24 November, 2024
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Tre consiglieri regionali di Sinistra Ecologia Libertà, Eugenio Lai, Luca Pizzuto e Daniele Cocco, hanno presentato un’interrogazione al presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e all’assessore della Sanità, Luigi Arru, sull’organizzazione del servizio di Ostetricia al “San Giuseppe” di Isili. La chiusura del reparto sta creando forti disagi alla popolazione del Sarcidano, Trexenta e Barbagia di Seulo. Recentemente, due donne di Esterzili e Nurri hanno dovuto partorire in casa..

«Il presidio di Isili serve un bacino di 28 comuni con una popolazione di circa 43mila abitanti – sottolinea il primo firmatario dell’interrogazione Eugenio Lai – occorre creare le condizioni per una fruizione sostenibile dei servizi sanitari. La Regione ha il dovere di garantire il diritto alla salute anche ai cittadini e alle cittadine delle zone interne dell’Isola.»

I consiglieri di Sel ricordano che a Isili è rimasto il “Centro Donne”, servizio che opera in ambito ostetrico e ginecologico. «Questo servizio ha una limitata dotazione strumentale e professionale – rimarca Lai – attualmente può svolgere solo attività ambulatoriale e accompagnare le partorienti fino alla quarantesima settimana di gestazione, per le visite specialistiche e le ecografie occorre invece arrivare a Cagliari. Il servizio potrebbe essere invece garantito dall’ospedale San Giuseppe di Isili.»

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Il Consiglio regionale si riunirà il 24 novembre prossimo alle 16.00 presso la sede della Regione a Roma sulla vertenza Alcoa, un’ora prima di un vertice sullo stesso argomento fra le organizzazioni sindacali ed il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi (ovviamente sarà una riunione informale).

Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau, raccogliendo una proposta del capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, al termine dell’incontro fra i capigruppo, i sindacati di categoria del settore energetico, una delegazione di lavoratori e di amministratori locali del Sulcis Iglesiente.

Nell’incontro, il sindacalista della Cgil Roberto Puddu ha insistito molto sulla tempistica della difficile vertenza. «Sappiamo che l’incontro del 24 al ministero dello Sviluppo economico non sarà risolutivo – ha detto Puddu – ma sappiamo anche che, se entro il 31 dicembre Governo ed Unione europea non definiscono uno strumento per abbattere i costi energetici non si chiude la vendita di Alcoa alla multinazionale Glencore e nel nostro territorio va a picco un tessuto industriale con 3.000 occupati diretti e circa 9.000 nell’indotto: ecco perché serve urgentemente un segnale forte delle Istituzioni».

Per la Cisl Fabio Enne ha espresso viva preoccupazione «per tanti segnali che ci inducono al pessimismo. Il tempo a disposizione è pochissimo, il 25 novembre il ministro Guidi dovrà essere a Bruxelles per trattare la questione dei costi energetici e quella potrebbe essere l’ultima spiaggia non solo per Alcoa ma per tutta la Sardegna».

A nome della Uil Daniela Piras ha auspicato un intervento immediato del presidente del Consiglio Matteo Renzi, «un intervento che non ha alternative per portare al successo un negoziato con l’Unione europea».

Il presidente dell’Assemblea Gianfranco Ganau, dopo aver annunciato che il Consiglio sarà a Roma il 24 novembre prossimo al fianco dei lavoratori ha messo l’accento sulla centralità del problema energetico in ogni ipotesi di ripresa economica della Sardegna. «Siamo l’unica Regione senza metano – ha ricordato – ed i costi energetici pesano su imprese e famiglie sarde come in nessun’altra realtà del territorio nazionale, per questo è non solo essenziale confermare il regime di essenzialità degli impianti sardi e inquadrarlo come passaggio fondamentale della vertenza-Sardegna».

Secondo il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis la Regione «deve uscire dal palazzo ed esercitare il massimo della pressione sul presidente del Consiglio Renzi, che si è speso molto per il Mater Olbia ed ora deve fare altrettanto; noi ci saremo».

La profonda crisi del Sulcis, ha osservato il capogruppo dell’Udc Gianluigi Rubiu, «non si guarisce con le aspirine, il mantenimento del regime di essenzialità per le centrali sarde è irrinunciabile e non possiamo perdere altro tempo».

Per il Pd, il presidente del gruppo Pietro Cocco ha detto che «la solidarietà verso i lavoratori ha un significato se espressa attraverso l’unità delle Istituzioni e l’efficacia della loro azione. Lavoreremo su obiettivi concreti il mantenimento del regime di non interrompibilità dei 3 poli energetici sardi, l’accordo fra Alcoa e Glencore, una prospettiva di medio termine (almeno decennale) per rilanciare un settore industriale strategico per la Sardegna».

«Basta con le dietrologie – ha esortato il capogruppo di Sel Daniele Cocco – lo Stato deve ancora molto alla Sardegna e, in situazioni analoghe che riguardavano altre parti d’Italia, hanno messo nelle vertenze tutto il suo peso, ha il dovere di farlo anche per la Sardegna.»

Gli atti delle Istituzioni non hanno un effetto dirompente, ha detto il capogruppo Piefranco Zanchetta di Cps, «ma servono perché fanno parte di un progetto che punta ad ottenere risultati concreti per una Sardegna che da troppo tempo aspetta risposte concrete e l’Alcoa è una vertenza che ha molto bisogno di concretezza».

Il capogruppo dei Riformatori Sardi Attilio Dedoni, infine, ha invitato a tutti con realismo «a mettere Terna di fronte alle sue responsabilità, perché il regime di essenzialità delle centrali sarde è il cuore del sistema economico regionale e perché non esiste nessuna autonomia se non è anche autonomia energetica».

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Palazzo del Consiglio regionale A

I consiglieri regionali di Sinistra Ecologia e Libertà, Luca Pizzuto, Daniele Cocco, Francesco Agus e Eugenio Lai, unitamente ai consiglieri regionali Emilio Usula, Paolo Zedda, Valter Piscedda, Annamaria Busia e Roberto Desini, hanno presentato nei giorni scorsi un’interrogazione e una mozione in Consiglio regionale per chiedere al presidente Pigliaru e alla Giunta un intervento presso il Governo nazionale e il ministero della Difesa in relazione alla fase operativa dell’operazione “Trident Juncture 2015” che prenderà il via domani 22 ottobre principalmente presso il poligono militare di Capo Teulada, la più massiccia esercitazione militare dopo la guerra fredda, che coinvolgerà 30 Paesi, 36.000 uomini, 60 tra navi e sottomarini e circa 140 aeromobili: una vera e propria guerra simulata che si svolgerà in terra, mare e cielo tra Italia, Spagna e Portogallo.

Stamane presso il Consiglio regionale si è tenuta la conferenza stampa per precisare i punti e le richieste al presidente Pigliaru e la sua Giunta: «Riteniamo che, benché si tratti di temi di carattere internazionale e in capo al ministero della Difesa, sia necessario ribadire che la Sardegna è una Regione di pace e che, pur dovendo contribuire alle direttive militari nazionali e internazionali, si debba tenere conto della volontà di tutti quei cittadini e associazioni sarde che non vogliono più essere soggetti passivi rispetto alle decisioni sull’uso del proprio territorio. Chiediamo che la Regione Sardegna, tramite atti e interlocuzioni formali, blocchi o attenui l’impatto di queste operazioni e richieda formalmente al Governo che tipo di implicazioni sociali, economiche e ambientali avrà la Trident Juncture sui territori interessati. Con questa mozione – dichiarano ancora i firmatari – vogliamo portare all’attenzione della Giunta e del Presidente anche l’annosa questione delle servitù militari e chiedere conto dell’attuazione dell’ordine del giorno n. 9 approvato dal Consiglio il 17 giugno 2014».

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Il piano di riordino della rete di sportelli del Banco di Sardegna avrà conseguenze negative sui cittadini e soprattutto sui piccoli Comuni. Lo sostengono, in un’interpellanza rivolta al presidente della Giunta, i consiglieri regionali di Sel Eugenio Lai e Daniele Cocco, secondo i quali «dopo che negli ultimi anni sono state chiuse ben 38 agenzie nelle diverse province sarde, il piano dell’Istituto penalizzerebbe ulteriormente alcune aree particolarmente disagiate del territorio regionale, obbligando i cittadini a nuovi disagi (con costi aggiuntivi) per poter usufruire dei servizi della banca».

«In molti piccoli Comuni – proseguono i due esponenti di Sel – la scomparsa degli sportelli del Banco di Sardegna accentuerebbe la condizione di marginalità e di isolamento di quelle popolazioni, già colpite dal progressivo ridimensionamento di presidi pubblici o di rilevanza pubblica essenziali per la vita della comunità.»

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Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

Il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno sulla Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe.

La seduta si è aperta con l’esame dell’ordine del giorno con il punto riguardante le mozione n. 180 (Cossa e più) e n.171 (Tedde e più) sulla vicenda degli imprenditori turistici sardi costretti a restituire contributi ottenuti in base alla legge regionale 9/98, accantonando temporaneamente, in attesa della predisposizione dell’ordine del giorno unitario annunciato nella seduta precedente, il punto riguardante la Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe. Il presidente ha quindi dato la parola al primo firmatario della mozione n.180, il consigliere Michele Cossa dei Riformatori sardi.

Nel suo intervento, Michele Cossa ha ripercorso brevemente «una vicenda complessa che risale a 15 anni fa e segna uno dei punti più bassi nei rapporti fra la Regione e il mondo esterno, con particolare riferimento a quanti si aspettano dall’amministrazione efficienza e concretezza, una vicenda in cui ci sono precise responsabilità per quanto è successo, della burocrazia ma anche della politica». «Oggi però – ha sostenuto – occorre trovare una via d’uscita per evitare il fallimento di aziende sane che operano in un settore strategico come il turismo, definito da molti il forziere d’oro della Sardegna». Dopo la legge 9/98 che doveva promuovere la crescita dell’industria turistica, ha ricordato il consigliere, «vennero emanate le direttive di attuazione dove si prevedeva, fra l’altro, che le spese finanziabili erano quelle sostenute dopo l’approvazione della legge; nel frattempo entrò in vigore la nuova norma comunitaria sugli aiuti di Stato, la Regione modificò la direttive e da queste restarono fuori 28 aziende, si arrivò così fino al 2008 quando la Ue dichiarò l’incompatibilità degli aiuti facendo scattare il meccanismo delle sanzioni ed un contenzioso che vede soccombenti i privati senza che la Regione difenda le sue ragioni». Ora siamo nella fase esecutiva, ha detto ancora l’esponente dei Riformatori, «con cartelle e pignoramenti che mettono a rischio aziende che da anni hanno dimostrato di saper stare sul mercato; scopo della mozione, quindi, è impegnare la Giunta ad evitare il fallimento di queste aziende, applicando il regime de minimis, sottraendo dal debito quanto versato in termini di tasse e avviando con Governo e Ue un confronto per far valere le prerogative della Regione».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha parlato di una «vicenda con connotati tragici ai danni di aziende che rappresentano una quota di mercato importantissima nel mercato turistico sardo; una vicenda kafkiana, con imprenditori condannati senza aver commesso nessun reato ma per il solo fatto di aver rispettato una legge regionale, imprenditori che ora rischiano di sparire dalla scena con un danno enorme per le stesse imprese e per tutta la Sardegna». «Mettiamoci la mano sulla coscienza – ha affermato Tedde – se la Regione ha sbagliato deve riparare ed il Consiglio deve dire alla Giunta quali azioni deve avviare; ci vuole in altre parole una volontà politica forte ma si può arrivare ad una soluzione positiva, lo scorporo dei tributi è una possibilità ma non la sola, il ricorso al de minimis è un’altra opportunità, serve però un intervento presso il Governo per sostenere in modo concreto il settore turistico sardo».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha dichiarato che, a suo avviso, «la vicenda che trasuda arroganza, sfrontatezza, distanza della Ue dai problemi concreti dell’economia sarda, qui c’è una parte virtuosa del tessuto produttivo regionale che rischia di essere espulsa dal mercato». «La Ue peraltro – ha aggiunto Crisponi – usa due pesi e due misure e i dati dicono che c’è una sorta di accanimento nei confronti della Sardegna, oltretutto con una tempistica rapidissima e inusuale; molti casi, inoltre, riguardano la Sardegna, dall’Alcoa alla Legler, soggetti che hanno lasciato macerie sul territorio che ora vengono trattati come quanti hanno sempre rispettato le regole e rispettato le leggi investendo il 70% di risorse proprie per rilanciare le proprie strutture».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha proposto una sorta di ragionamento in parallelo, ricordando che «il tema ci porta d indagare sui rapporti fra Regione, Stato e Ue, perché sulle norme comunitarie si è affermata una visione dogmatica, frutto magari del lavoro di un lontano funzionario che spesso non ha neanche la cognizione di cosa sia la Sardegna». «E’necessario quindi un confronto – ha suggerito – per arrivare al riconoscimento di un trattamento particolare per la Sardegna, simile a quello della Spagna che notoriamente riesce ad ottenere ogni genere di deroghe in ogni settore, dal turismo delle Canarie all’agricoltura, deroghe non vengono mai sanzionate». «La Sardegna – ha proseguito Solinas – ricopre ruoli nella stessa Ue ma poi resta pericolosamente esposta a vicende come quella in discussione, vicenda legata con un filo rosso a quella della flotta sarda, costituita attraverso una società in house senza che si agevolasse nessuno; la partita, perciò, non è solo quella di trovare un rimedio alla mannaia fiscale contro le aziende turistiche, ma va piuttosto ridiscusso a monte il rapporto fra Sardegna e Ue per superare il gap dell’insularità attraverso misure concrete in grado di sostenere il superamento degli squilibri economici».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha detto fra l’altro che «gli interventi precedenti hanno tracciato una strada per intervenire e risolvere un problema enorme, problema che ricorda molto da vicino quello della legge 44 per l’agricoltura, andata a buon fine dopo un negoziato molto difficile con l’Unione europea, frutto di un pressing positivo che ha consentito di arrivare ad una soluzione». A questo punto, ha continuato Cherchi, «la Giunta deve trattare con la Ue la chiusura di questa vicenda; con la 44 si è usato il sistema de minimis e il modello può essere esteso anche se occorre iniziare a lavorarci con grande impegno, l’importante è che la Sardegna faccia di tutto per cancellare la sua patologia che da una parte da e dall’altra toglie».

Ha quindi preso la parola il consigliere del Pd Piero Comandini che ha espresso apprezzamento per i contenuti e gli obiettivi della mozioni ma, rivolgendosi al capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni, ha anche sottolineato l’esigenza di individuare con chiarezza le responsabilità sulla vicenda.

«Il problema esiste da 15 anni, le imprese coinvolte sono 18 – ha detto Comandini – per evitare problemi bastava notificare all’Unione Europea la delibera, in quel momento alla guida della Regione c’era una parte politica ben definita. L’attuale Giunta ha avviato le interlocuzioni con Bruxelles, cercheremo di recuperare fino all’ultimo la situazione ma deve essere chiaro che le regole vanno rispettate.»

Il consigliere del Pd ha poi manifestato solidarietà agli imprenditori turistici e offerto la disponibilità del suo partito a trovare soluzioni percorribili.

Il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni rispondendo al collega Comandini, lo ha invitato ad approfondire il tema per capire quali siano le vere responsabilità.

«Non mi interessa adesso parlare dei colpevoli – ha proseguito Dedoni – oggi serve dare risposte agli imprenditori. La Sardegna subisce la tagliola dell’Unione Europea e la lontananza dello Stato italiano. Serve ragionare su cose serie che diano opportunità di sviluppo alla nostra Isola.»

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) ha rimarcato l’esigenza di sostenere le imprese che operano tra mille difficoltà. «Le aziende sane sono i motori dello sviluppo, oggi pagano le mancanze di altri – ha detto Anedda – i responsabili sono all’interno della Regione».

Il consigliere comunista ha poi ricordato la triste vicenda degli aiuti concessi negli anni passati a imprenditori-prenditori che dopo aver incassato i soldi sono scappati lasciandosi dietro solo macerie. «Adesso, invece, si chiede a imprenditori seri di restituire i contributi ottenuti in virtù di una legge e secondo un’istruttoria portata avanti dalle banche – ha affermato Anedda – le imprese hanno investito e fatto affidamento sugli aiuti, oggi rischiano il fallimento. Banche, consulenti e Confidi sono i veri responsabili e non vengono chiamati in causa».

Gianfranco Congiu (Partito dei Sardi) ha invece puntato l’indice contro lo Stato italiano. «La vicenda è chiara – ha detto Congiu – la Ue nella lettera con cui chiede la restituzione dei contributi erogati agli albergatori dice che la Sardegna potrebbe beneficiare di una deroga sugli aiuti di Stato a condizione, però, che il Governo centrale certifichi la condizione di svantaggio dell’Isola e assicuri la destinazione dei denari alle politiche di sviluppo».

Secondo Congiu, la responsabilità dello Stato non può essere negata: «Il fatto rilevante – ha sottolineato il consigliere sovranista – è che l’Ue certifica l’incapacità del governo di accertare e quantificare gli svantaggi. Il nostro partito ritiene che questa incapacità debba essere rimarcata e sottolineata».

Il presidente Ganau ha quindi dato la parola alla Giunta per la replica. L’assessore del Turismo, Francesco Morandi, ha parlato di “situazione molto complessa” e sottolineato la necessità di trovare una soluzione per tutelare le imprese.

«Il tema riguarda 18 albergatori che devono restituire circa 16,5 milioni di euro. Due lo hanno già fatto con grande difficoltà – ha detto Morandi – i posti di lavoro a rischio sono circa 1.200».

L’assessore ha poi spiegato che sul caso esiste un pronunciamento definitivo della Corte di Giustizia Europea che ha dichiarato illegittimi gli aiuti agli albergatori sardi. «La sentenza parla di concorrenza sleale non tra imprese che competono a livello nazionale e internazionale ma a livello regionale – ha detto Morandi – la Regione è ora obbligata a recuperare le somme, altrimenti si rischia una multa di 20 milioni di euro all’anno e un’ammenda giornaliera di 160mila euro».

L’esponente della Giunta Pigliaru ha quindi assicurato il massimo impegno della Regione perché si trovi una soluzione che possa alleviare il danno alle aziende.

«Abbiamo avviato un’interlocuzione con l’Unione Europea che ha mostrato disponibilità a ricevere proposte della Regione sostenute dal Governo nazionale. Con Equitalia, invece, si è aperto un confronto per capire come recuperare le somme versate a titolo d’imposta e verificare la possibilità di una dilazione dei pagamenti.»

Francesco Morandi ha chiarito che in ogni caso non si potrà percorrere la strada di un nuovo “de minimis”. «La sentenza della Corte di giustizia mette una pietra tombale sui contributi passati e sul futuro è disponibile a ragionare su un de minimis “aperto” che però prevede nuovi investimenti da parte delle imprese».

La strada da percorrere è per la Giunta ben definita: «Dobbiamo insistere con la Commissione per trovare una soluzione almeno sulla tempistica e il recupero delle somme – ha concluso Morandi – abbiamo avanzato alcune proposte e siamo in attesa di capire quali saranno accolte. Per alleviare l’esposizione finanziaria delle imprese, l’assessorato sta cercando di individuare gli strumenti che possono essere messi in campo, si pensa a un’operazione di ingegneria finanziaria per ottenere una forma di pagamento dilazionato. Il percorso è difficile ma ci sono diverse opzioni in campo su cui si può lavorare».

Il consigliere dei Riformatori Michele Cossa è quindi intervenuto in sede di replica nel dibattito ed ha rivolto parole di ringraziamento e incoraggiamento per l’assessore del Turismo ma ha invitato l’intera Regione ad avere un sussulto di dignità: «Serve far cessare un atteggiamento che ci vede soccombere a priori dinanzi allo Stato e all’Europa e dire basta anche a certe distrazioni da parte dell’amministrazione che producono disagi e danni ingenti». «La burocrazia che non paga pegno meriterebbe una riflessione – ha aggiunto il consigliere della minoranza – e la politica deve riaffermare il ruolo di indirizzo e di controllo che gli è proprio».

Sempre in sede di replica è intervenuto il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde (Fi) che ha definito la vicenda della restituzione dei fondi europei da parte di 28 albergatori sardi, “una vicenda cafchiana” ed ha parlato di “atteggiamento schizzofrenico” da parte della Regione sarda. «Dobbiamo riparare i danni fatti in passato dalla Regione – ha insistito l’esponente della minoranza – l’atteggiamento dell’assessore nei confronti della commissione europea deve essere più determinato».

Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, ha sospeso quindi i lavori per qualche minuto in attesa di ricevere l’ordine del giorno unitario siglato da tutti capigruppo e che la consigliera segretario d’Aula, Daniela Forma (Pd) ha letto integralmente dai banchi riservati alla presidenza dell’assemblea. L’ordine del giorno Pietro Cocco e più, impegna la Giunta a «proseguire nell’opera intrapresa, intensificando ogni utile confronto con il governo italiano e la commissione europea, ai fini di un possibile alleggerimento dell’onere complessivo a carico delle imprese, evitando così i rischi economici e sociali prospettati». L’ulteriore impegno rivolto alla Giunta (contenuto nel documento unitario che ha seguito la discussione delle mozioni 171 e 180) così recita: «A proseguire, attraverso un confronto con l’agenzia delle Entrate ogni utile iniziativa tesa a reintegrare nei tempi più urgenti, una volta compiuto il recupero degli aiuti, le somme a suo tempo versate dalle stesse imprese a titolo di imposta; a supportarle imprese nel perseguire ogni utile e legittima strada finanziaria tesa a salvaguardare la stabilità economica, finanziaria ed occupazionale delle stesse».

L’assessore del Turismo, Francesco Morandi, ha espresso parere favorevole, per conto della Giunta, all’ordine del giorno proposto da tutti i capigruppo del Consiglio e successivamente il capogruppo di Sovranità, democrazia e lavoro, Roberto Desini, ha dichiarato il voto favorevole del gruppo e rivolto parole di apprezzamento per l’operato dell’assessore. Il capogruppo della maggioranza ha quindi richiesto la votazione palese elettronica.

Il consigliere del Pd, Piero Comandini, ha dichiarato il voto a favore dell’intero gruppo del Partito democratico e piena condivisione per il «percorso serio e realistico tratteggiato dall’assessore Morandi».

A favore dell’ordine del giorno anche la dichiarazione di voto del capogruppo, Daniele Cocco (Sel), e quella di Luigi Crisponi (Riformatori). L’ex assessore del Turismo della Giunta Cappellacci ha però sottolineato che né la Regione e né l’Unione europea hanno verificato in quale limite i fondi legittimi siano stati utilizzati. Il consigliere della minoranza ha quindi invitato la giunta ad «approfondire la questione in sede comunitaria».

Il consigliere Pierfranco Zanchetta (Cristiano, popolari socialisti) ha dichiarato il voto favorevole ed ha sottolineato “l’insipienza dello Stato”: «Serve più autorevolezza contro la “gabbia burocratica europea” nella quale sono rimasti intrappolato i nostri imprenditori del comparto alberghiero».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni, ha ripreso alcuni concetti espressi dal consigliere Congiu per affermare che «il nodo del problema resta il rapporto dello Stato italiano con l’Unione europea». «Ritrovare l’energia per rappresentare le ragioni della Sardegna – ha concluso il consigliere della minoranza ed il presidente Pigliaru deve mostrarsi più duro nel confronto con il governo Renzi per difendere i diritti dei sardi».

Il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde ha dichiarato il voto favorevole dell’intero gruppo ed ha invitato l’assessore e l’esecutivo regionale a valutare la novità emersa nelle ultime ore inerente un pronunciamento della corte di giustizia europea a favore di uno degli imprenditori sardi coinvolti nella vicenda della restituzione dei fondi comunitari («potrebbe aprirsi una breccia dove poterci inserire»).

Il consigliere di Sovranità, democrazia e lavoro, Gianfranco Congiu, ha dichiarato il voto favorevole all’ordine del giorno ed ha evidenziato il tema dei rapporti tra la Regione e lo Stato italiano: «Chiediamo che siano riconosciute le deroghe riconosciute nei trattati comunitari alle aree periferiche e svantaggiate d’Europa (come le Canarie) in materia di regime degli aiuti di Stato».

Concluse le dichiarazioni di voto il presidente del Consiglio ha posto in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato all’unanimità con 49 voti favorevoli.

Successivamente il presidente Ganau ha sospeso la seduta ed ha convocato la conferenza dei capigruppo per la predisposizione dell’ordine del giorno relativo alla Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe.

Alla ripresa dei lavori, il presidente ha comunicato la presentazione dell’ordine del giorno, sottoscritto da tutti i capigruppo, sulla situazione della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe. Il documento impegna la Giunta regionale «a reperire le risorse finanziarie occorrenti al pagamento degli stipendi arretrati, anche attraverso anticipazioni sulle prestazioni sanitarie erogabili nei prossimi mesi». Entro 90 giorni, inoltre, dovranno essere definite «la liquidazione dell’ex Ipab Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe e la sua trasformazione in Asp». La Giunta, infine, dovrà presentare all’interno della riforma del sistema sanitario regionale, «il piano di riorganizzazione del sistema riabilitativo socio-sanitario mediante la definizione di una rete che tenga conto e risolva le ulteriori criticità del sistema regionale».

Non essendoci iscritti a parlare, il presidente ha messo in votazione l’ordine del giorno che è stato approvato dal Consiglio con 42 voti favorevoli e 6 astensioni.

Al termine dello scrutinio il presidente ha comunicato il rinvio dell’ultimo punto all’ordine del giorno, l’interpellanza n. 83/A (Anedda) «sulla gara d’appalto a procedura aperta per l’affidamento dei servizi catalografici e informatici relativi al sistema informativo regionale del patrimonio culturale» a causa dell’assenza dell’assessore competente. Successivamente, ha tolto la seduta e riconvocato il Consiglio a domicilio.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Il Consiglio  regionale oggi ha approvato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della Prefettura di Oristano ed ha gettato le basi per un documento unitario anche per la situazione della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le mozione n.176 e 177 e interpellanza 95/A, tutte riguardanti la chiusura della Prefettura di Oristano. Il Presidente ha quindi dato la parola al consigliere del Pd Antonio Solinas, primo firmatario della mozione n.176 e dell’interpellanza 95/A.

Nel suo intervento, Antonio Solinas ha ricordato innanzitutto la sua interpellanza del dicembre scorso, immediatamente successiva al trasferimento del prefetto di Oristano, non nominato per un anno e mezzo mentre, «nel frattempo – ha aggiunto Solinas – il decreto del governo ha indicato Oristano fra le 23 Prefetture da sopprimere sul territorio nazionale, decreto che sta alla radice di una azione forte della Giunta, poi condivisa anche dalle opposizioni». Il tema di fondo, ha detto ancora il consigliere del Pd, «è quello della presenza dello Stato in Sardegna e non è un fatto localistico perché l’esperienza di questi anni alimenta le nostre preoccupazioni perché, in realtà, la razionalizzazione dei servizi pubblici ha coinvolto tutta la Sardegna e razionalizzazione ha significato spesso chiusura, dagli uffici della Banca d’Italia Bankitalia, alle caserme dei Carabinieri, dagli uffici postali ad altri presidi dello Stato». «Nell’Oristanese – ha affermato inoltre Solinas – tutto il territorio ha espresso una posizione molto ferma contro l’ulteriore ridimensionamento degli uffici statali in un contesto come quello della Sardegna mentre lo Stato mantiene le Prefetture in territori molto meno estesi e a piccola distanza dai capoluoghi; l’accorpamento con Nuoro è fatto sulla carta dove tutto è possibile però non si conosce la realtà, dato che Oristano dista da Nuoro 90 chilometri ed altri comuni fino a 140 chilometri, distanze enormi che significano costi e disagi per i cittadini». «Per questo – ha concluso – non chiediamo un ufficio distaccato ma il mantenimento della Prefettura, chiediamo che Giunta chieda a Renzi e ad Alfano di revocare il provvedimento ed aprire un negoziato di merito, a combattere una battaglia di civiltà che va fatta da tutto il Consiglio perché è una battaglia di tutta la Sardegna».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha ricordato che il 2 luglio del ’74 la Camera approvò l’istituzione della provincia di Oristano ed uno dei proponenti, l’on. Pietro Riccio, sostenne fra l’altro che l’accoglimento delle istanze della popolazione «dovevano rappresentare sono solo una tappa di un autentico sviluppo del territorio provinciale che merita l’amministrazione periferica dei suoi interessi». «Oggi nel 2015 – ha lamentato Cherchi – siamo tornati indietro, siamo all’ultima mannaia che cade su Oristano ma deve essere respinta da tutta la Sardegna perché delle due l’una: o le Prefetture si cancellano tutte e ragioniamo in modo differente o quella Prefettura non può essere chiusa perché svolge funzioni pubbliche fondamentali, dall’immigrazione alla protezione civile, dall’ordine pubblico alla sicurezza, per cui la preoccupazione è fortissima innanzitutto per l’immigrazione e non meno per la protezione civile e per essa parlano i fatti della settimana scorsa; sono funzioni non possono essere cancellate o decentrate e anche per questo l’accorpamento con Nuoro deve essere respinto e quanto all’ordine pubblico va sottolineato che nell’Oristanese c’è una struttura penitenziaria come Massama con una altissima presenza di boss della malavita organizzata, e non va tralasciata nemmeno la questione delle scorie nucleari con Oristano che potrebbe essere una delle destinazioni possibili». «Non basta dire – ha protestato il consigliere – che l’importante è il mantenimento dei servizi, devono essere gli stessi servizi senza se e senza ma e ciò vale per tutti gli uffici statali; si è commesso un errore firmare la delega al Governo Renzi e un parlamentare sardo non avrebbe dovuto votarla, resta il fatto che se cancelliamo Prefettura e Questura i servizi non potranno mai rimanere identici così come il personale». «Ora il Consiglio – ha concluso – deve mostrare il massimo dell’unità con l’obiettivo chiaro di dire no all’accorpamento della Prefettura di Oristano con quella di Nuoro, recuperando anche i ritardi della Giunta nei confronti del territorio, dall’aeroporto  a all’ospedale S. Maria Bambina, ora tutti siamo chiamati a cambiare passo».

Il consigliere Franco Sabatini (Pd) ha condiviso le argomentazioni del collega Cherchi, sottolineando che «in questione non c’è solo Oristano ma tutta la Sardegna, come dimostra la presenza dei sindaci a difesa delle aree marginali della Regione; l’arretramento dello Stato va fermato col messaggio che sottende, con cui cioè si invitano i cittadini a trasferirsi nelle grandi città dove ci sono salute servizi ed opportunità, andando in controtendenza rispetto alla proclamata attenzione verso le zone interne ed alle pari opportunità per tutti». «Lo stesso Governo – ha affermato poi Sabatini – parla di questione meridionale e sembra consapevole del fatto che se non si recupera in Mezzogiorno l’Italia non riparte ma ciò vale anche per la Sardegna ed i suoi territori ed questa è la questione vera, senza dimenticare che in Sardegna non è che sia mancato il tentativo di decentrare i servizi; anzi si voleva trasferire, ad esempio, la formazione professionale ma non si è riusciti a farlo e in fondo anche le quattro province regionali erano il tentativo di decentrare la presenza pubblica verso le aree marginali». «Cosa ci fanno – si è chiesto Sabatini – l’Ente foreste, il Corpo forestale e la Protezione civile a Cagliari; la verità è che c’è una resistenza fortissima, che ho denunciato già dal dibattito sul programma della Giunta Pigliaru, portata avanti da poteri politici, burocratici ed economici; il Consiglio deve dare una risposta forte e sostenere l’impegno straordinario della Giunta nei confronti del Governo centrale».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps) ha detto in apertura che «il provvedimento del Governo ha una portata devastante e forse non c’è più tempo per tornare indietro, ma ci sono responsabilità politiche a monte e comportamenti che hanno favorito certe decisioni». «Quella della Prefettura di Oristano, ha continuato, «è una struttura di eccellenza che va mantenuta come baluardo di legalità che svolge un ruolo essenziale per la comunità e per le amministrazioni locali del territorio, dalla sicurezza al raffreddamento dei conflitti sociali; sono dati che non possono essere disconosciuti e dimostrano che la Prefettura di Oristano deve continuare ad esistere, soprattutto nel momento di grande difficoltà che la Sardegna attraversa, un momento  che rende la decisione del Governo ancora più sbagliata e intempestiva, contro gli interessi dei lavoratori e dei cittadini». «Non si capisce che senso abbia – ha concluso – la strategia nazionale per le zone interne condivisa dalla Giunta se poi concretamente si traduce in decisioni come questa».

Il consigliere Roberto Deriu (Pd) ha messo l’accento sul fatto che sull’argomento in discussione «ci sono valutazioni comuni e lo dico da consigliere eletto da Nuoro; qui nessuno guadagna ma tutti perdono e soprattutto perde la Sardegna che ha un grande territorio». Lo stesso governo Monti, ha ricordato, «sosteneva che la province sarde dovevano essere 9 o 5 ed anche in un’ottica di razionalizzazione questo dato emerge nella sua oggettività perché la nostra Regione resta dunque un territorio da presidiare». «Ecco perché non possiamo accettare – ha dichiarato Deriu – la diminuzione della presenza dello Stato, in un momento in cui della Sardegna si parla di meno e non si percepisce la specialità secondo una certa tesi che spesso si accetta anche in Sardegna per una sorta di complesso di inferiorità; dobbiamo invece difendere la nostra autonomia e in questo contesto lo Stato deve fare la sua parte, anche perché la storia non si cancella, Arborea è stata in epoca storica uno Stato sovrano che ha dato molto al diritto europeo, mentre l’Oristano di oggi simboleggia il degrado di una cultura amministrativa e giuridica cui ci si deve opporre, per questo il presidente della Regione deve essere fortissimo nei confronto del Governo dicendo tutta la verità».

Il consigliere Marco Tedde (FI) ha riaffermato che il problema contingente è rappresentato dalla soppressione della prefettura di Oristano ma che il vero tema è però “la desertificazione istituzionale della Sardegna”. «Siamo la vera e unica isola isolata – ha dichiarato il consigliere della minoranza – e viviamo un momento e una situazione terribile per quanto attiene i trasporti mentre lo Stato arretra con la cancellazione di motorizzazione, camere di commercio, prefetture etc.».

Tedde ha criticato inoltre i rappresentanti in Parlamento del territorio di Oristano che «hanno votato la delega al Governo per sopprimere le prefetture». L’esponente di Forza Italia ha parlato di un “atteggiamento remissivo nei confronti di Renzi” da parte dei parlamentari del territorio e della Regione. A giudizio di Tedde, i servizi ai cittadini garantiti dagli uffici della prefettura di Oristano non potranno essere conservati ed ha sottolineato le caratteristica peculiari della Sardegna ad incominciare dal basso indice di densità demografica a fronte di un territorio assai vasto.

«Lo Stato – ha insistito il consigliere di Fi – lo vediamo da lontano mentre come sardi ci paghiamo la Sanità e la Continuità territoriale ed è anche per questa ragione affermo che Oristano non può tollerare cancellazione di ulteriori servizi essenziali e vedere a rischio la sicurezza». Tedde ha concluso con l’auspicio di una forte presa di posizione unitaria del Consiglio regionale per contrastare l’avanzata di un “impoverimento istituzionale che non riguarda solo Oristano ma l’intera comunità sarda».

Il consigliere Gianmario Tendas (Pd), ha ringraziato in apertura del suo intervento il presidente del Consiglio e la conferenza capigruppo per la tempestività con la quale è stato portato all’attenzione dell’Aula il tema della soppressione della prefettura di Oristano. Il consigliere della maggioranza ha sottolineato come la “vertenza” sia particolarmente  avvertita nel territorio dell’oristanese che unitariamente e con forza “esprime forte contrarietà per l’arretramento dello Stato nel territorio”. Tendas ha ricordato quindi i tagli programmati con la spending review ed ha affermato che tra i criteri utilizzati per individuare le prefetture da sopprimere deve essere tenuta in considerazione anche l’estensione territoriale dell’oristanese. «Un conto – ha dichiarato Tendas – è accorpare la prefettura di Chieti con Pescara che dista 20 chilometri, così come Prato da Pistoia, ma Oristano dista da Nuoro oltre novanta chilometri ed è carente la viabilità e il servizio offerto dal trasporto pubblico è disastroso». Tendas ha quindi auspicato “l’apertura di un tavolo per scongiurare la soppressione della prefettura di Oristano”.

Il consigliere, Augusto Cherchi (Sovranità, democrazia e lavoro) ha affermato che è in corso ormai da tempo, un piano di dimagrimento della pubblica amministrazione, da parte dello Stato italiano ed ha citato, a titolo d’esempio, la cancellazione delle province. «Un intento nobile quello della razionalizzazione dei costi – ha detto il consigliere di maggioranza – ma che si sta traducendo in un nuovo tentativo accentratore da parte dello Stato, come dimostra l’intervento inopportuno fatto con la soppressione della prefettura di Oristano». Cherchi ha quindi ribadito la distanza tra Oristano e Nuoro per evidenziare il livello dei disagi cui andranno incontro i cittadini e i lavoratori ed ha insistito: «Se si vuole abolire la prefettura, allora si aboliscano tutte». Augusto Cherchi ha quindi citato il modello della regione Valle d’Aosta («non ha né prefetture e né province») ed ha auspicato «un ridisegno di funzioni e servizi per governare da noi il nostro territorio come dobbiamo fare su trasporti, sanità e scuola e riscossione tributi».

Il consigliere, Gianni Lampis (Misto-Fd’I) ha espresso solidarietà ai sindaci del’oristanese perché – così ha detto – vedranno i loro uffici pieni di cittadini che lamentano ulteriori disagi e nuove penalizzazioni. «E’ facile – ha aggiunto – abolire la prefettura di Monza ma in Sardegna il ragionamento che vale in Lombardia non si può fare per via dei trasporti e della viabilità». Il consigliere della minoranza ha quindi citato il caso di San Nicolò d’Arcidano: un cittadino che vi risiede per arrivare a Nuoro con i mezzi pubblici dovrebbe partire il giorno precedente». Lampis ha definito i cittadini e i lavoratori della prefettura “vittime di tagli fatti senza raziocinio”. L’esponente di Fratelli d’Italia ha inoltre sottolineato le difficoltà del Medio Campidano: «E’ una sorta di terra di mezzo che vede aumentare i reati e la fuga dello Stato allarga i confini della terra di mezzo aggregando oggi Oristano».

«Non è questo il futuro che vogliamo per la Sardegna – ha concluso Lampis – e oggi dobbiamo dare prova di unità per difendere la prefettura perché presidio dello Stato nell’Isola».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az), ha ricordato la storica contrarietà dei sardisti alla presenza delle prefetture nell’Isola ed ha precisato: «Non siamo per la desertificazione della presenza pubblica nell’Isola ma vogliamo essere noi lo Stato in Sardegna». «C’è un rigurgito centralista che taglia le periferie e porta verso Roma servizi e funzioni», ha proseguito il consigliere della minoranza, «ed è questa una precisa idea di paese che questo governo sta portando avanti». Christian Solinas ha quindi invitato la Regione a “dare il buon esempio” per non allontanare i servizi dai cittadini e censurando i tagli dello Stato. Il rappresentante del Psd’Az ha sottolineato l’esigenza di una rivisitazione della Regione («perché non portare gli enti agricoli a Oristano?») e dimostrare che «quest’Aula davanti allo Stato ha un’idea di presenza delle istituzioni e dei servizi che non penalizza e marginalizza nessuno».

Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni ha rivolto apprezzamento per gli interventi dei consiglieri delle altre province, diverse da quelle di Oristano, «perché dimostrano di aver colto il senso “vero” della discussione». Il consigliere della minoranza ha quindi domandato “Qual è la logica che ha spinto lo Stato a sopprimere la prefettura di Oristano?”. Dedoni ha ricordato quindi l’esigenza di garantire i servizi ai cittadini  e le necessarie tutele per i lavoratori della prefettura. Il consigliere dei Riformatori ha insistito sulle difficoltà nei collegamenti e sulla distanza che corre tra Oristano e Nuoro: «L’Italia non è il Lombardo-Veneto e non può essere quella la misura con cui si decidono i taglia in Sardegna».  Dedoni ha concluso con una critica: «I rappresentanti del popolo sardo non sono stati all’altezza per reggere un confronto alto e aspro con il governo e rivendicare tutto ciò che il governo toglie alla Sardegna, ad incominciare dai presidi di cultura e civiltà».  

Ha quindi preso la parola il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, che ha ricordato la visita del ministro dell’Interno Alfano in Sardegna in occasione della mobilitazione contro gli attentati agli amministratori locali. «Alfano, allora, prese l’impegno di un rafforzamento dei presidi dello Stato nell’Isola – ha detto Cocco – il risultato è stato la chiusura di caserme, la scomparsa della scuola di polizia di Foresta Burgos, la soppressione di alcune Camere di Commercio e uffici postali. Ancora una volta le zone interne vengono penalizzate. In nome della spending review si fanno tagli lineari. Questo Governo non è padre né patrigno ma solo carnefice».

Cocco si è detto molto pessimista sulla possibilità di ottenere qualcosa da Roma. «Noi 60 consiglieri abbiamo il dovere di riaffermare i valori dell’autonomia e della specificità sarda. I sindaci non se ne fanno niente della nostra solidarietà. Servono atti che si traducono in fatti concreti».

Dello stesso tenore l’intervento del capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, secondo il quale “lo Stato farà quello che ha deciso di fare disconoscendo i diritti dei sardi”.

Carta ha ricordato le visite in Sardegna dei ministri dell’Interno Maroni e Alfano e il mancato rispetto degli impegni assunti: «E’ il segno che la politica sarda ha fallito – ha affermato Carta – ciò che farà oggi il Consiglio non porterà a nessun risultato. Dobbiamo rivendicare responsabilità per noi stessi occupando gli spazi vuoti». Il capogruppo sardista ha invocato un processo di decentramento della Regione: «Alla chiusura della Prefettura di Oristano la Regione risponda spostando l’assessorato dell’agricoltura in quella provincia o l’assessorato dell’Ambente a Nuoro. Il Cagliari-centrismo spinto toglie velleità alle zone interne. Lo Stato abbandona le aree marginali, la Regione vada ad occuparle».

Carta, infine, ha sottolineato la necessità di portare avanti una trattativa complessiva con lo Stato e non più su singoli argomenti. «Occorre definire un rapporto diverso con lo Stato – ha concluso l’esponente dei Quattro Mori – apriamo una battaglia per ottenere maggiori spazi e responsabilità».

Gianluigi Rubiu, capogruppo di Aps, ha annunciato l’uscita del suo gruppo dal partito nazionale “Area Popolare Sarda”: «Vogliamo dare un segnale forte – ha detto Rubiu – Alfano ha tradito la Sardegna e noi non vogliamo fare più parte del suo partito. Da domani verrà ricostituito il gruppo “UDC Sardegna”, forza autonoma dai partiti romani. Non possiamo essere succubi di nessuno. L’abbandono di Aps è un segno di protesta verso il ministro che non ha mantenuto le promesse. Il partito non ci rappresenta più. Invito ai colleghi di maggioranza e opposizione a fare lo stesso con i loro partiti di riferimento».

Rubiu ha poi contestato la decisione di tagliare la prefettura di Oristano: «E’ il segnale della decadenza economica e sociale di un intero territorio. Occorre salvaguardare la storia. La Regione utilizzi tutto il suo peso politico per scongiurare la chiusura».

Il capogruppo del PD Pietro Cocco (Pd) ha convenuto sulla necessita di maggiore prudenza nel processo riformatore avviato dal Governo. «Si tratta di riforme necessarie – ha detto Cocco – ma quando si interviene in aree che soffrono lo spopolamento e si chiudono i servizi le battaglie vanno fatte».

Il capogruppo del Pd ha poi ricordato gli sforzi fatti dalla Regione per mandare avanti la riforma degli Enti locali: «Una riforma – ha sottolineato – che dovrà prevedere la città metropolitana di Cagliari ma allo stesso tempo dovrà tutelare le zone marginali.

Le prefetture sono presidi che devono essere mantenuti. Quella di Oristano è storica, non può essere messa nello stesso calderone delle altre province. Significherebbe dire che in un territorio lo Stato sta smantellando. Per questa ragione abbiamo presentato la mozione che spero si traduca in un ordine del giorno unitario».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha esordito citando la vertenza Saremar «L’accoglienza riservata all’assessore ai trasporti Massimo Deiana a Carloforte è un fatto emblematico che dimostra come reagisce la gente quando non si sente tutelata – ha detto l’esponente azzurro – che credibilità abbiamo nel confronto con lo Stato quando non siamo capaci di tutelare al nostro interno gli interessi dei sardi? La pongo come riflessione, non per farne motivo di polemica, ma per evidenziare quel silenzio assordante che caratterizza l’azione della Giunta rispetto all’arbitrio del Governo nazionale che fa tutto ciò che vuole».

Pittalis ha poi ricordato la chiusura di importanti presidi istituzionali, il rischio della realizzazione del deposito delle scorie radioattive in Sardegna, il pericolo che si consumino ulteriori pasticci sulla scuola. «Una situazione che dà l’idea di uno Stato lontano dagli interessi della Sardegna. Questo Governo ha un’idea egoista, centralista che è tarda a morire. Doveva rappresentare la modernizzazione ma usa invece solo la scure».

Secondo Pittalis, il Consiglio deve fare sentire la sua voce e dare un mandato forte alla Giunta. Il capogruppo di Forza Italia, dopo aver auspicato un ordine del giorno unitario contro la chiusura della prefettura di Oristano, ha infine criticato l’atteggiamento di alcuni parlamentari sardi «che in Sardegna dicono una cosa e a Roma si comportano diversamente. Se non si è d’accordo – ha concluso Pittalis – si deve avere il coraggio di dire no. Non basta qualche incontro estemporaneo».

A nome della Giunta, il presidente Pigliaru ha detto in apertura, polemizzando con il capogruppo di Forza Italia Pittalis, che «il riferimento alla vicenda della Saremar è del tutto gratuito e bisogna essere sereni e leali». Sul piano politico, il presi9dente ha affermato che l’Esecutivo è impegnato «in un dialogo costante col Governo e guardamo con fiducia alla possibilità di avere risultati e risposte su alcuni nodi centrali del più ampio problema dell’insularità: istruzione, infrastrutture, viabilità, mobilità interna ed esterna, energia; siamo certi di essere ascoltati e confidiamo che il Governo saprà cogliere l’occasione storica di cambiare la condizione della Sardegna».

Ho sostenuto in molte occasioni, ha ricordato Pigliaru, che «senza il Mezzogiorno l’Italia non riparte e non esce dalla grave situazione di squilibrio con la parte più ricca del Paese come è riuscita a fare la Germania includendo il suo territorio ad est, ed ho anche contribuito al dibattito, all’interno ed all’esterno del partito per cui voto, sul come arrivare a questa inversione di tendenza». Istruzione, legalità e infrastrutture, ha proseguito, «sono fondamentali per generare attività economiche ed investimenti, ma fondamentali anche per convincere le popolazione che il clima è cambiato, che le Istituzioni difendono i cittadini per bene e che i cittadini possono tornare a fidarsi delle Istituzioni; senza questo non c’è crescita non c’è speranza per il Mezzogiorno». Così come, ha concluso il presidente, «in Italia (e parlo al Governo nazionale) non si può usare nessuno schema lineare ed intervenire sul sistema usando gli stessi parametri in Emilia e in Calabria, allo stesso modo sarebbe un errore grave ridurre i presidi di legalità nella nostra Regione».

Successivamente il Consiglio è passato alla fase delle dichiarazioni di voto « per impedire la chiusura della Prefettura di Oristano» e l’attivazione «di un tavolo di confronto con il Governo al fine di ridiscutere l’assetto organizzativo dell’amministrazione periferica pubblica, mantenendo e potenziando il miglioramento dei servizi ai cittadini, tenuto conto delle condizioni d’insularità della Regione».

Il consigliere Mario Floris (Misto), ha annunciato il suo voto a favore precisando però che «queste cose non servono a nulla, serve piuttosto una grande vertenza fra Regione e Stato, applicando lo Statuto che prevede presenza del Presidente della Regione in Consiglio dei Ministri ogni qualvolta sia in discussione un tema che riguarda la Sardegna». La realtà, ha proseguito Floris, è che «abbiamo svenduto per quattro lire continuità territoriale, trasporto pubblico locale e sanità, mentre della copertura di queste risorse deve farsi carico lo Stato che poi deve sostenerci in Europa; non turberò il clima unitario del Consiglio ma va ricordato che con gli ordini del giorno non abbiamo prodotto niente».

Il consigliere Pierfranco Zanchetta (Cps) ha voluto affermare in primo luogo di non aver mai sentito la mancanza delle Prefetture «ma sindaci hanno ragione nel chiedere il mantenimento della presenza delle Istituzioni sul territorio, anche se in realtà chi garantisce la presenza dello Stato è la Regione autonoma; se dimentichiamo questo concetto stiamo dimenticando il nostro ruolo e perfino la nostra Costituzione». Zanchetta ha comunque annunciato il voto favorevole del suo gruppo, lamentato però che nessuno abbia parlato della Sardegna dopo il referendum della Catalogna: «è sbagliato perché qui si sta riaprendo una stagione di un autonomismo vero che sa farsi valere garantendo in primis i cittadini».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è espresso in modo critico sugli interventi di alcuni colleghi «distanti dall’oggetto dell’ordine del giorno come Pittalis e Floris, che hanno dimenticato come sulla continuità si stia cercando di superare difficoltà ereditate». Soru non ha svenduto nulla, ha risposto ancora Cocco, «ma ha ottenuto 1600 milioni di euro per la Sardegna, mentre Floris non ha mai fatto vertenze con lo Stato e nemmeno Pittalis è intervenuto su problemi concreti della nostra Isola». La situazione complicata, ha concluso, «ma è opportuno che ognuno operi nel suo ambito con senso di responsabilità senza strumentalizzare un problema serio come quello della Prefettura di Oristano».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha affermato che voterà SI all’ordine del giorno con grandissima convinzione «nonostante il capogruppo Cocco abbia in effetti depotenziato l’intervento del presidente Pigliaru; l’obiettivo comune è quello dell’unità del Consiglio, ci interessa che il Presidente difenda la Sardegna con il massimo della forza e della convinzione senza casacche politiche, e senza rivolgersi continuamente al passato, forse altre battaglie le abbiamo perdute perché non eravamo uniti».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha preannunciato il voto favorevole sull’ordine del giorno «di cui però è difficile prevedere la concretezza, nonostante il mandato al Presidente per far valere tutta la forza della Regione». Ho apprezzato il riferimento del presidente al per Mezzogiorno e la sua opposizione alla logica dei tagli lineari: «su questo la sosterremo liberandoci dalle appartenenze politiche». Al capogruppo del Pd Pietro Cocco, Pittalis ha però ricordato «i 29 ricorsi alla Corte costituzionale, strumenti della democrazia che voi avete ritirato; avevamo ed abbiamo idee diverse e su questo il confronto resta aperto».

Il capogruppo di Sel Daniele Cocco si è rammaricato del fatto che il Consiglio abbia perso una occasione per mostrarsi unito; «siamo preoccupati per l’arretramento dello Stato, è la stessa preoccupazione della Giunta, cosa che non avevo visto nella legislatura precedente».

Il consigliere Christian Solinas (Psd’Az) ha dichiarato che il suo gruppo non romperà l’unità del Consiglio ma ha precisato che «è necessario riaprire una vertenza con lo Stato chiedendo una delega piena per la Regione, non ho sentito dal presidente una posizione specifica sul punto specifico della Prefettura di Oristano». Quanto alla continuità territoriale, ha concluso, «ricordo che primi biglietti dei sardi sono stati emessi con Giunta Floris, esprimo solidarietà all’assessore Deiana ma senza dimenticare che la privatizzazione era un obbligo di legge e non la causa della crisi della compagnia».

Il presidente Francesco Pigliaru ha poi preso nuovamente la parole per un chiarimento sulle sue precedenti dichiarazioni. Ribadisco, ha detto, «che istruzione, legalità, infrastrutture sono il cardine della nostra azione di governo: ho detto NO ai tagli lineari in una Italia che lineare non è perché il Mezzogiorno ed anche Sardegna sono parti di un Paese che ha bisogno di fiducia e fiducia vuol dire nessun passo indietro sulla legalità; Oristano è parte di questo ragionamento».

Il consigliere Paolo Truzzu (Fdi) ha affermato che voterà a favore in modo convinto «ma con qualche dubbio dopo intervento del Presidente che forse non coglie il nocciolo della questione perchè Oristano è il simbolo dell’arretramento dello Stato dalla Sardegna, il rapporto con lo Stato va ricostruito e ripensato ed allora bisogna cercare di aver un rapporto diverso». Su istruzione, infrastrutture e legalità siamo d’accordo, ha osservato Truzzu, «però è sbagliato continuare sulla logica della leale collaborazione che finora non ha prodotto nulla; per leale collaborazione bisogna essere in due, mentre la Sardegna mette soldi propri per le infrastrutture cui invece deve pensare lo Stato».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha annunciato voto favorevole convinto, sottolineando tuttavia che «non siamo uniti, siamo un’unica cosa, concentrati su un obiettivo comune, un clima interrotto da un intervento stizzito che rischia di compromettere tutto; speriamo che non accada perchè non si può scherzare col fuoco». L’unità va ricercata, secondo Tedde, «ma anche difesa e tutelata; ricordiamo che il campanello d’allarme è suonato a dicembre e non è stato ascoltato da chi doveva farlo, la leale collaborazione non può essere a senso unico e non c’è da parte del governo Renzi e dello Stato come dimostrano molte vicende, dalle trivelle alla buona scuola».

Il consigliere Augusto Cherchi (Sdl) si è detto a favore «purchè l’unità non sia solo di facciata per tutelare servizi essenziali per la comunità».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps), anch’egli a favore, ha ringraziato il suo gruppo «per il segnale forte inviato al Ministro dell’Interno di rompere con il partito».

Il consigliere Luigi Crisponi (Riformatori sardi) ha ricordato che «Pigliaru ha in mano uno strumento, è stata approvata recentemente dalla Camera una mozione sulla vertenza Sardegna dove c’è anche la Prefettura di Oristano; il Governo centrale dunque deve essere richiamato a comportamenti coerenti, senza dimenticare che ad Oristano e a Nuoro chiuderanno le Camere di commercio ed altri presidi dello Stato, facendo emergere la mancanza di un corrispettivo in termini di servizi ed è su questo che bisogna puntare».

Il consigliere Alessandro Collu (Soberania-Indipendentzia) ha parlato di un voto favorevole «che segna un cambio di mentalità rispetto al passato; ben venga, anche se nel 2012, quando si chiusero molti tribunali (e non si tratta di un servizio privo di incidenza) non si mosse niente».

Il consigliere Antonio Solinas (Pd), a favore, ha ringraziato tutto il Consiglio perché «si è riusciti ad andare al di là del proprio territorio, fatto senza precedenti anche se con fatica; bene Pigliaru che ha evitato il ricorso alla polemica politica, la posizione della Giunta è chiara e non si possono mischiare temi diversi tornando ad un passato in cui molti hanno peraltro scheletri nell’armadio». La cosa essenziale, ha concluso, «è che il presidente abbia un mandato forte per rappresentare tutta la Sardegna».

Il consigliere Paolo Zedda (Rossomori) voterà a favore ma senza entusiasmo «perché riteniamo che le Prefetture siano importanti solo come servizi per il cittadino ma le carenze dello Stato sono enormi e non possono essere dimenticate; noi preferiamo che la Sardegna segua il modello della Val d’Aosta e del Trentino Alto Adige».

Non essendoci altri iscritti a parlare, il presidente Ganau ha messo in votazione l’ordine del giorno che il Consiglio ha approvato all’unanimità, con 53 voti.

Il presidente del Consiglio ha quindi comunicato l’inversione nell’ordine del giorno dei lavori dell’Aula ed ha annunciato la discussione della mozione e delle interpellanze (n.112, 125 e 126) inerenti le problematiche e la gestione della fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe.

Il primo firmatario della mozione n. 107, il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, ha ricordato sinteticamente le caratteristiche della struttura socio sanitaria di Ploaghe che offre servizi di sostegno alla persona e conta 165 dipendenti. Il consigliere della minoranza ha evidenziato che la fondazione è in regime commissariale dal 2007 e che nell’arco di otto anni si sono succeduti cinque commissari che avrebbero dovuto risanare l’azienda e ridurre l’indebitamento. Tedde ha quindi ricordato lo stanziamento della Regione del 2012, pari a 25 milioni di euro, con lo scopo di  ripianare debiti e risanare la gestione. «E’ ora indispensabile – ha proseguito Marco Tedde – trasformare la fondazione in “Azienda per servizi alla persona” tenendo conto del debole equilibrio finanziario, del costo del personale (incide per l’80% sui costi complessivi) e della necessità di incrementare la produzione dei servizi e dunque i ricavi».

Tedde ha poi spiegato che le perdite, quantificate in circa centomila euro\mese, derivano anche dal ridotto utilizzo dei posti letto e dalla mancata introduzione di nuovi servizi. L’esponete di Fi ha quindi auspicato la riorganizzazione della Fondazione ed ha affermato che servirebbe renderla “il primo fornitore delle Asl sarde”. Il consigliere del centrodestra non ha quindi nascosto la preoccupazione per l’incremento del debito ed ha paventato un possibile rischio di insolvenza. «Chiediamo l’impegno della giunta per chiudere la lunga riflessione sul futuro della fondazione», ha spiegato Tedde, «e ci auguriamo che si decida in tempi rapidi quale debba essere il futuro per la struttura di Ploaghe e i suoi lavoratori».

Il consigliere, Gaetano Ledda  (Misto – la Base), presentatore dell’interpellanza n. 125 ha rivolto un saluto alla delegazione dei lavoratori della fondazione presenti nelle tribune riservate al pubblico ed ha sommariamente esposto i contenuti del documento a suo tempo presentato dal gruppo “Sardegna Vera”. L’esponente della maggioranza ha ricordato il dettato della legge 23 del 2015 per quanto attiene la trasformazione della fondazione in azienda per i servizi alla persona ed il vincolo del pareggio di bilancio. Ledda ha concluso con l’auspicio di una rapida soluzione del problema ed ha invitato la commissione Sanità a prendere in esame il progetto che era stato predisposto dall’ex commissario Foddai.

Il consigliere Roberto Desini (Sovranità, democrazia e lavoro) presentatore dell’interpellanza n. 126, datata luglio 2014, ha evidenziato in apertura del suo intervento il lungo periodo di commissariamento della fondazione di Ploaghe. «Se c’è il commissario dal 2007 – ha affermato Desini – è evidente la situazione di precarietà che caratterizza la gestione e soprattutto il rapporto con i lavoratori». L’esponete della maggioranza ha quindi affermato che un tempo così lungo di commissariamento «fa comodo solo alla politica, a tutta la politica». «Pretendiamo chiarezza e correttezza – ha proseguito il capogruppo di Sdl – perché con la precarietà si tengono al guinzaglio le persone e non possiamo più accettare una situazione incerta e poco chiara che continua a produrre debiti».

La consigliere del Pd, Rossella Pinna, ha ricordato la vicenda che nella scorsa legislatura ha portato alla cessazione dei servizi della “fondazione Guspini per la vita” («un centro di riabilitazione che dava risposte dare risposte ai cittadini sardi che cercavano cure e speranza al di fuori della Sardegna»). «Nel 2012 – ha affermato l’esponente della maggioranza – ero tra il pubblico quando in finanziaria il centrodestra propose il salvataggio della fondazione di Ploaghe e stanziò 25 milioni di euro». Rossella Pinna ha definito la decisione assunta allora “irresponsabile” perché – a suo giudizio – “non si potevano mettere risorse pubbliche in un pozzo senza fondo”.  La consigliere del Pd, pur riconoscendo la necessità di tutelare i posti di lavoro della fondazione di Ploaghe,  ha sottolineato i ritardi accumulati nella precedente legislatura per un’efficace azione di ristrutturazione della struttura e della gestione. Rossella Pinna ha quindi proposto la commissione Sanità come sede idonea per compiere le opportune valutazioni sul caso.

Il vice presidente del Consiglio, Antonello Peru (Fi), ha evidenziato la drammatica situazione in cui versa la fondazione d ha posto l’accento sul mancato pagamento delle ultime quattro mensilità ai 160 lavoratori. «Serve una soluzione chiara e coraggiosa – ha dichiarato l’esponente della minoranza – e la fondazione può crescere e svilupparsi se si superano i problemi logistico strutturali, lo scarso utilizzo di posti letto e si garantisce maggiore autonomia alla struttura di Ploaghe».

Peru ha ricordato il favore che assessore, amministrazione comunale e sindacati hanno mostrato per la trasformazione della fondazione in “Asp” ed ha sottolineato che tale ipotesi non può concretizzarsi in un semplice cambio della ragione sociale ma deve tradursi in una profonda riorganizzazione che abbia al centro l’incremento della produzione dei servizi.

A giudizio di Antonello Peru la trasformazione in “Asp” è un obiettivo di difficile realizzazione e richiederebbe l’impiego di ulteriori risorse quantificabili in circa 10 milioni di euro. «E’ difficile ad esempio – ha insistito il consigliere di Fi – garantire  le commesse di tutte le Asl, i finanziamenti diretti della regione in luogo delle fatture ed un pareggio di bilancio a 14 milioni di euro».

Peru ha quindi concluso con l’invito all’assessore a rendere i noti i percorsi amministrativi e politici posti in essere per dare un futuro alla struttura di Ploaghe.

Il consigliere del Pd, Gianni Ruggeri si è detto “spaventato” dalla situazione creatasi alla fondazione San Giovanni Battista e l’ha definita “paradigmatica” «per come si muovono le questioni intono alla sanità in Sardegna». «Si produce la spesa – ha spiegato il consigliere della maggioranza – si genera un servizio senza attenzione tra costi e ricavi e poi si propone alla mano pubblica il compito di riparare le storture insite nel meccanismo di produzione del servizio».

«Parliamo di cifre pazzesche – ha incalzato l’ex sindaco di Quartu – parliamo di 25 milioni buttati in un pozzo senza fondo e se ne ipotizzano altri 7 o 8 milioni per far quadrare i conti». Ruggeri ha proposto la discussione dell’annoso tema in commissione Sanità ed ha così concluso: «Serve mettere la parola fine ai carrozzoni».

E’ quindi intervenuto il consigliere di Area Popolare Sarda, Giorgio Oppi, che ha fornito alcuni dati sulla struttura sanitaria di Ploaghe. «Il personale incide per il 90% sui costi di gestione della SGB – ha detto Oppi – i posti letto coperti sono il 70% di quelli disponibili, il fatto che gli altri non vengano occupati spiega il deficit».

Il consigliere di minoranza ha poi ricordato i ritardi nel pagamento delle prestazioni da parte della Asl e le voci principali che incidono sul debito della Fondazione San Giovanni Battista: le sanzioni amministrative, gli interessi da pagare all’INPS e un  mutuo contratto 20 anni fa.

Oppi ha poi ricordato che la struttura non è a norma e per questo non si sono potuti portare a termine alcune interventi. L’ex assessore alla Sanità ha poi invitato ad evitare scambi di accuse e a pensare a una soluzione per i lavoratori.

Secondo Salvatore Demontis (Pd), la strada da seguire è quella indicata dall’assessore:  la trasformazione da Ipab ( Istituti pubblico di assistenza e beneficenza)   in Asp (Azienda di servizi alla persona). «C’è da chiedersi perché non si è riusciti a farlo fino ad ora pur avendo stanziato 25 milioni di euro – ha sottolineato Demontis – è un problema di governance, è evidente che tutti i commissari hanno fallito l’obiettivo».  Demontis ha infine difeso l’operato dell’assessore Arru e indicato la strada per il futuro: «Prima di pensare a nuovi servizi, l’azienda va risanata».

Anche Luigi Lotto (Pd) ha auspicato una soluzione definitiva: «E’ impensabile chiamare il Consiglio a ripianare i buchi a distanza di 5-6 anni – ha detto Lotto – il problema va risolto guardando all’interesse dei lavoratori ma cercando di individuare un percorso che dia alla struttura una prospettiva futura».

Lotto ha poi invitato l’assessore Arru ad andare avanti nella strada individuata che prevede il ricorso a risorse nazionali per il rilancio della SGB.

Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda) ha concordato sul fatto che vadano prioritariamente difesi i diritti dei lavoratori ma ha anche espresso qualche perplessità sulla situazione della struttura sanitaria del Nord Sardegna: «Ho l’impressione che si parli di un contenitore vuoto che non crea utili e non dà servizi ai cittadini».

Attilio Dedoni (Riformatori) ha sottolineato la necessità di avere a disposizione i bilanci degli ultimi anni per capire come sono stati utilizzati i soldi: «Si tratta di trovare soluzioni adeguate per tranquillizzare i lavoratori e fare in modo che le istituzioni regionali siano maggiormente coinvolte. In passato il Santa Maria Bambina di Oristano ha avuto problemi che la Regione non ha sanato, lo stesso è avvenuto per il Santa Maria Assunta di Guspini che è stato costretto a chiudere o per il centro di Villamar che non è mai decollato. Non si possono sanare tutte le situazioni, occorre pensare di inserire le strutture in una rete che faccia parte del servizio sanitario regionale».

Annamaria Busia (Sovranità, Democrazia e Lavoro) ha puntato l’indice contro la precedente Giunta regionale che aveva deciso di trasformare la SGB in una residenza dei dismessi dagli Opg. «Il fatto che non sia stata realizzata la Rems non è stato un capriccio – ha detto Busia – non poteva essere realizzata perché la struttura era fatiscente e il personale non adeguato. Il San Giovanni Battista non era idoneo eppure è stato individuato come potenziale Rems. Quel progetto è fallito».

Busia ha poi ricordato il percorso individuato dal precedente commissario della SGB  Costantino Foddai.  «Era una soluzione che imponeva scelte coraggiose – ha rimarcato Busia – metteva in evidenza una struttura superiore agli standard attuali con 32 unità in eccesso, un surplus di personale che causava un buco di un milione di euro in bilancio».

Secondo Daniele Cocco (Sel) i 25 milioni erogati nel 2010 alla Sgb di Ploaghe hanno impedito di trovare una soluzione definitiva. «Oggi c’è la necessità di dare una risposta ai 200 lavoratori – ha detto Cocco – la proposta fatta da Ganau è quella in questo momento più praticabile. Occorre trovare le risorse per pagare subito gli stipendi ai lavoratori, poi la Giunta cercherà di risolvere definitivamente il problema».

Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha espresso preoccupazione per le posizioni di alcuni esponenti del PD che in aula hanno parlato di “carrozzoni” e di “scelte irresponsabili”.

«La questione non può essere liquidata in questo modo – ha detto Pittalis – la Sgb è una struttura unica in Sardegna, per questo ha la sua ragion d’essere. Noi riteniamo che quando si è deciso di dare 25 milioni per la Fondazione è stata una scelta responsabile».

Pittalis ha poi manifestato apprezzamento per la decisione del presidente del Consiglio di convocare una conferenza dei capigruppo ad hoc con gli amministratori locali e i sindacati.  «Siamo pronti a risolvere subito la questione anche con un provvedimento urgente, preoccupiamoci di mettere a disposizione le risorse da qui a un paio di mesi per i lavoratori. Se si è sbagliato prima non possiamo continuare a sbagliare – ha concluso Pittalis – si  pensi a un programma serio ma intanto si dia la certezza degli stipendi arretrati ai dipendenti».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha invitato i colleghi alla calma. «Le posizioni assunte in conferenza dei capigruppo non sono cambiate – ha detto Cocco –  nessuno vuole speculare sulla vicenda,  non ci sono buoni e cattivi, nel 2010 ho presentato una mozione per la trasformazione della SGB da Ipab a Asp. Io ero firmatario del documento,  non ricordo che Pittalis abbia sostenuto un’idea di questo tipo».

Sui 25 milioni erogati alla Sgb, il capogruppo del Partito Democratico ha ricordato  la convergenza di tutte le forze politiche. «Credo però che i lavoratori abbiano bisogno adesso di certezze e prospettive  –  ha concluso Cocco – si pensi a pagare gli arretrati e si dia alla Giunta e al Consiglio il tempo di ragionare sulle questioni che riguardano la struttura di Ploaghe».

Intervenendo a nome della Giunta, l’assessore della sanità Luigi Arru ha voluto rassicurare in primo luogo i lavoratori sull’impegno per una soluzione positiva della situazione del San Giovanni Battista che, ha precisato, «deve rientrare nella riorganizzazione della rete sanitaria regionale, mentre la soluzione di ospitare in quel sito pazienti ex Opg non era percorribile». I margini ci sono, ha proseguito Arru, «anche perché nella stessa Asl di Sassari ci sono cinquanta persone nelle barelle che hanno superato la fase acuta e devono poter essere collocate altrove per poter seguire un percorso di riabilitazione presso le strutture pubbliche; non solo quindi c’è la massima attenzione dell’assessorato ma c’è anche l’impegno a verificare tutte le ipotesi possibili per accedere, in tempi brevi, a 16 milioni di fondi nazionali, a partire dalla trasformazione del San Giovanni in Asp, senza riduzioni di personale ma anzi potenziando le risorse umane e restando all’interno degli standard previsti dalla legge». Nessuno vuole chiudere il San Giovanni Battista, ha ribadito l’assessore della Sanità, «ma inquadrare quella struttura in una visione complessiva mentre, nell’immediato, occorre che i Comuni sistemino le loro esposizioni nei confronti del San Giovanni come ha fatto la Regione accelerando le procedure per il pagamento delle prestazioni». Ribadisco inoltre, ha concluso l’assessore, «l’impegno per la soluzione del problema degli arretrati maturati dai lavoratori lavorando, nello stesso tempo, per una assetto stabile della struttura in un quadro di razionalizzazione della nostra rete sanitaria che rappresenti un beneficio concreto anche per alcune tipologie di pazienti come gli autistici ed i malati di Alzheimer e le loro famiglie; stiamo lavorando a questo obiettivo per il quale abbiamo necessità di un certo periodo di tempo per definire compiutamente il percorso giuridico della trasformazione dell’ex Ipab in Azienda di servizi alla persona».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha chiesto una breve sospensione della seduta in modo da concordare le modalità di prosecuzione dei lavori.

Il presidente Ganau ha accolto la richiesta.

Alla ripresa dei lavori, il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha affermato che «la vertenza in discussione non può vedere la politica divisa e per questo abbiamo cercato di fare un discorso di sintesi, senza nascondere le criticità esistenti e quelle in prospettiva; ragioni che portano il Consiglio ad esaminare, già nella prossima riunione, un provvedimento per mettere in sicurezza le retribuzioni dei lavoratori e dare alla Giunta il tempo necessario, due-tre mesi, per individuare una soluzione strutturale».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha ribadito che «è necessario mettere in sicurezza gli stipendi dei lavoratori con l’impegno, nei prossimi mesi, di valutare la situazione con attenzione la situazione del San Giovanni Battista e di altre strutture presenti in Sardegna».

Il presidente Ganau ha preso atto della volontà comune di predisporre un ordine del giorno unitario ed ha sospeso la seduta, riconvocando il Consiglio per domattina alle 10.00.

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Palazzo del Consiglio regionale 3 copia

Si sono svolte oggi in IV commissione (Governo del territorio) le audizioni di Cgil, Cisl e Uil sul disegno di legge n° 218 (Legge forestale della Sardegna).

«E’ una riforma necessaria per dare più valore ad una risorsa strategica per la Sardegna come il bosco ma restano da risolvere alcuni nodi riguardanti sia il ruolo dei privati che, soprattutto, il contratto del personale che a nostro giudizio deve mantenere i due livelli nazionale e territoriale» ha detto il segretario regionale di categoria della Uil Pasquale Deiana aprendo il ciclo delle audizioni dei sindacati confederali davanti alla quarta commissione (governo del territorio), presieduta dall’on. Antonio Solinas (Pd), sulla nuova legge forestale della Sardegna.

Giudizio più critico, nel metodo e nel merito, quello della Cisl che con Francesco Piras ha lamentato in primo luogo lo scarso coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori da parte della Giunta. «Nel merito – ha osservato – riteniamo sbagliata la scelta di una agenzia unica perché casomai sarebbe stato più utile fare prima una legge organica su tutela ambientale e difesa del suolo; inoltre, siamo molto perplessi sul ruolo dei privati e sul futuro dei lavoratori dell’Ente foreste, ai quali il disegno di legge della Giunta non dà nessuna certezza». «Bisogna lavorare piuttosto – ha concluso – per migliorare i due livelli di contrattazione».

Per la Cgil Raffaele Lecca ha espresso invece una valutazione positiva. Pensiamo sia importante, ha detto, «riaffermare la natura pubblica dell’Agenzia Forestas e creare le condizioni per l’avvio nei boschi di nuove filiere produttive, senza dimenticare la viabilità rurale; per quanto riguarda il personale siamo per la chiarezza nel senso che o si applica il contratto del comparto forestale o quello regionale previsto dalla legge 31». «L’importante però, ha concluso – è che la nuova disciplina contrattuale sia approvata assieme alla legge, senza il rinvio previsto dal Dl 218 che delega questo aspetto ad un successivo provvedimento della Giunta».

Il presidente della commissione Antonio Solinas, in sede di conclusioni, ha rassicurato i sindacati sulla volontà comune di fare una buona legge per migliorare il settore forestale della Sardegna, rilanciando alcune filiere come il sughero ed avviando nuove attività come quelle legate al contrasto del rischio idrogeologico. Sul contratto ha precisato che l’intera commissione ritiene vada inserito da subito all’interno della nuova legge, un punto su cui è in corso una interlocuzione con la Giunta. Inoltre, in materia di stabilizzazioni, Solinas ha annunciato che fra qualche giorno la Giunta approverà una delibera riguardante oltre 300 posizioni. «E’ un percorso lungo – ha aggiunto – che comunque intendiamo portare a compimento possibilmente nell’arco di un triennio; servono ovviamente nuove risorse ma su questo avvieremo un confronto con lo Stato sollecitando una compartecipazione». «Del resto – ha concluso Solinas – lo Stato già sostiene costi significativi per le indennità di disoccupazione che sarebbero risparmiati, in altre parole è una materia su cui ci si può lavorare».

Dopo i sindacati è stata la volta dell’Anci. Il direttore Umberto Oppus ha rivendicato un ruolo più incisivo dei Comuni, a prescindere dal fatto che siano i proprietari dei terreni o che siano o meno sede di cantieri forestali. «Ciò che conta – ha sostenuto – è il legame col territorio, la capacità di mettere a sistema risorse pubbliche e di dare risposte concrete ai cittadini».

Successivamente hanno preso la parola i sindaci di Santadi Elio Sundas, di Armungia Antonio Quartu, di Desulo Luigi Littarru e di Sedilo Alessio Petretto. Tutti hanno portato all’attenzione della commissione questioni molto pratiche che si verificano ogni giorno nelle loro comunità e che dimostrano come ogni processo di valorizzazione della risorsa-bosco non possa prescindere dalle amministrazioni comunali. Problemi come il taglio della legna, la logistica di supporto ai cantieri o la semplice collaborazione istituzionale fra soggetti pubblici confermano, secondo i sindaci, che c’è molto bisogno di una riforma ma che la stessa deve integrarsi a fondo nel tessuto delle diverse realtà locali.

In conclusione, il presidente della commissione Antonio Solinas, dopo aver ringraziato la delegazione dell’Anci per il suo contributo, ha messo l’accento sul fatto che nella nuova legge gli Enti locali non hanno più ruoli di gestione ma sono comunque figure centrali nella programmazione dalle quali nessuno vuole prescindere.

Nel dibattito hanno preso la parola anche il vice presidente della commissione Gianni Tatti (Aps) ed i consiglieri Salvatore Demontis (Pd), Daniele Cocco (Sel) e Pierfranco Zanchetta (Cps).

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Consiglio regionale 16

ll Consiglio regionale nella seduta di questa mattina ha approvato le mozioni 178 e 179 sulla richiesta di referendum per l’abrogazione dell’art. 38 dello “Sblocca Italia” e dell’art.35 del decreto “Sviluppo” ed ha respintola mozione presentata dal centrodestra sulla Sanità.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con l’esame della proposta di adesione della Regione Sarda al referendum abrogativo in materia di idrocarburi, ai sensi dell’art.75 della Costituzione. Il presidente, dopo aver illustrato le norme di legge collegate ai quesiti referendari, ha dato la parola all’on. Pietro Cocco (Pd) per illustrare il provvedimento.

Nel suo intervento, Cocco ha spiegato che «si tratta di due atti di delibera articolati in sei quesiti riguardanti la norma Sblocca Italia, che dichiarata la strategicità e l’indifferibilità di alcune attività industriali». Ciò che si vuole ottenere, ha aggiunto il capogruppo del Pd, «è di porre un freno al depotenziamento della competenza regionale su queste materie per evitare una mnovra di accentramento da parte dello Stato su materie di grande delicatezza; in Sardegna, ad esempio, le trivellazioni in mare potrebbero essere autorizzate solo dallo Stato, senza alcun ruolo per la Regione». «L’iniziativa referendaria sottoscritta in Sardegna da tutti i capigruppo consiliari – ha concluso Cocco – è comune ad altre Regioni d’Italia, dato che per arrivare al referendum la proposta deve sottoscritta da almeno cinque Consiglio regionali».

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, ha comunicato di voler aggiungere la firma del suo gruppo alla proposta.

Il consigliere di Forza Italia Stefano Tunis, ha messo l’accento sul fatto che è sbagliato sottrarsi da questa discussione, «che va oltre la definizione di autonomia, ed incrocia in qualche modo il famoso principio not in my garden che in molti casi ha fatto male all’economia italiana mentre sarebbe stato necessario fermarsi a valutare bene alcune grandi scelte in materia di gestione del territorio». «In questi anni – ha continuato Tunis – le autonomie regionali e locali hanno mostrato l’incapacità di dare risposte certe al di là di situazioni emotive ed questo è il contesto che sta alla base dello Sblocca Italia; abbiamo avuto esempi recenti anche in Sardegna dove, di fronte a richieste di ispezioni del sottosuolo, la risposta è stata affidata ad un ufficio di burocrati che ha respinto la domanda per una presunta incompatibilità con il piano paesaggistico regionale». «Se l’autonomia è un valore – ha osservato infine Tunis – questo significa anche una assunzione precisa di responsabilità; non sono appassionato di referendum ma forse in questo caso è l’unico strumento possibile non nel merito ma nel metodo, fermo restando che la politica debba recuperare la capacità di dare risposte concrete soprattutto quando sono difficili».

Il consigliere Salvatore Demontis (Pd) ha riconosciuto che il principio evocato da Tunis ha effettivamente provocato l’incertezza delle Regioni nel dare risposte ad istanze concrete di sviluppo. «Qui però – ha precisato – si tratta di concessioni entro le 12 miglia, non nuovi interventi ma quelli bloccati dal decreto Monti, ad una distanza molto ridotta dalla fascia costiera e dalle aree marine protette, contesto di fronte al quale non c’è valutazione di impatto ambientale che tenga rispetto a possibili errori umani che comporterebbero un rischio elevatissimo». E’importante, a giudizio di Demontis, «anche l’aspetto della competenza regionale per dare vita ad un confronto autentico con lo Stato; sotto questo profilo il referendum consente una dialettica reale evitando di percorrere la strada dei ricorsi». «In conclusione – ha detto Demontis – è auspicabile che al voto referendario non si arrivi ma che la legge nazionale sia modificata prima in alcuni punti con il concorso delle Regioni».

Il consigliere Francesco Agus (Sel) ha dichiarato che, a differenza di Tunis e Demontis, va ricordato che «in Sardegna non c’entra il principio anglosassone perché la Sardegna ha sempre dovuto subire iniziative discutibili contro la sua volontà». «E’vero – ha riconosciuto Agus – che la nostra Regione può comunque chiedere al Governo la sospensione di una norma dannosa per la Sardegna secondo lo Statuto ma questo strumento potrebbe non essere sufficiente; altro è, invece, un referendum che nasce sotto la spinta di una larga iniziativa popolare, perché ogni scelta strategica non può essere presa sopra la testa dei Sardi e dello stesso Consiglio, che deve tornare ad essere protagonista del nostro futuro».

Il consigliere Oscar Cherchi (Forza Italia) ha messo in evidenza la delicatezza del tema come dimostrano episodi passati e recenti della storia sarda, frutto di scelte unilaterali dello Stato su energia e non solo. Ora, ha ricordato, «il Governo decide con lo Sblocca Italia di essere l’unico soggetto che può decidere su una materia di importanza strategica per lo sviluppo del Paese». «Non ho mai amato i referendum, ha proseguito – perché credo il popolo decida con le elezioni ad ogni livello, piuttosto è il Consiglio che deve incidere sui grandi problemi con la sua azione; una azione forte che non c’è stata e questo è il vero elemento di difficoltà su cui dobbiamo confrontarci superando le appartenenze politiche». Tuttavia, ha concluso il consigliere di Forza Italia, «in questo momento è una leva che va utilizzata anche come strumento di pressione politica, fermo restando che la chiarezza sull’azione politico amministrativa non può avere alternative».

Il consigliere Augusto Cherchi (Sdl) ha sottolineato che l’iniziativa di molte Regioni contro lo Sblocca Italia che permette iniziative di ricerca energetica senza intesa con le stessi Regioni violando la Costituzione vigente «rappresenta il tentativo di aggirare norme autonomistiche già in atto con una sorta di corsia preferenziale che, fra l’altro, contrasta con la normativa comunitaria». E’opportuno quindi, ha proposto, «che la Giunta affidi ad un ente terzo da individuare il compito di predisporre uno studio per accertare l’effettiva presenza di risorse energetiche nel sottosuolo della Sardegna e, nel frattempo, disponga una moratoria fino al risultato delle indagini scientifiche; questa è l’unica strada per consentire alla Sardegna di decidere del suo futuro con l’esercizio di una vera sovranità».

Ha quindi preso la parola il consigliere di Forza Italia, Marco Tedde, che ha parlato di «confusione e poca chiarezza» tra i banchi della maggioranza. «C’è chi ha ritenuto che non fosse necessario impugnare lo Sblocca Italia e altri che invece ha invocato un atteggiamento più deciso della Regione nei confronti del Governo – ha detto Tedde – l’assemblea plenaria delle Regioni ha approvato i quesiti referendari su queste norme ritenendole illegittime perché ledono le prerogative degli enti locali. Qui invece regna la confusione». Tedde ha ricordato la posizione assunta dall’assessore all’ambiente Donatella Spano quando la Puglia decise di impugnare lo “Sblocca Italia”: «Secondo l’assessore la Sardegna in quanto Regione autonoma non aveva motivo di fare ricorso alla Corte Costituzionale, in quanto godeva di una protezione diversa, come stabilito dall’art. 43 bis dello Sblocca Italia. Se quelle norme non si applicano alle regioni speciali – ha chiesto Tedde – perché ci accodiamo a questa iniziativa referendaria?».

Il consigliere azzurro ha poi chiarito di non essere contrario a priori all’attività di ricerca di idrocarburi o alle trivellazioni: «Il problema è che dobbiamo essere noi a decidere le politiche di sviluppo – ha concluso Tedde – in questo caso invece decide Renzi. Va bene il referendum come estrema ratio ma se qualcuno riteneva che le norme non fossero in linea con le prerogative della Sardegna doveva impugnare prima il provvedimento».

Anche Antonio Solinas (Pd) ha manifestato qualche perplessità sulla decisione di ricorrere al referendum. «La situazione creatasi con lo Sblocca Italia non lascia però molti margini di scelta – ha detto Solinas – un settore importante come quello dell’energia non può essere lasciato nelle mani di pochi».

Antonio Solinas ha poi sottolineato la necessità di dare più spazio agli amministratori locali nelle scelte delle politiche di sviluppo del territorio: «Abbiamo assistito in questi anni all’arrivo di avventurieri che presentano richieste alla Regione. Ai sindaci arriva una semplice comunicazione dell’assessorato all’Industria. I comuni devono essere messi nelle condizioni di decidere sulla programmazione».

Il presidente della Commissione “Governo del Territorio” si è chiesto poi quale sia il vantaggio economico per la Sardegna per gli interventi proposti da società costituite con capitali sociali irrisori. «Nell’Oristanese si sono fatte richieste di trivellazione in aree Sic, in territori a forte vocazione agricola, che potrebbero mettere a rischio le stesse aree».

Solinas, contrariamente a quanto sostenuto dal consigliere Tedde, ha voluto sottolineare il ruolo determinante svolto dalle associazioni ambientaliste: «E’ grazie a loro che si è riusciti a fermare alcuni investimenti. Ora serve un piano energetico regionale per tracciare le linee guida, altrimenti le multinazionali dell’eolico e delle trivellazioni off shore ritorneranno in Sardegna a fare i propri affari».

Gianni Lampis (FdI) ha ricordato l’esperienza vissuta da vice sindaco di Arbus: «Una società inviò al Comune una comunicazione che venne affissa all’Albo pretorio. Il Consiglio avviò una riflessione per capire se quel tipo di intervento richiesto poteva essere compatibile con le aspettative del territorio e della Sardegna. In Consiglio dissi che buona prassi voleva che un imprenditore si presentasse agli amministratori anziché limitarsi a formulare una richiesta alla Regione Anche in questo caso – ha affermato Lampis – siamo di fronte a imprenditori che non degnano la Regione di attenzione».

Il consigliere di minoranza ha poi ricordato che una delle società coinvolte nelle trivellazioni, la Tosco Geo Srl con sede a Barberino d’Elsa, è presieduta da Stefano Bocco,  ex parlamentare della Federazione dei Verdi. «Questa persona dichiarava in passato che si doveva puntare con decisione sulle fonti rinnovabili. Non ha letto cosa dicono in Toscana però della sua centrale che ha prodotto 3000 tonnellate al giorno di ammoniaca. E’ l’inquinamento più grave a livello regionale».

Lampis ha quindi concluso il suo intervento lanciando un monito al Consiglio: «L’onorevole Solinas parla di avventurieri, io invece parlerei di speculatori. Questi cinque permessi di cui è titolare la Tosco Geo potrebbe farci pensare questo. Se questo tipo di società hanno trovato il semaforo verde a Roma non è detto che lo debbano trovare in Sardegna. Abbiamo il dovere di difendere la nostra terra dalle speculazioni».

Alessandra Zedda (Forza Italia) ha espresso  preoccupazione per l’atteggiamento dello Stato nei confronti delle Regioni. «Meno di un anno fa siamo andati a Roma a una riunione voluta dai consigli regionali per parlare di questo. Si sta sostanzialmente tentando di  minare la nostra autonomia e la nostra specificità – ha sottolineato Alessandra Zedda – fanno bene le Regioni a richiedere un referendum».

L’esponente azzurro ha poi rimarcato l’esigenza di affermare le prerogative riconosciute alla Regione dallo Statuto speciale nelle materie di propria competenza e criticato, per questo, la scelta della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «Veniamo additati come spendaccioni, ci impongono sottrazioni di risorse e cercano di limitare la nostra azione politica – ha affermato Zedda – l’Italia non ha una politica industriale e oggi vuole imporre le scelte sui territori. Le decisioni devono essere prese dalla politica in base a norme certe. Ben venga il nuovo piano energetico regionale, sarà l’occasione per inserire alcuni paletti per lo sviluppo del nostro territorio».

Zedda, infine, si è detta favorevole alle trivellazioni: «Non dobbiamo dire no a priori – ha concluso il consigliere di Forza Italia – è necessario pensare allo sviluppo e valutare attentamente lo sfruttamento delle fonti energetiche. Il problema è che le decisioni devono essere prese in Sardegna. Per questo voteremo a favore delle due mozioni. Convinti che nessuno, nemmeno il Governo, può privarci della nostra autonomia e specificità».

Emilio Usula (Rossomori) ha denunciato la presenza in Sardegna di speculatori ed avventurieri: «Da troppo tempo si muovono personaggi e gruppi di potere che non hanno nulla a che vedere con una politica di sviluppo rispettosa della realtà sarda.

«Lo “Sblocca Italia” va in una direzione che da sardi non possiamo non contrastare – ha detto Usula – non possiamo permettere che l’Isola venga considerata come una piattaforma energetica».

Il capogruppo dei Rossomori ha poi rimarcato che «la Sardegna è tra le regioni più inquinate d’Italia, i picchi di incidenza delle malattie sono molto più alti che nel resto della penisola. C’è poi la questione delle servitù militari e la possibilità che in Sardegna si faccia il deposito di scorie nucleari. E’ ora di dire basta ad situazione che potrebbe comportare gravi conseguenze sulla salute dei nostri figli» 

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, ha dichiarato il voto a favore delle due mozioni pro referendum ed ha affermato che il tutto rappresenta anche una risposta e un segno di vicinanza del Consiglio regionale verso i Comuni e a difesa delle nostre comunità. L’esponete della minoranza ha quindi citato a titolo d’esempio il diniego di Dorgali e dei Comuni limitrofi ad un permesso di ricerca di acque termali, per dimostrare che con le disposizioni del decreto “Sblocca Italia” le volontà di quei territori resterebbero lettera morta.

Il capogruppo di Sel, Daniele Cocco, ha ribadito l’adesione convinta alle due mozioni per referendum: ma auspico che i referendum non debbano svolgersi perché spero che il legislatore nazionale modifichi quelle parti dello “Sblocca Italia” che mortificano le competenze regionali. «La richiesta referendaria arriva dal basso – ha concluso l’esponente della maggioranza – e riguarda tutto il Paese ed essendo Regione a Statuto speciale dobbiamo tenere ancora più alta la voce del dissenso».

Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha ricordato la convinta sottoscrizione dei consiglieri del suo gruppo alle due mozioni ed ha dichiarato di «respingere l’idea centralistica che affiora nelle azioni del  governo nazionale». «Dopo il Senato ridotto a museo – ha proseguito l’esponente della minoranza – Renzi non può entrare a gamba tesa sulle prerogative delle Regioni Speciali come la Sardegna».

Pietro Pittalis ha quindi dichiarato apprezzamento e sostegno all’iniziativa promossa dal presidente Ganau in sede di conferenza dei presidenti dei consigli regionali per impegnare anche il Consiglio regionale della Sardegna su un tema vitale. «Ma il tutto – ha proseguito il capogruppo – denota ancora una volta l’assenza della giunta regionale che non ha impugnato il provvedimento che oggi ci si propone di modificare con il referendum abrogativo». Il consigliere Pittalis ha parlato di “atteggiamenti dannosi” per l’Isola ed ha invitato l’esecutivo a non avere «atteggiamenti rinunciatari verso il governo nazionale» sul tema dell’energia come su quello delle scorie: «Su questo argomento auspichiamo un’informativa della Giunta».

L’assessore della Difesa dell’Ambiente, Donatella Spano, ha ricordato gli interventi promossi dalla Giunta «nelle sedi istituzionali proprie di chi governa». «Abbiamo incominciato in conferenza delle Regioni – ha spiegato l’assessore – quando si è esaminata la prima bozza dello “Sblocca Italia” (24 settembre 2014) e si è discusso il punto centrale: il trasferimento della competenza regionale al livello nazionale in materia di valutazione di impatto ambientale». La professoressa Spano ha quindi ricordato la richiesta di abrogazione formulata dalla Regione sarda il 2 ottobre 2014 per l’articolo 35 dello “Sblocca Italia” e l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 38 «perché limitanti l’autonomia regionale in materia ambientale».

«Nella commissione ambiente della conferenza Stato-Regioni – ha proseguito Donatella Spano – è stata poi chiesta l’abrogazione dell’intero articolo 38 ed il 16 ottobre la conferenza ha recepito le richieste avanzate sugli articoli 35 e 38». «Il risultato di tali azioni e delle successive interlocuzioni al livello parlamentare ha portato – così ha affermato l’assessore dell’Ambiente – all’introduzione, in sede di conversione in legge del Dl 133, dell’articolo “43 bis”». «Quest’articolo – ha precisato la Spano – stabilisce che le norme si applicano alle Regioni speciali compatibilmente con i propri statuti e la Sardegna ha competenza primaria in materia di attività estrattiva ed è per queste ragioni che consideriamo l’articolo 43 bis come la norma di salvaguardia per l’Autonomia sarda».

La professoressa ha quindi auspicato la rivisitazione delle legge 20 del 1959 in materia di disciplina indagine e ricerca degli idrocarburi ed ha sottolineato l’impegno della giunta regionale per il piano energetico, sul tema del deposito delle scorie e sulle servitù militari.

L’assessore Spano ha inoltre ribadito la positiva collaborazione con il Governo  ed ha dichiarato «di rimettersi alla volontà dell’Aula» nella votazione delle due mozioni tendenti ad attivare la richiesta di referendum contro parti dello “Sblocca Italia” e del “decreto Sviluppo”.

Il consigliere di Fratelli d’Italia, Paolo Truzzu, ha dichiarato il voto a favore ed ha ricordato la presentazione di una proposta di legge a sua firma per la modifica della legge 20/59.

Il consigliere di Forza Italia, Stefano Tunis, ha definito “sofferta” la sua dichiarazione di voto a favore delle due mozioni: «Dico sì a Lussu, al Psd’Az, a chi ha portato l’Autonomia in questa Regione e per superare le giunte insipienti e incapaci». A giudizio di Tuinis con l’approvazione delle due mozioni il Consiglio regionale surroga la Giunta.

Luigi Crisponi (Riformatori) ha dichiarato voto a favore ed ha parlato di risposta convinta «contro l’arroganza governativa” e di “assenza del governo regionale».

Marco Tedde (Fi), ha dichiarato voto a favore ma ha sottolineato come non sia stato ancora chiarito «perché alcuni presidenti di Regione hanno impugnato i decreti del governo Renzi e non lo ha fatto il presidente della Sardegna che però oggi dice sì al referendum abrogativo».

Il capogruppo di Soberania e Indipendentzia, Emilio Usula, ha ribadito piena e convita adesione alla mozione e al referendum “anti-trivelle”: «Per i Rossomori oggi si fa un passo avanti verso la sardizzazione della politica che è poi il programma politico di Emilio Lussu».

Il capogruppo del Psd’Az, Angelo Carta, ha ribadito voto a favore ed ha affermato che «deve essere utilizzate tutta l’energia prodotta in superficie e per l’utilizzo del sottosuolo servono analisi ed esami approfonditi».

Il capogruppo di “Sovranità, Democrazia e lavoro, Roberto Desini, ha dichiarato voto favorevole ed ha espresso apprezzamento per il coinvolgimento delle comunità e delle popolazioni “su temi di così grande importanza”.

Il consigliere del Partito dei sardi, Piermario Manca, ha dichiarato voto a favore «per dire no alle trivellazioni e no allo “Sblocca Italia”». «Vogliamo un’ economia sostenibile e diciamo sì all’energia che già c’è: eolico, fotovoltaico e geotermica».

Il consigliere di Forza Italia, Ignazio Locci, ha dichiarato voto a favore ed ha però auspicato il varo di un “Sblocca Sardegna”.

Il consigliere dei Pd, Gavino Manca, in dissenso dal suo gruppo e dall’intera maggioranza, ha invece annuncia il voto contrario alle due mozioni pro referendum. «Siamo stati eletti – ha dichiarato il presidente della Seconda commissione – per assumerci le responsabilità che ci competono e giudico dunque del tutto inopportuno chiamare alle urne i cittadini su un tema sul quale la politica deve assumersi la responsabilità delle scelte e delle decisioni». A giudizio di Gavino Manca il governo avrebbe inoltre introdotto una salvaguardia per le competenze della Sardegna attraverso l’approvazione dell’articolo 43 bis del decreto “Sblocca Italia”. Manca ha quindi evidenziato l’attenzione che il governo nazionale mostra all’Isola ed ha sottolineato l’elevato livello di collaborazione con la Giunta regionale.

Il capogruppo di “Cristiano popolari socialisti”, Pierfranco Zanchetta, ha dichiarato voto a favore («ma il referendum è un salvarsi in corner» ed ha lamentato il permanere dei “proconsoli” romani nei parchi nazionali ad incominciare da quello dell’Arcipelago della Maddalena.

Il consigliere, Antonio Gaia (Cps) ha dichiarato voto favorevole ed ha auspicato una legge chiara in materia energica che dica no alle trivellazioni e all’energia inquinante e sì alla ricerca sulla rinnovabili.

Il presidente del Consiglio ha quindi posto in votazione la mozione n. 178 (Cocco Pietro e più) per il referendum contro parti del “Decreto Sviluppo” che è stata approvata con 53 voti favorevoli e uno contrario, così come è stato approvato l’ordine del giorno collegato che indica il presidente del Consiglio Ganau e il capogruppo Pittalis come delegati effettivi e supplenti.

Si è dunque proceduto con la votazione della mozione n. 179 (Cocco Pietro e più) per il referendum contro parti dello “Sblocca Italia” che è stata approvata con 53 voti favorevoli, così come l’ordine del giorno collegato che designa il presidente Ganau e il capogruppo Pittalis delegati effettivi e supplenti ai sensi delle norme nazionali che regolano le consultazioni referendarie.

Dopo lo scrutinio il Consiglio ha affrontato il punto successivo all’ordine del giorno, la mozione n.165 (Oppi e più) «sulla procedura di incorporazione nell’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari del presidio ospedaliero SS. Annunziata e dei presidi ospedalieri Microcitemico e Oncologico Businco nell’azienda ospedaliera Brotzu», con richiesta di convocazione del Consiglio ai sensi dell’art. 54 del Regolamento.

Il presidente ha dato quindi la parola al primo firmatario della mozione, il consigliere Giorgio Oppi (Area popolare Sardegna) per illustrarne il contenuto.

Nel suo intervento, il consigliere Oppi ha affermato che, in realtà, «non c’era bisogno di una illustrazione accurata della mozione perché la Giunta il 30 giugno scorso ha fatto una delibera priva del necessario supporto normativo e forse in contrasto con la legge, esponendo la Regione a pagare il prezzo di certe decisioni scaricandone peraltro i costi sulla comunità regionale». «Il deficit normativo – ha detto ancora Oppi – nasce dal fatto che la stessa riforma sanitaria varata dalla maggioranza dispone l’avvio di processo adeguamento organizzativo delle Asl della Sardegna anche attraverso processi di incorporazione; quindi si parla chiaramente di avvio e non di realizzazione degli accorpamenti». «Anche perché – ha aggiunto il consigliere di Aps – la norma prevede in via preliminare l’approvazione di un piano di indirizzi globale e soprattutto del piano regionale sanitario che ha valore strategico e respiro triennale,  fissando priorità e obiettivi, compresa la definizione rete ospedaliera ed il numero dei posti letto». «Ma la Giunta – ha affermato criticamente l’esponente dell’Aps – ha proceduto in modo arbitrario; nel caso di Sassari, peraltro, va ricordato che i rapporti debbano Regione-Università debbano essere disciplinati da appositi protocolli di intesa, un protocollo che però manca». Il consigliere Oppi poi ha esaminato in dettaglio la situazione di molte realtà della sanità sarda, ribadendo però la sua convinzione che tutti gli atti fin qui compiuti della Giunta potrebbero essere annullati per illegittimità. Nel frattempo, «la situazione della sanità sarda non è affatto migliorata, anzi, per molti aspetti è di gran lunga peggiorata».

La consigliera Alessandra Zedda (Forza Italia) ha affermato che quello della sanità «è un problema con complessi aspetti giuridici ma di grande significato politico e sociale, un problema che la Giunta ha creduto di risolvere annunciando di aver fatto una riforma sanitaria in pochi mesi ma, al netto delle difficoltà, ancora non ci sono risultati fatta eccezione per commissari prorogati». «Non si capisce in particolare – ha aggiunto Zedda-  quale idea di eccellenza abbia il governo regionale perché nel sistema sanitario esistono differenze profonde; condividiamo i processi di incorporazione ma non vediamo né prospettive di eccellenza né riduzione dei costi, anzi la spesa sanitaria è aumentata». «In realtà – ha sostenuto – a parte questi grandi progetti poi ci si perde nelle piccole, con ordinari disservizi ai quali giustamente i cittadini non vogliono e non devono abituarsi».

Il consigliere Gianni Tatti (Aps) ha definito «opportuno» che l’argomento sia arrivato in Consiglio, rimarcando però che «i temi della sanità dovevano essere discussi in sede di nuovo piano sanitario regionale anziché procedere con eccessiva fretta, quasi usando i cittadini sardi come cavie». «Prima di ogni accorpamento – ha precisato Tatti – sarebbe stato meglio pensare alla tutela della salute invece si stanno distruggendo alcune cose buone della sanità sarda, come ad esempio la desertificazione della piana di Arborea priva del servizio di emergenza 118». «Razionalizzare insomma va bene – ha aggiunto Tatti, «ma tagliando gli sprechi e non bloccando ad esempio l’attività di alcuni laboratori dell’Oristanese senza nemmeno sostituire, e parlo di me stesso ricordando che è la prima volta nella storia del Consiglio regionale, un tecnico di laboratorio in mandato amministrativo». Il sistema in definitiva, ha concluso il consigliere, «non riesce a dare risposte ai cittadini e penso che i sindaci forse non hanno nemmeno visto né tantomeno ad approvato la delibera di riordino».

Il consigliere Ignazio Locci (Forza Italia) ha parlato di accorpamento a due velocità a Cagliari e Sassari «dove si è applicata in maniera diversa la stessa norma, forse per opera dei manager sassaresi che hanno voluto vederci più chiaro; non condividiamo poi quella sorta percorso parallelo che si è voluto impostare fra accorpamento e riordino rete, perché il sistema doveva essere governato e cambiato come qualcosa di unico se si voleva porre attenzione all’offerta sanitaria». «La conseguenza pratica di queste scelte – ha proseguito Locci – è un continuo corto-circuito fra strutture della periferia e delle aree urbane, mentre cittadini ed operatori sanitari percepiscono la scomparsa di riferimenti da un giorno all’altro in un contesto in cui cresce ogni giorno di più un grave vuoto di governance; è invece necessario chiarire una volta per tutte il futuro del sistema sanitario regionale che per adesso è cambiato addirittura in peggio».

Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha osservato che «è giusto che il Consiglio si occupi di quanto sta accadendo nella sanità sarda perché la riforma è oggettivamente complessa e tocca un diritto essenziale dei cittadini ed in realtà c’è l’impegno personale dell’assessore ma i risultati sono insufficienti». Tutto parte, secondo Tedde, «dalle direttive che impedivano ai direttori generali di compiere atti di alta amministrazione, poi è arrivata la legge 23 che ha parlato di riforma senza farla mettendo al posto dei direttori i commissari, prorogati più volte persino con legge fino a dicembre, i quali a loro volta hanno nominato direttori amministrativi e sanitari». «Sarà anche per questo – ha ironizzato il consigliere – che alcuni esponenti della maggioranza chiedono le dimissioni dell’assessore un giorno sì e l’altro pure; la riorganizzazione, peraltro, non è una scelta obbligata per le Regioni che si pagano la sanità (lo dice la legge) ed il vero problema della sanità sarda è che si sta cercando di fare la riforma senza ascoltare e rappresentare i territori, a dimostrazione del fatto che una vera riforma doveva essere fatta dopo quella degli enti locali».

Al termine dell’ultimo intervento dei consiglieri, il presidente Ganau ha dato la parola alla Giunta.

L’assessore alla Sanità Luigi Arru ha chiarito che «è la legge 23 a dettare le disposizioni in merito all’adeguamento organizzativo delle Asl e all’avvio del processo di riforma dell’assetto istituzionale».

Luigi Arru ha spiegato che la norma impone di adeguare il riordino delle ASL alla riforma del sistema degli enti locali, mentre l’accorpamento dei presidi ospedalieri non è invece condizionato da altre norme. «La legge regionale 23 dà mandato alla Giunta di approvare con delibera le linee di indirizzo per il trasferimento dei presidi ospedalieri dalle ASL alle Aziende ospedaliere interessate – ha affermato l’assessore – la Giunta riceve una delega, non serve una norma successiva per la conclusione del processo di incorporazione». Arru ha quindi chiarito che la Giunta ha dato mandato ai Commissari delle Asl di predisporre il piano di incorporazione dei presidi ospedalieri Businco e Microcitemico dalla Asl 8 al Brotzu. «Per l’incorporazione del SS. Annunziata di Sassari alla AOU sarà invece necessario un aggiornamento del protocollo d’intesa attualmente in vigore tra Regione ed Università».

In riferimento alla contestazione avanzata dai firmatari sulla necessità di un provvedimento ministeriale che preceda il processo di incorporazione, l’assessore Arru ha spiegato che i criteri per il riconoscimento degli ospedali di interesse nazionale sono contenuti nel Decreto legislativo n.502 del 1992: «In base a questa norma il riconoscimento si è già perfezionato per l’ospedale “San Michele”. La legge regionale 23 dispone che solo a seguito dell’incorporazione del Microcitemico e del Businco, la Regione potrà avviare un piano di valorizzazione e sviluppo delle attività assistenziali e di ricerca, in modo da favorire il riconoscimento quale Istituto di ricovero e cura di carattere scientifico (IRCCS). Solo dopo la verifica dei requisiti saranno formulate le proposte al Ministero competente».

Chiariti gli aspetti tecnici, l’assessore ha voluto rispondere agli altri rilievi avanzati dai presentatori della mozione. «Quando sento parlare di eccellenza ho difficoltà a capire – ha detto Arru – siamo l’ultima regione in Italia per l’uso degli ospedali, non abbiano saputo creare una legge territoriale».

L’esponente della Giunta Pigliaru ha poi sottolineato la necessità di dotare il sistema sanitario di alte specializzazioni: «Noi vogliamo fare tutto, ma le basse casistiche comportano un forte rischio per il paziente. L’eccellenza si dichiara attraverso un riconoscimento scientifico e non con un atto amministrativo».

Arru ha poi parlato dell’Areus («è il tentativo di dare risposte all’emergenza-urgenza») e dell’elisoccorso («vogliamo dare una risposta appropriata per le patologie che lo richiedono»).

Sui trapianti ha assicurato che la Giunta lavora a un potenziamento dei presidi mentre sui Rems ha difeso con determinazione l’operato del suo assessorato: «Siamo arrivati in ritardo ma abbiamo elaborato un modello da seguire. Emilia e Toscana sono venute in Sardegna a vedere ciò che abbiamo realizzato».

Sulla spesa farmaceutica, infine, l’assessore ha garantito l’impegno per un sistema di controlli della spesa ospedaliera.

«Ascoltiamo tutti i suggerimenti e mostriamo attenzione per le osservazioni ma vogliamo dare un messaggio chiaro ai sardi – ha concluso Arru – non si può avere tutto e tutto sotto casa.»

Il presidente Ganau ha quindi dato la parola al consigliere Oppi per la replica.

«Abbiamo una visione diversa ma apprezzo le sue osservazioni – ha detto il primo firmatario della mozione – prendo atto che il protocollo di Sassari non è stato ancora rinnovato».

Sui trapianti, Oppi ha ricordato lo sforzo fatto da Sassari e Nuoro per le donazioni: «I trapianti però sono diminuiti: mettiamo a rischio 300 persone per risparmiare due lire». Il consigliere di Aps ha poi segnalato alcuni sprechi nella spesa farmaceutica («In Gallura la Asl comprava direttamente in farmacia, a un costo raddoppiato, i farmaci per un paziente emofiliaco») e contestato i risultati del processo di razionalizzazione che «non ha portato nessun beneficio».

Sull’elisoccorso, Oppi ha ricordato le difficoltà affrontate da assessore per l’istituzione del servizio. «E’ un campo delicato e pericoloso – ha sottolineato – c’è il rischio di incorrere in procedimenti penali, per questo in passato ci siamo affidati ai Vigili del Fuoco. Impegniamoci a trovare una soluzione».

Salvatore Demontis (Pd), dopo aver annunciato il suo voto contrario alla mozione, ha espresso apprezzamento per il lavoro portato avanti dal’assessore Arru. «Il clima che si sta creando è quello che si crea quando l’interesse collettivo lede un interesse di parte – ha detto Demontis – il riordino della rete ospedaliera è lo stralcio del piano sanitario che il centrodestra non ha fatto. Sarà calato nella riforma degli enti locali, poi saranno definite le ASL. Non si può chiedere a questa maggioranza di dare le risposte che non sono state date nei cinque anni precedenti».

Per Alessandra Zedda (Forza Italia) se si vuole arrivare alle eccellenze non si può prescindere da alcuni concetti. «La salute pubblica deve essere tutelata. Il sistema sanitario deve dare servizi anche a chi è più lontano».

Luigi Crisponi (Riformatori) ha esaltato il ruolo svolto quest’estate dal servizio di Elisoccorso ad Alghero. «Sono state salvate molte vite umane. Il rischio adesso è che con il bando per l’apertura di due sedi si facciano avanti i soliti signori che vogliono approfittare delle risorse pubbliche. Meglio chiedere la collaborazione ai Vigili del fuoco».

Secondo Michele Cossa (Riformatori) «la spesa sanitaria è aumentata con i Commissari. L’accorpamento dei presidi ospedalieri sta avvenendo in modo singolare, stiamo sommando tre entità che continuano ad agire in modo separato. Bene ha fatto Oppi a presentare la mozione».

Rossella Pinna (Pd) ha invece annunciato il suo voto contrario definendo la mozione n.165 “un cavallo di Troia”. Secondo il consigliere del Pd «si pone una questione giuridica per aprire un dibattito politico. Nel giudizio si è andati fuori tema».

Stesso giudizio da parte di Luigi Lotto (Pd) che ha invitato l’assessore e la Giunta ad andare avanti con le riforme. «Quello che si sta facendo a Sassari è di grande rilevanza, è una scelta di fondo enorme, l’assessore va incoraggiato perché concluda il suo lavoro».

Voto contrario anche da parte del gruppo “Sovranità, Democrazia e Lavoro”. Il capogruppo Roberto Desini ha elogiato l’opera della Giunta: «Non si può non dare atto alla maggioranza che con la legge 23 si sia avviato un processo di riforma del sistema sanitario. Non si può tornare indietro, serve un atto di maturità della classe politica, degli operatori sanitari e dei sindacati. Inammissibili le battaglie per conservare lo status quo».

Attilio Dedoni (Riformatori) ha invece segnalato la decisione del Governo di cancellare 180 prestazioni diagnostiche. «Noi che ci paghiamo la sanità, cosa vogliamo fare? – ha chiesto Dedoni – non possiamo permetterci il lusso, in un momento di crisi, di dire ai sardi che dovranno rinunciare agli accertamenti in nome delle razionalizzazione. Se non facciamo questo non riusciremo mai a costruire qualcosa di positivo per la Sardegna».

Chiusa la discussione, il presidente Ganau ha messo in votazione la mozione n.165 che è stata respinta con 33 voti contrari e 20 a favore.

L’Aula è quindi passata al terzo punto all’ordine del giorno: l’integrazione dell’Ufficio di Presidenza, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, con la nomina di tre nuovi segretari appartenenti ai gruppi politici non rappresentati al suo interno.

Il presidente Ganau ha aperto le procedure per la votazione a scrutinio segreto. Al termine delle operazioni di voto sono risultati eletti Gianni Lampis (Gruppo Misto) Antonio Gaia (Cristiano Popolari-Socialisti) e Marcello Orrù (Psd’Az).

Il presidente ha quindi dichiarato chiusa la seduta.

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Palazzo del Consiglio regionale 2014 2 copia

Si è svolto oggi, in Consiglio regionale, il dibattito sulla situazione della scuola in Sardegna, previsto dall’articolo 120 del Regolamento.
La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le dichiarazioni della Giunta regionale sulla situazione della scuola in Sardegna, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento. Il presidente ha quindi dato la parola all’assessore della Pubblica istruzione Claudia Firino.
Nel suo intervento, l’assessore ha definito molto positivo il dibattito in Aula «su un tema che caratterizza l’azione della Giunta e la sua idea di scuola sarda, con approccio organico e strutturale ed azioni concrete, non ultima quella a favore dei docenti dopo la recente riforma nazionale; la situazione è stata esaminata col ministro Giannini, cui è stato posto con fermezza sia il problema dell’insularità che quello legato ad un contesto più ampio riguardante gli organici attuali e nella prospettiva dell’anno scolastico 2016-2017». «Per quanto riguarda gli effetti reali della riforma nazionale sulla Sardegna – ha proseguito la Firino – le cifre sulla mobilità dei docenti sardi si sono molto ridimensionate, in parte per effetto degli accorgimenti adottati dal ministero e in parte per la pressione della Regione; le domande presentate sono state 1741 con 285 proposta di nomina di cui 89 fuori provincia e soltanto 10 fuori dalla Regione». «Resta il fatto – ha sostenuto poi la Firino – che la proporzione fra il numero dei docenti e del personale tecnico amministrativo ed il numero degli studenti è un metodo non adatto per la Sardegna, dove c’è una dispersione passata dal 23% del 2008 al 28% del 2015, oltre alla difficoltà di apprendimento per alcune materie; sono dati importanti per definire un fabbisogno formativo che non sia frutto di un ragionamento in termini quantitativi».

L’assessore si è quindi soffermata sul significato dei provvedimenti della Giunta adottati in questi mesi: dall’aumento dei fondi per diritto allo studio per le medie e superiori alle risorse per le borse di studio, dai fondi per il trasporto e l’assistenza ai disabili, all’attenzione per le scuole dell’infanzia, al contributo per le autonomie didattiche, nel quadro di una programmazione unitaria di risorse regionali e statali nel ciclo 2014-2020 fortemente orientata al potenziamento dell’istruzione.

«Questa programmazione – ha spiegato la Firino – si articola in 3 fasi principali: interventi sulle infrastrutture e su edifici che per la maggior parte risalgono agli anni ’70, di cui 13 milioni nel 2014 solo per le urgenze, oltre alla sistemazione dei fabbricati vecchi ed alla realizzazione di nuove scuole per 130 ml nel 2015; a queste misure si sommano quelle per il trasporto scolastico ed il rinnovo (dopo 30 anni) del parco scuolabus con l’acquisto di 70 nuovi mezzi, se per la didattica attraverso il programma Iscola (miglioramento competenze di base degli studenti con docenti in più, scuole aperte con più offerta formativa e laboratori tematici, percorsi di inclusione individuali e collettivi dei bambini e dei ragazzi in difficoltà)». «Sono tutte azioni strutturali – ha concluso l’assessore – sorrette da un forte impianto di analisi frutto di dialogo col mondo della scuola, per la realizzazione di progetto organico che offrirà ai Sardi una scuola migliore».
Il consigliere Marco Tedde (Forza Italia) ha ricolto ironicamente i complimenti all’assessore «che ha trasformato con buoni propositi e fondi inesistenti o già esistenti una pessima legge in una buona legge, mentre la posizione del presidente Pigliaru sulla scuola è al limite dell’imbarazzante perché non ha difeso specialità della Regione, come ha detto anche un deputato di Sel come Michele Piras, dello stesso partito dell’assessore Firino». «Il problema della scuola – ha detto ancora Tedde – rilancia la centralità dei rapporti fra Stato e Regione che il presidente ha sempre gestito in modo insufficiente, come dimostrato dalla mancata impugnazione con la motivazione che nella stessa ci sarebbero parti buone; può anche darsi, ma allora bisognava impugnare le cattive, visto che sulla materia ci sono competenza concorrente e competenze da rivendicare, come hanno fatto la Puglia guidata dal Pd ed il Veneto». «Credo proprio – ha immaginato Tedde – che della materia si occuperà a fondo la Corte costituzionale perché la norma è da un lato troppo vaga e poi contraria al principio costituzionale che richiede confini chiari sugli ambiti dello Stato e della Regione; in realtà siamo di fronte ad una legge che mette in pericolo la libertà di insegnamento ed introduce grandi differenze di trattamento fra docenti, ottime ragioni per impegnare la legge; altre Regioni, infatti, ne hanno discusso, mentre la Sardegna lo fa a babbo morto». In definitiva, ha concluso il vice capogruppo di Forza Italia, «se c’è da difendere le prerogative della Regione il presidente si deve muovere se davvero vuole rappresentare un popolo; forse non si vuole disturbare il manovratore ma è un atteggiamento sbagliato e dannoso per la scuola e per la Sardegna».
Il consigliere Marcello Orrù (Psd’Az), nell’auspicare un dibattito ampiamente partecipato, ha ricordato il momento in cui Papa Francesco ha salutato gli insegnanti sardi auspicando che le leggi tengano conto delle esigenze delle famiglie e dei docenti e riconoscendo le buone ragioni degli insegnanti sardi. «Altre Regioni – ha affermato – hanno impugnato la legge a cominciare dalla Puglia governata dal Pd e, mentre accadeva tutto questo, la Sardegna faceva scadere i termini per il ricorso alla corte costituzionale». La legge Renzi-Giannini, a giudizio di Orrù, «è una legge pessima che ha causato pesanti disagi a molti docenti sardi innescando fra l’altro un meccanismo perverso per la scelta della destinazione ed ignora i disagi l’insularità; non averla impugnata è perciò un segno di debolezza politica della Giunta succube al Governo Renzi, senza dimenticare la gravità dell’introduzione dell’insegnamento gender che cancella ogni differenza con progetti deviati senza alcuna autorizzazione delle famiglie su argomenti di grande delicatezza, i dirigenti scolastici con le mani legati per intervenire sul fabbisogno di personale, dato che la legge di stabilità taglia i fondi sia per le supplenze che per i bidelli, non aver fatto niente significa che la Giunta si è calata le braghe davanti ad un governo arrogante che calpesta i diritti dei sardi».
Ha quindi preso la parola il consigliere di Sinistra Sarda Alessandro Unali che ha sottolineato l’esigenza di restituire centralità al sistema scolastico pubblico. «E’ necessario potenziare la formazione professionale e i programmi di alta formazione – ha detto Unali – serve una proposta di legge organica sulla pubblica istruzione che metta ordine all’attuale confusione legislativa».
Unali ha poi parlato dei dati sulla dispersione scolastica: «E’ un fenomeno  drammatico che colpisce in particolar modo le aree più emarginate dell’Isola – ha affermato l’esponente della maggioranza – per contrastarlo è necessario portare a sistema le azioni progettuali che la Giunta ha messo in campo». Al termine del suo intervento, Unali ha invitato l’esecutivo a difendere la specificità sarda «della quale la riforma Renzi non ha tenuto conto».
Paolo Zedda (Rossomori) ha esordito ricordando il clima di tensione che si respira in questi giorni in Sardegna intorno alla scuola. «Ci troviamo ad affrontare la questione mentre sotto il palazzo un comitato di precari manifesta la sua contrarietà alla legge 107, un altro comitato delle scuole paritarie dell’infanzia ha iniziato lo sciopero della fame per contestare il ritardo nel trasferimento dei fondi regionali che mette a rischio le lezioni».
Paolo Zedda si è detto orgoglioso di essere rappresentato da un Presidente e da una Giunta che hanno individuato nella scuola la priorità del loro programma. «L’investimento sull’istruzione è la miglior cosa che si può fare per il futuro dei nostri figli – ha rimarcato Zedda – la situazione della scuola sarda è degenerata negli ultimi 20 anni. Siamo la Regione italiana con la percentuale più bassa di laureati, appena  il 13%, contro il 29% della media europea. La Sardegna è al 265° posto su 269 delle regioni europee con il tasso più basso di scolarizzazione, da noi uno studente su 4 non conclude le scuole superiori».
Il consigliere sovranista ha quindi definito “catastrofica” la situazione della Sardegna auspicando un’inversione di rotta che faccia perno sulla specificità dell’Isola. «La legge 107 presenta diverse criticità per la nostra Regione. Ancora non si conoscono numeri e progetti della riforma nazionale, il 57% dei docenti sardi ha per ora rinunciato al passaggio di ruolo preferendo una supplenza pur di stare in Sardegna.
Non sono previsti interventi a favore delle minoranze linguistiche. E’ una prerogativa sfruttata da Valle d’Aosta e dalle province di Trento e Bolzano. Questo si poteva fare e non lo si è fatto. La carta della lingua poteva essere sfruttata per impedire il trasferimento dei docenti sardi. Chiediamo che la Giunta tenga conto delle esigenze dei lavoratori – ha concluso Zedda – si lavori ad una legge di sistema per il diritto allo studio».
Di clima  surreale ha invece parlato Christian Solinas (Psd’Az). «Mentre lei tratteggiava la situazione della scuola sarda – ha detto rivolgendosi all’assessore alla Pubblica Istruzione – mi ritornavano in mente i flash mob dei precari in aeroporto, le manifestazioni sotto il Consiglio regionale, le proteste dei sindaci, il ritardo nell’erogazione dei fondi per la mobilità degli studenti».
Secondo Solinas, la scuola non è un problema di maggioranza e opposizione ma della politica intera. «La gente non riconoscerà più la politica come quel soggetto che difende gli interessi del popolo – ha detto l’esponente sardista – la Giunta doveva presentare un ricorso contro la Riforma Renzi. I ricorsi non sono contro il governo amico ma un atto di difesa del popolo. La Puglia ha fatto ricorso e non è una Regione a statuto speciale.
Christian Solinas ha poi ricordato di aver proposto iniziative in difesa delle minoranze linguistiche. «Questo argomento sembra però non interessare la Giunta, viene considerata una questione non culturalmente adatta. E’ invece una battaglia fondamentale».
Rivolgendosi poi ai consiglieri sovranisti e indipendentisti, Solinas ha invitato i colleghi a marcare la loro presenza all’interno della maggioranza riaffermando le ragioni dell’identità e della specificità sarda. «La Giunta decanta gli effetti benefici della riforma sulla “Buona Scuola”, siamo difensori non richiesti di un provvedimento che non va bene. Se il 57% dei docenti non ha fatto domanda per il passaggio in ruolo significa qualcosa. Mi auguro  – ha concluso Solinas – che l’Aula capisca che non si può liquidare l’argomento con questo dibattito. Occorre che la Giunta riprenda in mano la questione. Si trovi una soluzione altrimenti sarà una sconfitta per tutti».
Antonio Solinas (Pd) si è detto d’accordo con la decisione della Giunta di privilegiare l’interlocuzione con il Governo anziché procedere all’impugnazione della Riforma Renzi.
«Il sistema scolastico regionale non è oggi in grado di formare i ragazzi per la sfida alla globalizzazione e non dà risposte alle famiglie – ha detto Solinas – i dati sulla dispersione scolastica sono drammatici. Il progetto “Iscola” è importante sotto questo punto di vista: la filosofia non è dare fondi per riparare una scuola, ma pensare a progetti territoriali, introdurre la banda larga, favorire l’insegnamento dell’inglese, aprire le scuole nel pomeriggio, promuovere l’innovazione tecnologica e  l’aggiornamento degli insegnanti. Un progetto che dà pari opportunità ai meno abbienti con contributi per l’acquisto di libri di testo».
Il consigliere del Pd ha quindi invocato una norma che faccia valere le prerogative della Sardegna: «L’idea è quella di una scuola accogliente ed inclusiva, tagliata sulla specificità sarda. Occorre rafforzare identità e senso di appartenenza, esaltare l’interculturalità. La scuola deve diventare patrimonio di tutti».
Solinas ha poi auspicato un rafforzamento della concertazione sul piano di dimensionamento scolastico. «La riduzione delle pluriclassi è importante, ma le scelte fatte sulle autonomie non rispecchiano la realtà sarda. Alcune decisioni vanno riviste ascoltando amministrazioni e dirigenti scolastici. L’obiettivo di tutti è ridurre la dispersione scolastica e costruire una scuola migliore».
Alessandra Zedda (Forza Italia) ha contestato la decisione della Giunta di non impugnare la legge sulla “Buona Scuola”. «L’art. 5 dello Statuto permetteva di far valere le ragioni della specificità sarda, voi non lo avete utilizzato – ha attaccato Zedda – altrimenti non saremmo qui a discuterne e non ci sarebbero state le manifestazioni di protesta. Se vi abbiamo chiesto di impugnare la legge è perché la scuola sarda è quella più in difficoltà in Italia».
La consigliera azzurra ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a trasferirsi in altre regioni d’Italia: «In molti hanno rinunciato ad entrare in ruolo, quest’anno avranno delle supplenze ma il problema si riproporrà nel 2016 . In Sardegna intanto le scuole attendono ancora i pullmini per il trasporto degli studenti».
Alessandra Zedda, al termine del suo intervento, ha invitato l’esecutivo ad un’azione più decisa nei confronti del Governo: «Dobbiamo pretendere ciò che spetta alla Sardegna. Ciò che stiamo facendo con i fondi comunitari è una nostra capacità, Non c’entra nulla con quello che il Governo ci deve. Nemmeno un nostro docente deve andare fuori se ci sono i posti sufficienti in Sardegna. La Giunta continua a fare proclami e annunci. Abbiamo aperto la legislatura parlando di Iscola ed edilizia scolastica. Finora non è stato fatto nulla».
Il consigliere di Sel, Francesco Agus, ha dichiarato in apertura del suo intervento «di non considerarsi un sostenitore dell’attuale figura del preside» spiegando inoltre di «non ritenere che i presidi possano svolgere con efficacia il ruolo assegnato dalla nuova legge». Agus ha però sottolineato che la riforma del governo «avvia il percorso di stabilizzazione dando seguito alle diverse sentenze della Corte di giustizia europea». Il presidente della commissione Autonomia ha ricordato l’elevato livello di precariato in Sardegna definendolo una situazione “fuori controllo” su cui è bene – così ha affermato l’esponente della maggioranza – tirare una linea e risolvere il problema». «Superare il precariato a scuola – ha dichiarato Agus – deve essere una volontà improcrastinabile sia per i diritti degli insegnanti che per quelli degli studenti». Il consigliere di Sel ha quindi spiegato che il tema della discussione resta l’applicazione delle legge 107 alla realtà sarda ed ha ricordato che per l’anno in corso solo grazie all’interlocuzione della giunta il problema è stato limitato: «Ma dobbiamo fare in modo che in futuro si evitino i disagi per i docenti sardi e siano ricosciute le nostre specificità».
«Con l’applicazione della legge di riforma – ha aggiunto Agus – saranno dieci i docenti a lasciare l’isola per trovare un lavoro stabile e dobbiamo agire su più fronti per scongiurare il ripetersi dei problemi». L’esponente di Sel ha invitato alla “responsabilità” ed ha auspicato la messa al bando della politica degli annunci. «Serve, invece, pressione politica anche per via parlamentare – ha proseguito il consigliere del centrosinistra – perché siano riconosciuti i disagi patiti dai docenti sardi e riconosciute le pecularietà della realtà sarda». Agus ha concluso rimarcando la necessità di una nuova legge regionale sull’istruzione che “ragioni sull’organico” e introduca nei programmi lingua, storia e cultura.
Il consigliere dei Riformatori, Michele Cossa, ha riconosciuto l’opportunità di una riflessione approfondita sul tema dell’istruzione ed ha definito la scuola “il tema strategico”. «Affrontiamo oggi solo un pezzo del problema – ha proseguito l’esponente della minoranza – che sembra mostrarci un mondo alla rovescia: la sinistra che ha sempre considerato la scuola come parte della soluzione della disoccupazione oggi, infatti, adotta meccanismi di reclutamento brutali, tipici “da padrone delle ferriere”. Cossa ha quindi criticato la decisione della Giunta regionale di non impugnare la riforma “nonostante molte altre regioni governate dal centrosinistra abbiano proceduto in tal senso».
In merito alle discusse graduatorie della “Buona scuola” il consigliere dei Riformatori ha evidenziato che «sarebbe bastato attivare le graduatorie nazionali solo in ultima istanza, partendo invece dalle graduatorie su base provinciale». Michele Cossa ha inoltre evidenziato il dato che il «57.5% dei docenti sardi non ha fatto richiesta di assunzione e che appare grave dunque l’atteggiamento di sufficienza mostrato in proposito dal governo e anche da alcuni colleghi del Consiglio». Il consigliere della minoranza ha parlato di «eccessiva accondiscendenza da parte della Giunta» e di un “atteggiamento bifronte” da parte del partito di Sel. Michele Cossa ha rimarcato l’urgenza di una nuova legge regionale sull’istruzione ma ha precisato: «Bene storia e lingua sarda ma ciò che è più importante garantire ai sardi l’ingresso nei circuiti che oggi gli sono negati e che fa sì che oggi tanti sardi cerchino altrove e al di fuori dell’isola le occasioni di lavoro». Nella parte conclusiva del suo intervento, l’esponente dei Riformatori ha definito “un’inezia” le cifre stanziate per la sicurezza nelle scuole sarde («tante sono inagibili» ed ha affermato che si è dinanzi ad “un’autentica emergenza”. Cossa ha concluso con un riferimento alla situazione di difficoltà che attraversano le scuole dell’infanzia paritarie: «Sono in attesa dei che la Regione versi i contributi dovuti per il 2013 e il 2014 e nel frattempo danno lavoro a circa 2.000 persone e offrono servizi importanti a tanti sardi coprendo, in alcuni casi e in molti centri, le tante carenze delle scuola pubblica».
Il consigliere del Partito dei sardi, Gianfranco Congiu ha rivolto pesanti critiche verso l’operato dell’ufficio scolastico regionale «per non aver tenuto conto, nell’applicazione della riforma “Buona scuola”, delle difficoltà della Sardegna nonostante le indicazioni fornite in proposito dalla Regione». «L’ufficio scolastico regionale – ha proseguito l’esponente della maggioranza – non ha proceduto con la richiesta delle consentite deroghe delle legge 107». «Tutte le altre Regioni – ha proseguito Congiu – hanno chiesto le deroghe, tranne l’ufficio scolastico regionale della Sardegna». Il consigliere Pds ha quindi parlato di “scuole smantellate” per effetto delle “scelte al risparmio” adottate dall’ufficio scolastico regionale: a Sindia come a  Fonni e a Macomer come a Laconi. «Chiediamo che il Consiglio regionale censuri l’operato dell’ ufficio scolastico regionale ed auspichiamo un confronto tra Giunta e governo per la formalizzazione delle deroghe a favore della Sardegna o rivolgere l’invito per compensare le criticità segnalate, nelle diverse fasi di applicazione della riforma della scuola».
«Riappropriamoci delle nostre competenze legislative – ha concluso Congiu – e ripudiamo suggestioni proconsolari di romana derivazione».
Il consigliere Oscar Cherchi (Fi) ha criticato duramente la decisione del presidente e della Giunta di non ricorrere contro la riforma “Buona scuola” del governo Renzi. «Troppo spesso – ha ammonito il consigliere della minoranza – la Giunta ha dimenticato il significato della specificità della nostra isola». Oscar Cherchi ha quindi ricordato alcuni criticità del sistema sardo ad incominciare da quelli che riguardano «gli elementi di debolezza dei sistemi locali, dei livelli di infrastrutturazione e dei trasporti».
Il consigliere di Fi ha quindi affermato che il consigliere di Sel, Francesco Agus, avrebbe mostrato sulla riforma, nel corso del suo intervento, un’idea diversa rispetto a quella che il suo partito avrebbe nel Parlamento a Roma. «Agus – ha detto Cherchi – giustifica e difende la legge 107 ipotizzandone vantaggi nel futuro mentre invece la norma non tutela la scuola sarda ed è questo un problema prettamente politico». Cherchi ha concluso dichiarando di attendere dal presidente della Giunta e dall’assessore della Pubblica istruzione sulla base di quali motivazioni la Regione sarda non abbia presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la riforma Buona scuola.
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha contestato in apertura le affermazioni dell’on. Orrù secondo il quale i governi Pigliaru e Renzi hanno ucciso la scuola. In realtà, ha sostenuto, «sono stati i diversi governi Berlusconi a fare a fettine il mondo della scuola, tagliando 8 miliardi e 100.000 posti e dando vita alle classi pollaio; al contrario, il governo Renzi ha invertito la tendenza perché ha finalmente scelto di investire sulla scuola con una scelta coraggiosa e di cambiamento, aggredendo il vero e proprio deficit di conoscenza dell’Italia rispetto all’Europa, con la Sardegna che registra dati ulteriormente negative». Prima di tutto, secondo l’esponente del Pd, «dobbiamo rivendicare il diritto al sapere dei ragazzi, ad una scuola con nuovi strumenti in grado di aprire nuovi scenari, intervenendo in un mondo dove il personale è spesso stanco, demotivato e mal pagato nonostante molti buoni esempi; nella riforma ci sono fondi per premiare il merito ed incentivare l’arricchimento culturale dei docenti, ci sono anche risorse importanti per l’edilizia ma, soprattutto, ci sono 100.00 docenti immessi in ruolo mettendo fine alla reiterazione del precariato e creando le condizioni per prevenire e contrastare dispersione ed abbandono scolastico». Quanto al nuovo ruolo dei dirigenti che qualcuno ha definito sceriffi, la consigliera Pinna ha osservato che «saranno valutati come gli altri dirigenti della pubblica amministrazione ed affiancati dal collegio docenti nella predisposizione del  piano dell’offerta formativa e, rispetto al ruolo della Regione, sarà importante una presenza incisiva nella conferenza unificata e nella stessa commissione cultura del Consiglio per la definizione degli ambiti territoriali e degli accordi di rete fra scuole, puntando sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi e sul piano dell’edilizia scolastica».
Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi) è partito dal dato comune sul ruolo strategico della scuola nella società dove devono esserci opportunità per tutti, per affermare che «la Giunta non ha mostrato un’idea di scuola vincente per la Sardegna, perché alle parole (a parte i soliti spot) non sono seguiti i fatti ed oggi tutti vediamo cosa accade nelle nostre scuole dove manca spesso la carta ed il sapone». Dopo aver lamentato la scarsa attenzione dell’Esecutivo per le scuole paritarie, «che non sono le scuole dei bambini ricchi ma strutture che coprono le lacune del settore pubblico», Truzzu ha messo in luce che «si sta ripetendo la logica delle occasioni perse facendo discussioni a babbo morto mentre la Sardegna avrebbe bisogno di altro, perché non è in discussione la buona scuola ma cosa fare per realizzare l’autonomia della scuola sarda». Un consigliere di maggioranza come Paolo Zedda, ha ricordato ancora Paolo Truzzu, «ha parlato di quanto si poteva fare e non si è fatto; è la certificazione del fallimento, un fallimento politico frutto di una leale collaborazione con lo Stato che, finora, ha solo danneggiato la Sardegna».
Il consigliere Luca Pizzuto (Sel) ha auspicato che si metta ordine nella discussione dove a suo avviso si sta assistendo al solito gioco delle parti. Non condivido la legge e non amo Renzi, ha dichiarato, «con buona pace del consigliere Manca, pur ammettendo che le stabilizzazioni sono un risultato importante anche se bisogna fare di più perché la legge in Sardegna va applicata e sotto questo aspetto l’impugnazione ha un percorso lungo che avrebbe dato garanzie immediate ai docenti sardi mentre è vero che, in questa prima fase, i lavoratori sardi rimangono in Sardegna». Riferendosi alle posizioni critiche verso la maggioranza espresse dal deputato Michele Piras, Pizzuto ha risposto confermando la sua vicinanza al presidente Pigliaru ed il suo dissenso dalle idee di Piras ricordando inoltre che «la legge è stata approvata a livello nazionale anche da alcuni che ora la contestano; come Consiglio regionale, piuttosto, dobbiamo esprimere con un ordine del giorno sia la volontà di recuperare i rapporti con modo sindacale che quella di stabilizzare la posizione dei docenti sardi in Sardegna». Riferendosi alla situazione dei lavoratori della scuola privata, Luca Pizzuto ha ammesso che si tratta di un errore cui occorre rimediare purchè, ha avvertito, «ci si ricordi che in passato ci sono state le riforme Moratti e Gelmini che hanno prodotto dispersione di cui oggi ci lamentiamo, mentre l’attuale maggioranza ha finanziato il trasporto pubblico scolastico, ripristinato i contributi e aumentato gli importi delle borse di studio; dobbiamo ora concentrare tutti i nostri sforzi per governare le fasi successive della riforma, perché insularità pesa come svantaggio ma pensando ad un siciliano che va in val d’Aosta, dobbiamo renderci conto della necessità di un nuovo sistema che va reso accettabile e ragionevole».
Il consigliere Gavino Manca (Pd) ha parlato della scuola come argomento di grande spessore che da sempre suscita con grandi contrapposizioni, ricordando poi che la riforma della buona scuola non è la prima che cerca di cambiare le cose ma ha contenuti importanti e guarda alla competitività del sistema Paese, a differenza di riforme precedenti che non hanno funzionato lasciando l’Italia nelle ultime posizioni in Europa. C’era quindi bisogno di una riforma nuova e coraggiosa, ha aggiunto Manca, «per superare la lunga fase del precariato introducendo valutazione e meritocrazia e superando la vecchia paura del nuovo ed i fatti concreti: 1 miliardo di investimenti nel 2015, 6 miliardi a regime, nuove materie come musica e scuola dell’arte, obbligo dell’alternanza scuola lavoro, scuola digitale, spese correnti raddoppiate, risorse per l’aggiornamento e la formazione dei docenti, semplificazione burocratica». A novembre, ha detto poi Manca, «in Sardegna ci saranno più di 2000 assunti ed in futuro saranno sempre di più i sardi che insegneranno nella Regione; questo è un anno di passaggio ma dal prossimo le assunzioni saranno fatte su ambiti regionali e proprio su questo la Regione potrà e dovrà intervenire per far valere la sua specificità». Manca, infine, ha respinto l’identificazione del dirigente scolastico con uno sceriffo, ricordando che la maggiore responsabilità dei dirigenti risale al 2011, e sottolineando l’aspetto della gestione collegiale degli istituti, la responsabilità delle scelte e la trasparenza nella pubblicazione dei risultati; rispetto a queste innovazioni la Sardegna non è rimasta indietro, perché c’è un grande piano di interventi che dà una risposta all’emergenza e indica una prospettiva nuova per la scuola sarda».
La consigliera Anna Maria Busia (Sdl) ha preso le distanze, in apertura, dalla piega che ha preso la discussione, perché a suo giudizio «non si presta la giusta attenzione alle situazioni concrete, a cominciare dalle decisioni del provveditore scolastico regionale che avrebbe dovuto agire in modo diverso con un sistema di deroghe che avrebbe garantito i docenti sardi». Ma ora, ha proposto, «bisogna pensare al futuro sia per le ragioni che ha espresso il consigliere Congiu, sia perché la stessa legge sulla buona scuola dice che la sua applicazione avverrà nelle Regioni a Statuto speciale compatibilmente con gli statuti e le norme di attuazione». Proprio questo, secondo la Busia, «è lo strumento su cui bisogna agire ed anche la ragione per cui la legge non è stata impugnata; le norme di attuazione consentono già ora, infatti, di adattare una legge nazionale a realtà territoriali specifiche come la nostra, lavorando in modo paritario con lo Stato ed attivando il confronto previsto dall’art. 56 dello Statuto, è la strada giusta già tracciata, peraltro, da altre Regioni speciali».
Una bocciatura senza appello della riforma sulla “Buona Scuola” è arrivata da Fabrizio Anedda (Sinistra Sarda). «Il provvedimento del Governo Renzi mette a rischio il diritto all’istruzione, faticosamente raggiunto dalle generazioni precedenti – ha detto Anedda – una riforma che, inoltre, non tiene conto della specificità sarda». Anedda ha citato come caso emblematico la situazione del Liceo Classico di Laconi ancora chiuso nonostante le richieste del territorio. «Gli studenti sardi non possono scegliere dove istruirsi ha sottolineato il consigliere comunista – alcuni territori non sono in grado di sostenere gli alti costi per la mobilità».
Negativo anche il giudizio sul piano delle assunzioni («che penalizza i docenti sardi») e sui super poteri dei dirigenti scolastici («si introduce il concetto del preside-padrone»), sul finanziamento alle scuole private a scapito delle scuole pubbliche e sulla marginalizzazione dei sindacati. «Meglio avrebbe fatto Pigliaru ad impugnare la riforma – ha affermato Anedda – noi abbiamo in testa una altro modello di autonomia scolastica.  Il Ministero affida il compito di definire l’offerta formativa agli Uffici scolastici regionali espropriando la Regione sarda delle sue competenze. La Giunta deve assumersi le sue responsabilità ed occuparsi di offerta formativa».
Secondo il capogruppo del Psd’Az Angelo Carta, l’interlocuzione avviata dalla Giunta con il Governo arriva fuori tempo massimo. «La discussione doveva avvenire prima della riforma e non dopo la sua approvazione – ha detto Carta – il risultato è il trasferimento dei docenti sardi, una sconfitta per la Giunta che non ha fatto valere il principio dell’insularità».
Angelo Carta ha poi parlato del piano di dimensionamento scolastico: «Il raccordo tra enti locali e Regione è basilare. Il confronto con i  comuni è mancato. Non è questo il modo di declinare il concetto di scuola sarda. I comuni si trovano a combattere contro i mulini a vento. Chi lo spiega al Governo come è fatta la realtà sarda?»
Il capogruppo di Sel Daniele Cocco ha detto di apprezzare il Progetto Iscola, molto meno la riforma Renzi.
L’esponente della maggioranza ha contestato l’atteggiamento dell’opposizione: «Quando vennero spostati i fondi per la scuola digitale al governo della Sardegna non c’era il centrosinistra – ha detto Cocco – parlavate di lavagne interattive, di computer per gli studenti, di formazione del personale docente per l’uso degli strumenti elettronici. Gran parte del programma è rimasto sulla carta».
Sul Progetto Iscola, Cocco ha espresso apprezzamento per il lavoro della Giunta, impegnata a superare le criticità. «Il Progetto Iscola parte dalla base. Pigliaru e Firino sono andati nei comuni ad ascoltare amministratori, operatori scolastici e famiglie – ha rimarcato Cocco – su questo progetto si sono espressi tutti a favore».
E’ quindi intervenuto il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni che ha invitato l’Aula ad affrontare la discussione su un tema come la scuola lasciando da parte le logiche di schieramento. «Abbiamo il dovere di pensare al bene comune. Gli insegnanti devono essere all’altezza ma devono essere garantiti, non possono sopportare spostamenti che lacerano le famiglie – ha detto Attilio Dedoni – la “Buona scuola” deve tenere conto di questo, il sistema dei trasporti sardi è vergognoso, come faranno i docenti a raggiungere la Sardegna».
Attilio Dedoni ha poi contestato la decisione della Giunta di non impugnare la riforma sulla scuola davanti alla Corte Costituzionale. «E’ la Regione che detta le linee guida sulla razionalizzazione scolastica, il ministero viene in subordine. Non si possono subire le loro decisioni calibrate su regioni come il Veneto, la Toscana e L’Emilia dove non ci sono difficoltà di collegamento tra un centro e l’altro. Non si possono applicare alla Sardegna che ha una condizione geografica e di viabilità profondamente diversa».
Il capogruppo dei Riformatori ha quindi invocato un ordine del giorno unitario del Consiglio «una convergenza che dia speranza ai giovani e agli insegnanti – ha concluso Dedoni – dobbiamo dare un’immagine diversa dell’Istituzione regionale».
Per Gianluigi Rubiu (Aps) la discussione «è una beffa per i docenti che si sono battuti contro la riforma del Governo».
Il capogruppo di Area Popolare Sarda ha espresso un giudizio negativo sui contenuti della riforma (super poteri ai presidi, cancellazione delle graduatorie per la chiamata in ruolo, penalizzazione dell’autonomia scolastica).
«Il dato più allarmante è però l’esproprio delle competenze della Regione da parte del Governo – ha affermato Rubiu – ripetutamente abbiamo sollecitato un riscorso: non c’è stata risposta. La specificità sarda sarà danneggiata dagli standard imposti dal Governo che cancellano la diversità. Assurdo non difendere le prerogative dell’autonomia e non far valere il principio di insularità».
Gianluigi Rubiu ha poi ricordato il dramma dei docenti sardi costretti a spostarsi in altre Regioni ed espresso preoccupazione per il futuro del sistema scolastico regionale. «L’esecutivo regionale è sempre più succube nei confronti del Governo – ha sottolineato Rubiu – difende a spada tratta una riforma che penalizza la Sardegna. Auspichiamo una  scuola tutta sarda con norme che scongiurino i trasferimenti dei docenti. Serve una battaglia unitaria. La Giunta batta i pugni sul tavolo del Governo. La mancata impugnazione della riforma è di fatto una rinuncia a difendere le prerogative costituzionali e statutarie in materia di istruzione». Il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, ha definito “un’occasione persa” il dibattito sulla riforma della scuola, per la condotta tenuta dagli esponenti della minoranza. A giudizio dell’esponente della maggioranza la riforma della “Buona scuola”, è invece “la risposta attesa” che merita di essere difesa perché «può offrire nuove opportunità a tutti, ad incominciare dai precari della scuola e dagli studenti».
Il consigliere dei democratici ha quindi evidenziato “l’enorme problema del precariato” con cui ha dovuto confrontarsi l’azione riformatrice del governo: «Un enorme pasticcio, frutto di pasticci e piccole furberie praticate da anni nel comparto della scuola». Il capogruppo, ha definito “non giustificabili” le reazioni “feroci” alla riforma della scuola ed ha affermato che è “sbagliato” parlare in Sardegna di “deportazioni”. «Voglio stare sul tema dei diritti degli studenti – ha proseguito Cocco – che vogliono avere un’istruzione migliore». Il rappresentante del Pd ha precisato inoltre che il tema della scuola è al centro dell’azione del governo regionale e che le risorse stanziate in questo primo anno e mezzo di legislatura sono di una entità non paragonabile rispetto a quanto fatto nelle precedenti legislature. «E’ vero che qualcosa ritarda – ha aggiunto il capogruppo – ma stiamo mettendo in piedi azioni strategiche e un piano di riforma».
In riferimento alle proteste degli insegnanti il consigliere del Pd ha dichiarato: «Le proteste meritano rispetto però protestare sul niente non si può». «Far credere che con la Buona scuola si stanno violando le specificità della Sardegna è un’affermazione non vera – ha incalzato Pietro Cocco – e la riforma della scuola non infrange alcuna prerogativa statutaria della Regione sarda».
Quanto alla polemica sui docenti costretti al lavoro al di fuori dell’Isola, a giudizio di Cocco, «sono sufficienti i numeri (10 insegnanti) per capirne la reale portata».
Il capogruppo del Pd ha quindi concluso auspicando una nuova legge regionale sull’istruzione.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha affermato che si attendevano le dimissioni dell’assessore della Pubblica Istruzione, Claudia Firino: «Come gesto coerente con tutte le dichiarazioni  rese dai leader nazionali e regionale del suo partito sugli effetti della riforma della “Buona scuola”». Pittalis ha quindi proseguito con la lettura delle note di agenzia riportanti le dichiarazioni, tra gli altri, di Vendola e Piras. «Chi ha la responsabilità politica dell’Istruzione in Sardegna – ha tuonato il leader di Fi in Consiglio – non può far finta che nulla sia accaduto e che le dichiarazioni appartengono ad un altra realtà». «La verità – ha aggiunto – e che volete fare la lotta e fare la parte del governo perché volete i benefici dell’uno e dell’altro ruolo».
«Le dimissioni – ha proseguito Pittalis – sono dovute per una questione di etica politica e di buonsenso: perché è  la stessa parte politica dell’assessore Firino che mette in discussione l’operato della giunta di cui fa parte, proprio sul tema della scuola e sulla “Buona scuola”».
Il capogruppo di Forza Italia ha quindi elencato una serie di altre ragioni per le quali l’assessore – a suo giudizio – dovrebbe dimettersi dall’incarico, tra queste: il Piano di dimensionamento scolastico («avete chiuso 29 scuole in un anno»); il ritardo nell’acquisto degli scuolabus promessi ai Comuni interessati dal taglio delle pluriclassi («l’anno scolastico è iniziato senza autobus e i sindaci devono trovare il modo di arrangiarsi»); l’edilizia scolastica («il piano c’era già e state accumulando ritardi negli interventi»). «La verità – ha attaccato l’esponente di Forza Italia – è che avete scaricato sui sindaci l’onere di rispettare i vostri annunci».
Pietro Pittalis ha quindi fatto riferimento agli “inammissibili ritardi” nel pagamento dei contributi alle scuole paritarie ed ha concluso ribadendo profondo dissenso per la scelta del presidente della Giunta di non ricorrere contro la legge 107 (riforma “Buona scuola”): «Quella legge che offre ai precari sardi l’alternativa tra una rinuncia e una valigia e che offende l’autonomia dei sardi, affidando al ministero l’offerta formativa, una competenza esclusiva che sta invece in capo alla Regione».
Intervenendo a chiusura della discussione generale per la replica a nome della Giunta il presidente Pigliaru ha subito replicato al capogruppo di Forza Italia Pittalis sostenendo che «a fronte del probabile ritardo di qualche settimane, si è nascosto il nulla dei precedenti cinque anni durante i quali non si è fatto niente per combattere la discussione scolastica che si sconfigge anche sopprimendo con coraggio le pluriclassi mentre sui trasporti si stanno pagando i costi aggiuntivi e sull’edilizia si sta intervenendo con un piano di 130 milioni che cambierà gran parte delle scuole sarde, chiudendo la pagina delle piccole scuole dove non si fa buona istruzione, per aprirne un’altra dove i territori devono diventare più forti anche nell’istruzione».
«Mi sarei aspettato un po’ più di umiltà – ha aggiunto il presidente – nel riconoscere l’assenza di risultati della precedente legislatura, soprattutto perché i dati dicono che dal 2010 la Sardegna è indietro persino rispetto al Mezzogiorno su dispersione scolastica, apprendimento e lettura». «Il problema – ha detto ancora Pigliaru – non è quello di piantare bandierine politiche ma quello di migliorare la scuola, non mi scandalizzo per i risultati mancati ma per la incapacità di capire dove e come si è sbagliato; noi vogliamo evitare di fare errori e costruire un futuro migliore per i nostri ragazzi attraverso proposte operative, è quello che stiamo cercando di fare». «Spero ancora in una opportunità in questa direzione – ha auspicato il presidente della Regione – perché i ragazzi sardi hanno perso due anni rispetto ai coetanei del centro nord, non è che tutto va bene adesso con Renzi e Pigliaru ma ci stiamo rimboccando le maniche, ed è significativo che nella riforma siano stati introdotti per i dirigenti scolastici responsabilità e valutabilità e per gli studenti l’alternanza scuola-lavoro, materie aggiuntive, docenti più formati, reti a banda larga, scuole moderne ed aperte alla realtà sociale in cui operano e connesse con il mondo».

«In tempi di bilanci sempre più ridotti – ha aggiunto il presidente riferendosi al programma per l’istruzione varato dalla Giunta – stiamo investendo 200 milioni pensiamo siamo ben spesi; però, come ho detto recentemente alla direzione nazionale del Pd, di fronte ad una dispersione alta e a livello di apprendimento bassi, non ha senso calcolare organici con parametri lineari uguali in tutta Italia, ci sono specificità che vanno aggredite perché a 15 anni i ragazzi del Sud hanno perso terreno e bisogna tener conto sia degli studenti che dei problemi delle diverse realtà». «Di questo – ha concluso – deve farsi carico il governo centrale, noi con Iscola facciamo la nostra parte ma questa deve diventare una questione nazionale seguendo l’esempio degli Usa, dove nelle situazioni più difficili, si mandano più docenti e si mandano i migliori; questo dobbiamo allo Stato, altro che ricorsi, questa è la proposta che abbiamo portato al tavolo nazionale anche in termini finanziari, perché è la prima condizione per dare pari opportunità ai ragazzi italiani».

Al termine dell’intervento del presidente Pigliaru, il presidente Ganau ha chiesto al Consiglio notizie sulla predisposizione di un ordine del giorno.
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha chiesto una breve sospensione della seduta, per verificare la possibilità di predisporre il documento.
Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, ha sottolineato la necessità di disporre di un testo, precisando l’impossibilità di aderire ad un documento della sola maggioranza ma dichiarandosi disponibile ad un ordine del giorno unitario da votare, se necessario, anche nella giornata di domani.
Il presidente Ganau ha condiviso l’opportunità di una sospensione e di una verifica delle posizioni dei gruppi
Il capogruppo del Pd Pietro Cocco si è detto d’accordo per una sospensione della seduta allo scopo di avviare un confronto con minoranza, condividendo inoltre l’ipotesi di un rinvio dei lavori a domattina.
Il presidente Ganau ha quindi sospeso brevemente la seduta.
Alla ripresa dei lavori, il capogruppo del Pd Pietro Cocco, a nome della maggioranza, ha comunicato la posizione contraria della stessa all’ordine del giorno, precisando che la coalizione si riconosce totalmente nella relazione conclusiva del presidente Pigliaru,
Il presidente Ganau ha quindi dichiarato chiusa la seduta aggiornando i lavori a domattina e ricordando che, sempre per domani alle 9.30, è convocato l’ufficio di presidenza del Consiglio.

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Palazzo del Consiglio regionale 2 copia

Dopo l’ingresso in Consiglio regionale di quattro nuovi componenti, è stato costituito il nuovo gruppo dei “Cristiano Popolari Socialisti” al quale, oltre ai consiglieri Pierfranco Zanchetta e Antonio Gaia dell’Upc, hanno aderito anche Raimondo Perra del Psi e, per scelta “tecnica”, Walter Piscedda proveniente dal Pd. Il nuovo gruppo sarà presieduto dall’on. Pierfranco Zanchetta.

Questa la composizione aggiornata dei gruppi consiliari:

Area Popolare Sarda: Giorgio Oppi, Giuseppino Pinna, Ignazio Tatti, Gianluigi Rubiu (Presidente)

Cristiano Popolari Socialisti: Antonio Gaia, Raimondo Perra, Walter Piscedda, Pierfranco Zanchetta (Presidente)

Forza Italia Sardegna: Ugo Cappellacci, Oscar Cherchi, Giuseppe Fasolino, Ignazio Locci, Antonello Peru, Alberto Randazzo, Marco Tedde, Edoardo Tocco, Stefano Tunis, Alessandra Zedda, Pietro Pittalis (Presidente)

Misto: Mario Floris, Gianni Lampis, Paolo Truzzu, Gaetano Ledda, Fabrizio Anedda (Presidente)

Partito Democratico: Piero Comandini, Lorenzo Cozzolino, Salvatore Demontis, Roberto Deriu, Daniela Forma, Gianfranco Ganau, Luigi Lotto, Gavino Manca, Giuseppe Meloni, Cesare Moriconi, Francesco Pigliaru, Rosella Pinna, Luigi Ruggeri, Franco Sabatini, Antonio Solinas, Gian Mario Tendas, Pietro Cocco (Presidente)

Partito Sardo d’Azione: Marcello Orrù, Christian Solinas, Angelo Carta (Presidente)

Riformatori Sardi-Liberaldemocratici: Michele Cossa, Luigi Crisponi, Attilio Dedoni (Presidente)

SEL Sardegna: Francesco Agus, Luca Pizzuto, Daniele Cocco (Presidente)

Soberania-Indipendentzia: Alessandro Collu, Eugenio Lai, Paolo Zedda, Emilio Usula (Presidente)

Sovranità, Democrazia e Lavoro: Anna Maria Busia, Augusto Cherchi, Gianfranco Congiu, Piermario Manca, Alessandro Unali, Roberto Desini (Presidente).