2 November, 2024
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Nuovi appuntamenti per il Capoterra Teatro Festival, evento estivo dedicato allo spettacolo dal vivo organizzato dalla compagnia Anfiteatro Sud con la direzione artistica di Susanna Mameli e giunto quest’anno alla sua decima edizione. 
Il festival, che sarà ospitato nel centralissimo Anfiteatro del Parco Urbano, in via Palermo 1 a Capoterra, vedrà in scena le compagnie isolane Circo Maccus, Akroama, Origamundi Teatro, Effimero Meraviglioso, Anfiteatro Sud, Teatro del Segno e i bolognesi Teatro delle Temperie per otto appuntamenti, tra 24 luglio e 13 agosto, all’insegna dell’ironia, della commedia musicale, della retrospettiva culturale, della prosa contemporanea. 
Il programma. Il Capoterra Teatro Festival prenderà il via domenica 24 luglio con il Circo Maccus e “Madame Brulée”, ovvero le quotidiane acrobazie del vivere viste attraverso la lente del circo e del gioco. Lo spettacolo racconta le vicissitudini di una donna comunemente straordinaria: Madame Brulée, governante/diva della Caravan Perdù Maison, in costante tensione tra il peso della realtà e la leggerezza dei sogni; tra cadute vertiginose e voli inebrianti. Lo spettacolo è scritto e interpretato da Virginia Viviano. 
Simeone Latini sarà protagonista de “Il deserto dei tartari” prodotto da Akroama per la regia di Lelio Lecis nel secondo appuntamento venerdì 29 luglio. Tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati, racconta la storia di Giovanni Drogo, giovane ufficiale costretto a lasciare il suo paese per presidiare Fortezza Bastiani, luogo che un tempo ospitò gloriosi combattimenti e ora spazio desolato dove il tempo scorre immobile. L’opera parla di solitudine e paura, ed è un drammatico affresco del senso di impotenza e disillusione di quegli anni. 
Venerdì 5 agosto in scena la compagnia Origamundi con “Chi ti credi di essere?” di e con Marta Proietti Orzella. E’ un one woman show dove l’attrice, con la complicità della cantante Stefania Secci Rosa e del musicista Fabrizio Lai, interpreta diversi personaggi un po’ sopra le righe e alle prese con la propria identità. Spettacolo ironico e dissacrante su pregiudizi, etichette e luoghi comuni.
Il giorno dopo, sabato 6 agosto, spazio a “Volevo vedere il cielo” scritto da Massimo Carlotto e diretto da Maria Assunta Calvisi per una produzione de L’Effimero Meraviglioso: in scena Miana Merisi e Michela Cidu. Una donna, di cui non si conosce neanche il nome. E una figlia, “la ragazzina” che cerca in tutti i modi di sfuggire dalle grinfie della madre che la vorrebbe velina o concorrente del Grande Fratello, anche battona purché non come lei, frustrata e infelice. Un’infelicità annegata nel vermouth, offerte speciali e sogni consumati nel cesso. 
“S’accabadora” di Anfiteatro Sud, scritto e diretto da Susanna Mameli, sarà protagonista del quinto appuntamento domenica 7 agosto. Siamo nella tana de s’accabadora, la sua serva, mentre sistema e rassetta la stanza, racconta i fatti della padrona; attraverso il filtro dei pettegolezzi e dell’amore-odio della serva verso la sua padrona, ecco levarsi l’immagine castigata di Antonia, ora come levadora, ora come incantadora e infine accabadora. Levatrice, donna delle medicine, donna che pone fine alle sofferenze dei moribondi, ma anche figura crepuscolare solitaria, sfuggente e schiva. Lo spettacolo, interpretato da Marta Proietti Orzella ed Elisa Pistis e accompagnato dalle musiche di Paolo Fresu, ha vinto il premio alla drammaturgia al Roma Fringe Festival 2020 e al Premio Nazionale Lauretta Masiero. 
Martedì 9 agosto “Baroni in laguna”, spettacolo di Teatro del Segno di e con Stefano Ledda con le musiche di Andrea Congia e Juri Deidda, racconta un’Isola fuori dal tempo tra paesaggi arcaici e avanzi di Feudalesimo; in una sapiente alternanza tra fatti di cronaca, testimonianze e immagini d’epoca viene raccontata la rivolta dei pescatori del paese del Campidano di Oristano sulle rive dello stagno conosciuto come Mari Pontis contro l’anacronistico sistema di potere che sanciva come immutabile un diritto di proprietà ormai superato dalla Storia e dalle leggi. 
Il giorno dopo, mercoledì 10 agosto, ancora Anfiteatro Sud per “Chi dice donna dice Dante” scritto da Francesco Civile, diretto e interpretato da Francesco Civile e Daniel Dwerryhouse: in scena un Dante contemporaneo che si è perso di nuovo e che ha ancora bisogno del suo Virgilio per ritrovarsi, raccontato dal punto di vista di chi ha dato al poeta la possibilità di diventare “sommo”, la donna. Non solo Beatrice, ma molte e curiose figure femminili accompagneranno Dante attraverso un viaggio grottesco ed esilarante.
Chiuderà il Capoterra Teatro Festival la compagnia bolognese Teatro delle Temperie con “Circo capovolto”, di e con Andrea Lupo per la regia di Andrea Paolucci: in scena la storia di Branko Hrabal, che in fuga dall’Ungheria si rifugia in un campo rom in Italia; porta con sé dieci scatoloni, ereditati da suo nonno, contenenti quel che rimane del famoso circo di famiglia, che interruppe la sua attività quando i nazisti sterminarono tutti gli artisti. Liberamente tratto dal romanzo di Milena Magnani, lo spettacolo è stato premiato al Roma Fringe Festival 2017, al Palio Ermo Colle 2020 e al Premio Mauro Rostagno. 
 

Un pezzo della storia sociale e operaia di Carloforte compie un secolo di vita, spaccato della storia dell’intera isola e del Paese. Gli inizi del ‘900 sono un periodo caratterizzato da un forte sviluppo industriale, dall’introduzione di tante innovazioni tecniche e tecnologiche da cui derivano agi e un benessere non conosciuto fino ad allora (energia elettrica arriva agli inizi del 900), il contraltare è l’aumento della concentrazione e dello sfruttamento di tanti operai/masse operaie.

Dopo la seconda rivoluzione industriale, dunque, sono forti in Europa le spinte delle idee socialiste che arrivano in Italia, in Sardegna e a Carloforte, nascono le rivendicazioni, le lotte e le organizzazioni sindacali stabili.

La storia economica e sociale del Sulcis è legata alle miniere e, inevitabilmente, anche quella della sua isola nell’isola, Carloforte era il luogo di primo stoccaggio dei minerali estratti dai pozzi che vi venivano trasportati da una flottiglia di 200 imbarcazioni a vela e remi con equipaggio di zappatori e battellieri.

Da questo nucleo di lavoratori marittimi e caricatori nasce nel 1907 la lega dei battellieri, promossa dal medico piemontese Giuseppe Cavallera, da cui il teatro prende il nome, un protagonista di questi eventi sullo scenario nazionale, che fu oltre che sindaco di Carloforte nel 1907 anche parlamentare del Regno e senatore della Repubblica dopo la seconda guerra mondiale.

Dal nucleo della Lega dei battellieri il 26 marzo 1922 venne costituita la Cooperativa Casa del Popolo che divenne proprietaria anche del Teatro, era talmente radicata nella comunità da arrivare ad avere 1800 soci pari a quasi un quarto dell’intera popolazione. Figlia della organizzazione sindacale socialista ne rappresentava le idee e le istanze e per questo oggetto delle attenzioni del regime fascista che nel 1926 requisì lo stabile per affidarlo all’Associazione Generale degli Operai, tornò nella disponibilità della cooperativa solo negli anni 60’ dopo lungo contenzioso con lo stato italiano.

Da quel momento il Teatro intitolato a Cavallera riprese a svolgere il ruolo di aggregatore sociale, promotore di iniziative culturali e ad ospitare nella propria sede organizzazioni e associazioni che hanno rappresentato istanze sociali, l’ambientalismo, il progressismo politico e l’espressione artistica. È anche il luogo delle feste di fine d’anno delle scuole, della pentolaccia carnevalesca e del veglione di capodanno e da ultimo l’hub vaccinale dell’isola.

Dopo un secolo insomma la Cooperativa Casa del Popolo ed il suo Teatro Cavallera continuano ad essere un protagonista della vita dell’isola,

Cesare Napoli, l’attuale Presidente, descrive così la loro struttura: «Il Cine Teatro Cavallera è un immobile di particolare interesse storico e artistico perché rappresenta una qualificata testimonianza storica di un edificio costruito (1920-1922) come sede di leghe e cooperative per lavoratori (pescatori, contadini, battellieri)». Così veniva dichiarato dal ministero dei beni culturali nel 1998. In occasione del centenario dell’atto costitutivo della cooperativa, grazie anche al contributo di Fondazione Sardegna, Lega Coop, Portovesme srl, comune di Carloforte, sono previste una serie di manifestazioni celebrative dell’avvenimento.

Il Coordinamento Territoriale di Cagliari Sulcis guidato dal presidente Alessandro Moro ha coinvolto per la celebrazione del 26 marzo la coop. Teatro di Sardegna che curerà la messa in scena della rielaborazione da parte di Elisa Pistis di “mistero buffo” di Dario Fo.

Il presidente regionale di Legacoop Claudio Atzori sottolinea come «quelli raggiunti dalla coop Casa del Popolo di Carloforte sono traguardi esemplari per tutta la cooperazione Sarda, l’aggregazione di un ampio nucleo di lavoratori attorno a valori e bisogni sociali hanno costituito un modello cooperativo che ha prodotto benefici non solo per i propri soci ma per tutta la comunità in cui è nata, e addirittura per un intero secolo. Ancora oggi è uno dei più alti esempi di mutualità esterna».

Jose Moica, vice presidente nazionale del Settore Cultura e Turismo di Legacoop, evidenzia «i comparti che rappresentiamo sono stati tra i più colpiti da questo biennio di pandemia. Il turismo, i musei e le aree archeologiche hanno registrato cali di fatturato fino al 50% ma lo spettacolo dal vivo ed il teatro sono stati quasi azzerati. Oggi sull’intero territorio nazionale stiamo ricominciando a programmare spettacoli e stagioni ed useremo l’esempio della Cooperativa Casa del Popolo per essere sempre più da stimolo culturale per l’intero Paese».

Si intitola Mistero buffo ed è una rivisitazione tutta al femminile del celebre spettacolo dell’indimenticato Dario Fo il progetto dell’attrice Elisa Pistis che sarà portato in scena venerdì 3 dicembre, alle 20,30, negli spazi della Fondazione Siotto di Cagliari (in via Dei Genovesi 114).

A salire sul palco, unica protagonista, sarà la stessa Elisa Pistis che proporrà non una copia del lavoro di Fo ma un vero e proprio progetto teatrale che, rispetto allo spettacolo originale, assume una direzione espressiva totalmente differente.

Partendo dall’esigenza di condividere una riflessione attuale su alcune dinamiche che ancora oggi caratterizzano la nostra società, Elisa Pistis cerca di capire come la questione del potere, dell’arroganza, dell’ingiustizia sociale, tutt’altro che risolta e appartenente al passato, ancora oggi possa risuonare attraverso un materiale scritto alla fine degli anni Sessanta e attraverso delle storie che sono alla base della nostra cultura, e non solo, da secoli.

Lo spettacolo si compone di linguaggi differenti: si parte dai dialetti del nord Italia (soprattutto lombardo, veneto, friulano) ma con una rielaborazione libera che lascia spazio all’espressività e soprattutto al messaggio emotivo, fino ad arrivare al sardo, una lingua completamente diversa che dà nuova vita alla giullarata, una lingua dai suoni atavici, primitivi, che si prestano ottimamente a raccontare storie antiche come queste.

Patrocinato dalla Fondazione Fo Rame, il progetto di Elisa Pistis è vincitore, nel 2018, del contest “Proiezioni Teatrali” del Teatro del Rimbombo (AL). Grazie al suo contributo a Mistero Buffo nel 2019 l’attrice viene ospitata nell’Istituto di cultura di Osaka, in Giappone, e lo stesso anno viene invitata anche TedxWomen a Zurigo per parlare dell’empowerment femminile a partire dal suo lavoro su Mistero Buffo e le questioni di genere.

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Gli attori Diego Coscia ed Elisa Pistis porteranno in scena sabato 2 novembre, alle 18.00, nella sala consiliare del comune di Sant’Antioco, lo spettacolo ‘A tavola coi Diavoli Rossi’, un “reading” teatrale incentrato su un aspetto sorprendente, umanissimo, a volte tralasciato o considerato di minore importanza nella Grande Guerra: il cibo. L’evento, realizzato dal Comitato Sardo per le Celebrazioni dei Grandi Eventi con il contributo dell’Assessorato alla Cultura della Regione Sardegna e del Comune di Sant’Antioco, è organizzato dalla Fondazione di ricerca Giuseppe Siotto. Ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti.

I testi del “reading” teatrale sono testimonianze tratte dai libri di memorie scritti, dopo la guerra, da alcuni ufficiali della Brigata Sassari. La convivialità e la buona cucina, ancora oggi aspetti peculiari della cultura sarda, costituivano anche al fronte un’occasione di condividere, di fraternizzare con i propri compagni d’armi. Si tratta perciò di testi divertenti, che riflettono momenti goliardici e che trasmettono al pubblico un clima di allegria. Si parla di banchetti che i sardi preparavano, impegnandosi ed ingegnandosi per trovare ingredienti, cibi diversi, senza dimenticarsi la propria origine. Organizzare talvolta un momento di condivisione a tavola, si tramutava nell’occasione di combinare scherzi, di cantare, di danzare, di stare allegri.