E’ stata diffusa nei giorni scorsi l’intervista che il Direttore di “La Provincia del Sulcis Iglesiente”, Giampaolo Cirronis, ha raccolto dal dr. Rinaldo Aste il giorno della sua andata in pensione. Fino a pochi giorni fa, Rinaldo Aste era il Primario del reparto di Cardiologia dell’Ospedale Sirai di Carbonia. Ha lasciato l’Ospedale l’ultimo dei suoi Fondatori. In ordine storico, tra i “Primari fondatori” della Medicina Interna, si annoverano il dr. Enrico Pasqui, il dr. Cesare Saragat, il dr. Giorgio Mirarchi ed il dr. Rinaldo Aste.
I medici illustri che hanno fatto crescere il capitale di valore umano e scientifico del Sirai, sono molti, ma i componenti di questo elenco hanno generato, ognuno per la sua parte, nuove unità operative specialistiche che ora sono patrimonio definitivo della Comunità di Carbonia e del Sulcis: la Medicina Interna, la Cardiologia, la Neurologia, il Laboratorio, il Centro Trasfusionale, la Pediatria, la Nefrologia e Dialisi.
Come diceva il dr. Gaetano Fiorentino, primo Direttore Sanitario dell’Ospedale Sirai, «i Medici sono come l’acqua. Quando c’è, trovi naturale che ci sia e la ignori; quando manca ti accorgi della sua importanza». Ora stiamo facendo i conti con questa mancanza.
La politica di contabilità sanitaria degli ultimi 20 anni ha spogliato gli ospedali di personale, servizi ed attrezzature. L’Ospedale Sirai ha avuto un duro colpo che si è riflesso sul benessere fisico ed esistenziale del territorio; esso, infatti, non è soltanto una struttura muraria contenente Medici, Infermieri e Impiegati, è anche un luogo dell’identità collettiva. Nella visione popolare è il luogo sicuro, dove si registrano le fasi più importanti della vita, è cioè il luogo dove:
– si nasce in sicurezza,
– si curano le malattie,
– si muore in modo civile.
L’Ospedale è un luogo carismatico che appartiene alla sfera del sentimento popolare del conforto solidale nel momento della sofferenza. E’ ben distante dall’idea di Centro gestionale della Sanità, la cui separazione dal popolo è colmata dall’incomunicabilità burocratica.
L’Ospedale di cui qui si tratta, ha due nature, quella fisica e quella immateriale. Ognuna è rappresentata da soggetti diversi: la burocrazia da una parte, l’apparato assistenziale dall’altra.
Una è radicata nel sentimento popolare, l’altra no.
Dall’incapacità di capire la differenza tra queste due diverse nature deriva, in generale, il degrado della comunicazione tra la politica amministrativa di questi ultimi 20 anni e l’apparato sanitario. Gli effetti sono ricaduti sui cittadini e ne abbiamo avuto una potente prova durante l’epidemia di Covid-19.
L’uscita di figure carismatiche dal nostro Ospedale esalterà il danno identitario e ciò avrà conseguenze pratiche. E’ come se da un corpo uscisse la mente, come avviene in certe malattie degenerative del sistema nervoso centrale che distruggono le famiglie. Così pure l’Ospedale è diventato un corpo a sé stante che obbedisce correttamente a logiche giuridico contabili ma che ha perso l’anima popolare solidale idealizzata nell’articolo 32 della Costituzione. La perdita di anima della Nuova Sanità è coerente con gli algoritmi rigorosi e ben schematizzati, per il funzionamento di una macchina teorica, ma lontani dal bisogno popolare di fiducia nei suoi curanti e di conforto.
Il contatto con il popolo è interrotto. L’isolamento dell’Ospedale durante l’Epidemia ne ha esaltato la distanza. Oggi, sentita anche la protesta dei Sindaci della Sardegna che chiedono di partecipare al nuovo progetto di sanità finanziato dal Next Generation EU (prossima generazione europea), abbiamo la prova certa che esiste il bisogno diffuso di costruire quel luogo della mente del Sirai in cui deve tornare a rispecchiarsi l’alleanza sociale.
Se ciò non avvenisse, ne nascerebbe la delusione, la tristezza, il distacco. Togliendo l’Ospedale dalla città di Carbonia si annullerebbe l’idea stessa di città, e al suo posto si creerebbe la necessità di identificarsi in un altro luogo ideale a cui appartenere. Per i nostri giovani quel luogo potrebbe essere Cagliari, Sassari o Milano; cioè un luogo dell’immaginario collettivo dove i servizi essenziali esistono e funzionano. Ne nascerebbe la ricerca di un altro luogo dove andare a nascere, a farsi curare e a morire.
Non è strano che quest’anno, sino ad oggi, siano nati nella nostra ASL solo 133 bambini. Nel 1970 al Sirai nacquero 2.000 bambini, e altri 1.000 nacquero ad Iglesias. Mancano al conto 2.867 nuovi nati. Questo numero non si spiega con la curva demografica. Si spiega con lo spostamento delle giovani coppie in altri luoghi più serviti.
Lo spopolamento inizia così: con l’idealizzazione di un luogo in cui migrare alla ricerca di più sicurezza, cultura, solidarietà, giustizia, lavoro.
Queste sono le conseguenze pratiche della perdita delle istituzioni identitarie e dei carismi che vi risiedono.
L’uscita di scena di figure sanitarie, con il carisma di Fondatore dell’Ospedale, obbliga a riflettere sul fatto che la macchina sanitaria pubblica non è solo il luogo del padrone contabile del momento, ma è proprietà identitaria della popolazione, e la popolazione non si identifica con i manager ma con gli operatori sanitari che essa stessa ha generato. La Nuova Sanità non si può costruire solo con complessi algoritmi ma con l’introduzione di nuovo Personale che apporti umanità, creatività, passione e competenza.
Note biografiche e professionali del dr. Rinaldo Aste
E’ nato a Carloforte, 67 anni fa, dal mitico Maestro e Compositore di Opere musicali Angelo Aste. Questi era figlio di un altro Rinaldo, anch’esso musicista, ed era un artista talmente apprezzato che lo stesso papa Paolo VI lo investì del cavalierato dell’Ordine di san Silvestro.
La certificazione del DNA musicale del dr. Rinaldo Aste, cardiologo, è importante. Forse proprio per questo era destinato, nella vita professionale di Medico, ad accordare il ritmo cardiaco con i Pacemakers ai pazienti cardiologicamente fuori tempo.
Fu acquisito all’équipe del dr Enrico Pasqui a Carbonia nel 1983 e, nonostante fosse già specialista in Malattie Infettive, non resistette al richiamo dell’elettrofisiologia applicata alla Cardiologia. Nel 1988 applicò il primo PaceMaker nel Reparto Medicina dell’Ospedale di Carbonia quando era appena fresco di specializzazione. Erano tempi in cui, per la patologia della conduzione del ritmo cardiaco, bisognava rivolgersi alla Clinica Aresu di Cagliari, a Milano o a Londra. Chi lo vide eseguire l’intervento ricorda con quale precisione e freddezza introdusse una grossa cannula nella vena succlavia sinistra del paziente, ottenendo un iniziale impressionante fiotto di sangue. Per chi non lo sapesse quel metodo percutaneo era allora praticato in Italia da pochissime persone e l’abilità manuale, che ne riduceva la pericolosità, si acquisiva dopo un training di anatomia chirurgica molto severo.
Da precursore del metodo, Rinaldo Aste si trasformò in abituale impiantatore di stimolatori cardiaci e visse più tempo sotto le radiazioni degli intensificatori di brillanza in sala operatoria che alla luce del sole. Da allora, ha impiantato l’importante numero di oltre 2.500 pacemakers e defibrillatori biventricolari. Da alcuni anni aveva iniziato ad impiantare anche sistemi di controllo digitale a distanza del ritmo cardiaco nei pazienti a rischio. Per capirci, se il giocatore, della nazionale di calcio danese, Christian Eriksen, fosse passato all’Ospedale di Carbonia prima della partita Danimarca-Finlandia, il dr. Rinaldo Aste gli avrebbe impiantato sottocute l’antenna del rilevatore di anomalie del ritmo e l’arresto cardiaco sarebbe stato prevenuto.
Mario Marroccu