissenso per un diritto che veniva loro disconosciuto.
Sapere cos’è la mafia è veramente il primo passo per contrastarla. Ecco questa era la mafia contro cui si batteva Peppino Impastato.
Molti si sono posti la domanda perché la sua voce sia rimasta inascoltata e solo oggi, a distanza di tanti anni, emerge forte il rammarico per aver perso l’occasione di ergere al suo fianco il dissenso di una comunità sorda e distante da un vivere becero ed inconcludente, invece di creare un argine di solidarietà, spargendo al suo fianco un nuovo profumo di libertà e democrazia.
Questo è quello che certamente avrebbe voluto Peppino Impastato, un grandissimo desiderio che alla fine si sarebbe arrivati a spezzare quel filo sinuoso e sottile nei confronti della mafia. Ma, a tutt’oggi, la strada della legalità è ancora lunga da percorrere e la lotta contro la mafia è irta di difficoltà ma, possiamo starne certi, si arriverà alla disintegrazione della stessa e questo potrà avvenire solo con il dissenso totale e la fermezza, il tutto coniugato con Democrazia, Libertà e Difesa delle Istituzioni.
Un pensiero va rivolto a tutte quelle persone che sono morte per valori così nobili e bellissimi: Legalità, Trasparenza e Democrazia.
A loro vada sempre e a perenne ricordo il nostro ringraziamento.
Armando Cusa

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Sono trascorsi 42 anni da quando, il 16 marzo 1978, in via Fani, un commando di 19 brigatisti rapì il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, uccidendo gli uomini della sua scorta. Credo che ai più, probabilmente, oggi non sfugga che tanti anni fa si compiva un duro attacco alla Democrazia e alle Istituzioni della Repubblica Italiana.
Le Brigate Rosse quella volta mirarono molto in alto e ai loro misfatti e omicidi aggiunsero il sequestro del presidente della Democrazia Cristiana.
La lotta dello Stato contro le Brigate Rosse in quegli anni è stata continua e da parte di tutti c’è stata la condanna unanime: cittadini, politici, istituzioni in genere e, soprattutto, anche tutte le le Cancellerie europee ed i leader mondiali, si associarono nella condanna del vile attentato.
Indubbiamente per l’Italia quell’evento fu un duro colpo, ma lo smarrimento iniziale cedette il posto ad una nuova presa di coscienza dalla Nazione intera, rifuggendo e combattendo il terrorismo, con una veemenza che in quel preciso istante tracciava uno spartiacque, come per dire che l’Italia democratica mai e poi mai si sarebbe piegata alle Brigate Rosse.
In quel frangente, ancora una volta, tutti ci trovammo in strada con il Tricolore che veniva sbandierato con orgoglio e, a distanza di 42 anni, in questi giorni ci ritroviamo a lottare contro il Covid 19 (Coronavirus), tutti a sventolare nuovamente il Tricolore, a cantare, a battere le mani, il tutto per ringraziare i medici, infermieri, anestesisti, operatori, forze dell’ordine, in un coinvolgimento totale.
Il popolo italiano, 42 anni fa, ha creato un argine a difesa della Democrazia e delle Istituzioni, entrando di fatto nella storia. Oggi si ritrova a scrivere altre pagine della sua storia.
Armando Cusa

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Angelo Cremone, rappresentante dell’associazione “VerdeSardegnaPulita”, rivolge un appello al sindaco di Cagliari, al prefetto di Cagliari e alla Protezione Civile, perché provvedano a sanificare le strade e le piazze della città capoluogo dell’Isola.

«Sempre in ritardo, a quando vi abbiamo sollecitati, scongiurando lo svolgimento dell’incontro di “Coppa Davis” a Monte Urpinu, con 3.500 spettatori in arrivo da affiancarsi ad una scuola elementare, a quando abbiamo sollecitato l’affollato Mercatino domenicale di viale Trento a Cagliari, a quando la presenza delle povere prostitute  con tanto di foto) indisturbate a fare il loro “lavoro” – scrive in una nota Angelo Cremone -. Ebbene, nonostante le nostre sollecitazioni per un urgente intervento di sanificazione delle strade e piazze, così come stanno procedendo in tante città della penisola e in altre nazioni, non un provvedimento in tal senso è stato avviato da parte dei responsabili della Salute pubblica – conclude Angelo Cremone -, purtroppo non ripreso con un accenno, neanche da parte degli organi di informazione. Anche in questo caso siete in ritardo.»

Armando Cusa

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Una bellissima giornata da fra Nazareno per il 28° anno dalla sua morte. Ad officiare la funzione religiosa, a Is Molas (Pula), l’arcivescovo di Cagliari, monsignor Giuseppe Baturi. Migliaia le persone accorse, fedeli che da ogni parte dell’Isola hanno voluto, con la loro presenza, confermare una fede incrollabile. Una giornata veramente importante, per dimostrare quanto sia benvoluto il venerabile fra Nazareno. Anche noi non abbiamo voluto mancare ad un appuntamento così importante.

Armando Cusa