2 November, 2024
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La protesta dei comitati per la “difesa della sanità pubblica” e degli ospedali di Ghilarza, La Maddalena, Ozieri, Tempio, Iglesias, Lanuesi, Isili, Muravera e Sorgono, dopo aver animato la manifestazione di piazza che ha attraversato via Roma a Cagliari, è sbarcata in tarda mattinata in Consiglio regionale, sul tavolo della conferenza dei capigruppo che, guidata dal presidente Gianfranco Ganau, ed alla presenza dell’assessore della Sanità, Luigi Arru, ha ascoltato la rabbia e gli appelli dei piccoli centri della Sardegna che reclamano il diritto alle cure ed alla salute. «Basta tagli alla Sanità e stop ai disagi ed alla cancellazione dei servizi nei piccoli centri dell’Isola», è stato il motivo ricorrente dei diversi interventi che si sono succeduti e che hanno rappresentato, con toni a tratti crudi e ruvidi, le difficoltà e le penalizzazioni cui vanno incontro le comunità sarde per effetto delle novità introdotte con la istituzione della Asl unica e per effetto delle riforme che hanno riguardato la rete ospedaliera ed il servizio dell’emergenza- urgenza. Carenze negli organici («mancano medici, infermieri, personale sanitario e amministrativo») e nelle forniture («non ci sono medicinali, garze, siringhe e persino le sacche per la diuresi sono di infima qualità») insieme con incongruenza gestionali («ad Iglesias per un semplice tamponamento si interviene con l’elisoccorso») e organizzative («chiudono i laboratori, tante sale operatorie non sono a norma mentre si continuano a trasferire reparti sena alcuna logica»): sono state queste le lamentazioni “spicciole” dei portavoce dei comitati che sul piano prettamente politico hanno affermato un giudizio tranciante sull’operato dell’assessore Arru («sta distruggendo la sanità sarda e insieme con il direttore dell’Ats continua a smantellare i presidi del sistema sanitario in tutti i territori dell’Isola»). Claudia Zuncheddu (Rete sarda a difesa della sanità pubblica) e Monia Piano (Comitato Cagliari) si sono concentrate sulle strutture del capoluogo ed in particolare “sul disastroso stato in cui versa l’ospedale Civile” e sulle incertezze che riguardano il futuro dell’ospedale Marino, del Santissima Trinità, dell’Oncologico e del Binaghi («sono stati mortificati persino i servizi per la sclerosi multipla»). «Dal Brotzu al Policlinico – ha dichiarato Piano – si è assistito al trasferimento dei primariati e non dei servizi, come è avvenuto per quelli rivolti alle grandi ustioni che possono essere trattate però solo a Sassari». «Alla Maddalena non ci si può ammalare e non si può nascere», ha incalzato Emanuela Cauli a nome del comitato che occupa il Paolo Merlo e che ha accusato senza mezzi termini l’assessore Arru di essere stato smentito, dal direttore generale dell’Ats nel corso della recente visita sull’isola dell’arcipelago, a proposito del mantenimento di strutture e reparti («nel frattempo ci è stato tolto anche il pediatra e non sono garantite neppure le visite agli anziani»). «I medici – ha incalzato Marco Fenudi (Ozieri) – non vogliono più venire a lavorare nei piccoli centri della Sardegna perché sanno che hanno il futuro segnato». «Così la gente non si sente più sicura nei nostri paesi – hanno incalzato i rappresentanti di Lanusei (Carla Lai), e Muravera (Lidia Todde) – e si alimentata di disastroso fenomeno dello spopolamento mentre gli hub sanitari di Cagliari e Sassari sono già al collasso». «Nell’arco di vent’anni – ha aggiunto Adriano Urru (Sorgono) – nel Mandrolisai si sono persi diecimila residenti e nel nostro ospedale non c’è neppure più un ortopedico mentre un pezzo delle sale operatorie è già stato spostato all’ospedale di Nuoro». «Rivisitare la rete chirurgica regionale è la necessità urgente – ha dichiarato Luigi Pisci (Isili) – perché contraddice il piano di riordino della rete ospedaliera e la paventata cessazione del servizio chirurgico nei piccoli ospedali preannuncia lo smantellamento, nei fatti, delle strutture sanitarie nei nostri territori». «Ad Iglesias avevamo tre ospedali – ha spiegato Rita Melis – ed oggi siamo ridotti ad avere dei semplici ambulatori che di altisonante hanno solo i nomi in “inglese”». L’otorino e il punto nascita sono invece la preoccupazione di Nicola Luciano che reclama “un futuro” per l’ospedale di Tempio e “più attenzione per la Gallura”. La presa di distanze del capogruppo Upc, Pierfranco Zanchetta («i consiglieri regionali fanno le leggi ed hanno approvato il piano di riordino della rete ospedaliera ma spetta ad altri applicarla e garantirne la piena e corretta attuazione») ha preceduto la replica, a tratti stizzita, dell’assessore Luigi Arru che, così come aveva fatto in occasione dell’incontro con il comitato per l’ospedale di Ghilarza, ha difeso le riforme sanitarie della legislatura ed ha escluso “la chiusura degli ospedali nei piccoli centri dell’Isola”. «Abbiamo attivato processi straordinari – ha affermato Arru – che hanno bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti positivi ma pretendo lealtà e rispetto anche nelle critiche». «Non corrisponde al vero – ha proseguito l’assessore – che si vogliano ridurre i servizi, che le scelte siano di tipo ragionieristico ed all’insegna della riduzione dei costi, che si voglia fare una vera e propria macelleria sociale, la verità è che stiamo facendo quello che in dieci anni in questa Regione non si è avuto il coraggio di fare per migliorare la sanità sarda e garantire l’efficacia delle cure a tutti i sardi». «Basta allarmismo – ha tuonato Arru – e chi mi vuole criticare lo faccia con i fatti e non con i sentito dire perché noi procediamo con la stabilizzazione del personale, con gli investimenti, con i concorsi, lavoriamo cioè per creare centri di alta specialità che da decenni sono stati invece sacrificati in nome dell’iper-frammentarietà dei servizi e delle strutture sanitarie». L’animato scambio di vedute è stato riportato a sintesi con l’intervento del presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, che ha escluso la chiusura degli ospedali nei piccoli centri ed ha ribadito la difesa del piano di riordino della rete ospedaliera, proprio nell’ottica della tutela di tutti i presidi sanitari e di tutti i territori della Sardegna. «Gli atti aziendali dell’Ats – ha puntualizzato Ganau – adottati in difformità dalle previsioni del piano di riordino della rete ospedaliera dovranno essere aggiornati alla luce di quanto stabilito nel documento approvato dall’assemblea sarda». Il presidente del Consiglio regionale ha quindi rassicurato i comitati sulla stabilizzazione e il reclutamento del personale sanitario («ma la carenza degli anestesisti è un problema nazionale legato all’accesso alla professione») ed anche sulle modifiche da apportare in sede di Giunta alla rete chirurgica («ho notizia che si sia già provveduto ad adeguarla»).

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Combattere il disagio e la dispersione scolastica attraverso delle borse di studio da assegnare ad alunni le cui famiglie sono in un disagio economico tale da non poter loro garantire il proseguo degli studi all’Università. Con questo obbiettivo la Caritas diocesana, organismo pastorale della diocesi di Iglesias, ha promosso il progetto “Iscola de Maduridàde”. Consentirà di istituire 60 borse di studio, dell’importo di 500,00 euro ciascuna, suddivise in 20 borse per anno per tre anni consecutivi. Saranno destinate in favore dei ragazzi più meritevoli delle quinte classi delle scuole secondarie di secondo grado del territorio che, privi di un supporto famigliare a causa di condizioni economiche avverse, corrano il rischio di non poter avere accesso all’Università nel prossimo triennio. Il progetto è stato presentato ieri mattina con una conferenza stampa presso il seminario vescovile “Maria Immacolata” ad Iglesias. L’idea progettuale, nata dalla lettura costante delle fragilità del territorio da parte della Caritas, si avvale della collaborazione di altri Uffici pastorali della Diocesi tra cui l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro e la Pastorale Giovanile già attivi, insieme alla Caritas diocesana, nell’ambito del “Progetto Policoro”.

Ad illustrare il progetto sono stati il vescovo di Iglesias monsignor Giovanni Paolo Zedda, il direttore della Caritas diocesana, Raffaele Callia e il gruppo degli animatori che si avvale di un’equipe formata da Isabella Rosas, Antonio Melis, Francesco Manca, Federico Cocco, Elena Sanna Carla Lai e Simone Cabitza che lavoreranno nelle scuole e appartengono alle diverse pastorali diocesane.

«Iniziative della Caritas sono occasione per tutta la comunità cristiana – ha detto il vescovo di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda – occasione per capire quello che abbiamo e anche per migliorare le possibilità di intervento e sensibilizzare le persone a non chiudersi ma ad aprirsi a venire incontro alle difficoltà che si presentano.»

Il progetto è finanziato dal “Fondo CEI 8xmille Italia” e si rivolge agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado del Sulcis Iglesiente, la provincia più povera d’Italia. L’obiettivo è combattere il disagio e la dispersione scolastica, sia attraverso un’azione di mentoring scolastico sia con l’istituzione di borse di studio.

«I giovani sono il presente e hanno bisogno oggi, non domani, di essere accompagnati offrendo delle opportunità che passano attraverso un tema che è cardine che è quello dell’istruzione – ha spiegato Raffaele Callia – direttore della Caritas della diocesi di Iglesias -. Se vogliamo cambiare questo territorio dobbiamo cercare chiaramente di favorire le condizioni di occupazione e di lavoro ma dobbiamo anche creare una generazione adeguata a questo cambiamento e la cultura e l’istruzione sono ingredienti irrinunciabili.»

Il risultato che si propone il progetto è duplice. Da un lato tutelare il diritto allo studio per almeno 60 giovani maturandi del territorio sostenendo le rispettive famiglie nella spese dell’immatricolazione universitaria e dell’acquisto dei testi accademici, ma anche favorire la formazione di sei giovani impegnati nelle realtà ecclesiali ed accompagnarli nella costituzione di un’associazione di promozione sociale che si occupi di erogare servizi nel campo dell’educazione inclusiva.

Tito Siddi

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