18 November, 2024
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«Auguriamo buon lavoro ai nuovi commissari straordinari e amministratori delle Province nell’adempimento delle funzioni e della missione che la legge ha loro attribuito: portare a compimento il percorso di riordino delle province e delle città metropolitane a seguito della riforma introdotta nel 2021.»

Mauro Esu, segretario provincia del Partito democratico del Sulcis Iglesiente, commenta così le nomine dei nuovi vertici delle Province deliberate ieri dalla Giunta regionale.

«A tale scopo le elezioni previste per il 30 giugno 2024 subiscono un differimento al 30 aprile 2025 – aggiunge Mauro Esu -. Entro tale termine si dovranno completare le procedure per la successione dei nuovi enti a quelli preesistenti. Deve essere, a questo punto, chiara e netta la volontà della Giunta regionale e della maggioranza di non voler andare oltre questi termini. Il commissariamento, che per sua natura è un fatto istituzionale straordinario, è stato trasformato dal precedente governo regionale di Centro Destra nella normale modalità di governo dei territori. Questa intollerabile situazione non deve ripetersi. C’è stata, infatti, in questi ultimi anni, una eccessiva demonizzazione dell’elezione di “secondo grado”, favorendo un metodo che ha negato ogni attività democratica nei territori.»

«Certo, noi auspichiamo il ripristino delle norme per l’elezione diretta dei presidenti e dei consigliconclude Mauro Esu -, tuttavia deve restare ferma la volontà di superare al più presto la situazione di commissariamento, quale che sia il sistema elettorale che si dovrà attuare nell’aprile del 2025.»

Le province sono commissariate dal 2012, a seguito dei risultati del referendum n° 4 (abrogativo) del 6 maggio 2012: «Volete voi che sia abrogata la legge regionale sarda 12 luglio 2001, n. 9 recante disposizioni in materia di “Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell’Ogliastra e di Olbia-Tempio”?». Allora, nella XIV legislatura regionale era in carica la Giunta di Centro Destra presieduta da Ugo Cappellacci; nel mese di marzo 2014, XV legislatura, si è insediata la Giunta di Centro Sinistra presieduta da Francesco Pigliaru. Con la legge regionale 4 febbraio 2016, n. 2 “Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”, sono state istituite la Città Metropolitana di Cagliari e la provincia del Sud Sardegna, con la conferma delle province di Sassari, Nuoro, Oristano, rimaste tutte commissariate per l’intera legislatura di cinque anni.

Nel mese di marzo 2019 si è insediata la Giunta di Centro Destra presieduta da Christian Solinas e le province sono rimaste ancora commissariate ma nel 2021 è stata approvata la legge che reistituisce le province cancellate il 6 maggio 2012 dal referendum, con la legge 12 aprile 2021, n° 7, “Riforma dell’assetto territoriale della Regione. Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2016, alla legge regionale n. 9 del 2006 in materia di demanio marittimo e disposizioni urgenti in materia di svolgimento delle elezioni comunali”. Nel nuovo assetto sono state previste l’istituzione della Città Metropolitana di Sassari, affiancata alla Città Metropolitana di Cagliari, e sei province: Oristano, Nuoro, Nord-Est Sardegna, Ogliastra, Sulcis Iglesiente e Medio Campidano. La legge è stata impugnata dal Governo e solo all’inizio dello scorso mese di luglio la Corte Costituzionale ha bocciato il ricorso del Governo su alcuni punti inerenti la reistituzione delle nuove province. Le province sono rimaste tutte ancora commissariate.

Ricordiamo, infine, che a sottrarre ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti nelle Province, attraverso un’elezione di secondo livello, è stata la legge nazionale 56 del 7 aprile 2014, nota come Legge Delrio, dal nome di Graziano Delrio, oggi senatore, già ministro nei Governi Letta e Renzi, uomo di punta del Partito democratico. La conseguenza più immediata della riforma è stata l’eliminazione di un livello politico e di intermediazione amministrativa in quanto i consigli provinciali e le nuove assemblee vengono composti direttamente dai sindaci e consiglieri comunali dei comuni rappresentati. Questa riforma, di fatto, è rimasta inattuata e le province sono rimaste commissariate.

A rilanciare il tema dell’elezione diretta è stata la Lega, con la presentazione di una proposta di legge, primo firmatario il deputato Alberto Stefani, che mira a ripristinare le province come enti di primo livello e alla conseguente reintroduzione dell’elezione diretta del presidente della provincia e dei consiglieri provinciali.

Se l’iter legislativo farà il suo corso in tempi ragionevoli e arriverà alla conclusione con l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore della legge, dunque, saremo chiamati a votare il 30 aprile 2025. Ma, intanto, le province restano commissariate e nei prossimi giorni si insedieranno gli 8 amministratori unici nominati ieri dalla Giunta regionale e i tre commissari liquidatori di Sassari Gallura, Nuoro Ogliastra e Sud Sardegna, enti cancellati dalla legge n° 7 del 12 aprile 2021.

 

«La Giunta regionale deve rendere nota la sua strategia sulla metanizzazione della Sardegna.»

Lo afferma il segretario generale della Uiltec Sardegna Pierluigi Loi.

«La Uiltec regionale ritiene che per la Giunta guidata da Alessandra Todde sia arrivato il momento di fare una scelta politica industriale e chiaramente dichiarare cosa intende fare sulla metanizzazione della Sardegnaaggiunge Pierluigi Loi -. La Uiltec, inoltre, ritiene che la realizzazione della dorsale a metano che alimenti l’industria e i bacini civili sia l’unica strada, al momento, per raggiungere una transizione energetica economicamente e socialmente sostenibile, per dare risposta a imprese e lavoratori che da tempo aspettano.»

«Dopo che l’ex presidente della Giunta Christian Solinas aveva impugnato il DPCM Draghi nel febbraio 2022, era stato preso impegno che entro dicembre 2023 sarebbe stato sostituito da un altro DPCM contenente la dorsale a metano da nord a sud dell’isola – prosegue Pierluigi Loi -. Con il passare di qualche mese quest’impegno si è rivelato una bufala. La nuova giunta, che ormai si è insediata da qualche mese, deve fare chiarezza su questo tema, prima di politica industriale e addivenire quanto prima a uno accordo col ministero competente quanto prima. Gli investimenti legati alle riprese produttive non possono più aspettareconclude Pierluigi Loinon si può rischiare di morire di inedia per paura di fare scelte.»

Paolo Luigi Dessì, candidato della lista “Giorno Nuovo” è stato eletto sindaco di Sant’Anna Arresi con 888 voti, il 52,45%. Maddalena Garau, candidata della lista “Uniti per Sant’Anna Arresi”, ha ottenuto 805 voti, il 47,55%. La lista vincitrice delle elezioni porta in Consiglio 8 consiglieri, quella sconfitta avrà in minoranza 4 consiglieri.

Paolo Luigi Dessì, 64 anni, torna alla guida del comune di Sant’Anna Arresi, dove è stato sindaco per tre consiliature consecutive.

E’ stato consigliere regionale dal 2009 al 2014 (eletto) e dal 2017 al 2019 (primo dei non eletti, subentrò in corsa al dimissionario Ignazio Locci, vicepresidente dell’assemblea di via Roma, eletto sindaco di Sant’Antioco). Nell’ultima legislatura regionale, ha rivestito l’incarico di segretario particolare del presidente Christian Solinas dal 2 novembre 2022 fino alle elezioni dello scorso mese di febbraio.

Paolo Luigi Dessì è stato anche consigliere della provincia di Carbonia Iglesias, dal 2005 al 2010.

Il disastro sanitario ed economico del Sulcis Iglesiente non è nato dal nulla. Ha radici nei fatti politici del 1992. E’ utile fare un viaggio nella storia di quegli eventi sia per capire e, forse, per porre qualche riparo.
Lo stato di salute della sanità pubblica è oggi talmente grave e la sua gravità è talmente complessa che, a questo punto, è difficile anche il solo sospettare che veramente esista fisicamente qualcuno che abbia programmato tanto degrado. Dovrebbe essere un genio fornito di una maligna intelligenza superiore.
Ammesso che esista un soggetto del genere, a che scopo lo avrebbe fatto? C’è chi sostiene che il danno al servizio sanitario nazionale sia stato progettato da un’ignota organizzazione al fine di favorire la sanità privata. Sarebbe un’organizzazione di matti veramente sciocchi perché sostituirsi del tutto alla Sanità pubblica non conviene a nessuno. Per esempio: a chi converrebbe accollarsi i malanni di tutti i vecchi d’Italia, soli, inguaribili e con in tasca i pochi soldi per la sopravvivenza? A chi converrebbe l’onere di assistere tutti i malati di cancro, debilitati nel fisico, nella famiglia e, soprattutto, nel conto in banca? Chi glielo farebbe fare ad assumersi l’impegno di prendersi in cura i pazienti in Rianimazione in uno stato di coma più o meno profondo? Perché dovrebbero pagare le ingenti spese dei trapianti d’organo a pazienti senza speranza e non solvibili? E gli infarti del miocardio? E tutti i casi di diabete ai limiti della invalidità? E i tossicodipendenti? E le malattie rare? I morti sul lavoro? E gli psichiatrici? E gli incidenti stradali? Chi glielo farebbe fare ad assumersi il compito costosissimo di affrontare le epidemie tipo Covid-19 o le campagne vaccinali, o le spese dell’Inail e dei Pronto soccorso?
Gli imprenditori privati non sono matti. A sé riservano le cliniche dove si curano le malattie, tutto sommato, più semplici, facili, guaribili e, soprattutto, di pazienti solventi. Ciò che compete alla Sanità pubblica è diversissimo da ciò di cui si occupa la sanità privata.
E’ assolutamente vero che negli Stati Uniti d’America esistono le assicurazioni private costosissime che si limitano a poche malattie e per tempi di cura molto limitati; in genere non pagano le spese del pronto soccorso o fanno dimettere i malati dopo tre giorni da un intervento a cuore aperto, per risparmiare sulla degenza in ospedale. Bisogna sapere che in America esiste anche una Sanità pubblica, che si chiama “Medicare”, a beneficio di chi non può pagarsi l’assicurazione privata e che, oltre ad essere molto carente, costa allo Stato il doppio di quanto costa il Sistema sanitario italiano. A questo punto, oltre al sospetto che dietro ci sia l’interesse di qualcuno, potremmo anche considerare il sospetto che dietro il nostro disastro sanitario ci sia in realtà qualche grosso errore commesso da politici poco accorti. Può anche essere accaduto che la grande Riforma sanitaria varata col DPR 833 del 1978 si sia inceppata a causa di leggi successive fatte male; può anche darsi che quelle nuove leggi non siano state lette con attenzione e che i votanti abbiano votato senza vedere gli errori che hanno prodotto queste conseguenze.
Anche questo sospetto, paradossalmente, è sommamente ingiusto, perché è anche vero che i politici italiani furono i primi al mondo a riconoscere nella Costituzione del 1948, all’articolo 32, il diritto di tutti alla salute. Quell’articolo, nella sua semplicità e completezza, fu uno degli elaborati intellettuali più geniali che un Costituente potesse generare: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti». Fu una frase rivoluzionaria contenente due principi: l’inviolabilità assoluta del diritto alla salute e la certificazione che tale bene è di rilevanza collettiva. Così fu sancita la solidarietà nazionale. Altro che privatizzazione! Altro che svantaggio a danno dei molti che non possono permettersela! Tutte le leggi che vanno contro questo principio sono incostituzionali e, se qualcuno avesse votato nuove norme contrarie a questo principio per disattenzione, sarebbe gravemente colpevole.
Esaminiamo cosa è avvenuto nella storia delle Riforme sanitarie italiane. Nell’anno 1968 la legge Mariotti istituì gli “Enti ospedalieri” che sostituirono gli ospedali caritativi provenienti dalla tradizione ospedaliera medioevale. La stessa legge istituì il “Fondo ospedaliero nazionale” e attribuì la competenza di gestione degli ospedali alle Regioni. Quel Fondo e quella legge ospedaliera furono la base su cui si costruì la Grande Riforma sanitaria con la legge 833 del 1978, concepita dalla Commissione parlamentare di Tina Anselmi. Ella raccontò in quei giorni che quell’idea era nata da discussioni e progetti formulati da gruppi partigiani riuniti intorno ai fuochi dei bivacchi di montagna. La legge 833/78 rappresentò un’utopia che si concretizzava in un documento scritto. Il sogno prese forma nella premessa della legge nel cui testo sta scritta la frase: «…Il Sistema sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture (ospedali), dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento, e al recupero della salute fisica e della salute psichica di tutta la popolazione». In nessuna legge del mondo era mai stata scritta questa premessa.
Mentre gli ospedali, dal medioevo al ‘900, erano stati sempre amministrati da comitati caritativi religiosi o filantropici, nella nuova legge si volle che gli ospedali fossero amministrati da rappresentanti popolari democraticamente eletti. Fu una rivoluzione. I cittadini, dopo 1.500 anni dall’istituzione degli ospedali dai tempi di San Benedetto e San Basilio, divennero per la prima volta i proprietari e gestori diretti degli ospedali. La comunicazione fra cittadino e gestore divenne immediata perché il Sistema venne dato in mano ai sindaci e ai consiglieri comunali. Essi avevano il compito di eleggere l’”Assemblea generale” che era formata da consiglieri comunali e l’Assemblea eleggeva il presidente della Usl (Unità sanitaria locale). Furono gli anni più produttivi della storia sanitaria italiana.
Scomparvero le Casse mutue e comparve il Ssn (Sistema sanitario nazionale), finanziato dal sistema fiscale universale. Ne conseguì anche che ai grandi miglioramenti si associò il crescere della spesa pubblica dello Stato. Per contenerla il ministro Carlo Donat Cattin nel 1987 abolì l’Assemblea generale ma mantenne il presidente della Asl e il Comitato di gestione, eletto dai sindaci dei Comuni del territorio.
Secondo gli indicatori economici internazionali, l’Italia godeva di un generale benessere economico tanto che nell’anno 1991 venne dichiarata quarta potenza industriale del mondo e il PIL pro capite risultava superiore a quello dell’Inghilterra.
Appena un anno dopo, la Repubblica entrò nel suo “annus horribilis”: il 1992. La commissione governativa presieduta dall’economista Piero Barucci rivelò che l’economia era al collasso a causa di un imponente debito pubblico causato dalle Partecipazioni statali. Eni, Enel, Iri, Ina, Efim, stavano portando al tracollo lo Stato. L’indebitamento aveva messo in crisi il Governo espresso dal CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). Caduto il Governo Andreotti II e dimessosi Francesco Cossiga, si andò a nuove elezioni sotto l’effetto dell’esplodere dello scandalo di Tangentopoli. A febbraio era iniziata l’indagine della procura di Milano diretta da Francesco Saverio Borrelli e condotta da Antonio di Pietro, in seguito alle rivelazioni di Mario Chiesa, il direttore del Pio Albergo Trivulzio. Oscar Luigi Scalfaro, sostenuto dalla corrente dei “moralizzatori”, venne eletto presidente della Repubblica e immediatamente indisse le nuove elezioni; queste avvennero ad aprile contemporaneamente all’esplosione della sfiducia popolare nei partiti storici, in un clima di forte instabilità politica. I partiti tradizionali crollarono ed emerse la Lega Nord che passò da 2 a 80 parlamentari. Il presidente Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di concedere incarichi di Governo a Bettino Craxi e nominò presidente del Consiglio il deputato Giuliano Amato. La Prima Repubblica era finita con un’ondata di arresti e di avvisi di garanzia. A maggio, ad opera della mafia, avvenne la strage di Capaci, seguita due mesi dopo da quella di via d’Amelio. Lo Stato era preso fra molti fuochi. Giuliano Amato si trovò ad affrontare una condizione di dissesto economico più grave dal dopoguerra ad allora. Si correva il rischio di non poter pagare gli stipendi pubblici. La Nazione si sarebbe fermata.
La Banca d’Italia fu costretta a vendere 48 miliardi di dollari per difendere il cambio e la lira fu svalutata del 30%. La lira uscì dallo Sme (Sistema monetario europeo); era il 16 settembre 1992, il “mercoledì nero”. Giuliano Amato per sostenere le casse dello Stato procedette al “prelievo forzoso” retroattivo del 6 per mille dai conti correnti degli italiani e, in base alle indicazioni del ministro del Tesoro Piero Barucci, dette avvio ad una grande operazione di privatizzazione delle Partecipazioni statali (banche, energia elettrica, trasporti pubblici, Alitalia, industrie manifatturiere, industrie dell’acciaio, comunicazioni, poste, idrocarburi, assicurazioni, agroalimentare, etc.). Lo Stato si spogliava di tutte le sue pregiate proprietà, nell’intento di allontanare la politica dalla gestione delle imprese statali. Su tutta la gestione pubblica, sotto l’effetto delle indagini di Tangentopoli, cadde il sospetto di possibile collusione con la corruzione e vennero varate leggi e norme fortemente restrittive nell’intento di arginare l‘idea che il malaffare fosse in agguato ovunque ci fosse la gestione del politico. In questo crollo finirono anche le miniere del Sulcis Iglesiente e le industrie di Portovesme espressione dell’Eni. Gli operai di Portovesme, per fermare i licenziamenti in massa di oltre 20mila operai promossero la famosa “Marcia per lo sviluppo”. Gli operai iniziarono a marciare il 19 ottobre e, al suono di tamburi di latta, saltarono il mare. Raggiunta Civitavecchia, percorsero a piedi le vie del Lazio fino a Roma, dove vennero accolti da Papa Woytila ma non da Giuliano Amato.
A fine anno, il vortice autodistruttivo coinvolse anche il Sistema sanitario nazionale quando il ministro della Sanità Francesco di Lorenzo il 31 dicembre varò il decreto che iniziò la “privatizzazione” del Sistema sanitario pubblico col DPR 502/1992. Le Unità sanitarie locali (Usl), rette dai sindaci, vennero trasformate in entità rette dai “Direttori generali con autonomia gestionale di diritto privato” nominati dalla Regione all’interno di un elenco di idonei. La “mission” del Sistema sanitario cambiò in modo radicale per due motivi. Primo, i sindaci, che rappresentavano la parte politica, vennero espulsi dalla gestione del sistema sanitario locale; secondo, l’obiettivo dei nuovi amministratori non fu più quello di soddisfare le richieste della popolazione locale ma venne sostituito dall’“equilibrio di bilancio”.
Questo dava ai direttori generali l’opportunità di poter modificare la risposta alle richieste provenienti dal territorio, ignorandone la soddisfazione globale e mettendo al centro il calcolo ragionieristico della salute che doveva ora attenersi a un nuovo criterio: i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Oggi, a distanza di 32 anni, sappiamo che tutte le premesse alla legge, che promettevano Uguaglianza, Equità e Prossimità dell’assistenza sanitaria in tutto il territorio nazionale non sono state rispettate. Ciò avvenne a causa della mancanza del “controllore”, cioè la parte politica elettiva rappresentata dai sindaci. Al ministro Francesco di Lorenzo, seguirono le ministre Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi che perfezionarono l’“aziendalizzazione delle Asl”.
Nell’anno 2003 il Governo Berlusconi dettò regole per ridurre la spesa sanitaria dello 0,5% l’anno; ciò comportò il blocco del turn-over del personale andato in pensione e portò all’assottigliamento e disgregazione dei reparti ospedalieri. Col Governo Monti, il ministro Balduzzi emanò norme restrittive per i reparti ospedalieri che, ridotti in povertà di personale dalle norme precedenti, non potevano più funzionare. Ne conseguì la chiusura di ospedali.
Nel 2015 il DM 70 del Governo Renzi pose regole stringenti, basate anch’esse sul risparmio; ne conseguì un peggioramento ulteriore degli ospedali provinciali che portò alla desertificazione del sistema sanitario territoriale a vantaggio della centralizzazione della Sanità. In Sardegna la Sanità pubblica venne centralizzata a Cagliari e Sassari.
Nel 2017 la regione Sardegna, presidente Francesco Pigliaru e assessore della Sanità Luigi Arru, istituì la Ats (Azienda tutela salute). Con tale legge le 8 Asl sarde vennero ridotte a 1 soltanto, che assunse tutte le funzioni delle altre 7. Sopravvissero:
– l’Ats (a Cagliari e Sassari)
– il Brotzu di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Cagliari
– il Policlinico Universitario di Sassari
Alle altre 7 Asl venne tolto il nome di “Azienda” e divennero “Aree sanitarie locali”. Erano diventate periferie sanitarie e persero l’autonomia programmatoria e amministrativa precedente. Ne conseguì l’esplosione delle “liste d’attesa” e l’insoddisfazione popolare. Alle elezioni del 2019 la popolazione sarda mandò a casa la Giunta Pigliaru e promosse una nuova maggioranza guidata dalla “Lega” di Matteo Salvini che, capeggiata da Christian Solinas, prometteva di restituire le vecchie ASL alle 8 province sarde. In effetti, la Giunta Solinas produsse rapidamente una sua riforma sanitaria regionale e l’assessore Mario Nieddu varò la legge regionale 24/2020 con cui istituì la Ares (Azienda regionale salute). In realtà però le vecchie Asl non vennero integralmente ricostituite; al posto delle “Aree territoriali sanitarie” vennero identificate le Asl 1-2-3-4-5-6-7-8 che, a parte il nome, non hanno nulla delle precedenti Asl; infatti, non hanno il diritto né di assumere personale, né di far acquisti e programmare. In sostanza non esistono; l’unica vera Azienda capace di programmare e gestire, centralizzando tutti i poteri gestionali, è la Ares di Cagliari e Sassari. Oggi lo stato di degrado direzionale e amministrativo nelle Province è ulteriormente peggiorato e l’insoddisfazione e infelicità dei cittadini sono esplose nelle elezioni regionali del 25 febbraio 2024 con la bocciatura del Governo regionale sardo.
Recentemente un politico esperto ha suggerito di cercare nella legge 833/78 gli strumenti per uscire dalla crisi sanitaria. Quale può essere lo strumento?
Lo strumento che si deve utilizzare nella pubblica amministrazione è sempre lo stesso: il rispetto delle regole democratiche. Queste regole prescrivono che la volontà popolare sia affidata ai propri rappresentanti eletti e, nel territorio, i rappresentati ufficiali dello Stato sono i sindaci. E’ certo che i sindaci non possono entrare nel merito di tutto, ma possono essere i “custodi” degli interessi della gente. Fra questi, oggi, l’interesse più sentito è la Sanità. Dare un nuovo ruolo ai sindaci nelle Asl è fortemente indicato.

Mario Marroccu

Il sindaco Pietro Morittu, in rappresentanza dell’intera Amministrazione comunale di Carbonia, esprime vicinanza e solidarietà al collega sindaco di Lanusei, Davide Burchi, oggetto di offese e minacce espresse con scritte intimidatorie apparse su un muro della cittadina ogliastrina.
«Sono molto amareggiato nell’apprendere dell’ennesimo grave atto intimidatorio perpetrato ai danni di un sindaco. Davide Burchi, primo rappresentante del comune nel territorio, è costantemente impegnato al servizio della cittadinanza, del bene della propria comunità e non sarà di certo tale gesto vile a far arretrare l’importante azione politico-amministrativa che egli sta compiendo a beneficio della cittadinanza.

Solidarietà al sindaco di Lanusei è stata espressa anche dal presidente uscente della Regione, Christian Solinas, con l’auspicio che simili intimidazioni non avvengano più e che chi si è macchiato di siffatte deprecabili azioni possa essere presto assicurato alla giustizia.

I 23 sindaci dei Comuni del Sulcis Iglesiente hanno chiesto al ministero delle Imprese e del Made in Italy la convocazione urgente di un tavolo di confronto sulle criticità delle vertenze dell’area industriale di Portovesme. Questa sera hanno inviato una nota al ministro Adolfo Urso, al sottosegretario Fausta Bergamotto, al presidente della Regione Christian Solinas e, per conoscenza, al prefetto di Cagliari, nella quale scrivono che, vista la nota del 7.02.2024 della Società Sider Alloys SpA con la quale si convoca una riunione con le organizzazioni sindacali territoriali del Sulcis Iglesiente per l’apertura della Cassa Integrazione; preso atto delle dichiarazioni del MIMIT che in più occasioni ha confermato il pieno sostegno per il riavvio delle attività produttive dell’Area Industriale di Portovesme (Sider Alloys, Eurallumina, Portovesme Srl) ritenute strategiche a livello nazionale; valutati i ritardi registrati nelle attività di riavvio produttivo, dell’erogazione dei finanziamenti programmati e della realizzazione delle infrastrutture indispensabili per la vita stessa di qualsiasi attività economica del territorio; ricordato, infine, il grave disagio socio-economico del Sulcis Iglesiente, ormai esasperato dalle tante promesse e tanti progetti mai realizzati, chiedono la convocazione urgente da parte del MIMIT di un tavolo di confronto con tutti i soggetti istituzionali regionali e del Sulcis Iglesiente per una diretta e corretta informazione sulle criticità riguardanti le varie vertenze dell’Area Industriale di Portovesme.

Il presidente della Regione, Christian Solinas, ha scritto oggi al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, esprimendo parere favorevole all’ultima bozza del “DPCM Sardegna”, l’intesa che riguarda la rete di distribuzione del GNL. Il provvedimento, che sarà perfezionato, soddisfa pienamente quanto concordato in precedenza tra il MASE e gli assessorati dell’Industria e dell’Ambiente della Regione. Il presidente Christian Solinas ha chiesto, inoltre, al rappresentante del Governo, maggiori rassicurazioni affinché la “dorsale”, l’infrastruttura per la distribuzione del gas naturale liquefatto, corrisponda a quella “dorsale” già approvata dal ministero dell’Ambiente. L’impianto in questione, strategico per lo sviluppo dell’Isola, garantirebbe il rispetto dei tempi per la ripresa industriale all’interno del territorio del Sulcis, soprattutto in relazione al rilancio della raffineria Eurallumina Spa.

La Regione continua a farsi ed essere portavoce delle esigenze del comparto balneare ed è pronta a mettere in atto adeguate misure e correttivi per tutelare i legittimi interessi di chi è titolare di concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, ora in scadenza.

In assenza di comunicazioni da parte del Governo, la Giunta regionale è infatti pronta – e su questo ha lavorato nel corso degli ultimi mesi – ad approvare un programma temporale delle macroattività finalizzate all’affidamento delle concessioni.

Nella prima fase, a seguito dell’approvazione delle nuove linee guida regionali per la predisposizione del PUL, si procederà alla mappatura e pianificazione dei litorali. Il lavoro prevede la definizione della mappatura, con la analisi delle foto aeree acquisite (orto rettificate), delle dimensioni degli arenili (lunghezza e profondità), delle aree dunali, delle coste rocciose e la determinazione dello stato di utilizzo delle aree demaniali per finalità turistico ricreative dell’intera costa della Sardegna. Successivamente ci sarà l’adozione di tutti i PUL della Sardegna.

Nella seconda fase, in coerenza e nel rispetto dei Decreti attuativi che il Governo emanerà sull’argomento, si procederà determinando gli eventuali criteri che tengano conto della peculiarità dell’industria balneare e delle aziende del settore che operano in Sardegna. Si procederà quindi con la predisposizione  (e pubblicazione) dei bandi in coerenza col quanto disposto dai Decreti Governativi e ai criteri. Seguirà la valutazione e delle proposte e l’assegnazione delle concessioni.

L’articolazione temporale delle attività della seconda fase avverrà in coerenza con i tempi di emanazione dei Decreti attuativi del Governo, fermo restando che le eventuali procedure di affidamento, salvo diverse determinazioni governative, dovranno essere terminate entro e non oltre il 31/12/2025.

«La Regione è al fianco degli imprenditori balneari sardi spiega il presidente della Regione, Christian Solinas -. Quella turistica, insieme con agroalimentare e allevamento rappresenta una delle industrie primarie fondamentali dell’economia sarda e che incide in maniera significativa sul PIL dell’Isola. In quest’ambito conclude il presidente della Regione le concessioni demaniali per finalità turistico ricreative rivestono a loro volta una importanza strategica.»

«Avevamo davanti una scadenza, quella relativa al dispositivo del Governo con termine oggi, 31 dicembre 2023, ma proprio i tempi stretti imponevano di accelerare quanto più possibilespiega l’assessore degli Enti locali, Aldo Salaris -. Abbiamo quindi lavorato affinché ogni strada potesse essere percorsa. Oggi siamo in grado di avviare un piano di programmazione che andrà a salvaguardare imprese e occupati.»

Allo stato attuale in tutta l’Isola risultano in essere circa 1.950 concessioni cui corrisponde un altrettanto numero di imprese con una occupazione diretta durante il periodo estivo, senza considerare l’indotto, ben superiore a 4.000 dipendenti.

Il dirigente scolastico dell’Istituto IPIA “Emanuela Loi” di Carbonia, prof.ssa Giorgia Floris, in rappresentanza del consiglio di istituto ha inviato una nota critica sulla ventilata soppressione dell’autonomia scolastica, prevista dall’approvazione preliminare della programmazione della rete scolastica e dell’offerta formativa della regione Sardegna per l’anno scolastico 2024/2025, al presidente della Regione Christian Solinas, all’assessore regionale della Pubblica istruzione Andrea Biancareddu, al commissario della provincia del Sud Sardegna Mario Mossa e al direttore generale della Pubblica istruzione Giorgio Onorato Cicalò.

«Il consiglio di istituto dell’IPIA “Emanuela Loi”, riunito in seduta straordinaria il 28/12/2023, esprime profondi sorpresa e disappunto per l’allegato alla delibera n. 46/25 della RAS del 22/12/2023, dal quale si evince la soppressione dell’autonomia scolastica scrivente IPIA “Emanuela Loi” di Carboniascrive Giorgia Floris -. Si evidenzia come la soppressione dell’autonomia non sia mai stata ipotizzata in nessuna delle conferenze preliminari cui si è preso parte e, pertanto, l’istituto non sia stato messo nelle condizioni di esprimere pareri o soluzioni alternative. Altre autonomie scolastiche la cui soppressione era stata proposta in sede di conferenza preliminare, hanno avuto l’opportunità di manifestare e di essere ascoltate. Tra l’altro l’ipotesi di una soppressione con incorporamento lascia intendere una minore complessità e/o dignità dell’autonomia soppressa.»
«L’istituto “Emanuela Loi” consta di tre sedi su due comuni (Carbonia, Sant’Antioco), due corsi serali, svariati indirizzi di studio professionali aggiunge il dirigente scolastico -. Lo stesso andrebbe ad essere incorporato in un istituto essenzialmente tecnico che consta di tre sedi ubicate su tre comuni (Carbonia, Santadi, Villamassargia) e tre corsi serali. Tra i due istituti non vi è alcun indirizzo di studi in comune. Questo consiglio di istituto è consapevole che i numeri attuali delle due autonomie scolastiche coinvolte non siano in linea con la normativa nazionale e che una razionalizzazione della rete scolastica sia, nel giro di un paio di anni, imprescindibile. Non si capacita come altre istituzioni scolastiche già sottodimensionate con la precedente normativa da svariati anni non siano state soppresse e si sia operata una scelta come quella che ci coinvolge. Si chiede pertanto conclude Giorgia Floris che questa operazione sia per il momento interrotta, anche alla luce dell’opportunità che verrà molto probabilmente offerta dal decreto milleproroghe, e che l’istituto scrivente possa nel corso dell’a.s.2024/25 consapevolmente riflettere e proporre soluzioni alternative nel rispetto della specificità dell’istituto, della sua costante lotta contro la dispersione scolastica e a sostegno dell’inclusione degli studenti e delle studentesse in particolare con bisogni educativi speciali frequentanti l’istituto.»

I 23 sindaci del Sulcis Iglesiente manifestano soddisfazione per le risposte riguardanti il futuro dell’azienda Sideralloys Italia, unica fabbrica di produzione di alluminio in Italia, dopo «gli incontri richiesti ed ottenuti dai sia con la Regione Sardegna, alla presenza del presidente Christian Solinas, sia con la sottosegretaria Bergamotto e col dottor Castano del MIMIT in cui sono stati sollecitati interventi concreti per il rilancio del polo industriale di Portovesme, fondamentale per l’economia del Sulcis Iglesiente come lo sono i settori del turismo e dell’agricoltura».
«Resta la preoccupazione per il futuro della Portovesme S.r.l., dell’Eurallumina nonché per la realizzazione delle infrastrutture fondamentali per lo sviluppo dell’economia di tutto il polo industriale del Sulcis – sottolineano i 23 sindaci del Sulcis Iglesiente -. Prosegue l’impegno per favorire le necessarie sinergie fra le varie Istituzioni di tutti i livelli nonché quelle fra esse e la parte imprenditoriale, con il chiaro obiettivo di trovare percorsi idonei e celeri che diamo stabilità e risposte economiche concrete per la vita delle famiglie e dei giovani del territorio.»