Gli interventi nella Diocesi di Alghero-Bosa nel settore dei Beni culturali ecclesiastici.
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Pochi giorni fa, a Cagliari, Fabio Ardau presentava la curata pubblicazione Cattedrali di Sardegna, per i tipi della Gangemi. Un’opera che è stata definita ‘polifonica’, in quanto frutto della sinergia messa in atto da chi, ordinariamente, lavora alla promozione ed alla tutela dei Beni Culturali, pensata ed allestita in vista di una progettualità mirante all’adeguamento liturgico dei templi che vi sono rappresentati.
È di tutta evidenza come ciò rimarrebbe ad un livello puramente teorico se le Curie diocesane non si impegnassero fattivamente per la salvaguardia delle chiese madri presenti sul loro territorio e nelle quali i condiocesani si concentrano e si identificano. Nella logica di tale fattività, la Diocesi di Alghero-Bosa ha avuto ed ha a cuore lo stato di salute anche della chiesa Concattedrale di S.M. Immacolata in Bosa. Caro a tutti, bosani e no, tale scrigno di tesori inestimabili (fra i tanti, gli ariosi affreschi di E. Scherer) è notoriamente, e fisiologicamente, indebolito per la contiguità delle acque del Temo, le quali (come risulta da recenti Studi di staticità eseguiti ad hoc sugli apparati fondazionali) costringono l’intero corpo architettonico in una condizione che si configura di ‘perenne assestamento’. Da ciò: lesione degli intonaci, alterazioni cromatiche e distacchi di stucchi i quali, per la sicurezza delle persone, hanno prudentemente indotto le Istituzioni competenti ad interdire una cospicua parte del Tempio.
Tra gli anni 2017-2018, al fine di garantire la fruibilità della chiesa, si allestiva un imponente e costoso progetto di ‘controsoffittatura’ dell’intera aula mediante una rete che impedisse ad eventuali calcinacci di raggiungere il suolo e, soprattutto, fedeli e turisti in visita. Nel frattempo – la notizia è piuttosto recente – giungeva a maturazione uno stadio avanzato del Protocollo di Intesa RAS – CES nell’ambito della Programmazione Territoriale (2014-2019, Strategia 5.8), per cui, assieme all’Unione di Comuni del Marghine (in ordine ad interventi di recupero e restauro delle chiese di S. Pantaleo in Macomer e, sebbene ad una fase ancora iniziale della Pratica, di Sant’Antonio Abate in Silanus, per € 150.000) ed assieme all’Unione di Comuni del Meilogu con l’Unione di Comuni Villanova (in ordine ad interventi di recupero e restauro delle chiese di N. S. di Corte in Sindia e di San Leonardo Ab. in Villanova M., per € 1.150.000), si preventivava, a favore dell’Unione di Comuni Montiferru-Sinis con l’Unione di Comuni Planargia, di intervenire sulle chiese di San Pietro Ap. in Santulussurgiu e di S.M. Immacolata in Bosa, per € 1.600.000).
Ora, dati i tempi di ‘vacche magre’ nei quali ci troviamo ad operare, parrebbe quantomeno avventato posare la rete a cui si accennava (il cui costo, salvo imprevisti, era stimato pari a € 50.000) se si potrà intervenire direttamente sulle superfici che la facevano sembrare utile.
Comprensibilmente, la vicinanza della Settimana Santa e della Pasqua – con i partecipatissimi Riti che la nostra Diocesi custodisce – rende più sensibile il nervo, già scoperto, dell’agibilità della chiesa Concattedrale, nella quale tali eventi individuano un loro fulcro. E non senza cura la Diocesi intera partecipa di tale disagio. Ma è per averla nuovamente, ed interamente, agibile e sicura che si chiede a tutti, bosani e no, la pazienza di sopportare questo, momentaneo, ‘Venerdì Santo’ di attesa, magari con un’intelligente dislocazione dei Riti prepasquali e pasquali in altre chiese.
Don Paolo Secchi
Direttore Ufficio
Beni Culturali ecclesiastici