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«Il presidente della Regione Christian Solinas trovi una alternativa seria al progetto di passaporto sanitario per i turisti in arrivo in Sardegna, rivelatosi finora solo un pessimo slogan capace di far perdere clienti e reputazione alla nostra industria turistica.»
Lo chiedono 13 parlamentari sardi del Movimento 5 Stelle (Pino Cabras, Luciano Cadeddu, Emanuela Corda, Paola Deiana, Elvira Lucia Evangelista, Emiliano Fenu, Ettore Licheri, Alberto Manca, Gianni Marilotti, Nardo Marino, Mario Perantoni, Lucia Scanu e Andrea Vallascas) secondo cui «il presidente deve elaborare un chiaro e preciso modello alternativo al passaporto sanitario, rendendo note le relative linee guida. È questo l’unico modo per tranquillizzare i turisti che vogliono venire nell’isola, unitamente al potenziamento della nostra rete sanitaria e al rispetto di rigorose procedure igienico-sanitarie da parte delle compagnie di trasporto aereo e navale. Tutte le altre soluzioni vagheggiate da Christian Solinas rischiano di arrivare fuori tempo massimo e di rivelarsi un boomerang per l’economia sarda. Gli operatori turistici chiedono certezze ma con le dichiarazioni rilasciate irresponsabilmente negli ultimi giorni, il presidente Solinas ha creato un clima di incertezza che sta affossando una stagione già difficilissima».
«Il presidente Christian Solinas deve orientare la comunicazione su altri punti di forza dell’offerta turistica sarda – aggiungono i 13 parlamentari del M5S -. La scarsa circolazione del virus nell’isola è uno di questi, ma da solo non basta se ai turisti non verrà assicurata la garanzia che potranno giovarsi di servizi sanitari di eccellenza. Allo stesso modo, bisognerà vigilare perché le compagnie aeree e marittime adottino protocolli severissimi, a tutela della nostra isola che finora è stata solo sfiorata dalla Covid 19. Quella del passaporto sanitario si sta rivelando invece solo una suggestione che ora sta purtroppo affossando, quasi più del virus stesso, l’economia sarda.»
«Christian Solinas rischia di vanificare gli sforzi che il Governo sta facendo per impedire che l’Italia rientri in una sorta di black list europea. Proprio in questi giorni, il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio è al lavoro per mettere nero su bianco un piano turistico sicuro e concreto e in un vertice con i suoi omologhi di Germania, Austria, Croazia, Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo, Slovenia e Malta ha portato a casa un accordo importante per lavorare tutti insieme ed evitare che alcuni Stati siano penalizzati rispetto ad altri – concludono i 13 parlamentari pentastellati -. In questo modo però la Sardegna rischia di auto-penalizzarsi, e Christian Solinas con le sue proposte insensate rischia di trasformare una stagione difficile in una vera e propria catastrofe.»
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«In Sardegna alla catena di comando che serve per gestire l’emergenza Covid-19 mancano gli anelli essenziali. Per questo occorre che l’assessore Mario Nieddu si dimetta subito e non si occupi più del Coronavirus, e che di concerto con l’amministrazione regionale si nominino sia un commissario straordinario per l’emergenza in Sardegna sia un commissario speciale ad acta per gestire l’AOU di Sassari. La battaglia va affrontata con le forze giuste.»
È la richiesta che avanzano i parlamentari del Movimento 5 Stelle Pino Cabras, Emanuela Corda, Luciano Cadeddu, Paola Deiana, Gianni Marilotti, Elvira Evangelista, Emiliano Fenu, Ettore Licheri, Alberto Manca, Nardo Marino, Mario Perantoni, Lucia Scanu, e i consiglieri regionali Carla Cuccu, Alessandro Solinas, Michele Ciusa, Desirè Manca e Roberto Li Gioi.
In una lunga nota pubblicata nelle loro pagine Facebook, i quattordici esponenti del M5S affermano che «in Sardegna, dove ancora deve arrivare l’ondata epidemica più violenta del Coronavirus, la gestione dell’emergenza da parte dei decisori politici in loco è fra le più preoccupanti. I cinesi non hanno esitato ad esautorare le autorità di Wuhan e dell’Hubei, agli inizi del loro principale focolaio. Eppure non registravano un numero di operatori sanitari infetti da Coronavirus altrettanto sproporzionato quanto in Sardegna nella fase iniziale della progressione infettiva: gran parte dei nuovi contagi da noi è avvenuta all’interno dei presidi ospedalieri, un record che segnala un’anomalia acutissima.»
Ma le osservazioni che gli esponenti del Movimento 5 Stelle rivolgono all’amministrazione Christian Solinas sono incalzanti: «Nell’isola del ‘tutto sotto controllo’, cosa ha fatto l’assessorato regionale della Sanità tra il 21 febbraio (il primo caso a Codogno, in Lombardia) e l’8 marzo 2020 (con il Dpcm che ci ha fatto stare tutti a casa)? Era davvero tutto a posto, come diceva? I sindaci sardi dichiarano di essere stati lasciati soli: dal nord al sud dell’isola i primi cittadini denunciano gravi carenze nelle comunicazioni da parte dell’ATS in merito alla positività dei propri concittadini al virus».
«A questo si aggiunge l’imbarazzante caso dei test rapidi per scoprire la positività al virus, che l’assessore Mario Nieddu ha confermato di aver ordinato alla società Tema Ricerca srl, prenotazione che in realtà non sarebbe mai arrivata, secondo quanto spiegato dalla nota della legale rappresentante dell’azienda di Bologna – proseguono parlamentari e consiglieri regionali del M5S -. Arrivano dai medici fortissime proteste verso il bavaglio imposto al personale sanitario dall’assessorato regionale rispetto ai loro contatti con i giornalisti. Alla propria catena di disastri comunicativi cui dovrebbe rimediare con una squadra di esperti di comunicazione nelle catastrofi, l’amministrazione regionale rimedia invece con la censura. Ma i cittadini hanno il diritto dei cittadini di essere informati su quanto accade all’interno degli ospedali sardi. Serve trasparenza.»
«A che punto siamo con l’apertura di nuovi posti letto prevista dal Piano di Emergenza Regionale? Il sistema sanitario ereditato dai tempi sonnolenti delle ‘normali’ spartizioni fra partiti deve cedere il passo a un sistema che non ammette più distrazioni né opacità, ora che la salute è in gioco nel modo più drammatico. Con questa epidemia bastano pochi giorni di ritardo e si rischia di pagare errori e indecisioni con un rapidissimo aumento del prezzo peggiore, quello in vite umane. Occorre agire subito – concludono parlamentari e consiglieri regionali del M5S -. Per questo occorre che l’assessore Mario Nieddu si faccia da parte e che di concerto con l’amministrazione regionale si nominino sia un commissario straordinario per l’emergenza in Sardegna sia un commissario speciale ad acta per gestire l’AOU di Sassari.»
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Nonostante il nuovo pronunciamento favorevole del ministero dell’Ambiente per la realizzazione del tratto nord della dorsale del gas in Sardegna, il M5S continua la sua battaglia tesa a contrastare il progetto. La nuova iniziativa di opposizione arriva da 14 parlamentari: Pino Cabras, Luciano Cadeddu, Emanuela Corda, Paola Deiana, Elvira Evangelista, Emiliano Fenu, Maria Lapia, Ettore Licheri, Alberto Manca, Gianni Marilotti, Nardo Marino, Mario Perantoni, Lucia Scanu e Andrea Vallascas, secondo i quali «con il passare delle settimane stiamo leggendo ormai quotidianamente dichiarazioni mirabolanti sulla dorsale del gas come infrastruttura salvifica e risolutrice di ogni male esistente in Sardegna. Sentiamo parlare di numeri legati ai fabbisogni e ai consumi, ma i numeri ufficiali che l’Autorità per l’Energia ha commissionato alla società di ricerca RSE saranno disponibili soltanto nel prossimo mese di aprile. Solo su quei numeri e solo allora si potrà fare una valutazione sul sistema di trasporto gas, come espresso in modo inequivocabile dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec). A che cosa servirebbe infatti un tubo se la sua convenienza non fosse più che certificata? Ogni analisi che oggi sta circolando sulla base di numeri immaginari ha i piedi saldamente piantati sulle nuvole».
«Dopo aver fatto la campagna elettorale contro la dorsale del metano, il presidente della Regione Christian Solinas ha cambiato idea e vuole fare arrivare nell’isola costosissimi sistemi di approvvigionamento energetico, vecchi ed obsoleti, che ancora una volta condannerebbero la Sardegna all’arretratezza – sostengono i 14 parlamentari del M5S –. L’obiettivo del governo nazionale ed il nostro è invece di garantire ai cittadini e alle imprese sarde un sistema energetico moderno, competitivo e coerente con la sfida climatica che tutti noi ci siamo impegnati ad affrontare. La Sardegna merita una discussione seria e costruttiva su come gestire una transizione energetica che sia rispettosa del clima e dell’ambiente e sia basata su numeri e bisogni veri, non sui numeri immaginari che oggi riempiono le cartelline dei lobbisti.»
«Il kit dei lobbisti che promettono il nuovo paradiso terrestre, prevede poi sempre qualche frase disperata che vorrebbe isolare la sottosegretaria Alessandra Todde, incaricata di esprimere la linea del Governo, una linea che in tanti fanno finta di dimenticare: il gas si deve portare dove serve e si deve irrobustire la rete elettrica sarda per aumentare la produzione da fonti rinnovabili in sicurezza e per poter perseguire gli obiettivi di de-carbonizzazione del 2025 e del 2050 – aggiungono i 14 parlamentari del M5S -, invece sentiamo parlare di autorizzazioni per la dorsale mentre ancora non esistono i decreti ministeriali del ministero dell’Ambiente e di quello dello Sviluppo economico. Inoltre, non vi è però alcun dibattito, ma proprio nessuno, su dove questo gas debba approdare e su come alimenterà la dorsale. Dove sono le approvazioni dei rigassificatori in Sardegna a parte i depositi costieri di Oristano, che da soli non possono certo alimentare la dorsale?»
«Il resto del pianeta parla di mobilità e infrastrutture elettriche con auto e treni elettrici sempre più efficienti – concludono i 14 parlamentari 5 Stelle -, ovunque si moltiplicano comunità energetiche che si autoproducono l’energia da fonti rinnovabili e biometano. In Sardegna invece troppi invece sembrano essere solamente interessati a trasformare la nostra isola in un distributore di gas in conto terzi.»
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Cinquemila aziende agro-pastorali sarde rischiano di fallire e di finire all’asta a causa di un perverso meccanismo partito nel lontano 1988 e che Regione e banche non sono riusciti finora a bloccare. La questione è ora al centro di una interpellanza urgente presentata da nove parlamentari sardi del Movimento 5 Stelle (primo firmatario il deputato Pino Cabras) e rivolta al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, al Ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri, ed al ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova.
I parlamentari hanno inoltre presentato un emendamento al decreto Milleproroghe con il quale si punta a sospendere fino al luglio del 2021 i giudizi pendenti presso i tribunali sardi e si istituisce un commissario ad acta che dovrà definire una soluzione che tuteli gli imprenditori agricoli, la sostenibilità dell’attività di impresa e i lavoratori coinvolti.
La vicenda è quella della legge regionale 44 del 1988 che consentiva l’abbattimento dei tassi d’interesse per i mutui sino a quindici anni in favore degli imprenditori agricoli isolani in condizioni di difficoltà economiche. La legge fu però ritenuta illegittima dall’Unione europea ma a causare il danno maggiore furono le gravissime inadempienze della Regione Sardegna che hanno consentito alle banche di richiedere la restituzione delle somme erogate in conto interessi senza neanche concedere agli imprenditori agricoli la possibilità di rateizzarle.
Nella loro interrogazione urgente i deputati Pino Cabras, Luciano Cadeddu, Emanuela Corda, Paola Deiana, Mara Lapia, Alberto Manca, Nardo Marino, Mario Perantoni e Lucia Scanu, ricordano come dopo la bocciatura definitiva nel 1997 della legge da parte dell’Unione europea, «la Regione non informò i beneficiari dei mutui, limitandosi a non erogare più il contributo in conto interessi, causando la lievitazione dei debiti degli agricoltori nei confronti delle banche, le cui rate passarono da un tasso di interesse del 2-5 per cento a quello del 13-18 per cento». Solo nel 2001 la Regione Sardegna ha notificato il provvedimento di revoca del concorso interessi concesso, «richiedendo ai circa cinquemila beneficiari la restituzione degli aiuti percepiti e dei relativi interessi».
Il risultato è che migliaia di aziende ora rischiano di fallire e finire all’asta. Inoltre, come si legge nell’interrogazione «mentre fino ad ora si è dato per scontato che il ruolo di custode del bene all’asta potesse essere svolto dallo stesso imprenditore, nell’interesse dell’integrità del bene e del proseguimento dell’attività dell’impresa, attualmente il Tribunale sta procedendo alla nomina di custodi tramite l’Istituto di Vendite Giudiziarie, rendendo di fatto impossibile la prosecuzione dell’attività di impresa, indispensabile agli imprenditori per accumulare sufficiente liquidità in vista di una chiusura concordata della controversia, col rischio di pregiudicare il benessere del bestiame e la salvaguardia dell’integrità dei beni immobili».
A nulla poi è servita la commissione di tre esperti (designati ciascuno dal ministro dell’Economia e delle finanze, dal ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali e dalla Regione Sardegna) istituita nel 2007 che avrebbe dovuto proporre una soluzione del problema.
Proprio per questo motivo nell’interrogazione presentata dai deputati Cinque Stelle si chiede al Governo di adottare iniziative urgenti per rilanciare l’attività della commissione e salvare dal fallimento le cinquemila imprese del settore agro-pastorale sardo
Con l’emendamento al decreto Milleproroghe viene istituito anche un commissario ad acta che avrà il compito di effettuare una ricognizione e valutazioni sul contesto creditorio/debitorio ad oggi venutosi a creare, mentre il ministro delle Politiche agricole, con proprio decreto, emanato di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze, dovrà individuare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, le modalità e i criteri della procedura di liberazione dal debito degli imprenditori al fine di garantire la continuità delle aziende agricole e la tutela dei lavoratori.
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“Rwm: il posto di lavoro tra pace, legalità e riconversione”, è il tema del convegno svoltosi questa sera nella sala polifunzionale del comune di Carbonia, organizzato dal comune di Carbonia.
Nel corso del convegno è stato analizzato da diversi punti di vista, religioso, politico, economico e sindacale, lo stato dell’arte e le prospettive future della fabbrica produttrice di munizioni di Domusnovas. Come è noto, la restrizione delle commesse della RWM, ha determinato come conseguenza 160 licenziamenti e la nuova emergenza occupazionale è al centro di un durissimo tra favorevoli e contrari alla presenza della fabbrica nel territorio.
Dopo l’introduzione del sindaco di Carbonia, Paola Massidda il primo ad intervenire è stato il vescovo della diocesi di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda. Sono seguiti gli interventi di Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa, rappresentanti del Comitato Riconversione Rwm, dell’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, dei deputati della Repubblica Pino Cabras ed Emanuela Corda, del sottosegretario di Stato al ministero dello Sviluppo economico Alessandra Todde. Non erano presenti, anche se annunciati alla vigilia, il sindaco di Domusnovas Massimiliano Ventura, notoriamente sostenitore della presenza della RWM, ritenuta indispensabile per l’occupazione di tanti giovani del paese e del territorio, e i consiglieri regionali eletti nel territorio.
Al termine delle relazioni, sono intervenuti alcuni cittadini che hanno espresso posizioni differenti.
Abbiamo intervistato l’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, ed il sottosegretario del Mise Alessandra Todde.
https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10220468000397976/?q=anita%20pili&epa=SEARCH_BOX
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Il Movimento 5 Stelle si mobilita contro la realizzazione del deposito costiero di gasolio ad Arbatax, che dovrebbe sorgere nella fascia dei 300 metri dal mare e senza alcuna procedura di valutazione di impatto ambientale, in una zona di grande pregio naturalistico e tutelata dal Piano paesistico regionale. Con una interrogazione firmata dal deputato Pino Cabras, e sottoscritta anche dai parlamentari Luciano Cadeddu, Emanuela Corda ed Alberto Manca, si chiede infatti al ministro delle Infrastrutture DaniloToninelli e a quello dell’Ambiente della tutela del territorio Costa di rendere più stringente la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale “soprattutto per quelle opere che dovrebbero sorgere in aree la cui economia è basata principalmente sui settori della pesca e del turismo”.
A decidere che l’opera potesse essere realizzata senza la procedura di valutazione di impatto ambientale era stata, a pochi giorni dalla fine del suo mandato, la Giunta Pigliaru con la delibera n. 6/44 del 5 febbraio 2019.
Il progetto, presentato dalla società New.G S.r.l., prevede la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gasolio della capienza di 31mila metri nell’area dell’ex centrale elettrica della cartiera di Arbatax, su una superficie complessiva di circa 22mila metri quadrati, a circa 260 metri dal mare e a 600 metri dalle abitazioni di Arbatax.
Nello specifico, il progetto prevede il ripristino dei due serbatoi esistenti per lo stoccaggio di gasolio, la costruzione di tre nuovi serbatoi di cui uno con funzione di accumulo ed erogazione di gasolio per autotrazione, e due destinati alla procedura di colorazione del gasolio, per generare gasolio agricolo e per riscaldamento, nonché la realizzazione di una nuova condotta per il trasporto del combustibile, in un’area in cui sono presenti beni paesaggistici ed ambientali sottoposti a vincolo dal Codice Urbani. Inoltre una porzione della fascia costiera verrebbe attraversata dalla condotta di collegamento tra la banchina e i serbatoi.
«Comitati e amministratori locali hanno posto in rilievo i potenziali rischi ambientali e sanitari relativi alla realizzazione di un tale impianto a poca distanza dal mare e dai centri abitati, nonché in prossimità di beni paesaggistici e ambientali sottoposti a vincolo, oltre ai potenziali danni emergenti per gli impianti ittici presenti nella zona», si legge nell’interrogazione. Per questo i parlamentari 5 Stelle chiedono ora al governo di intervenire, per «garantire una più efficace tutela e salvaguardia delle ricchezze ambientali, nonché una maggiore rispondenza ai principi di prevenzione e precauzione previsti dalla normativa comunitaria».
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L’annosa vertenza AIAS verrà riproposta in Consiglio regionale dal segretario della VI Commissione Sanità Carla Cuccu, del M5S.
«La solidarietà ai lavoratori dell’AIAS, che da mesi non ricevono lo stipendio, non basta più. Servono azioni concrete da parte di chi è in Regione. Per questo chiediamo che la vertenza venga subito inserita nel calendario dei lavori della Commissione Sanità.»
A sostenerlo è il gruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale.
Il Gruppo consiliare Movimento 5 Stelle esprime solidarietà ed assicura il massimo impegno affinché l’annosa vertenza AIAS venga risolta al più presto.
Le parole dei pentastellati giungono in occasione dello sciopero odierno dei lavoratori e delle lavoratrici AIAS, proclamato dalle confederazioni sindacali di categoria. Il Gruppo M5S in Consiglio regionale, in una nota, ricorda che «l’annosa vertenza AIAS, già seguita dal M5S sardo, da Carla Cuccu e dalla deputata Emanuela Corda, verrà riproposta in Consiglio regionale dalla segretaria della VI Commissione Sanità, Carla Cuccu».
«Il M5S – concludono i consiglieri regionali pentastellati – è vicino ai dipendenti AIAS, costretti ancora una volta a scendere in piazza per protestare contro l’Azienda per una serie di ragioni, tra le quali l’ulteriore aggravarsi nei pagamenti delle retribuzioni.»
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«Il ritorno ai sardi della spiaggia di Porto Tramatzu a Teulada deve essere il punto di partenza per una nuova politica sulle servitù militari in Sardegna.»
Lo afferma il candidato del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Regione Sardegna Francesco Desogus, secondo cui «l’accordo firmato nel 2017 tra il presidente Francesco Pigliaru e l’allora ministro della Difesa Roberta Pinotti è, infatti, lacunoso e poco ambizioso. Al ministro Elisabetta Trenta chiederemo invece un cambio di passo, perché il tema delle servitù militari è centrale nell’idea di sviluppo che vogliamo per l’isola e che proporremo ai sardi in occasione delle elezioni regionali del 24 febbraio».
Per Francesco Desogus «c’è voluta tutta la determinazione della signora ministro Elisabetta Trenta, incalzata fin dal suo insediamento dai nostri parlamentari e in particolare da Emanuela Corda, per accelerare il ritorno ad un uso turistico della bellissima spiaggia di Porto Tramatzu, a Teulada. Perché è facile firmare gli accordi, molti più difficile attuarli».
«Il ministro Elisabetta Trenta si è mostrata invece vicina ai cittadini e ha rispettato i patti – conclude il candidato governatore del Movimento 5 Stelle – accelerando un processo di dismissione che con il precedente Governo sembrava essere destinato ad essere, è proprio il caso di dirlo, insabbiato.»
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«Finalmente ci saranno controlli serrati sull’import export delle armi, la legge 185/90 deve essere rispettata.» C
Così Emanuela Corda e Pino Cabras, deputati del M5S in commissione Difesa e Esteri, commentano l’annuncio del ministro della Difesa Elisabetta Trenta di voler verificare con il ministro degli Esteri Enzo Moavero i termini che regolano l’export di armamenti italiani in Arabia Saudita, una vicenda che riguarda da vicino anche la fabbrica Rwm di Domusnovas. «Siamo lieti – aggiunge Emanuela Corda – che il ministro abbia assunto una posizione netta su un argomento scomodo che ad oggi sembrava diventato un tabù».
Dello stesso avviso Pino Cabras che aggiunge: «È necessario avviare una serie di scrupolosi controlli nei confronti di quei soggetti che vendono armi a paesi come l’Arabia Saudita che, ricordiamo, sono pesantemente coinvolti in aree di conflitto. Si pensi ad esempio alla tragica situazione dello Yemen, con bombardamenti che colpiscono ogni giorno da tre anni la popolazione civile, con infiniti lutti, 10 milioni di senzatetto e la partenza di flussi di milioni di rifugiati. Ecco perché siamo sicuri che il ministro Moavero accoglierà al più presto le istanze del ministro Trenta, affinché si metta immediatamente fine ad una situazione inaccettabile».
I parlamentari hanno però le idee molto chiare sul fatto che «non si debba strumentalizzare la questione, come fanno quelli che pretendono che la Repubblica Italiana non abbia una propria industria a produzione militare. Il fatto che il Governo si sia posto il problema del rispetto di una legge, la 185/90, per troppo tempo bypassata senza ritegno, non significa che non abbia a cuore il problema occupazionale. Si pensi per esempio al caso Rwm azienda produttrice di materiale bellico, con acclarati rapporti con il mercato saudita o il rispetto per il lavoro svolto dai nostri militari».
«Un conto è incrementare i bilanci vendendo bombe da usare sulla popolazione civile, un’altra questione ancora è produrre sistemi d’arma complessi – aggiungono Pino Cabras ed Emanuela Corda -. Un paese che perda competenze militari e non abbia una politica industriale militare moderna perde ogni residua sovranità, specie se ambisce a creare relazioni multilaterali paritarie, ancorché orientate al disarmo. Per non far prevalere un interesse troppo particolaristico basterebbe un rispetto più rigoroso dell’articolo 11 della Costituzione.»
Sulla difesa del diritto al lavoro del personale coinvolto, Pino Cabras ed Emanuela Corda si richiamano ad alcune esperienze europee: «Per uscire dalla monocultura delle bombe servono scelte politiche di grande portata. Dopo la Guerra Fredda, quando la Germania fu riunificata, ottenne un programma comunitario per la riconversione economica e sociale delle aree troppo dipendenti dalle produzioni militari. Un’analoga scelta di livello europeo occorre anche per far uscire le comunità coinvolte in Sardegna da una monocultura economica ed offrendo alternative occupazionali».