22 November, 2024
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Il 7 dicembre 2023 è un giorno tristissimo per il Sulcis Iglesiente. Il nostro Sistema sanitario è stato privato del Reparto Specialistico di Urologia del Sirai. Simile sorte spetta a Ortopedia e Traumatologia, all’Ostetricia e poi ad altri reparti ancora. Il verbo con cui è stata ufficialmente chiusa l’Urologia è “accorpata” alla Chirurgia Generale. Chi legge potrebbe immaginare che il Personale Medico e Infermieristico dell’Urologia, con al seguito i 12 posti letto e i suoi 12 ammalati siano stati accolti dentro il Reparto di Chirurgia Generale. Non è così. I posti letto sono stati chiusi e il personale infermieristico è stato disperso in diversi altri Reparti. I Chirurghi Generali, che non sono Urologi, hanno avuto l’ordine di fare le guardie e curare i malati Urologici. Conclusione: l’Urologia è chiusa e non ci sarà più un suo servizio al livello qualitativo di prima. Attenzione!, non si tratta di parole impropriamente utilizzate. Si tratta di un metodo di comunicazione universalmente adottato che serve a non generare conflitti e a non generare resistenze. Con tale metodo il popolo sulcitano-iglesiente viene sedato e privato del suo diritto naturale e Costituzionale ad avere assistenza sanitaria. Proprio questo è il punto: l’uso improprio delle parole senza controllare il loro significato.

Fino a qualche tempo fa si utilizzava il greco e il latino per confondere e suggestionare l’ascoltatore poco preparato. Nel Sulcis si utilizzava un idioma misterico, “su Suspu” che capivano pochi eletti e serviva a non far intendere ai popolani il contenuto del discorso e tenerli al di fuori dalle decisioni prese contro la loro volontà. Quando si usa la comunicazione con lo scopo di renderne incomprensibile il contenuto reale, si sta facendo violenza all’interlocutore e se ne carpisce abusivamente il consenso. Così se si ottiene proditoriamente il consenso per atti che comportano un danno a chi lo concede si sta attuando un inganno. Storicamente i periodi di festa sono i più adatti a promulgare leggi o delibere che vanno contro l’interesse dei singoli. Le feste importanti e molto sentite, come il Natale, hanno la capacità di sedare l’umore popolare e di sopire l’istinto di rivolta fatto di “difesa e attacco”. Basta guardarsi attorno per capire perché è stato scelto questo periodo festivo per chiudere Urologia. Tutto ispira serenità: luminarie, giochi, maschere, alberi adornati, canti giulivi, renne e babbi natale. In tutte le città del Sulcis il mondo è diventato una universale Disneyland felice e giocosa. Per i bambini moderni e per quelli ridiventati bambini il Gesù di oggi che nacque a “Topolinia” o a “Paperopoli” i genitori (Maria e Giuseppe) viaggiavano su una slitta trainata da renne e il riscaldamento nell’albergo a 5 stelle di Betlemme veniva da pannelli solari di ultima generazione. Questo che viene diffuso è un messaggio figurato ma ugualmente ingannevole come quello che dice: «L’Urologia è da oggi accorpata alla Chirurgia Generale». Siamo in preda ad una nuova religione governata da una oscura, invisibile e sconosciuta gerarchia tecnologica che ha potere sulla psiche umana. Questo potere si gestisce orientando la politica al di fuori dal percorso indicato dalla volontà popolare e indirizzando i fondi pubblici al di fuori dal Sistema di Solidarietà sociale indicato dalla Costituzione.
In questo mondo fatato copiato dai fumetti di Walt Disney e dalla favolistica Nord Europea è avvenuto l’oblio del messaggio popolare trasmesso dal Natale: la nascita di un povero in una stalla scaldato dal tepore degli animali su un lettino di paglia, e assistito dalla solidarietà sociale che non chiede ricompensa. Esattamente nello spirito della laicissima legge di Riforma Sanitaria del 1978. Il vero Natale parla della durezza delle condizioni economiche e della necessità di arrangiarsi sebbene si venga esclusi dal sistema di potere politico dominante. Un messaggio esattamente contrario a quello del mondo a fumetti di Disneyland.
Nel 1883 un certo Carlo Collodi svelò quest’inganno pubblicando il libro “Le avventure di Pinocchio”. L’argomento centrale della storiella del burattino è la “bugia”. La bugia centrale, la più educativa, si trova nel capitolo del “paese dei balocchi”, si cui si racconta di Lucignolo che convince Pinocchio a marinare la scuola per andare a divertirsi tra giostre e giocolieri nel Paese dei balocchi. Si scopre poi che gli organizzatori di quel divertimento avevano lo scopo di trasformare tutti i bambini che c’erano cascati in asini. L’indomani gli asini vengono catturati, bastonati, affogati e scuoiati; le pelli, conciate, vengono vendute al mercato per farne tamburi. Questa è la storia più educativa che esista intorno agli inganni degli imbonitori. Sono gli stessi imbonitori che con l’arte della propaganda conquistano le poltrone del potere di cui saranno vittime i fessi che ci crederanno. I fessi sono un esercito enorme e le pelli da conciare saranno tante e si faranno tanti tamburi da percuotere all’infinito.
Una volta ottenuto il controllo del potere, dopo aver carpito il consenso popolare, gli imbonitori inviano i loro fedelissimi a gestire il potere attraverso la macchina sociale, sia essa economica o politica. Costoro obbediscono ciecamente per soggezione anche se, probabilmente, non condividono i voleri e gli scopi di chi li ha designati. Ne fa una corretta descrizione Giuseppe Giusti nella poesia del 1852: “Sant’Ambrogio”. Egli, stando in chiesa a fianco degli scherani del dominatore austriaco, si rende conto che anche questi potrebbero essere brave persone, probabilmente vittime di chi le ha inviate, e scrive: «Povera gente, lontana dai suoi in un paese qui che le vuol male, chissà che in fondo all’anima poi non mandi a quel paese il principale».
C’è da credere che sia così anche oggi e che gli inviati dal potere centrale trovino scandaloso l’abuso che si sta perpetrando contro il popolo sottomesso. Di abuso si tratta, appunto.
E’ esattamente quello che si sta perpetrando contro gli ospedali del Sulcis Iglesiente, oggi privi di potere e inermi.
L’abuso è smodatamente sfacciato ed è vistosamente documentato nelle delibere pubblicate ufficialmente negli atti aziendali. In breve gli specchietti che seguono sintetizzano il concetto espresso:
– ASL n. 8 di Cagliari: previsti 483 posti letto – 4.128 dipendenti

– Brotzu di Cagliari: 770 posti letto – 3.174 dipendenti

– Azienda Universitaria Ospedaliera di Cagliari: previsti 446 posti letto

– Cliniche private di Cagliari: 576 posti letto

Totale: 2.275 posti letto – 7.302 dipendenti (non sono citati i dipendenti dell’AOU e delle cliniche private).

Dove sta l’anomalia nei dati riferiti dalle delibere aziendali? Sta nel fatto che mentre le Aziende Ospedaliere e le cliniche private cagliaritane dichiarano di possedere in tutto 2.275 posti letto, la ARES dichiara di avere a Cagliari solo 1.422 posti letto.
Significa che Cagliari ha 853 posti letto più del dichiarato. E questo è a nostro danno.
ARES è un Ente regionale che dipende direttamente dall’assessorato della Sanità e non può essere all’oscuro della discrepanza tra posti letto detenuti e quelli dichiarati. Chi dovrebbe controllare è AGENAS (che è un ente di controllo ministeriale), ma non risulta che abbia controllato. Infatti, se controllasse, si accorgerebbe che esiste una discrepanza fra posti letto all’interno della provincia di Cagliari e posti letto nella provincia del Sulcis Iglesiente. Ciò è in contrasto con il principio di equità garantito dalla Costituzione.
Speriamo che non sia vero e che si tratti di un errore di battitura, perché il contrasto con l’esiguo numero di posti letto concesso al Sulcis Iglesiente è francamente inspiegabile. Così come sono del tutto inspiegabili sono alcune variazioni in diminuzione dei posti letto di cui è titolare la ASL del Sulcis Iglesiente.
Infatti, avviene questa anomalia a nostro danno: mentre nell’atto aziendale della ASL 7 del 16 maggio 2023 è stato deliberato e approvato dai 23 sindaci del Sulcis Iglesiente, che a noi spettano 313 posti letto (di cui 186 al Sirai e 127 al CTO) oggi, per effetto di una delibera, la 568 del 29 settembre 2023, con la quale è stata approvata la relazione sulle strutture sanitarie, socio-sanitarie e ospedaliere pubbliche e private accreditate, alla nostra ASL sono stati decurtati 44 posti letto (da 313 a 269, di essi saranno 142 al Sirai, 120 al CTO e, infine, 7 al Santa Barbara).
A ciò si aggiunge che nel bilancio preventivo per il triennio 2024-2025-2026 gli ospedali cagliaritani saranno finanziati sia per aumentare ulteriormente il numero dei medici e infermieri, sia per acquisire nuove attrezzature tecnologiche. Al contrario i nostri Ospedali, CTO e Sirai, non aumenteranno il personale e non avranno finanziamenti per aggiornamento tecnologico.

Ecco fatto.
Il potere cagliaritano è pesante da sopportare sulle esili spalle dalla ASL 7. Da un punto di vista amministrativo si sta perpetrando una dinamica di “abuso di posizione dominante”.
Abbiamo un problema: i difensori dei nostri interessi che abbiamo elevato ai vari livelli politici (sindaci, consiglieri regionali) non conoscono queste delibere.
Aspettiamoci che in futuro i cosiddetti nostri governanti si sforzino ad impedire che qualcuno ci trasformi in tanti tamburi come avvenne agli asini di Pinocchio.
Per ora l’unico sindaco che fece un’impresa epica occupando il pronto Soccorso del CTO impiantandoci una tenda, è stato quello di Iglesias. Vi è stata poi qualche sindaca e un sindaco di piccole cittadine che hanno affrontato flebilmente il problema. Se loro non si mobilitano, noi non possiamo farlo, perché essi passano e noi restiamo.

Mario Marroccu

L’Ospedale Sirai fu un Presidio Ospedaliero che fungeva anche da “Casa della Salute” e da “Ospedale di Comunità”, in esso si sommavano sia la funzione ospedaliera che la funzione di ente di ricovero intermedio per la preparazione al “ritorno a casa”. Fungeva anche da “Hospice” per i malati tumorali terminali e da “Centro di Terapia Antalgica”. Il ricovero poteva durare pochi giorni o mesi. Oggi il Piano Sanitario Nazionale prevede che i ricoveri avvengano solo per ragioni puramente sanitarie e non debbano durare più di 7 giorni. Per mantenere la media sotto i 7 giorni, molti ricoveri durano solo 24 o 72 ore.
L’Ospedale degli anni ’70 e ’80, viceversa, aveva una missione sanitaria e anche sociale e a, tal fine, era organizzato come un’autarchica “Cittadella Ospedaliera”.
Oltre ai reparti di degenza per acuti e di lungodegenza, vi erano tutti i Servizi necessari ad una “comunità socio-sanitaria autonoma”: le cucine, la lavanderia e la stireria, la sartoria, la falegnameria, l’officina meccanica, gli idraulici, i carpentieri, i muratori, gli elettricisti, la centrale per la generazione autonoma di corrente elettrica e le caldaie, le case per le suore, per i medici e la chiesa col suo prete. Il prete si chiamava don Luigi Tarasco. Dato che allora si moriva molto (6-8 al giorno) e si nasceva molto (6-8 al giorno), don Luigi era molto attivo: molte estreme unzioni, molti battesimi, qualche matrimonio, e una Schola Cantorum. Politicamente era un Don Camillo alla Guareschi ed aveva il suo fucile da caccia e il cane per i tordi e le lepri di monte Rosmarino e di Santa Giuliana.
Raccontava d’essere giunto a Carbonia dal suo paese natale: Collodi, il paese di Pinocchio. «La storia del burattinoegli spiegava -, è la metafora della vita». Quel racconto serviva a mettere in guardia da quel genere di “Saltimbanchi” che avevano convinto Lucignolo e Pinocchio a seguirli verso il “Paese dei balocchi”. Poi quando i due si accorsero di avere la coda, gli zoccoli e le orecchie lunghe, capirono in ritardo d’essere caduti in inganno: erano pronti ad essere trasformati in tamburi di pelle d’asino. Don Luigi diceva: «Il problema nella vita è come fare a riconoscere i saltimbanchi«. Pinocchio, per don Luigi, non era una semplice favola ma era il racconto di un fatto reale che può capitare a tutti, e da cui bisogna guardarsi.
Carlo Collodi finì di scrivere “Pinocchio” nel 1883 proprio nel tempo della più forte fiammata di emigrazione italiana in Brasile. La coincidenza non è casuale.
Ed ecco il giocatore della Nazionale italiana Jorge Luiz Frello, detto Jorginho, l’idolo di tutti dopo Wembley, che irrompe in questa storia e dimostra che è tutto vero.
Carlo Collodi in quegli anni voleva mettere in guardia i migranti italiani dai “saltimbanchi” ma non ci riuscì con Giobatta Frello, trisavolo di Jorginho. Giobatta fu una vittima del tempo. Partito dall’altipiano di Asiago finì, dopo mille peripezìe, nell’orrore di Imbituba, nella provincia di Santa Catarina a Sud del Brasile, dove venne ridotto al rango di schiavo. Fu vittima della truffa organizzata da arruolatori di disperati che, in veste di compagnie di “saltimbanchi” facevano, come racconta in un documento padre Pietro Maldotti, «la propaganda più implacabile ed irrefrenabilmente più scandalosa fino a vedersene, nelle valli bergamasche, a predicare dalle carrozze, vestiti eccentricamente come saltimbanchi, su per i mercati e negli stessi sagrati delle chiese, facendo sognare ricchezze straordinarie e fortune colossali preparate per coloro che si fossero diretti in America». La truffa consisteva nel prestare i soldi per l’attraversata transoceanica fino al Brasile, con l’accordo che poi il prestito sarebbe stato facilmente restituito con i favolosi guadagni promessi. La realtà era un’altra. I poveretti, una volta arrivati in Brasile su carrette del mare, ammesso che ci arrivassero vivi, venivano inquadrati dai finanziatori come debitori di una somma che non sarebbero mai riusciti a ripagare e, trattenuti per garanzia, in un vero e proprio stato di schiavitù. Dopo lo sbarco venivano direttamente avviati a lavorare nelle piantagioni di caffè, di cotone, di canna da zucchero e alle miniere, dove erano venuti a mancare, per legge, gli schiavi neri. Il modo era esattamente identico a quanto succede oggi in certi posti del sud Italia con lo sfruttamento dei poveretti africani in mano ai “caporali”.
Il meccanismo della schiavizzazione dei bianchi era iniziato nel 1871 quando il primo ministro Josè Paranhos, visconte di Rio Branco, fece approvare dal parlamento brasiliano la “Ley do ventre libre”. Per effetto di quella legge, tutti i bambini che sarebbero nati dalle schiave nere, avrebbero goduto immediatamente dello status di “cittadino libero”. In breve i campi di lavoro si spopolarono di schiavi e fu necessario sostituirli con urgenza. In quegli anni, tutta l’Europa soffriva una crisi economica legata alla persistenza di un immenso latifondo inutilizzato ed all’industrializzazione con mezzi meccanici che aumentò il numero di disoccupati. I padroni delle piantagioni brasiliane, per riprendersi dalla scomparsa dei lavoratori schiavi a costo zero e preoccupati dall’improvvisa prevalenza di cittadini neri sui bianchi, organizzarono l’arruolamento di lavoratori bianchi europei in stato di povertà. Il metodo era semplice. Si organizzò una truffa colossale e capillare, con la promessa di favolosi guadagni con cui sarebbe stato restituito il debito contratto per le spese di viaggio in nave. Una volta arrivati in Brasile, gli immigrati vi sbarcavano con il peso dell’enorme prestito e venivano costretti ad accettare contratti miserabili con cui non riuscivano nemmeno a sfamare mogli e figli. Moltissimi morivano nei primi mesi per fame e malattie.
I sopravvissuti venivano trasformati in veri e propri “schiavi bianchi”.
I missionari italiani raccolsero prove di questi abusi e presentarono petizioni al Governo Italiano, affinché intervenisse a fermare quella truffa infernale. Il Governo reagì con la legge n. 2 del 31 gennaio 1901 ad opera del ministro degli Esteri Giulio Nicolò Prinetti. La legge disattivò il nodo centrale del meccanismo truffaldino:
il decreto proibì l’espatrio con viaggio pagato dal Brasile; da allora nessuno potè più partire usando prestiti brasiliani. Inoltre, venne istituito il “Commissariato Generale delle Emigrazione” che mise in atto questi provvedimenti:
– L’Italia si impegnava a proteggere i diritti dei migranti assicurando la sua protezione.
– Potevano gestire i viaggi transoceanici dei migranti soltanto le compagnie ritenute idonee dal Governo e che ottenevano la “patente di Vettore”.
– Erano consentiti imbarchi per l’emigrazione soltanto da tre porti autorizzati : Palermo, Napoli, Genova.
– Una “ Commissione Ispettiva” verificava che le navi fossero in possesso dei requisiti sanitari previsti dalla normativa.
– Al momento della partenza, saliva a bordo una Commissione governativa costituita da medici e militari che sorvegliava affinché le disposizioni di legge fossero rispettate e gli spazi a disposizione dei migranti fossero adeguati.
– Nel porto di arrivo i migranti trovavano ad accoglierli Patronati ed Enti di tutela del governo italiano che fornivano assistenza legale e sanitaria.

Nella metafora di “Pinocchio” sono rappresentati i grandi problemi di oggi:
– Il problema sanitario: come Pinocchio seppellì le monete d’oro con la promessa che sarebbe spuntato un albero di monete noi ci troviamo oggi a vedere il seppellimento dei nostri Ospedali nella promessa che poi spunti un Ospedale “Unico”.
– Il problema immigrazione : anche quei poveretti che oggi attraversano il Mediterraneo su carrette del mare, come il trisavolo di Jorginho sono stati spinti qui dai “saltimbanchi” dei loro paesi per trovarsi poi schiavi più di prima. Se l’Italia avesse un accordo bilaterale con i Paesi dei migranti, come la Legge Prinetti del 1901, non avremmo tanti disperati in mano agli scafisti.
– Il problema della ripresa economica con i sussidi e i prestiti europei: c’è da sperare che il Governo Draghi sia la “Fata Turchina” che ci salverà dal Gatto e la Volpe, e dalle torme di affaristi che saranno già in movimento.
Carlo Collodi “docet”, e alla fine ci fa anche capire che le fate non sono la soluzione, ma che dobbiamo salvarci da soli dai gatti, dalle volpi e dai saltimbanchi.

Mario Marroccu

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Ieri, 21 ottobre 2020, il Presidente della Giunta Regionale Christian Solinas ha comunicato alla popolazione che vi sono le condizioni per ordinare un nuovo Lockdown. Dovrebbe durare solo 15 giorni. Comporterebbe il blocco di tutte le attività non essenziali e quello dei porti e aeroporti. Siamo in procinto di chiudere le porte al mondo, dopo tante leggerezze e false informazioni, ma non abbiamo ancora chiuso le porte ai cattivi “influencer” che attraverso i mezzi di comunicazione hanno ottenebrato la percezione popolare del pericolo sempre incombente. Eppure siamo la generazione educata da Carlo Collodi a diffidare dai vari Lucignolo che questa Estate ci hanno fatto credere che la Sardegna fosse Il Paese dei balocchi. Ormai siamo pentiti come Pinocchio e adesso è necessario tornare ad avere fiducia nella scienza matematica.
C’è una cosa che dà fastidio nei talk show: è l’abuso di opinioni personali che vengono sciorinate come verità certe. In realtà l’“opinione” è null’altro che un’“ipotesi” che deve essere ancora dimostrata scientificamente. Per tale ragione, sulla base di dati scientifici, il 31 gennaio 2020, cioè un mese prima che il fatto si avverasse, questo giornale pubblicò un articolo che avvertiva sul pericolo di un’epidemia mondiale da Coronavirus, e le sue conseguenze economiche globali, proveniente da Vuhan. L’allarmante notizia si basava sullo studio pubblicato due anni prima in America da un gruppo di Fisici-Matematici, intitolato “Charting the next pandemic”.
Tale testo era stato scritto sulla base di statistiche della probabilità. Uno dei cinque Autori è Nicola Perra, diplomato nel Liceo Scientifico di Sant’Antioco, laureato in Fisica Teorica a Cagliari e specializzato sull’applicazione delle formule fisiche della diffusione di onde di energia alla diffusione di altri fenomeni come: le idee politiche, la pubblicità commerciale, le malattie epidemiche. Oggi il professor Nicola Perra non lavora più nelle Università americane ma insegna nella cattedra di “Fisica teorica applicata all’economia” dell’Università di Greenwich, presso Londra.
A quel gruppo di scienziati, colleghi del prof. Nicola Perra, appartiene anche il professor Alessandro Vespignani della Northeastern University di Boston. Alessandro Vespignani è il massimo rappresentante della Fisica-Matematica applicata alla Pandemia di Coronavirus, assieme ad Anthony Fauci. Stiamo parlando dei due scienziati di riferimento della amministrazione Trump per la lotta al virus.
Dato che la Fisica-Matematica è una scienza pura, senza sentimenti né passioni politiche che possano alterarne i grafici, mi servirò della sua storica applicazione alle epidemie, per concentrare l’attenzione sui dati numerici finali che riferirò.

L’esistenza dei Microbi venne dimostrata da Luigi Pasteur nel 1864 con una pubblicazione sulla “Origine della vita” nel capitolo contro la “teoria della Generazione Spontanea”.

Tuttavia, già 100 anni prima, dalla famiglia svizzera Bernoulli, che produsse geni fisici e matematici, pervennero all’Umanità i primi studi di Statistica. Il primo Bernoulli fu Jakob, che nel 1686 di venne Rettore dell’Università di Basilea e pubblicò studi sul “Calcolo infinitesimale” e la “Teoria delle Probabilità”.
Il secondo fu Daniel , di cui tutt’oggi si studia la fisiologia della circolazione sanguigna secondo il noto “ Teorema di Bernoulli”.
Oggi, chiunque assuma farmaci contro la pressione arteriosa troppo alta, sappia che deve lo sviluppo dello studio e trattamento dell’ipertensione arteriosa al “Teorema di Bernoulli”.
Quella famiglia generò altri scienziati matematici che si dedicarono alla Statistica. Questa nuova disciplina era importante per le Compagnie di Assicurazione. Si utilizzava, per esempio, per il calcolo dell’Indice di Rischio da applicare ad una nave da carico che trasportava merci, tenendo conto del tempo avverso, della pirateria, delle epidemie di peste o vaiolo, e le relative quarantene in cui poteva incappare l’equipaggio.
Nel 1700, quando ancora non si conosceva l’esistenza dei virus, Daniel Bernoulli dimostrò, con calcoli matematici, che le epidemie di Morbillo non si ripresentavano se la popolazione di un dato luogo aveva una consistenza numerica inferiore ai 500.000 abitanti. Quello studio statistico aveva dimostrato, 200 anni prima che si parlasse di “Immunità”, che in una piccola popolazione si ottiene, con una prima epidemia l'”immunità di gregge” e che i nuovi bambini nati successivamente erano troppo pochi per mantenere in vita il ciclo virale del contagio da una generazione all’altra.
Tutt’oggi quel valore matematico si chiama CCS (Critical Community Size), cioè il numero critico sotto il quale le epidemie non recidivano. Anche se la popolazione, sotto la dimensione critica, viene colpita dal Morbillo, in un tempo abbastanza breve il morbillo scompare spontaneamente.

Daniel Bernoulli, partendo dalle sue formule matematiche applicate alle epidemie, cercò di capire se la vaccinazione antivaiolosa introdotta da Edward Jenner nel 1796 a Londra, fosse utile.
Dimostrò matematicamente che la vaccinazione antivaiolosa, pur essendo gravata da complicazioni, era comunque molto conveniente perché il numero di morti di Vaiolo tra i non vaccinati era sicuramente molto più alto del numero di morti fra i vaccinati, e che l’aspettativa di vita nei vaccinati sarebbe aumentata, in media, di 3 anni e mezzo. Questo valore era altissimo se si considera che l’aspettativa di vita in quei tempi era di 25 anni.
La famiglia reale inglese, convinta dalle dimostrazioni matematiche di Bernoulli, vaccinò tutti i figli.
Lo studio di Bernoulli venne accuratamente esaminato dagli Enciclopedisti dello Illuminismo francese e lo stesso filosofo scrittore Jean Marie Voltaire ne fu un accanito sostenitore. Si associò, a sostenere le vaccinazioni di massa, la scrittrice Mary Shelley, l’autrice del libro sul mostro di Frankenstein.
Un altro matematico notevole per la nostra storia fu il dottor John Snow, che utilizzò tabelle statistiche e una mappa della città di Londra per individuare la fonte della epidemia di Colera che infuriava nella città di Londra nel 1854.
La studiosa inglese di statistica Florence Nightingale nel 1854 ideò un calcolo matematico per individuare la fonte dell’epidemia di Colera che stava decimando le truppe in Crimea. A quella guerra partecipò anche l’esercito Sardo. Morirono 3.000 sardi, ma solo 6 erano morti in battaglia.
Gli altri erano morti per colera. Fu tale la fama conquista dalla studiosa che il governo inglese e quello statunitense le affidarono l’organizzazione della rete infermieristica di assistenza sanitaria alle truppe. Questa donna matematica-statistica fondò l’Ordine mondiale delle Infermiere.
Tutt’oggi si utilizzano le equazioni differenziali formulate da due medici- statistici scozzesi nel 1927. Si tratta dei dottori William Kermack ed Anderson McKendrick. Essi scrissero le tre equazioni fondamentali che sta usando il Comitato Tecnico Scientifico italiano per studiare il comportamento delle tre classi di individui coinvolti, e prevedere l’andamento dell’epidemia. Si tratta del “modello SIR”. I numeri variabili di “Suscettibili” (S), “Infetti” ( I), “guariti” (Recovered=R=guariti), vengono combinati con un quarto fattore “D” (Densità di soglia), per prevedere la diffusione dell’epidemia, la sua durata, e cogliere il momento in cui l’epidemia sta per sfuggire di mano. Quello è il momento in cui, come essi dicono “piccoli incrementi del tasso di infezione possono causare gravi epidemie”.
Il momento in cui si perde il controllo dell’epidemia è uno di quelli che fanno perdere il sonno ai Responsabili della Sanità Pubblica.

***

Fatta questa lunga premessa, possiamo ora attribuire grande credibilità alle fredde equazioni matematiche dei Fisici- statistici.
Esiste un rapporto matematico certo che indica “quando” un’epidemia sta per andare fuori controllo.
E’ il valore matematico che si desume confrontando il numero di “tamponi naso-faringei” eseguiti in un giorno, e il numero di “casi positivi” rilevati al processatore di RNA Virale.
La formula matematica sostiene che fino a quando il “rapporto percentuale” di Infetti sul numero di Tamponi è sotto il 4%, l’epidemia è sotto controllo. Se questo numero viene superato, significa che il virus ci è sfuggito di mano; cioè non siamo riusciti ad anticipare le sue mosse.
Ieri, 21 ottobre 2020, il numero dei tamponi eseguito nel territorio italiano è stato pari a 178.000, e sono stati riscontrati 15.199 positivi. Ciò significa che la percentuale è pari a 8,42%. E’ evidente che in Italia il virus non è sotto controllo.
In Sardegna ieri, 21 ottobre 2020, sono stati eseguiti 2.223 tamponi. Sono risultati positivi 167 soggetti, pertanto, il rapporto è di 7,51% dei casi.
Questo valore (7,51 %) supera ampiamente il valore soglia di sicurezza del 4%.
Esiste poi un’altra formula, pubblicata dal vice ministro della Salute europeo Michael Roth che serve ad identificare le tre diverse zone di rischio:

– ZONA VERDE: meno di 25 positivi per 10.000 abitanti negli ultimi 14 giorni. Meno di 4% il rapporto fra positivi e numero tamponi eseguiti.

– ZONA ARANCIONE: meno di 50 nuovi positivi per 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni; e uguale o più di 4% positivi sul numero totale di tamponi.
– ZONA ROSSA: tra 50 e 150 positivi per 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni: più del 4% di positivi su tamponi eseguiti.

Da questi dati consegue che il virus sta correndo per la sua strada e ci porta al guinzaglio nella ZONA ROSSA, mentre dovrebbe essere il contrario.
E’ evidente che a causa dello scarso controllo dell’epidemia, andando di questo passo, i numeri del contagio diverranno enormi in poco tempo.
Il “Tempo” è il fattore da correggere nell’equazione della nostra vita. E non c’è tempo da perdere.
Nella nostra ASSL di Carbonia Iglesias il “tempo” si misura nelle attese per ottenere l’esecuzione dei tamponi e nelle lunghe attese necessarie per ricevere gli esiti degli esami. Tutt’oggi quasi tutti i tamponi prelevati vengono inviati al Policlinico di Monserrato. Il referto viene consegnato al paziente dopo 2-3 giorni. Nell’attesa la gente rimane isolata senza poter lavorare, e i pazienti da operare nei nostri Ospedali devono essere rinviati fino all’arrivo dell’esito. Si comprende il forte disagio nelle sale operatorie, dove i chirurghi sono in affanno, e anche nei posti di lavoro, nelle famiglie e nelle scuole.
C’è poi il problema fondamentale del “tracciamento” dei “Suscettibili” venuti a contatto con gli “Infetti”. Tale operazione, incredibilmente importante per tutta la Comunità, è affidata a pochissime persone. La miserrima dotazione organica è composta da due Infermiere, due Assistenti Sanitarie, e un paio di Medici. In realtà servirebbe una grossa compagine di Medici, Infermieri, Assistenti Sanitari e Vigili Sanitari. Per “tracciare”, “prelevare”, “controllare i soggetti in isolamento”, “registrare” i casi certi e quelli “sospetti”, “refertare”, “rispondere alle richieste dei Medici di Base e alle Scuole”, è necessario costituire un’Unità di Crisi utile per controllare molte centinaia di soggetti al giorno.
Vi è poi il problema del Laboratorio di Analisi Virologica. E’ necessario che venga dotato di un altro strumento processatore veloce dello RNA, che consenta di ottenere il referto in un paio d’ore. Il tempo è essenziale. Il soggetto contagioso che non sa d’esserlo può fare molti danni.
Naturalmente deve essere un laboratorio con personale dedicato e dotato di riserve di reagenti sufficienti ad affrontare la stagione dei virus che arriva ogni Inverno.
In attesa del vaccino è necessario concentrare gli sforzi economici e politici per metterci al riparo.

Mario Marroccu