25 November, 2024
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Non tutti lo sanno, ma forse senza Alan Lomax i Beatles ed i Rolling Stones non sarebbero mai esistiti. E sarebbe andata perduta gran parte della musica blues afroamericana con tutte le sonorità che di lì a poco avrebbero fatto nascere il rock and roll. A far luce sull’infaticabile lavoro di questo etnomusicologo americano, classe 1907 con antiche origini italiane, è il docufilm “Radici” di Luigi Monardo Faccini, presentato in prima visione in Sardegna, a Villanova Monteleone, per la tappa del Sardinia Film Festival dedicata al documentario.

Quello di Luigi Monardo Faccini è un docufilm intenso, nato da un’idea di Marina Piperno e prodotto e distribuito dall’Istituto Luce-Cinecittà, che permette di imboccare un percorso tra il presente e il passato della musica popolare, attingendo da introvabili documenti d’archivio sonori e visivi.

Un po’ dello spirito del suo amato blues Lomax lo aveva trovato anche in Italia tra il 1953 e il 1954, nel suo viaggio lungo la Penisola in compagnia di Diego Carpitella, noto collaboratore dell’antropologo Ernesto De Martino. I due studiosi, insieme riuscirono a cristallizzare gli ultimi echi della tradizione popolare italiana, registrando un numero impressionante di sonorità che, di lì a poco, l’industrializzazione incombente avrebbe forse spazzato via con la sua spinta verso il progresso.

Solo un rimpianto: la Sardegna. Perché per mancanza di fondi, Lomax non riuscì a venire nell’isola.

«Avendo sentito le registrazioni di Giorgio Nataletti fatte nel 1951, lui aveva anche capito che nell’isola c’era il cuore dell’universo Mediterraneo – ha spiegato Luigi Monardo Faccini -. Probabilmente la riteneva una specie di boa sulla quale avevano fatto approdo tutti gli apporti del Medio Oriente, poi deviati verso il centro e il nord Europa. Voleva impadronirsi anche di queste radici.»

Ma se Lomax non vi riuscì, Luigi Monardo Faccini in qualche modo ha colmato questo desiderio portando in Sardegna una parte del suo documentario. Questo percorso verso la terra dei tenores ha seguito le tracce del Coro di Neoneli, il gruppo guidato da Tonino Cau, che sul palco di Villanova Monteleone, di fronte al un pubblico numeroso del festival, ha presentato alcuni dei suoi brani più rappresentativi, accompagnato dalle launeddas di Orlando ed Eliseo Mascia.

Nel documentario si riscopre uno scrigno impressionante di espressività popolari, dalla tarantella di Monte Marano ai gruppi genovesi del trallallero, fino ai canti di lavoro veneziani ed i tenores sardi.

«La mia idea di cercare le radici del rock and roll è nata da bambino proprio grazie ai dischi in vinile di Lomax, lui aveva capito che la ritmica nativa era quella dei tam tam – ha affermato il regista -. Aveva capito che anche un’espressione polifonica contrappuntistica come il trallallero genovese ha corrispettivi in alcuni canti dei pigmei africani. E aveva anche scoperto che c’è un po’ di blues in tutta la musica popolare, nei canti di lavoro o di lamento e, in qualche modo, anche nel quattro/quarti utilizzato nel ballo a sulittu o dalle launeddas.»

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La musica millenaria delle launeddas ancora una volta protagonista del grande schermo: questa volta lo strumento musicale sardo è stato interpretato dall’artista francese Aurélien Froment. Il risultato è il film “Allegro Largo Triste” dedicato a Franco Melis di Tuili – allievo del maestro Aurelio Porcu, di Villaputzu – l’unico suonatore che ha seguito la scuola tradizionale. L’opera sarà presentata a Cagliari lunedì 7 maggio 2018, alle 20.00, alla Cineteca Sarda – viale Trieste, 126. Un secondo appuntamento è previsto per il giorno dopo, martedì 8 maggio, a Villaurbana – alle 20.30 in via De Gasperi 12, sempre con la preziosa collaborazione tra l’Associazione Iscandula con la Cineteca Società Umanitaria, Labimus-Università di Cagliari e l’Associazione Tradizioni Popolari Biddobrana.

Il film diAurélien Froment inquadra Franco Melis in diversi momenti della sua attività di artista, insegnate e costruttore di launeddas ma l’impostazione del regista francese è molto diversa rispetto agli altri film finora realizzati sul clarinetto sardo che hanno tutti un taglio etnomusicologico-antropologico. Inoltre, fatto eccezionale, per le riprese di Allegro Largo Triste – terminato un anno fa – Aurélien Froment ha addirittura adoperato il Super 35 mm, uno standard di pellicola alto e caro poco usato anche nel cinema, ormai quasi tutto in digitale. Questa è l’ultima produzione a tema. Ad aprire la tradizione di film dedicati ai suonatori è stato l’antropologo danese Andreas Fridolin Bentzon che nel 1962 girò buona parte delle sue poche pellicole con il maestro Antonio Lara di Villaputzu; nel 1982 Diego Carpitella girò un film su Dionigi Burranca, nel 1991 l’Associazione Iscandula ha dedicato tutta una produzione ad Aurelio Porcu.

A dare il benvenuto al pubblico a Cagliari saranno Antonello Zanda, direttore della Società Umanitaria – Cineteca Sarda; a seguire gli interventi di Paolo Frau, Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari. E poi la parola passa ai protagonisti: Aurélien Froment, autore del film e Franco Melis di Tuili. A seguire l’intervento di Ignazio Macchiarella, docente di Etnomusicologia dell’Università di Cagliari che guiderà un gruppo di studenti e l’intervento di Dante Olianas, Presidente di Iscandula che ha fatto da tramite col regista francese per la realizzazione del film ed ha organizzato l’evento di Cagliari e Villaurbana. Dopo la proiezione e la discussione, il maestro Franco Melis e il gruppo dei Sonus Antigus, eseguiranno alcuni brani con le launeddas.

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Cantare a tenore ad Orgosolo è una pratica musicale complessa e vivace nei contenuti, nei comportamenti esecutivi e nei significati anche simbolici, di cui gli attori locali possiedono una piena consapevolezza: una pratica conosciuta ed ammirata da tutti i cantori della Sardegna, rinomata fra gli ‘appassionati ascoltatori’ anche al di fuori dell’isola e variamente documentata a partire dal secondo dopoguerra con registrazioni in gran parte ancora inedite. Lungamente attese da appassionati e studiosi, sono finalmente disponibili le registrazioni realizzate per il Centro Nazionale Studi Musica Popolare, dal 1955 al 1961, da studiosi e ricercatori come Diego Carpitella, Franco Cagnetta, Giorgio Nataletti ed Antonio Santoni Rugiu. Pubblicate nei due CD allegati al volume Il canto a tenore di Orgosolo, a cura di Sebastiano Pilosu e dell’Associazione Tenore Supramonte di Orgosolo, Squilibri editore, queste registrazioni sono di straordinaria importanza perché documentano le voci dei grandi protagonisti della tradizione ed offrono un’ampia rappresentazione della varietà di stili e modalità esecutive.

Assai singolare la genesi del lavoro, che vede la luce grazie all’impulso determinante del Tenore Supramonte di Orgosolo che in questo modo ha inteso onorare la memoria dei propri padri e ravvivarne l’eredità presso le generazioni più giovani. L’edizione è stata così curata da uno studioso esterno al paese, che ha già dato ampie riprove della sua competenza in materia, e da un gruppo di cantori locali che, insieme, hanno svolto un meticoloso lavoro di contestualizzazione storica, ricorrendo caso per caso anche alla memoria degli anziani cantori del paese, alcuni dei quali testimoni o diretti protagonisti delle registrazioni. Una documentazione di straordinario interesse storico, indispensabile per comprendere il canto a tenore di Orgosolo e apprezzarne la raffinatezza del pensiero musicale che ad esso si accompagna. Un tentativo riuscito di valorizzazione della musica, di preservazione della lingua e di divulgazione delle tradizioni sarde affinché siano motivo e argomento di studio e di analisi: l’ascolto delle 34 tracce dei due CD, del resto, rileva quella estrema varietà e ricercatezza espressiva che sa offrire solo una grande tradizione.

Con prefazione di Ignazio Macchiarella, il volume è il secondo della sezione sarda della collana aEM-Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ed è stato pubblicato grazie al contributo del comune di Orgosolo, della Cineteca Sarda e di Labimus, il laboratorio interdisciplinare sulla musica dell’Università di Cagliari. 

Il volume sarà presentato in anteprima il 18 gennaio, a Nuoro, presso l’Auditorium Biblioteca S. Satta, p.zza G. Asproni 8, con gli interventi di Marco Lutzu e Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari) e di Manuelle Mureddu (associazione Tenores Sardegna), e il 19 gennaio, a Cagliari, Facoltà Studi Umanistici sa Duchessa, Aula Magna “B. Motzo”, con Antonello Zanda (Direttore della Cineteca Sarda di Cagliari), Duilio Caocci e Ignazio Macchiarella (Università di Cagliari). Entrambe le presentazioni inizieranno alle 18.00 con la partecipazione dei curatori del volume e, dunque, immancabilmente anche con interventi musicali al fine di offrire un qualche immediato riscontro alla straordinaria bellezza del canto a tenore alla maniera di Orgosolo. 

Sebastiano Pilosu: Etnomusicologo e cantore a tenore, già docente presso il Conservatorio “Da Palestrina” di Cagliari, è stato presidente, ed è tuttora dirigente, dell’associazione regionale “Sòtziu Tenores Sardigna” (Associazione Tenores Sardegna). Ha all’attivo saggi e volumi sul canto a tenore e sulla poesia improvvisata.

Tenore Supramonte di Orgosolo: Associazione nata con l’intento di promuovere il canto a tenore e di ravvivare la memoria dei grandi cantori della tradizione, si richiama all’omonimo gruppo di canto nato nei primi anni Sessanta del secolo scorso, con legami di discendenza parentale con alcuni dei suoi fondatori.