La tragica morte dei fratelli Luigi e Salvatore Fois. Un eccidio politico a Portoscuso – di Alberto Vacca
Il contesto storico e politico
L’Italia del 1922 era un paese segnato da profonde tensioni sociali e politiche. La prima guerra mondiale aveva lasciato il suo segno, con una crisi economica e sociale che alimentava il malcontento delle classi lavoratrici. In questo clima di fermento, si innestò l’ascesa del fascismo, che si impose con una violenza brutale, schiacciando ogni forma di dissenso e distruggendo le basi democratiche costruite nei decenni precedenti. In questo contesto si inserisce l’episodio tragico dell’eccidio dei fratelli Fois, avvenuto a Portoscuso il 29 dicembre 1922.
Nel 1922 il fascismo, guidato da Benito Mussolini, aveva ormai consolidato il proprio potere attraverso la violenza delle squadre d’azione. La marcia su Roma del 28 ottobre di quell’anno aveva sancito la fine dello Stato liberale e l’inizio del regime fascista. Portoscuso, un piccolo centro del bacino minerario del Sulcis, non era immune dalle tensioni che scuotevano il Paese. La cittadina era caratterizzata da una forte presenza operaia, con una tradizione di lotte sindacali e socialiste che la rendevano un obiettivo delle squadracce fasciste.
I fratelli Luigi e Salvatore Fois, nati in una famiglia di estrazione modesta, rappresentavano perfettamente lo spirito di resistenza di molti lavoratori sardi. Impegnati attivamente nelle organizzazioni socialiste, i due fratelli erano figure di riferimento per la comunità locale, simboli di coraggio e determinazione contro l’arroganza del regime nascente. La loro opposizione al fascismo li rese un bersaglio privilegiato delle violenze fasciste.
I fatti del 29 dicembre 1922
La tragica giornata del 29 dicembre 1922 iniziò con un’incursione di una squadra fascista a Portoscuso. Capeggiata da Dante Sagheddu, segretario del fascio di Iglesias, essa giunse armata nel piccolo borgo per colpire chiunque rappresentasse una minaccia al dominio fascista nella zona del bacino minerario. Luigi Fois – capo della Federazione socialista dei battellieri addetti al trasporto del minerale dalle miniere dell’Iglesiente al porto di imbarco di Carloforte – venne individuato come il principale obiettivo.
La mattina di quel giorno, un gruppo di fascisti, tra cui De Filippi, Scameroni e Zuddas, si recò da Portoscuso a Portovesme con l’intento di persuadere Luigi Fois a seguirli fino a Portoscuso per un incontro con il leader locale, Dante Sagheddu. Giunti sul posto, i fascisti si avvicinarono al piroscafo dove sapevano si trovasse Luigi Fois e chiesero di lui ai battellieri ivi presenti. Venne a loro comunicato che Luigi era appena tornato indietro. Così, i fascisti si spostarono verso la banchina, dove trovarono il Fois, ignaro di quanto stava per accadere. La situazione, che sembrava
potesse condurre a una semplice conversazione, si trasformò in un conflitto esplosivo. I testimoni presenti sul posto riferirono che, non appena Scameroni invitò Luigi a recarsi con loro, quest’ultimo rifiutò l’invito. Al che Scameroni e i suoi compagni tentarono di trascinarlo via con la forza. In un gesto impulsivo, Salvatore Fois, vedendo il fratello maltrattato, intervenne e colpì Scameroni con una roncola. L’atto di difesa, carico di emotività, accese il caos: De Filippi, Zuddas e Scameroni risposero aprendo il fuoco e sparando alcuni colpi di pistola contro i due fratelli, che caddero a terra, privi di vita, in un batter d’occhio.
La notizia dell’eccidio si diffuse rapidamente, suscitando indignazione e dolore non solo a Portoscuso, ma anche nelle comunità circostanti. Tuttavia, in un’Italia ormai soggiogata dalla dittatura fascista, non ci fu giustizia per i fratelli Fois. I responsabili della loro morte – De Filippi, Scameroni e Zuddas – furono processati e condannati dalla magistratura, presso la Corte d’assise di Cagliari nell’agosto 1924, ma non scontarono le pene loro inflitte perché furono graziati e rimessi in libertà dal regime fascista, dopo avere scontato solo tre anni e dieci mesi di carcere.
Il significato della loro morte
La tragica fine di Luigi e Salvatore Fois però non fu vana. I due fratelli morirono per difendere i valori fondamentali di libertà, giustizia e democrazia, rifiutando di piegarsi a un regime che cercava di annientare ogni forma di opposizione. La loro storia è un monito per le generazioni future, un ricordo di quanto sia importante difendere i diritti e le libertà fondamentali, anche a costo della propria vita.
Oggi, a distanza di oltre un secolo, l’eccidio dei fratelli Fois continua a rappresentare una pagina dolorosa ma significativa della storia italiana. Ricordare il loro sacrificio significa rendere omaggio a tutti coloro che, come loro, hanno lottato per un’Italia libera e democratica. La memoria di Luigi e Salvatore Fois deve restare viva, affinché il loro esempio possa guidare le future generazioni nella difesa dei valori che essi hanno rappresentato.
In un’epoca in cui le minacce alla democrazia e alle libertà emergono sotto nuove forme, la storia dei fratelli Fois è un richiamo potente a non abbassare mai la guardia, a combattere per ciò che è giusto.
Alberto Vacca