21 November, 2024
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Il sindaco di Sant’Antioco, Ignazio Locci, interviene nuovamente nel dibattito Sulla sanità, sulle carenze del personale medico, sulla mancata risposta alla domanda di salute ormai cronica, rivolgendosi alla Giunta regionale e in particolare all’assessore della Salute, Carlo Doria, considerati responsabili del vero e proprio scempio ai servizi sanitari in corso nel Sulcis Iglesiente.

«Non trascorre giorno senza che la stampa dia notizia di reparti chiusi, aperti a singhiozzo, complete assenze di personale, medici che migrano verso altri ambiti più “altolocati” (Asl 8, Brotzu, Policlinico) lasciando scoperti i ruoli nei presidi del Sulcis denuncia Ignazio Locci -. Le colpe di questo infinito dramma sono tutte ascrivibili alla politica regionale che in questi anni ha permesso il depauperamento dei servizi del nostro territorio creando una lunga e interminabile serie di piccoli e grandi problemi per i quali verrebbe voglia di alzare bandiera bianca e affermare chiaramente “avete vinto voi: chiudiamo la sanità del Sulcis e andiamo tutti a Cagliari”.»
Il sindaco di Sant’Antioco pone l’accento sull’oggettiva assenza di medici che talvolta viene utilizzata impropriamente quale giustificazione del male “incurabile” di cui è affetta la sanità.

«In realtàrimarca Ignazio Loccise è vero che i medici risultano in misura minore rispetto a quanti ne occorrerebbero, è altrettanto vero che quelli in forza nel sistema sanitario regionale vengono distribuiti malissimo, grazie a scelte deliberate e inoppugnabili: il Sulcis, i suoi presidi sanitari, vengono infatti ignorati dall’assessorato regionale della Sanità che non fa nulla per assicurare le risorse umane necessarie a garantirne il funzionamento, dirottandole nelle più prestigiose strutture del capoluogo sardo, ovvero ASL 8, Brotzu, Policlinico. Del resto, sappiamo delle difficoltà quotidiane che incontra la Direzione della ASL 7 per coprire i ruoli, far fronte alla “fuga” dei medici dal nostro territorio, ma non ci risulta che certe carenze e certi drammi si verifichino anche a Cagliari e nelle sue prestigiose strutture. Non possiamo fare finta di nulla: il Sulcis non è tra le priorità dell’assessore regionale. Il risultato è che i cittadini ne pagano un prezzo altissimo.»
Il primo cittadino di Sant’Antioco individua due soluzioni che – a suo parere – solo una politica coscienziosa, lungimirante e soprattutto equa, può adottare. «Preso atto che il problema essenziale è la carenza di medici soprattutto nei presidi del Sulcis sottolinea Ignazio Locciallora possono essere percorse almeno due strade. La prima è redigere bandi pubblici per il reclutamento del personale che riservino una quota di medici ai presidi di Carbonia e Iglesias, evitando la migrazione “globale” verso gli ospedali del Cagliaritano. L’altra strada è dire con atti concreti “Stop ai gettonisti”: e in questo caso occorre che la Giunta Regionale mutui il provvedimento adottato dalla Regione Lombardia, dove l’assessore Guido Bertolaso ha promosso un avviso unificato che consentirà di assumere i medici liberi professionisti negli ospedali. La Sardegna deve fare altrettanto perché con questa strategia è possibile riportare i medici all’interno del Servizio Sanitario Regionale riequilibrando un sistema scellerato che, adottato da alcune  cooperative di “gettonisti”, crea forti disparità. La strada è tracciata: o si compiono scelte eque, oppure si continui a farsi beffe dei cittadini del Sulcis parlando di ospedale unicoconclude Ignazio Locci -. La verità è che per ora questa classe dirigente non è nemmeno in grado di garantire un “paio” di medici a un territorio che conta 120mila abitanti.»

Una petizione popolare per impedire la chiusura del reparto di Urologia dell’ospedale Sirai di Carbonia. E’ l’iniziativa assunta da un comitato spontaneo che oggi l’ha spedita tramite Pec, con alcune centinaia di firme di cittadini di Carbonia e non solo, all’assessore regionale della Sanità Carlo Doria, alla direttrice generale della ASL Sulcis dott.ssa Giuliana Campus e al direttore sanitario della stessa Azienda Sanitaria dott. Giuseppe Piras, con la ferma richiesta di «non privarci di questo Servizio».
Di seguito il testo integrale della petizione.
«Buongiorno a tutti… vi chiediamo una firma per scongiurare la chiusura del reparto di Urologia di Carbonia. La temporanea chiusura, senza una data di riapertura, con l’accorpamento alla Chirurgia, segna la fine di questo reparto ormai da anni vessato da ingiustificate e continue minacce di chiusura.
L’Urologia di Carbonia da anni è un punto di riferimento importantissimo per l’utenza di tutto il territorio gravemente interessata da patologie del tratto urinario spesso di carattere d’urgenza che necessitano di un tempestivo intervento, ma anche di carattere tumorale, per le quali non si può perdere tempo.
La decisione di chiudere è dettata dal fatto che da un giorno all’altro il reparto si è trovato sguarnito di 5 medici, tra cui il primario, che si sono licenziati perché vincitori di concorso in un’altra struttura.
Attualmente il reparto conta di 2 medici che da Aprile ad oggi hanno continuato a lavorare a pieno regime, non solo le utenze, ma anche interventi ordinari nonché attività ambulatoriale, biopsie, cistoscopie, litotrissie, riuscendo addirittura a smaltire le lunghe liste d’attesa.
La chiusura comporterebbe l’esodo degli utenti della zona verso altre strutture del Cagliaritano se non oltre creando disagi che graverebbero sui pazienti e la loro salute.
Tutto ciò ci ha convinto a portarvi a conoscenza di questo grave errore che si sta commettendo e quindi si chiede il vostro sostegno attraverso una vostra firma

Le criticità insite nei reparti di Cardiologia e Traumatologia e l’emergenza presente nel reparto di Urologia in merito alla grave carenza di personale e all’ipotesi di accorpare quest’ultimo con quello di Chirurgia generale dell’ospedale Sirai di Carbonia, sono state al centro dell’incontro avuto stamane dal consigliere regionale Fabio Usai con la Direttrice generale della ASL 7 Giuliana Campus.

«Ho manifestato le forti preoccupazioni dei cittadini del nostro territorio alla Direttrice generale Giuliana Campus, in merito alle gravi criticità dei reparti di Cardiologia e Traumatologia e al paventato accoprpamento dei reparti di Urologia e Chirurgia nello stesso nosocomio ha detto Fabio Usai -. Una prospettiva, quest’ultima, assolutamente negativa e da scongiurare, in quanto minerebbe fortemente il servizio di Urologia e le prerogative di tanti pazienti che ogni giorno ricorrono alle cure di un reparto che nel tempo ha dimostrato di essere un’eccellenza.»

«A queste preoccupazioni la Direttrice generale ha replicato affermando di aver inviato una lettera urgente all’assessore regionale Carlo Doria, nella quale si chiede l’acquisizione di almeno 2 unità di personale medico specializzando in Urologia, attualmente assegnato all’azienda ospedaliera di Sassariha aggiunto Fabio Usai -. Pertanto, secondo quanto espresso dalla dott.ssa Giuliana Campus, per ora i due reparti non verranno accorpati e le attività continueranno normalmente. Questa iniziativa della Direttrice, per quanto presenti evidenti limiti ed elementi di criticità, è quantomeno un tentativo di uscire da una situazione critica ha concluso Fabio Usai -. In attesa di riscontri da parte della Regione continuerò a sollecitare soluzioni strutturali.»

A partire da lunedì 6 novembre 2023 l’attività dell’Unità Operativa di Urologia dell’ospedale Sirai di Carbonia verrà temporaneamente integrata nel reparto di Chirurgia Generale. La disposizione organizzativa è stata ufficializzata giovedì 2 novembre dal direttore medico Giovanna Gregu e dal direttore sanitario della Asl Sulcis Iglesiente Giuseppe Piras, ai due medici “superstiti” nel reparto di Urologia, Ignazio Flaviani e Riccardo Farci, dopo il trasferimento del primario Andrea Solinas e di altri quattro medici ad altre strutture ospedaliere della Sardegna, che sono stati pregati di prendere accordi com il responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Antonella Piredda, per l’organizzazione delle attività.

La decisione, nell’aria ormai da alcune settimane, ha provocato la durissima reazione del consigliere regionale Fabio Usai che ha prima presentato un’interrogazione urgente all’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria, e poi inoltrato una richiesta di incontro urgente alla Direttrice generale Giuliana Campus, per affrontare la questione. «Considerata l’urgenza delle tematiche afferenti l’accorpamento dei reparti di Urologia e Chirurgia generale, alla luce anche delle conseguenze che tali decisioni stanno ingenerando o potranno ingenerare sui livelli qualitativi di assistenza sanitaria per i cittadini, ovvero alle ripercussioni sociali in ambito territorialeha detto Fabio Usai -, è necessario convocare immediatamente un tavolo di confronto con la dirigenza sanitaria del territorio. Pertanto, ho chiesto un incontro da tenersi il prossimo 6 novembre, nel quale ragionare su ogni iniziativa e azione utili a scongiurare il depotenziamento dei servizi.»

Recentemente nei giornali sardi due primari chirurghi, rispettivamente dell’ARNAS di Cagliari e AOU di Sassari, hanno definito gli ospedali delle ASL “ospedali filtro “. Esattamente il concetto che hanno espresso al giornalista è stato: «I nostri reparti chirurgici sono intasati di lavoro perché gli “ospedali filtro” non funzionano». Si era già sentito definire i nostri ospedali “ospedali periferici”, ma è la prima volta che vengono dichiarati non più “centri di cura” ma declassati a semplici “funzioni di filtro”. La degradazione sottende l’incomprensione della Costituzione e delle leggi sanitarie vigenti che declamano l’obbligo di erogare la salute pubblica con criteri di equità e uguaglianza in modo democratico a tutti gli italiani in ogni luogo. Ne consegue che tutti i reparti ospedalieri che producono le cure debbano essere ugualmente ad alto livello di prestazione. Tutti i cittadini, in qualunque ospedale dello Stato, hanno diritto a prestazioni eccellenti. Pertanto, tutti gli ospedali, nell’espletamento delle loro funzioni, sono “centrali “e non sono “periferia” di nessuno. Il contrario, sarebbe un colpevole fatto politico-amministrativo anticostituzionale.

L’idea di periferia sanitaria contrapposta al centro, nacque quando si teorizzò il concetto che gli alti costi dovuti all’evoluzione tecnologica per le malattie poco frequenti dovessero essere contenuti concentrando nei capoluoghi di regione alcune strutture specialistiche. Questo è necessario per le malattie e le procedure chirurgiche poco frequenti come la Neurochirurgia, la Cardiochirurgia, i trapianti d’organo e la Radioterapia per Oncologia. All’inizio, si era pensato che tale meccanismo dovesse essere riservato solo a quegli ambiti patologici infrequenti e costosi, e che solo quelle specifiche strutture dovessero essere centralizzate nei capoluoghi di regione. Naturalmente era inteso che invece le patologie più frequenti dovessero essere sempre trattate negli ospedali dei capoluoghi di provincia e in tutti gli ospedali dello Stato. Non fu così. Se ne abusò inventando il concetto di “Hub and Spoke”. E’ un’espressione inglese che sfrutta il disegno delle ruote del carro come le conosciamo: al centro della ruota c’è il “mozzo”, che in inglese si chiama “hub”. Sul mozzo confluiscono i raggi che in inglese si chiamano “spoke”.
L’espressione figurata della confluenza al centro dei raggi della ruota, rappresenta esattamente il concetto che esistono determinati servizi speciali che devono essere sempre convogliati nel capoluogo di Regione e messi al servizio di tutti indistintamente. Ecco perché, in quegli ospedali, esistono: la Neurochirurgia, la Cardiochirurgia, la Chirurgia pediatrica, i Servizi di trapianti d’organo, la Chirurgia vascolare, la chirurgia toracica, la radioterapia, i centri di immunologia e ematologia. Questi sono ospedali regionali disponibili alla pari per tutti i sardi. I reparti generalistici come la Chirurgia generale, l’Urologia generale, la Traumatologia e Ortopedia, la Medicina interna, la Neurologia, la Psichiatria, la Pediatria, l’Ostetricia e Ginecologia, il Nido pediatrico, l’Anestesia e Rianimazione, la Cardiologia, il Servizio emotrasfusionale. La Radiologia, il Laboratorio delle analisi ematochimiche, microbiologiche e virologiche, la Nefrologia e Dialisi, la Riabilitazione, la Pneumologia, la Diabetologia, l’Anatomia Patologica, l’Oculistica, l’Otorinolaringoiatria, la Geriatria, etc,., sono invece servizi ospedalieri che devono esistere alla pari in tutti gli ospedali capoluogo di provincia. Questi servizi devono avere una dotazione di strumenti e Personale sanitario professionalmente alla pari ovunque.
I Servizi sanitari di Carbonia, Iglesias, Oristano, Olbia, Alghero, San Gavino Monreale e Nuoro, e delle stesse strutture generalistiche ospedaliere di Cagliari e Sassari, devono funzionare parimenti bene e devono essere in condizione di indipendenza funzionale; in sostanza, non devono far confluire nulla verso i reparti generalistici che si trovano a Cagliari e Sassari. Ecco perché, non sono “ospedali di periferia” e neppure “filtro” per altri. Devono essere perfettamente dotati per dare con competenza e qualità tutti i servizi di prossimità ai malati dei propri territori.
In contrasto con la Costituzione e con le leggi sanitarie, dal 1992 in poi, iniziò l’abuso. Si impoverirono progressivamente sia il Personale che le Strutture specialistiche della città capoluogo di Provincia e si obbligarono i pazienti a rivolgersi a Cagliari anche per tutte le altre patologie. Dapprima ciò avvenne in modo inapparente, poi in modo più marcato, fino a diventare tumultuoso in questi ultimi anni, e sottrarre ai nostri ospedali le loro funzioni. Il travaso di malati verso Cagliari si chiama “mobilità passiva”. Con questa leva, indotta ormai anche per le patologie più banali, si sta soffocando lo spirito vitale dei nostri ospedali. Le prestazioni sanitarie rese dai servizi sanitari del Cagliaritano attraverso la “mobilità passiva” vengono pagate secondo un tariffario che si chiama “DRG” . E’ una classificazione del valore delle prestazioni sanitarie inventata dalle assicurazioni sanitarie private americane. Ogni prestazione, secondo il valore in euro stabilito, deve essere pagata da ciascuna ASL sarda alle strutture cagliaritane che le erogano secondo i DRG. Nel tempo tali strutture centralizzate sono state fortemente potenziate e ciò ha dato luogo ad una globale e diffusa applicazione della micidiale teoria dello “Hub and Spoke”. Quanto più esse sono state potenziate, tanto più sono stati depotenziati i nostri ospedali. Quante più prestazioni si chiedono a quelle strutture centralizzate tanto più le nostre ASL si indebitano e impoveriscono. Questo si traduce in perdita di personale e di posti di lavoro per il nostro territorio. Dopo l’epoca delle miniere e dell’industrializzazione, ora stiamo perdendo anche la Sanità. Naturalmente, il nostro impoverimento sta producendo di riflesso l’arricchimento degli ospedali del capoluogo in personale, strumenti e finanziamenti.
Chi potesse osservare tali ospedali, impropriamente arricchiti, vedrebbe dentro le corsie l’intenso traffico di medici e collaboratori. Si tratta di personale sottratto agli ospedali di provincia. La sottrazione avviene secondo i termini di legge. Per capire il meccanismo patologico che induce a questo travaso di soldi, uomini e mezzi, bisogna fare un passo indietro. Nell’anno 1992 Il ministro Francesco di Lorenzo con la legge 502, trasformò le USL (Unità Sanitarie Locali) in ASL (Aziende Sanitarie Locali). Aveva introdotto il seme della privatizzazione della sanità Pubblica. Erano gli anni in cui si stava completando la dismissione delle industrie delle PPSS (Partecipazioni Statali). Quello fu l’anno in cui avvenne la storica “Marcia per il Lavoro”, per attenuare l’impatto dell’uscita dello Stato dalle Partecipazioni statali e quindi anche dalle industrie metalmeccaniche e chimiche.
Contemporaneamente, iniziava timidamente l’uscita dello Stato dalle USL e al posto dei nostri sindaci al loro comando comparvero i manager delle neonate Aziende sanitarie. Prese piede allora la teoria economica dell’“efficienza ed efficacia” che semplicemente significa “spendere di meno mantenendo la stessa produttività” del Servizio sanitario. Nell’anno 2004, il Governo emanò il Dlgs 311 che imponeva la riduzione progressiva dei fondi destinati alla Sanità (-1,4% per anno). Ciò venne ottenuto col blocco del turn-over del personale andato in pensione e la riduzione della spesa corrente in Sanità (assunzioni e manutenzioni).
Nell’anno 2012 la legge Balduzzi (Governo Monti) ridusse i posti letto ospedalieri a 3,7/1.000 abitanti. Un valore ben lontano dagli 8 posti letto per 1.000 abitanti della Germania. Gli effetti negativi di questa legge si videro poi durante la Pandemia Covid del 2020. Nell’anno 2015 col DM 70 del Governo Renzi vi fu un’ulteriore riduzione dei posti letto, in funzione della valutazione di “volumi ed esiti” del lavoro prodotto. Cioè se il lavoro era diminuito, si dovevano chiudere i relativi posti letto ospedalieri.
L’effetto letale di queste leggi per i nostro ospedali è ancora attivo. Per effetto di quelle leggi, potremmo assistere nell’imminente futuro alla chiusura di altri reparti nei nostri ospedali. Usando queste leggi, presto potrebbe venir chiusa l’Urologia di Carbonia che, come si sa, è stata gravemente depotenziata privandola di colpo del Primario e di 4 medici. Purtroppo, a causa di questa perdita, i molti malati urologici del Sulcis Iglesiente si stanno rivolgendo agli ospedali e alle case di cura private di Cagliari.
Questo fenomeno, la cui origine è da ricercarsi in ambienti fuori da questa ASL, ha creato un crollo dei “volumi ed esiti” di prestazioni urologiche. Nessuno può pretendere dai due medici urologi sopravvissuti i “risultati ed esiti” che darebbe lo stesso reparto se avesse ancora in attività tutti i sette medici previsti dall’organico. In forza di quelle leggi, l’assessore Carlo Doria potrebbe chiudere l’Urologia di Carbonia. Speriamo che la cittadinanza e i politici locali spalanchino gli occhi un po’ di più sulla spoliazione che potrebbe ricadere anche su questo servizio. Nessuno è innocente. Non lo sono i politici che non controllano e non lo sono neppure le nostre popolazioni che subiscono senza reagire.
La voluta induzione del calo di produttività dei nostri due Ospedali sta avvenendo con un meccanismo contabile strabiliante. Bisogna riconoscere che i fondi del Piano sanitario regionale vengono equamente suddivisi tra gli abitanti della Sardegna, tuttavia quei soldi non restano nel territorio di destinazione. Rimbalzano in buona parte a Cagliari.

Per esempio, al Sulcis Iglesiente vengono attribuiti 245 milioni però nelle sue casse ne arrivano 209 (cioè 36 milioni in meno). Con quei 209 milioni vanno pagate le spese degli ospedali e quelle dei medici di Medicina generale, comprese farmacie, radiologie e laboratori analisi. I 36 milioni che mancano vanno alle casse di strutture sanitarie prevalentemente cagliaritane. Sicuramente una buona parte di quei milioni serve a pagare i DRG dovuti alla Cardiochirurgia, alla Neurochirurgia, ai Trapianti alla Radioterapia e Oncologia ma un’enorme parte serve a pagare le spese per patologie comuni di: Chirurgia generale, Urologia, Ostetricia e Ginecologia, Oncologia, Ortopedia, Radiologia, Laboratorio, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Pediatria, Anatomia patologica e altro che sono state erogate a Cagliari e che invece dovrebbero essere erogate a Carbonia e Iglesias. Purtroppo, noi non riusciamo più a farlo, perché ci mancano i medici, gli infermieri, le attrezzature e i soldi. A causa di queste spese indotte dall’insufficienza dei nostri servizi rispetto alle richieste della popolazione, infatti, ci siamo dovuti indebitare con Cagliari e non possiamo permetterci di assumere personale o acquistare attrezzature. Avviene esattamente il contrario nelle strutture specialistiche delle città capoluogo regionali di Cagliari e di Sassari, dove i finanziamenti sono sempre in attivo proprio per l’afflusso di soldi provenienti da tutte le ASL sarde. Ciò si desume dai dati esistenti in un prospetto sui finanziamenti e spese delle ASL sarde (delibera RAS n. 10/33 del 16 marzo 2023). In questo prospetto la teoria “Hub and Spoke”, per quanto riguarda il flusso di soldi dalla periferia al centro, è perfettamente rappresentata. Naturalmente non si tratta solo di questo ma anche di un riallocamento di personale, mezzi e interi servizi verso gli ospedali più ricchi del capoluogo (vedi il caso della Anatomia patologica del Sirai trasferita in blocco al Santissima Trinità di Cagliari). Oggi i servizi di Anatomia patologica dobbiamo comprarli da altre ASL.
Tutto quanto descritto è possibile perché le ASL delle province sarde non sono più delle vere ASL. Tutti i poteri di autonomia sono stati assorbiti da una struttura pubblica di diritto privato che oggi si chiama ARES, e in passato era ATS. Il patologico ciclo economico che deriva da tale organizzazione sanitaria centralizzata, visto ciò che sta avvenendo, non può essere favorito, pena il fallimento di tutti i nostri ospedali. Ne consegue, che per salvare i nostri ospedali, bisogna contrastare la teoria “Hub and Spoke”, o perlomeno bisogna precisare che quel concetto vale solo per le alte specializzazioni di Neurochirurgia, Cardiochirurgia, Trapianti d’organo, Chirurgia toracica e Chirurgia vascolare, lasciando tutte le altre chirurgie e le patologie internistiche più diffuse agli ospedali di provincia. Si avrebbe il vantaggio di conservare la medicina di prossimità, la cultura ospedaliera esistente storicamente e il vantaggio di contrastare lo spopolamento, la perdita di posti di lavoro e il problema demografico incombente.

La nostra è una popolazione molto invecchiata, e per di più il numero di vecchi è in un preoccupante crescendo, inarrestabile, pertanto, necessita della vicinanza del suo ospedale.

Mario Marroccu

La consigliera regionale di Idea Sardegna Carla Cuccu, segretaria della commissione Sanità, ha presentato un’interrogazione al presidente della Regione Sardegna Christian Solinas e all’assessore della Sanità Carlo Doria, chiedendo di accelerare l’organizzazione e iniziare quanto prima l’importante campagna vaccinazione antinfluenzale per la stagione 2023-2024.
«La campagna di vaccinazione antinfluenzale per la stagione 2023-2024 è una questione di sanità pubblica molto importante per tantissimi soggetti a rischio e categorie protette – ha detto Carla Cuccu -. È già noto che la co-circolazione di virus influenzali e altri agenti patogeni respiratori, incluso il SARS-CoV-2, potrebbe caratterizzare l’andamento della stagione influenzale in corso. Pertanto, ribadisco con forza l’importanza di questa campagna di vaccinazione, in particolare per i soggetti ad alto rischio di tutte le età.»
Carla Cuccu sottolinea che «la vaccinazione antinfluenzale risulta essere una pratica riconosciuta a livello internazionale e nelle restanti regioni d’Italia si è già pianificato ed organizzato la campagna, stabilendo priorità per soggetti maggiormente a rischio, definendo tempi e modalità d’intervento. Nella nostra Regione Sardegna ancora silenzio totale».

Nuovo appello della FP CGIL al presidente della Regione Cristian Solinas e all’assessore della Sanità Carlo Doria sulle gravissime criticità della Sanità nelle Asl Sulcis e Medio Capidano, con contestuale richiesta di intervento immediato per il ripristino dei livelli minimi essenziali, in una nota indirizzata anche al direttori delle due Asl e alle conferenze socio sanitarie territoriali.

Il testo integrale.

«La scrivente Organizzazione Sindacale denuncia alle istituzioni in oggetto e a tutta la popolazione della Sardegna Sud Occidentale l’Emergenza Sanitaria che i nostri territori stanno vivendo e che da circa tre anni, in concomitanza con la pandemia da Sars Covid -2, si è talmente aggravata che sembra aver preso una china irreversibile. L’emergenza pandemica sembra non aver insegnato niente a chi ha il potere organizzativo e decisionale, certamente, non è servita a migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro a danno dei lavoratori e di tutta la popolazione.

In questi ultimi anni abbiamo assistito allo sgretolamento della nostra Sanità Territoriale, in modo lento ma costante e efficace. Si è passati da due Asl autosufficienti dotate di unità operative e servizi di eccellenza ad una assenza completa di servizi e assistenza, declassando i propri Presidi ospedalieri di categoria non definibili.

Per la Asl Sulcis le unità operative e i servizi soppressi sono in ordine cronologico: Anatomia patologica, Medicina nucleare, Neurofisiopatologia; altri servizi depotenziati sono l’Oculistica, l’Otorino e la Radiologia. L’Emodinamica è passata da h 24 a h 7, il pronto soccorso del P.O. CTO è divenuto punto di primo intervento, ufficiosamente è chiusa la Rianimazione, la Chirurgia e la Traumatologia del CTO, ciclicamente vengono chiuse le unità operative di Neurologia e di Urologia sempre causati dalla grave contrazione organica del personale. Sia per la Asl Sulcis che per il Medio Campidano il servizio commissioni mediche per l’invalidità ha avuto una battuta d’arresto rendendo ancora più lunga la lista di attesa per i pazienti che necessitano di tutte le tutele per il sostentamento durante e dopo la fase acuta della malattia. Per la Asl del Medio Campidano da mesi oramai gli interventi chirurgici in urgenza vengono garantiti da altri Presidi Ospedalieri compreso quello della Asl Sulcis la quale non riesce a gestire la propria di Urgenza Sanitaria Territoriale . Si è chiuso, ma solo sulla carta, il reparto Covid inaugurato nel 2022 presso il presidio del Sirai ma si è allestita un area all’interno della medicina del medesimo presidio destinata ai soli pazienti Covid. In teoria l’assistenza dei pazienti affetti dal virus dovevano essere quelli classificati a bassa intensità invece non si è mai smesso di ricoverare pazienti la cui assistenza non poteva di certo definirsi bassa.

Siamo venuti a conoscenza della presenza di un nuovo focolaio, al di fuori dalla piccola area destinata ai pazienti Covid, presso il presidio del Sirai che ha portato conseguenze importanti e dannose per gli operatori/e e pazienti tutti. A dispetto di ciò che si racconta riguardo il virus la verità è che lo stesso continua ad essere altamente infettivo e in assenza di un’unità operativa dedicata, il rischio del contagio permane elevato.

Tenuto conto dell’urgenza, l’azienda sta provvedendo a concentrare i pazienti contagiati dal virus in un’unica area dedicata e trasferendo i restanti in altre unità operative. Questa operazione viene svolta dai pochi operatori che, considerato il periodo feriale operano in sofferenza, continuando a fare i salti mortali a causa della disorganizzazione aziendale e di tutto il Sistema Sanitario Regionale. La contrazione organica del personale persiste da tempo per cui non si accettano le solite scusanti: “Siamo in emergenza”! Altro autore di questo disastro è il Sistema regionale. La dismissione da parte della Regione delle strutture dedicate alla ricezione dei pazienti positivi preoccupa non poco tenuto conto del fatto che ad oggi permane un alta incidenza degli stessi.

Se da un lato l’Azienda tenta di aprire 4 posti letto Hospice presso il presidio del Santa Barbara, dall’altro si fanno scappare i professionisti verso terre non lontane ma ben definite dal punto di vista lavorativo. Altro tasto dolente è la contrattazione di secondo livello la quale va a rilento. Come Asl Sulcis ci si posiziona ultimi a livello regionale creando un divario fra lavoratori dipendenti dello stesso sistema. Si continuano a perdere pezzi importanti all’interno dei blocchi operatori, si continua in barba al CCNL e alle sue clausole di salvaguardia a tutela del lavoratore a fare un uso spropositato della pronta disponibilità sovraccaricando gli operatori di tutte le professionalità, dai tecnici agli operatori sanitari.

Lo stesso vale per la Asl del Medio Campidano, la contrazione organica del personale non permette il rispetto, oltre che dei CCNL anche della Sicurezza dei luoghi di lavoro, di conseguenza non garantisce la sicurezza degli stessi pazienti nonché della popolazione tutta. Già in passato la nostra organizzazione ha dovuto allertare il prefetto, la procura per la tutela della salute pubblica e gli stessi servizi di vigilanza per la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro

Come nel comunicato stampa precedente, da febbraio scorso, dove denunciavamo la nostra grande preoccupazione per la la chiusura della rianimazione, ad oggi le nostre paure si sono palesate.

Per l’ennesima volta chiediamo al presidente della Regione Cristian Solinas e all’assessore della Sanità Carlo Doria di intervenire immediatamente per il ripristino dei livelli minimi essenziali. Nella speranza di non essere costretti a trasferimenti fuori Regione non ci resta che GRIDARE AL DISASTRO informando CITTADINI E ISTITUZIONI.»

Caterina Cocco –  Segretaria regionale FP CGIL

Monica Secci – Segretaria Sardegna Sud Occidentale FP CGIL

I 22 sindaci dei Comuni del Sulcis Iglesiente che non hanno partecipato alla conferenza socio sanitaria convocata dal direttore generale della ASL Sulcis Iglesiente, Giuliana Campus, e svoltasi venerdì 28 luglio nella sede dell’ARES Sardegna, a Cagliari (era presente solo Debora Porrà, sindaca del comune di Villamassargia), hanno chiesto allo stesso direttore generale della ASL Sulcis Iglesiente Giuliana Campus e al direttore generale di ARES Sardegna Annamaria Tommasella, una nuova convocazione della stessa conferenza socio sanitaria presso la sede della Direzione Generale Carbonia.

«La tematica è ritenuta particolarmente importante e sentita da parte di ognuno dei 22 Sindaci, rappresentanti di un territorio che continua a non avere una struttura adeguata a soddisfare le esigenze della sanità del luogo – si legge nella nota di richiesta di convocazione -. La scelta dell’ubicazione di un nuovo presidio ospedaliero è particolarmente delicata dovendo rispettare determinati requisiti nonché tener conto di un territorio esteso e frastagliato, che coinvolge circa 120.000 abitanti. La scelta è strategica e, pertanto, deve essere attentamente ponderata. Così come accade per qualsiasi altro territorio, quello del Sulcis Iglesiente ha necessità di essere preso in considerazione anche dal punto di vista dell’immagine e delle modalità di interazione da parte degli interlocutori Regionali di qualsivoglia natura.»

I 22 Sindaci (Laura Cappelli – Buggerru, Claudia Mura – Calasetta, Pietro Morittu – Carbonia, Stefano Rombi – Carloforte, Isangela Mascia – Domusnovas, Paolo Sanna – Fluminimaggiore, Andrea Pisanu – Giba, Pietro Cocco – Gonnesa, Mauro Usai – Iglesias, Gian Luca Pittoni – Masainas, Sasha Sais – Musei, Antonello Cani – Narcao, Romeo Ghilleri – Nuxis, Gianluigi Loru – Perdaxius, Mariano Cogotti – Piscinas, Ignazio Atzori – Portoscuso, Elvira Usai – San Giovanni Suergiu, Massimo Impera – Santadi, Ignazio Locci – Sant’Antioco, Maria Teresa Diana – Sant’Anna Arresi, Emanuele Pes – Tratalias, Marcellino Piras – Villaperuccio) hanno chiesto, pertanto, che la riunione relativa alla realizzazione di un nuovo presidio ospedaliero territoriale nel Sulcis Iglesiente, abbia luogo nel territorio in cui esso dovrà essere costruito, anche alla luce delle molteplici richieste di presenza fisica dell’assessore di competenza e alla stessa è stato invitato a partecipare, presso la sede della Direzione ASL di Carbonia, l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria.

L’Azienda regionale della Salute, Ares, nel corso di un tavolo tecnico convocato nella sede di Cagliari, in via Piero Della Francesca, ha presentato i risultati dello studio di fattibilità per la realizzazione del nuovo ospedale del Sulcis Iglesiente. Lo studio, realizzato dal gruppo di lavoro interno all’Ares, propone una bozza articolata su tre aspetti: la fotografia della situazione attuale sotto il profilo demografico e assistenziale nell’area di competenza dell’Asl 7; le caratteristiche del nuovo ospedale; il passaggio dalla fattibilità alla progettazione.

«All’interno dell’obiettivo generale dei quattro nuovi ospedali della Sardegnaha detto il presidente della Regione, Christian Solinasil nuovo ospedale del Sulcis Iglesiente rappresenta una priorità nella priorità. A fronte di una carenza di personale sanitario che oggi più che mai è un problema nazionale, l’attuale configurazione dei tre ospedali del presidio unico, Sirai, Santa Barbara e Cto, non consente una gestione ottimale delle risorse, con inevitabili ricadute sull’assistenza e sugli stessi operatori. Il nuovo ospedale rappresenta un’opportunità di rilancio per i servizi e l’assistenza nell’area. Un Dea di primo livello che dovrà trovare collocazione in una posizione baricentrica, ben collegata dal punto di vista viario e idonea all’atterraggio dell’elisoccorso, una struttura moderna e tecnologicamente in linea con gli standard più avanzati.»

Secondo lo studio presentato dall’Ares, il dimensionamento del nuovo ospedale, tarato sulla base dell’attuale rete ospedaliera e il fabbisogno sanitario (valutato anche sulla base della mobilità passiva) prevede una struttura con 329 posti letto in sei aree dove troveranno spazio la terapia intensiva, la cardiologia, l’unità coronarica, la gastroenterologia, la nefrologia, la neonatologia, la neurologia, l’oculistica, l’oncologia, l’otorinolaringoiatria, la pneumologia, la psichiatria, l’urologia, la chirurgia, la medicina generale, l’ortopedia e traumatologia, l’ostetricia e ginecologia, la pediatria, la lungodegenza, la riabilitazione oltre a 10 sale operatorie, il pronto soccorso e i servizi ad alta tecnologia della diagnostica per immagini, i laboratori, la farmacia e i servizi generali, all’interno di una superficie costruita di circa 45mila metri quadri e una superficie totale (compresi i parcheggi, le aree verdi e quelle interne) di circa 100.000 metri quadri. L’area non dovrà quindi avere una superficie inferiore ai 10 ettari.

Il costo stimato, tenuto conto dei servizi previsti e del costo a posto letto e per le tecnologie biomedicali previste, è di poco meno di 200 milioni di euro esclusi l’iva e gli oneri di urbanizzazione, progettazione e sicurezza che saranno valutati in seguito.

«Lo studio realizzato dall’Ares sarà messo a disposizione di tutti i sindaci del territorio e la scelta dell’area sarà condivisaha aggiunto l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doriama dovrà rispondere alle caratteristiche che abbiamo indicato: un’area, preferibilmente pubblica, baricentrica, connessa alle viabilità principali, idonea sotto il profilo idrogeologico e non soggetta a vincoli dei beni culturali e ambientali. Oggi abbiamo avuto modo di esaminare una prima proposta, avanzata dal sindaco di Villamassargia, presente all’incontro, che sembrerebbe rispondere a questi criteri. Valuteremo attentamente qualunque proposta proveniente dal territorio avendo ora una base tecnicamente valida rappresentata dallo studio di Ares.»

Nuovi Ospedali di eccellenza ad Alghero, Cagliari, Sassari e un nuovo presidio ospedaliero territoriale unico nel Sulcis Iglesiente. E’ il piano della Regione per la riorganizzazione delle strutture sanitarie contenuto nella deliberazione del 1° giugno, proposta dall’assessore della Sanità Carlo Doria, che affida all’Ares, alla ASL n. 1  e all’AOU di Sassari la predisposizione di uno studio di fattibilità, da consegnare in 60 giorni, in cui vengano indicate le aree idone per la collocazione delle nuove strutture.
Il presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, che sul tema dei nuovi ospedali si è sempre speso e ha sempre mostrato massima attenzione, esprime grande soddisfazione e plauso al Presidente Christian Solinas e all’assessore Carlo Doria.

«Ora è necessario imprimere la massima velocità, riducendo al minimo le procedure burocratiche per raggiungere uno dei più importanti obiettivi della legislaturadice il presidente del Consiglio regionale Michele Pais -. Sarà necessaria la massima collaborazione di tutte le istituzioni coinvolte, a partire dagli enti locali, che dovranno essere collaborativi e proattivi per giungere quanto più velocemente possibile all’avvio della progettazione e, successivamente, alla realizzazione delle nuove strutture sanitarie.»
Michele Pais evidenzia che un aspetto di particolare importanza è che i nuovi ospedali, oltre a garantire i migliori standard di assistenza sanitaria rispetto alle strutture esistenti troppo datate e soggette a continue ristrutturazioni, spesso non soddisfacenti, «consentiranno un utilizzo ottimale del personale sanitario sempre più carente e oggi dislocato in strutture distanti e disomogenee che ne aggrava la situazione».
«Con i nuovi ospedali i cittadini avranno punti di riferimento unici per accedere  alla migliore assistenza, anche grazie alla  riorganizzazione delle attività ospedaliere che sono in continuo incremento – conclude Michele Pais -. Le strutture preesistenti continueranno a svolgere un ruolo all’interno del nuovo assetto territoriale, capace di offrire tutti i servizi di natura ospedaliera e di assistenza integrativa. Ora è necessario correre.»