22 November, 2024
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E’ iniziato, in Consiglio regionale, l’esame della proposta di ridefinizione della rete ospedaliera. All’esterno del Palazzo è montata la contestazione da parte di associazioni ed amministratori di diversi territori, con l’intero Consiglio comunale di Carbonia riunito in seduta straordinaria, che chiedono uno stop alla riforma per una sua completa revisione.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il presidente ha comunicato che le elezioni di un nuovo vice presidente dell’Assemblea e del Garante regionale per l’infanzia si terranno in una delle prossime sedute.

Successivamente hanno preso la parola diversi consiglieri regionali, con interventi sull’ordine dei lavori.

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis ha sottolineato che «la presenza di due relatori di maggioranza che forse non è conforme al regolamento, è cosa davvero inusuale, come se la relazione di maggioranza di Raimondo Perra non fosse completa o affidabile per la stessa maggioranza, segno evidente delle difficoltà della coalizione sul piano politico, con molte componenti che non si fidano l’una dell’altra». Il provvedimento, ha concluso, «parte col piede sbagliato e deve essere ritirato, così è un teatrino delle parti; se avesse dignità politica, il collega Raimondo Perra si dovrebbe dimettere perché, evidentemente, è sotto tutela».

Il presidente Gianfranco Ganau ha chiarito che il regolamento prevede la presenza di uno o più relatori.

Il consigliere Domenico Gallus (Psd’Az-La Base) ha denunciato quello che, a suo avviso, «è un gravissimo fatto, una mascalzonata nei confronti di 30 Comuni compiuta dall’Egas che li ha pugnalato a tradimento con la delibera che li costringe ad entrare in Abbanoa». Appena ho giurato, ha ricordato Gallus, «ho prospettato all’assessore dei Lavori pubblici Edoardo Balzarini una leggina per quei Comuni che volevano proseguire nella gestione autonoma, assicurando servizi e risparmi per la Regione; Edoardo Balzarini ha assicurato il suo impegno ma poi l’ha tradito favorendo l’approvazione della delibera, così come il sindaco di Sassari che aveva garantito una riunire con quegli amministratori locali». Ora, ha annunciato, «su questo problema farò una battaglia a tutto campo».

Il consigliere Paolo Truzzu (Misto-Fdi), tornando sulla sanità, ha segnalato «la situazione incresciosa dell’Azienda per l’emergenza urgenza, perché pare che esista la nomina del direttore che viene citata in altri atti dell’assessorato ma il provvedimento non si trova più, per cui o siamo davanti ad un falso in atto pubblico questa delibera non è stata mai consegnata».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, dopo aver polemizzato con il collega Pittalis per il suo intervento definito «del tutto fuori luogo e di pessimo gusto», ha messo in luce sul piano politico che «la riforma è il frutto di un lavoro corale della commissione andato avanti per mesi con un confronto molto intenso con i territori e degli amministratori locali; in questo contesto il presidente Perra ha il pieno sostegno di tutta la maggioranza e la divisione dei compiti è stata una idea condivisa».

Il capogruppo di Art. 1 – Sdp Daniele Cocco, rivolgendosi al presidente Pigliaru, lo ha invitato «a farsi carico di quanto dichiarato da Gallus, un fatto gravissimo contro 30 Comuni della Sardegna».

Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha sollecitato un chiarimento formale perché «il documento relativo alla riforma contenuto nella convocazione del Consiglio è presente sul sito internet ma in versione diversa da quella esitato dalla commissione; non credo sia una cosa regolare perché fra i due documenti ci sono differenze profonde».

Il presidente Ganau ha chiarito che il documento ufficiale è quello della commissione distribuito ai consiglieri assieme alla convocazione.

Il consigliere Antonio Solinas (Pd), in apertura ha risposto al collega Pittlis affermando che, «se ha letto relazioni, avrà capito la scelta di differenziare i compiti». Riferendosi poi all’intervento del consigliere Gallus, ha ricordato che «si era trovato un accordo con il precedente assessore dei Lavori pubblici Maninchedda per lasciare ad alcuni Comuni la gestione autonoma del servizio idrico, perché in effetti questi Comuni hanno una situazione molto diversa dagli altri; il discorso va quindi ripreso dal nuovo assessore che deve riferire al più presto in commissione».

Il consigliere dell’Udc Giorgio Oppi, dopo aver lamentato che «da tempo assistiamo in Consiglio a discorsi fuori tema, ha condiviso le considerazioni del collega Usula, perché nella realtà il testo finale della riforma è parzialmente diverso da quello trasmesso all’Aula e per correttezza doveva essere rettificato».

Al termine di questo intervento, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con la discussione generale del Documento n.16/XV/A “Proposte di ridefinizione della rete ospedaliera della Regione autonoma della Sardegna”.

Il presidente ha dato la parola al primo relatore di maggioranza, il presidente della commissione Sanità Raimondo Perra (Cps-Psi).

Dopo aver premesso di voler rinunciare ad ogni polemica, Raimondo Perra ha ribadito l’ampia condivisione della riforma da parte di tutto il centro sinistra ed ha ringraziato per il grande lavoro iniziato nel 2016 sia la commissione che i consiglieri Oppi e Gallus,   l’assessore Arru e i funzionari degli uffici, perché «tutti hanno contribuito in modo importante ad documento fondamentale per il riordino del servizio sanitario regionale, una opportunità fondamentale per un cambiamento lungamente atteso che, come tale, non poteva che suscitare comprensibili preoccupazioni pur essendo necessario perché la Sardegna è agli ultimi posti in Italia per efficienza del sistema». La riforma, ha aggiunto, «riqualifica la sanità sarda senza tagli né chiusure, facendo sintesi e raggiungendo posizioni condivise, anche attraverso un testo della commissione notevolmente differente dalla prima ipotesi della Giunta, frutto sia dell’ascolto dei territori e del coinvolgimento degli operatori, che di un confronto di merito con opposizione». Esprimo quindi soddisfazione, ha continuato Perra, «per un buon risultato ottenuto lavorando su problemi complessi fermo restando che, se ci sono errori, questo è il momento di correggerli, non per accontentare questo o quello ma per garantire appropriatezza sul tutto il territorio regionale». C’è d’altra parte il rammarico, ha concluso, «per non essere riusciti a spiegare bene la riforma, fatta di buone pratiche e costruita sulle migliori acquisizioni della scienza medica, senza smantellamento delle strutture esistenti e con la massima considerazione della specificità della Sardegna».

Sempre per la maggioranza, il secondo relatore Luigi Ruggeri, del Pd, ha sottolineato che la riforma non opera nessuna chiusura e non fa riferimento a priorità legate ad equilibri finanziari, «individua invece precisi paletti nella costruzione di una offerta  sanitaria in rete, perché è sbagliato parlare di salute uguale posti letto mentre la medicina è cambiata e dà risposte efficaci proprio fuori dall’ospedale e la rete serve ad esaltare le specializzazioni di ciascuna struttura». In Sardegna, ha continuato Ruggeri, «ricoveriamo molto per problemi di bassa complessità a differenza della Penisola, per cui abbiamo operato una classificazione corrispondente ad un dato demografico, per concentrare le casistiche aumentando il livello di sicurezza». Inoltre, «la nostra struttura regionale è stata resa più omogenea sul territorio, come ad esempio in Ogliastra, zona più decentrata rispetto agli hub principali». Piuttosto, ha osservato il consigliere, «c’è bisogno di far leggere meglio il documento perché molte richieste delle comunità sono in realtà contenute e vanno magari specificate in alcuni passaggi; una classe politica che si rispetti non esclude nessuno, perciò riteniamo di aver fatto una riforma equa che garantisce i cittadini molto più di chi chiede il mantenimento dell’esistente».

Parlando per l’opposizione il consigliere Edoardo Tocco (Forza Italia) ha criticato l’accesso di ottimismo della maggioranza, rispetto ad una sanità migliore che per i cittadini non c’è, «anzi questa riforma ha enormi lacune per tante ragioni ma soprattutto perché, pur nel confronto formale, non sono stati ascoltati i cittadini più deboli, e lo stesso testo è pieno di acronimi e neologismi per addetti ai lavori incomprensibili ai più: altro che comunicare meglio». Sintetizzando il suo lavoro in commissione, Tocco ha ricordato di aver compiuto «diversi sopralluoghi in molte realtà dove rispetto alle disfunzioni riscontrate non si è fatto alcun intervento, a differenza dell’attivismo che ha caratterizzato nomine molto discutibili di manager chiamati a riformare una sanità che i Sardi non vedranno così come non vedranno l’elisoccorso». La verità, ha aggiunto Tocco, «è che ci sono molte cose che non quadrano, provvedimenti da adottare e persone da ascoltare, mentre purtroppo ha prevalso all’interno della maggioranza la linea di chi vuole andare avanti fino al disastro: i sardi non lo dimenticheranno».

Sempre per Forza Italia, il consigliere Stefano Tunis ha auspicato che la riforma non venga approvata, evitando «il titolo di coda del mandato di questa Giunta». Ricostruendo l’iter della legge Tunis ha detto che «vuol dire che c’era dolo nel portare all’ultimo momento la riforma della rete ospedaliera, cominciando dalla fine per non farsi cadere tutto in testa». Quella che doveva essere la Giunta delle competenze attenta all’oggettività delle cose, ha osservato Tunis, «è la stessa che poi non è riuscita nemmeno a chiudere il bilancio della sanità sarda costringendo lo stesso Sabatini ad una difesa d’ufficio che si scontra con numeri inattaccabili, e mette in luce l’enorme contraddizione fra la Sardegna Regione canaglia e quella miracolosamente salvata da una grande riforma». Nel concreto, ha spiegato Tunis, «la Regione sarà commissariata nonostante il maxi mutuo che forse nemmeno coprirà il disavanzo e rappresenterà invece l’ennesima ipoteca sullo sviluppo della nostra Isola». Confido ancora in un sussulto, ha auspicato infine il consigliere, «anche se sappiamo che non andrete a casa occorre mettere il Consiglio nelle condizioni di fare una buona riforma, cancellando gli errori di un progetto irrealizzabile, senza una verifica sui costi di produzione, senza emergenza urgenza e senza la garanzia sulla fase del trattamento dei pazienti post acuti a costi accettabili: tutto il resto è avanspettacolo e fumo negli occhi per nascondere ai sardi la verità».

Il consigliere Lorenzo Cozzolino (Pd), ha riconosciuto che l’argomento trascina inevitabilmente molte polemiche, e tuttavia «la Sardegna ha bisogno di una riforma per una sanità efficiente, moderna e a dimensione umana, eliminando sprechi e migliorando le prestazioni; la sanità sarda non è in uno stato fallimentare, anzi è ricca di professionalità e punte di eccellenza rispetto a realtà italiane ed estere più famose, però è una struttura vecchia, piena di doppioni che va cambiata». Non ci siamo affatto appiattiti sulle normativi nazionali di settore, ha assicurato Cozzolino, «anzi abbiamo lavorato due anni per costruire un percorso aderente a specificità del territorio regionale, una proposta originale, un meccanismo complesso che ci fa fare un salto in avanti verso la medicina moderna, fatta di buona prevenzione e e del trattamento efficace dei post acuti, è un cambiamento epocale». Inoltre, ha aggiunto, «con la riforma arriveranno anche 250 milioni di euro per ammodernare strutture, che non basteranno ma daranno comunque una prima significativa risposta». Sul piano politico, Lorenzo Cozzolino ha riconosciuto che «è vero che la maggioranza ha posizioni diversificate perché è una grande riforma all’interno della quale alcune realtà territoriali hanno rinunciato a qualcosa, e comunque si tratta di un provvedimento emendabile con lacune che vanno colmate nell’emergenza urgenza e nella medicina territoriale, così come occorre lavorare sui difetti di comunicazione e sulla percezione indotta della legge nelle zone disagiate che si sono sentite abbandonate, mentre al contrario queste strutture saranno potenziate con servizi che consentiranno ai pazienti acuti di essere stabilizzati e trasferiti per i trattamenti più complessi».

Dopo l’on. Lorenzo Cozzolino ha preso la parola l’on. Domenico Gallus che ha detto. “La legge di riforma arriva in aula dopo tre lustri e il percorso accidentato che ha avuto fa capire l’importanza del provvedimento. La riforma paga il prezzo di essere un tetto della costruzione di un edificio a cui mancano le stesse mura e le fondamenta: l’Areus e la sanità di prossimità o territoriale. E’ inspiegabile che a distanza di un anno l’Areus non abbia ancora un direttore perché ogni anima della maggioranza, e soprattutto del Pd ha il proprio cavallo da far correre per nominare il direttore”. L’oratore ha proseguito: “Chiunque si sieda sullo scranno della Sanità sarda è ormai evidente che non riesca ad evitare l’aumento dei costi. In realtà la Sanità sarda va del tutto rifondata e anche le obiezioni avanzate dai sindaci e dai territori dopo l’approvazione del testo in commissione sono sacrosante.  E la minoranza, voglio dirlo, è stata determinante per l’iter della legge, garantendo sempre il numero legale in commissione. Per tutti noi è chiaro che la riforma è necessaria e urgente”.

Per l’on. Emilio Usula (Rossomori) “questa riforma ha come obiettivo il risparmio e a nulla vale il dato che in Sardegna non si spende certo più della media nazionale e che i costi della sanità sarda sono insopprimibili. Alla fine questa riforma porterà più spesa e meno sanità, meno garanzia di servizi per il cittadino . E’ inaccettabile che in periferia non ci possa essere qualità della sanità, è inaccettabile che si accentri tutto nelle grandi città. Questo atteggiamento ha creato un danno di credibilità verso i medici che non lavorano negli ospedali cittadini, in  contrasto se posso dirlo con la mia storia professionale ma anche quella dell’assessore. Con questo riordino si concentrano risorse e fiducia nei grandi ospedali di Cagliari e di Sassari, con grandi accorpamenti che creeranno mega conflitti e megaconfusione”. L’oratore ha poi aggiunto: “In Sardegna la Sanità ce la paghiamo noi e da noi si dimensionano i servizi utilizzando i criteri della popolosità dei territori delle vecchie province. Non un criterio che tenga conto delle condizioni orografiche della Sardegna e non certo contrastando il fenomeno di spopolamento che investe ampie aree della Sardegna. Non posso poi tacere la mia grande preoccupazione per il destino dell’ospedale San Francesco di Nuoro, per il quale pretendo una classificazione come Dea di secondo livello”.

E’ intervenuto poi per Forza Italia l’on. Marco Tedde, che ha detto: “Mi piacerebbe poter dire, caro assessore Arru, che andiamo al riordino della rete ospedaliera dopo aver fatto funzionare l’Areus o in generale dopo aver riorganizzato la sanità sarda nel suo complesso. Invece non abbiamo avuto il piacere di aver visto nulla di tutto ciò. Questa riforma ha una gamba sola, considera solo gli ospedali e ha generato vere e proprie rivolte nei territori, con migliaia di sardi che si stanno lamentando. Questo vostro piano di riorganizzazione non è frutto di una scelta normativa, il più volte invocato DM70, ma di una scelta politica: dovete dire come stanno davvero le cose. Voi potete fare un piano che tenga conto delle esigenze reali della Sardegna ma non vi interessa, al di là delle parole che pronunciate. E se il buco della Sanità sarda si allarga ancora vuol dire che non funziona chi è al volante”.

L’on. Rossella Pinna (Pd) ha esordito dicendo: “Cercherò di non usare toni trionfalistici per descrivere questa riforma ma ho ascoltato quelli apocalittici del collega Usula che mi lasciano pensare che abbiamo visto un film diverso. Il centrosinistra ha messo con coraggio il diritto alla salute al centro delle sue politiche e lo fa in un momento storico in cui il consenso dei cittadini verso le istituzioni è molto affievolito. E altri strumentalizzano la nostra riforma a scopi demagogici. Noi abbiamo dedicato spazio alla mediazione e all’ascolto: forse non siamo riusciti a comunicare bene con questa riforma e forse non abbiamo fatto politica. Almeno, quella giusta: perché la buona politica è comunicazione. Solo così si spiega la percezioni infondata, di tanti, secondo cui questa riforma porterà a un taglio dei servizi.  Per questo non ci stancheremo di dialogare in questi giorni, soprattutto con il sistema delle autonomie locali della Sardegna.   Se avessimo applicato pedissequamente il DM 70 avremmo dovuto chiudere 15 presidi ospedalieri della Sardegna”.

L’esponente dem ha aggiunto: “Stiamo, dunque, riordinando un sistema che ha inefficienze e costa metà del bilancio regionale. La nuova rete riequilibra l’offerta ospedaliera nelle diverse aree della Sardegna, aumentando la sicurezza delle cure in un’ottica di rete. E nella consapevolezza che aumentano gli anziani e diminuiscono le nascite”.

Ha preso la parola l’on. Augusto Cherchi (Pds), che ha detto: “Inutile dire che stiamo sprecando risorse nella Sanità e non possiamo far finta di niente. Dobbiamo cambiare la Sanità, facendola arrivare a tutti e con qualità . Certo non basta riorganizzare la rete ospedaliera: serve potenziare le strutture territoriali e di questo siamo consapevoli.   Ma deve essere chiaro che l’ospedale non è la risposta a tutti i bisogni sanitari, a soddisfare ovunque il diritto all’assistenza.  Siamo consapevoli della complessità del tema e della necessità di garantire certezza di assistenza: noi non abbandoneremo i territori al loro destino e difenderemo i pronto soccorso e le chirurgie, abbiamo chiesto la migliore definizione degli ospedali di Tempio e di Alghero. Abbiamo tempo  per discutere ancora e per ascoltare le richieste di Ghilarza e di Iglesias per i centri territoriali.  Ma non firmeremo cambiali in bianco su accordi che non conosciamo e mi riferisco particolarmente a Olbia”.

L’on. Fabrizio Anedda (Misto) ha preso la parola e ha detto: “L’altro giorno ho visto sfilare a una manifestazione esponenti di estrema sinistra e di destra. Mi sono chiesto che cosa li unisca: la sanità pubblica è sempre un buon affare per i politici spregiudicati. E mi riferisco a quelli del passato che hanno governato. In Sardegna ci sono circa 50 mila anziani che non possono acquistare la dentiera: protestare è lecito e doveroso ma per cambiare in meglio. Non per tutelare rendite di posizione. E nel merito della riorganizzazione ospedaliera, il testo che la commissione della quale faccio parte ha licenziato prevede la perdita di qualche primariato di famiglia ma in compenso le esigenze dei territori sono potenziate. Ecco, dobbiamo potenziare i servizi territoriali ancora di più”.

“Rinuncio a dirvi di soprassedere con questa riforma, avete intrapreso questa strada”, ha detto l’on. Alessandra Zedda (Forza Italia), “ormai non riflettete più. Mi limito ad osservare quanto stridono le cose che dite con quello che scrivete nel testo. Intanto, visto che il carico della spesa sanitaria è sulla nostra testa valeva la pena davvero di derogare alle prescrizioni del DM70: io mi auguro che questa riforma possa migliorare i servizi territoriali e farci risparmiare. Ma purtroppo so che non sarà così. Anche perché non avendo riformato la rete dei servizi non porterà grande risultato la riforma della rete ospedaliera. Voi tagliate da subito 261 posti letto e le conseguenze le pagheranno i cittadini: chi non sarà ricoverato per assenza di posti letto? Che faranno i medici e gli infermieri dei posti letto soppressi? Pensate davvero di ridurre la spesa sanitaria così?”.

L’on. Alessandra Zedda ha detto, rivolta all’assessore: “Forse sono miei limiti ma io non capisco tante cose, tanti accorpamenti di reparti, tanti doppi incarichi anche negli ospedali di Cagliari. Da subito io scorgo una riduzione dell’offerta ospedaliera, questo io leggo tra le righe della riforma”.

Critico anche l’on. Paolo Truzzu (FLI), che rivolto all’on. Fabrizio Anedda ha detto: “Da tre anni e sei mesi governa il presidente Pigliaru, è a lui che dobbiamo rivolgerci: non al centrodestra. Questa vostra riforma è da bocciare in toto perché non è migliorabile: se non vengono potenziati i servizi territoriali non si riduce il fenomeno dei ricorsi inappropriati. Era il caso di potenziare i territori e garantire a tutti i sardi un elevato livello di cura: non lo avete fatto e vedrete che il numero dei ricoveri non calerà né si fermerà l’intasamento negli ospedali dei grandi centri. In questi anni avete compiuto una serie di atti del tutto contrari alle vostre enunciazioni e posso portare innumerevoli esempi, anche banali, per dimostrarlo. I vostri manager contraddicono quel che voi dite”. Poi l’esponente di FLI ha proseguito: “Siete gli stessi che hanno rinunciato ai ricorsi contro lo Stato per un piatto di lenticchie, quelli che hanno detto sì al referendum sulla Costituzione e che hanno raccontato ai sardi che la Asl unica avrebbe garantito qualità migliore e riduzione della spesa. Perché dovremmo avere fiducia in voi”.

L’on. Antonio Solinas (Pd) ha detto rivolto all’ultimo oratore. “Non intendo fare polemiche ma potevamo fare questa riforma e fare finta di nulla. Invece non sarà così. Mi sarei aspettato qualche proposta nel merito dalla minoranza, visto che abbiamo lavorato per mesi. E invece non abbiamo ricevuto nulla da parte loro. Certo, se avessimo riorganizzato prima la rete territoriale e fatto partire l’Areus, se avessimo fatto tutto questo e solo all’ultimo la riorganizzazione della ospedaliera è chiaro che ci saremmo risparmiati qualche critica e il malcontento, che in alcuni casi è dovuto a posizioni strumentali.   Certo, si poteva e doveva comunicare meglio ma non è vero. Ma la commissione ha lavorato molto e bene, modificando il testo di legge che proveniva dalla Giunta”.

Rivolto all’assessore Luigi Arru, l’on. Solinas ha detto: “Visto che in questi giorni è in circolazione l’atto aziendale della Asl unica a mio parere va evitato di parlare di tre dipartimenti e dobbiamo anche preferire i reparti all’eccellenza sanitaria. Abbiamo fatto la scelta in questa legislatura di non applicare ticket, di non aumentare Irpef e Irap. E le conseguenze di queste scelte si pagano”.

Il consigliere Pizzuto (Art. 1 – sinistra per la democrazia e il progresso) ha detto che in materia sanitaria non si deve fare una questione di soldi e di risparmio ma si deve tendere  a garantire a tutti i cittadini il diritto alla salute. Per Luca Pizzuto bisogna partire dalla domanda se il sistema sanitario attuale funzioni o meno e se i pazienti siano contenti. Per Luca Pizzuto bisogna cambiare le cose perché oggi la possibilità di cura è “riservata al caso”. Questo tema – ha aggiunto – è particolarmente delicato. Troppo spesso i pazienti sono considerati solo un mezzo per costruire carriere politiche o sanitarie. Questa Riforma, seppure da emendare, comincia a far diventare il paziente un fine. Per il consigliere di Art.1  questa riforma è  l’unico atto di sovranità vera che questo Consiglio regionale sta facendo.

Il presidente Gianfranco Ganau ha chiuso la seduta. Il consiglio è convocato alle 15,30.

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«E nostra intenzione valutare con la massima attenzione le proposte dei Sindaci e proseguire un confronto di merito, sia nella fase di presentazione degli emendamenti che in quella del loro esame da parte della commissione, prima dell’ingresso della legge in Consiglio.»

Lo ha dichiarato il capogruppo del Pd Pietro Cocco, raccogliendo una proposta del presidente dell’Anci Emiliano Deiana, al termine della riunione congiunta fra la commissione sanità, i capigruppo consiliari, l’Anci ed una delegazione di Sindaci, cui hanno preso parte anche i presidenti della Giunta Francesco Pigliaru e del Consiglio Gianfranco Ganau e l’assessore della Sanità Luigi Arru.

A nome dei Comuni, il presidente dell’Anci Deiana aveva sollecitato in particolare una riflessione più approfondita su alcuni punti della riforma ritenuti ancora non sufficientemente definiti: ruolo delle strutture ospedaliere nelle zone svantaggiate, mantenimento dei presidi chirurgici e delle unità di pronto soccorso. Le ragioni di questa richiesta, ha chiarito, “derivano non da interessi particolari ma dalla necessità di arginare il profondo malessere delle nostre comunità legato all’ulteriore taglio dei servizi essenziali”.

Dopo l’intervento dei rappresentanti di tutti i Comuni, l’assessore Luigi Arru ha ribadito la disponibilità a migliorare il testo, che ritiene comunque aderente alle esigenze dei territori, anche per le numerose deroghe introdotte rispetto alla normativa nazionale. «Puntiamo ad una sanità – ha proseguito – dove tutti i professionisti e gli operatori lavorino al meglio in una rete efficiente in grado di potenziare le cure primarie extra ospedaliere e di contenere al massimo la mobilità sanitaria (circa 5.000 sardi vanno fuori dall’Isola soprattutto per le patologie tumorali)». Sui punti nascita, argomento sollevato con forza dal sindaco di La Maddalena Luca Montella, l’assessore ha affermato che non si dà nulla per scontato auspicando la prosecuzione di un confronto sui dati reali: uno di questi è che «per strutture al di sotto dei 100 parti l’anno non è stata concessa alcuna deroga in Italia».

Nel dibattito sono intervenuti anche i consiglieri Emilio Usula (Misto-Rossomori) e Michele Cossa (Riformatori). Emilio Usula ha richiamato l’attenzione dei presenti sulla riforma della rete ospedaliera della Regione Puglia che, pur essendo una realtà non sovrapponibile alla Sardegna, soprattutto, per il dato popolazione, prevede una “copertura” molto ampia delle strutture sanitarie sul territorio.

Il consigliere Michele Cossa, invece, ha raccomandato la ricucitura dello “strappo” fra Regione e Sindaci, perché «il semplice ascolto non basta e non si può fare una riforma contro le autonomie locali».

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Il Consiglio regionale ha rinviato l’elezione del nuovo vicepresidente al posto del dimissionario Ignazio Locci.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau che, prima di procedere, ha convocato la conferenza dei capigruppo.

Alla ripresa dei lavori, il presidente ha comunicato la decisione dei capigruppo di rinviare ad altra data le elezioni di un vice presidente dell’Assemblea del Garante regionale per l’infanzia. Intervenendo sull’ordine dei lavori, il consigliere del Psd’Az Christian Solinas, ha ricordato il travaglio popolo catalano, proponendo che il Consiglio manifesti concretamente la sua solidarietà «ad una comunità che sta riaffermando il diritto alla auto determinazione dei popoli» e prenda le distanze da un «processo di inasprimento del confronto istituzionale che impedisce un voto democratico». «La Sardegna – ha concluso – che ha conosciuto vicende analoghe, non può che essere vicina ai fratelli catalani».

Il presidente Ganau ha ribadito i contenuti delle dichiarazioni di solidarietà al popolo catalano già espressi da lui stesso e dal presidente Pigliaru.

Il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis, invece, ha messo l’accento sulla situazione politica, sottolineando che «il Consiglio è il luogo deputato per capire cosa sta succedendo nella maggioranza, perché apprendiamo dalla stampa che su importanti riforme, sanità ed urbanistica, ci sono gruppi e singoli esponenti di maggioranza che hanno già dichiarato la loro posizione contraria». Per cui, ha aggiunto, su provvedimenti come questi il dibattito non si può esaurire nel dibattito interno di qualche gruppo o qualche partito e il presidente della Regione deve riferire in Aula con urgenza. In materia sanitaria, Pittalis ha lamentato la mancata distribuzione al Consiglio dei dati sul monitoraggio delle spesa sanitaria elaborati da un organismo istituito ad hoc «e questo avviene mentre sulla stampa si assiste al solito balletto di cifre, a ridosso della discussione della riforma in Consiglio».

Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, associandoci alla proposta del collega Solinas, ha evidenziato che «questa consiliatura si è caratterizzata anche su un importante profilo internazionale, intraprendendo con la Corsica un percorso di rappresentazione su scala internazionale delle istanze di comunità identitarie, percorso che il governo spagnolo ha bruscamente interrotto impedendo la libera consultazione dei cittadini della Catalogna». Gianfranco Congiu è poi tornato sulle recenti nomine all’Ersu di Sassari, disposte dal presidente Ganau con i poteri sostitutivi, ribadendo la sua richiesta di «conoscere i criteri adottati per quelle nomine, nomine che non ci soddisfano, con particolare riferimento al curriculum di un nominato che non ha nemmeno la laurea e viene chiamato ad occuparsi dei problemi degli studenti universitari».

Il consigliere Eugenio Lai (Art. 1 – Sdp) ha richiamato l’attenzione del Consiglio sulla situazione dell’Aias, sulla quale «a fronte di numerosi impegni e decisioni del Consiglio e della Giunta riguardanti il regolare pagamento degli stipendi si registra una situazione in cui la società risulta in grave arretrato».

Il vice capogruppo di Forza Italia Marco Tedde, riprendendo gli interventi dei colleghi Christian Solinas e Gianfranco Congiu, ha riaffermato esigenza che «il Consiglio, con una presa di posizione forte, si schieri a fianco dei catalani, in un momento molto pericoloso per tutte le democrazie europee, in cui arresti e provvedimenti giudiziari hanno fermato un referendum democratico ricorrendo all’uso della forza». «La Catalogna – ha concluso – una sede di rappresentanza in Sardegna, ad Alghero, istituita da generalitat di sinistra e sindaco di centro destra, a testimonianza di rapporto che ha radici profonde».

Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha condiviso gli interventi precedenti sulla situazione della Catalogna allargando l’orizzonte alla situazione «dei popoli senza stato che in Europa hanno una popolazione di circa 100 milioni di persone, popoli come questi Sardegna e Catalogna, che chiedono dignità, autodeterminazione, libertà di esprimere la loro cultura e le loro aspirazioni; lo chiede soprattutto la Catalogna che oggi sta subendo un attacco alla sua libertà, un fatto eccezionale che richiede un atto formale del Consiglio regionale».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco, ha rilanciato il problema dell’Aias invitando Consiglio e Giunta «ad essere protagonisti nelle vicende di una azienda che svolge un servizio pubblico essenziale senza però garantire il regolare pagamento stipendi e corrette relazioni sindacali». «La Regione sta facendo la sua parte – ha osservato Pietro Cocco – pagando regolarmente le fatture, mentre l’azienda non trasferisce le risorse ai lavoratori e mantiene in piedi provvedimenti di licenziamento; per questi motivi occorre al più presto una discussione approfondita sull’argomento».

La vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda ha denunciato la grave, situazione dei lavoratori ex Ati Ifras e parco Geominerario, protestando perché «da quasi 10 mesi non succede niente nonostante fosse stato individuato un percorso per reinserire circa 500 lavoratori che ancora non è iniziato ed i problemi non sono risolti, mentre emergono forti disparità di trattamento». Sappiamo che il problema è difficile, ha riconosciuto la Zedda, «anche per questioni normative, però ma quanto fatto finora non rispetta i diritti dei lavoratori e di fatto abbandona un vasto territorio; ora abbiamo di fronte la scadenza dell’11 ottobre ma non c’è niente di certo se non che sono stati inseriti solo 7 lavoratori».

Per i Riformatori sardi, il consigliere Luigi Crisponi si è associato ai sentimenti di vicinanza al popolo catalano espressi da molti consiglieri dichiarandosi favorevole ad un documento del Consiglio. A proposito di nomine esercitate con poteri sostituitivi, Crisponi ha ricordato «la vicenda del 2013 che ha riguardato il Comitato per la lingua sarda che, dopo quattro anni, ancora non si è insediato, alimentando enormi interrogativi sulla sua funzione».

A nome del Cps il capogruppo Pierfranco Zanchetta, «come esponente di una minoranza nella minoranza» ha manifestato convinta solidarietà al popolo catalano assicurando la sua piena disponibilità per un documento del Consiglio regionale in materia di auto determinazione». Infine ha ringraziato il presidente Pigliaru per l’impegno su La Maddalena nella partita delicata del post G8, che forse consentirà la soluzione immediata di un vecchio problema di interesse strategico per la comunità maddalenina».

Il consigliere Paolo Zedda (Art.1-Sdp) ha espresso una valutazione positiva sulla posizione assunta dal presidente Pigliaru sulle vicende della Catalogna perché, a suo giudizio, «l’autodeterminazione è un diritto delle nazioni democratiche senza condizioni e senza il ricorso alla forza». «Fra poco – ha ricordato – si terrà il referendum per l’autodeterminazione del popolo curdo, un altro popolo senza stato che attende da quattro millenni e sta combattendo contro l’Isis per affermare il principio della coesistenza di tutte le culture in un clima di ostilità del governo centrale e di quello turco; anche questa battaglia merita il sostegno della Regione».

Al termine di quest’ultimo intervento, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno ed il presidente ha dato la parola al presidente della commissione Bilancio Franco Sabatini (Pd), relatore di maggioranza, per illustrare il contenuto del Dl 449 (disposizioni finanziarie e seconda variazione al bilancio 2017-2019).

Nel suo intervento Sabatini ha dato un giudizio «fortemente positivo sul provvedimento, perché sui liberano risorse aggiuntive per oltre 148 milioni provenienti dall’attuazione dell’art.8 statuto, che consentono di coprire in parte il disavanzo della sanità, di abbattere i ratei dei mutui e di aprire nuovi spazi finanziari per gli enti locali». Per quanto riguarda i conti della sanità, Sabatini ha condiviso il suggerimento del collega Pietro Pittalis di aprire un dibattito sull’argomento «perché spesso si fa il gioco delle tre carte senza punti di riferimento, mentre invece si deve partire dalla delibera Cipe su fabbisogno per ciascuna Regione per poi fare valutazione, tenendo presente che, in base a quella tabella, dai 392 milioni di 2013 si è arrivati a 320 nonostante i costi aggiuntivi sostenuti per vaccini, nuovi farmaci ed ammortamenti». «E’ vero – ha concluso – che spendiamo troppo in base ai livelli di assistenza ma, in base alla spesa pro-capite, ci sono Regioni virtuose con una spesa più alta della nostra, quindi il tema centrale è e resta qualificare la spesa e spendere meglio».

Per la minoranza, il relatore Paolo Truzzu (Misto-Fdi) ha affermato che quello «di aumentare qualità del servizio sanitario contenendo i costi è un obiettivo di legislatura che non è stato raggiunto, perché oggi si andando in direzione completamente posta, mentre per l’ennesima volta maggiori entrate vengono utilizzate non per lo sviluppo ma per coprire il deficit di sanità». «E’vero che disavanzo è diminuito – ha aggiunto Paolo Truzzu – ma non solo il suo trend è negativo dal 2012 ad oggi, ma la Sardegna per la prima volta nella storia è la Regione peggiore d’Italia, con conti peggiori delle altre 8 Regioni canaglia». «A differenza dei tanti annunci della maggioranza – ha detto ancora Truzzu – siamo di fronte ad una riforma mancata fatta che si è trasformata in un terreno di scontro interno alla maggioranza, dal continui rinvio della nomina del direttore dell’Areus non c’è solo per questo, ai provvedimenti di tutela degli amici, dalle situazioni irregolari sulle nomine sulle quali non si è mai intervenuti, alla mancata definizione di percorsi di cura omogenei per tutti i sardi che anche quest’anno stato stati spacchettati in 8 aziende diverse». «Ora – ha concluso – abbiamo di fronte 2 possibilità: far finta di niente o individuare errori e trovare soluzioni, anche perché fra una settimana discutiamo della nuova rete ospedaliera con gli stessi interlocutori che hanno scassato i conti del sistema sanitario».

Chiuse le relazioni il presidente ha aperto la discussione generale dando la parola al primo degli iscritti, il capogruppo del Partito dei Sardi Gianfranco Congiu.

L’esponente della maggioranza ha espresso soddisfazione per l’impegno assunto ieri dal presidente della Regione Francesco Pigliaru durante il vertice del centrosinistra per aprire una fase di verifica sui conti della Sanità. «Era quello che chiedevamo da tempo – ha detto Gianfranco Congiu – non è pensabile che si discuta ancora sui criteri per conteggiare la spesa. Serve un confronto a tutto campo sul quantum del debito sanitario, la nostra posizione è stata critica in Commissione dove ci siamo astenuti, oggi siamo in aula perché auspichiamo che questa verifica venga fatta, siamo pronti a dare il nostro contributo».

Secondo Alessandra Zedda (Forza Italia) il dl di assestamento di bilancio è  un provvedimento dovuto. «La spesa sanitaria è aumentata, le misure messe in campo dalla Giunta non hanno dato i risultati sperati:  non ci sono Case della salute, Ospedali di comunità ma soprattutto mancano servizi fondamentali come l’elisoccorso». Alessandra Zedda ha poi definito “irriverenti” nei confronti del Consiglio e della Giunta gli atti aziendali adottati dalle Asl. «E’ uno scandalo, si inventano atti e si trasferiscono servizi come Chirurgia del Policlinico. Sembra una sistemazione degli amici degli amici. Vengono istituiti primariati di servizi sanitari (infermieristica, ostetricia e fisioterapia) e si sopprimono quelli di medicina. Così non si risparmia nulla, si chiudono strutture primarie e nascono i satelliti. Stiamo inoltre ammazzando la sanità privata. Cui prodest? Nel pubblico i servizi costano di più e non sono garantiti. La Sanità è in forte difficoltà, mi auguro che le riforme possano migliorare la qualità dell’assistenza ma finora abbiamo sentito solo parole, oggi mancano i soldi per pagare gli stipendi».

Francesco Agus (Campo Progressista) si è invece concentrato sul contenuto del comma secondo dell’art. 1. «Per l’ennesima volta il Consiglio è chiamato a finanziare il sistema degli enti locali. Comuni, Province e Città metropolitane, sempre più agonizzanti, vivono solo grazie ai finanziamenti regionali. Le Province non incassano più le tasse e non beneficiano di trasferimenti statali. Per questo la Regione sottrae risorse al proprio bilancio per far funzionare e sostenere gli enti».

Agus ha poi invocato un’azione forte della Regione nei confronti dello Stato perché si assuma le proprie responsabilità e trasferisca le risorse dovute agli enti di area vasta: «La Regione si potrebbe appropriare delle province per usucapione – ha detto Francesco Agus – in un momento come questo serve un’azione forte nei confronti dello Stato che finora è mancata. E’ notizia di qualche giorno fa: la Conferenza delle regioni, nonostante le promesse, ha respinto la richiesta della Sardegna di essere inserita nella ripartizione dei fondi per la disabilità (75 milioni di euro destinati alle province di regioni a statuto ordinario). Tra qualche mese saremo costretti a rimpinguare i fondi per garantire il diritto allo studio degli alunni disabili. La Regione pagherà di tasca propria una funzione statale delegata alle province». Su questi e altri temi Agus ha annunciato la presentazione di un’apposita mozione.

Molto critico l’intervento di Marco Tedde (Forza Italia) sulla gestione della Sanità: «Tutti i nodi vengono al pettine – ha esordito Marco Tedde – l’Asl unica è stata presentata come la panacea di tutti mali. Nel suo programma Pigliaru disse di voler slegare la sanità dalla politica ma tutti sappiamo cosa è accaduto: il sistema sanitario è sempre più avviluppato alla politica, i costi sono cresciuti e sono aumentati gli sprechi. I progetti di Pigliaru sono clamorosamente falliti».

Secondo Tedde, dal 2013 a oggi il disavanzo della Sanità sarebbe cresciuto a dismisura: «4 anni fa il deficit ammontava a 11 milioni di euro, nel 2016 era di 242 milioni – ha affermato il consigliere di Forza Italia – con il Brotzu e le Aou si arriva a 299 milioni. Il debito ha assunto dimensioni paurose, la situazione è grave e non si può far finta di nulla».

Marco Tedde ha quindi invitato la Giunta ad un cambio di rotta: «Siamo diventati una regione canaglia sul fronte del debito sanitario – ha aggiunto l’esponente della minoranza – non lo dico io ma il leader del Pds, secondo partito della maggioranza. Oggi si discute di un incremento di 117 milioni per permettere di pagare gli stipendi. La riforma è fallita: l’Ats non riduce debiti, non fa decrescere le spese e non migliora i servizi. E’ solo una riforma di facciata, decorativa. Sarebbe stato meglio riformare la rete territoriale e intervenire sull’emergenza-urgenza, settore per il quale non è stato ancora nominato il direttore generale dell’Areus. La situazione non migliorerà con la riorganizzazione della rete ospedaliera checché ne dicano il presidente Francesco Pigliaru e l’assessore Luigi Arru».

A difesa del provvedimento è intervenuto il presidente della Commissione Bilancio Franco Sabatini. «Chi dice che la spesa è aumentata in questi anni dice una bugia – ha detto Franco Sabatini – se si prendono i valori Cipe e quelli assoluti la spesa nel 2017 andrà a diminuire. Se si vuole fare chiarezza la si faccia ma non si dicano falsità».

Sabatini ha poi invitato a riflettere sui livelli di assistenza: «Il vero tema è questo – ha proseguito Franco Sabatini – occorre valutare attentamente la qualità dell’assistenza assicurata. Se si dice che stiamo coprendo i maggiori costi della sanità con le maggiori entrate dico che a tutti farebbe piacere investire i soldi nello sviluppo. Prima però per coprire i costi si tagliava sui fondi ai comuni, sul sociale etc. Oggi c’è una trattativa con lo Stato per coprire il disavanzo. Sono d’accordo ad aprire un dibattito vero, ma deve essere onesto e con dati alla mano. Ci sono responsabilità diffuse. Nessuno può venire in aula a dare lezioni».

Secondo il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni la vera questione è rappresentata dalla mancanza di un serio confronto con lo Stato. «Non chiediamo l’applicazione dell’art. 8 dello statuto. Manca la capacità di incidere nei rapporti con i governi. Stato ed unione Europea non ci riconoscono la condizione di insularità che invece è riconosciuta ad altre regioni d’Europa».

Attilio Dedoni ha poi criticato l’esiguità dei fondi stanziati per protezione civile, lavoratori in utilizzo e contrasto della lingua blu e la gestione generale della Sanità: «Attendiamo ancora la nomina del Dg dell’Areus, la rete oncologica si sta disfacendo, la situazione del Centro di eccellenza della sclerosi multipla è confusa, il Brotzu è in decadenza cosi come la rete sul diabete, i territori abbandonati (dove sono le case della salute?), le liste d’attesa sono sempre più lunghe e la spesa è fuori controllo. Occorre pensare ai malati – ha concluso Dedoni – la Giunta dica cosa deve essere cambiato».

Il presidente Gianfranco Ganau ha quindi dato la parola alla Giunta. L’assessore al Bilancio Raffaele Paci si è detto favorevole all’apertura di un dibattito pubblico sui conti della sanità nei modi in cui il Consiglio riterrà opportuno. «Non abbiamo niente da nascondere. Le cose sono molto più complesse che guardare una semplice differenza tra quello che è il fabbisogno Cipe e quello che è lo stanziamento. Negli anni del Patto di stabilità, che consentiva di spendere solo nella Sanità, il Consiglio ha messo i soldi in quel settore. E’ una distorsione assurda che ora non esiste più: oggi si può spendere in tutti gli altri campi. Per questo abbiamo fatto una scelta diversa: far emergere i costi effettivi della Sanità per dare vita a un’azione di risanamento che è lunga e tortuosa».

Raffaele Paci ha poi invitato a leggere bene i dati: «Negli anni scorsi il Consiglio aveva giustamente disposto un abbattimento dell’Irap. Per le Asl significava una riduzione delle tasse di 60 milioni di euro, adesso quei soldi si pagano – ha detto Raffaele Paci – stesso discorso per i farmaci innovativi che prima non c’erano e oggi costano 70 milioni di euro all’anno. Si tratta di soldi aggiuntivi che doveva dare lo Stato, ma l’assenza di regole di salvaguardia nel Patto ha costretto la Sardegna a ricorrere a fondi propri. Su questo occorre fare chiarezza».

Sull’impianto complessivo del Dl di assestamento del bilancio, l’assessore ha dato un giudizio positivo: «Non si tagliano spese ma si mettono a correre 148 milioni di nuove risorse che arrivano da un confronto duro con lo Stato sulle entrate. Si tratta dei saldi  per gli anni 2010-2013. E’ un risultato importante che permette due interventi fondamentali: uno sulla sanità, che non risolve il problema ma dà respiro alle aziende, e l’altro sugli enti locali. L’estinzione anticipata di debito regionale ci permette di cedere spazi finanziari ai Comuni per fare investimenti. Lo facciamo molto volentieri. I temi posti da Agus sono correttissimi: è una battaglia giornaliera, le cose le stiamo facendo. Il tema del confronto con lo Stato è il tema centrale su cui dobbiamo discutere. Alcune battaglie le abbiamo vinte, altre come il contributo della Sardegna alla finanza pubblica dobbiamo combatterle strenuamente. Ancora non abbiamo ottenuto risposte. Le ultime sentenze della Corte Costituzionale hanno ribadito che per le autonomie speciali serve un’intesa con lo Stato. Questa è la via per ridurre gli accantonamenti. Sarà una battaglia che porteremo avanti in questi mesi e che dovrà trovare risposte nella legge di stabilità 2018». Su questo punto, Paci ha annunciato la  possibile presentazione della manovra finanziaria al Consiglio entro il mese di ottobre così evitare ricorso all’esercizio provvisorio.

Ha poi preso la parola per dichiarazione di voto l’on. Roberto Desini (Pds), che ha detto: «Questa manovrina di bilancio purtroppo vede la Sanità protagonista, come spesso accade. E’ arrivato il momento dio affrontare in maniera seria il problema delle ex province, anche perché non abbiamo organismi eletti, nemmeno di secondo livello. L’azione politica messa in campo sulla Sanità non è condivisibile: dopo nove mesi dalla istituzione dell’Areus per beghe clientelari e di bande politiche a oggi non è stato nominato il direttore generale».

L’on. Paolo Truzzu (FdI) ha annunciato il voto contrario: «Se la Sanità non funziona e continua su questa direzione salta il banco. E salta tutto. I dati che ho riportato sono pubblici e non permetto a nessuno di dire che ho affermato falsità. Non mi importa nulla di quanto è accaduto nel passato ma mi importa di cosa sarà il futuro, a cominciare dalla Sanità».

L’Aula ha votato il passaggio agli articoli ed il presidente Gianfranco Ganau ha aperto la discussione sull’articolo 1 e sugli emendamenti, sul quale si sono espressi per il parere obbligatorio la commissione Bilancio e l’assessore al Bilancio.

Sul primo emendamento è intervenuto l’on. Roberto Deriu (Pd), che ha toccato il tema dello smantellamento delle Province avvenuto in passato. «E’ stata un’azione senza criterio, lo dico dal 2011. La Regione ha fatto molto sinora, perché ha contribuito comunque a tenere in piedi il sistema generale. E gli emendamenti 1 e 2 hanno l’obiettivo di completare il disegno di salvataggio del sistema istituzionale che sino ad oggi è stato garantito. Sono due emendamenti preziosi che se anche non hanno trovato il favore della commissione devono essere approvati dall’Aula. Il primo riguarda la Città metropolitana di Cagliari mentre il secondo serve ad approvare il bilancio della Provincia di Nuoro: il contrario sarebbe determinare l’inutilità dei trasferimenti fatti fino a oggi dal Consiglio regionale alla Provincia di Nuoro».

L’on. Piermario Manca (Pds) ha detto sull’emendamento 4: «Non è chiaro il testo e la finalità rispetto al problema dei focolai della blue tongue».

Il presidente Gianfranco Ganau ha disposto una breve sospensione dei lavori. Alla ripresa l’assessore Raffaele Paci (Bilancio) è intervenuto sul tema degli enti locali e ha detto: «Il finanziamento delle Province, che svolgono temi essenziali, è cruciale: non sono sufficienti i quattro milioni di euro che due mesi fa il Consiglio regionale ha stanziato. Per questo c’è il nostro impegno mio e dell’assessore degli Enti locali per portare un provvedimento particolare su questo».

Il testo dell’articolo 1 (Disposizioni finanziarie)  è stato approvato con esclusione dei commi 4 e 5, oggetto di votazione separata richiesta dall’opposizione.

A seguire, anche i commi 4 e 5 sono stati approvati.

Ritirati gli emendamenti 1, 2 e 3; approvati tutti gli altri. Approvato poi l’articolo 2 (Norma finanziaria e variazioni di bilancio) con gli emendamenti aggiuntivi 9, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 19.

Approvato senza emendamenti anche l’articolo 3 (entrata in vigore), poi i quattro allegati e il testo finale della legge.

A seguire il presidente Ganau ha annunciato la presentazione di tre ordini del giorno su quanto accade in queste ore in Catalogna e ha chiesto ai presentatori di produrre una stesura unitaria, sospendendo così i lavori.

Alla ripresa, il presidente Ganau ha dato lettura del testo unificato a sostegno del popolo catalano e in favore del riconoscimento del diritto di esprimersi sull’autodeterminazione della Catalogna.

Col parere favorevole della Giunta, il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno.

I lavori del Consiglio regionale si sono chiusi così e l’Aula è convocata per martedì 26 settembre, alle 10.30.

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Il Capo della Polizia e Prefetto di Roma Franco Gabrielli stamane è intervenuto in Consiglio regionale alla seduta sulla violenza di genere.

La seduta è stata aperta da un intervento di saluto del presidente Gianfranco Ganau che ha definito il fenomeno della violenza contro le donne «una vera e propria emergenza sociale», un problema strutturale e culturale che può essere risolto «solo con una strategia condivisa e coordinata».
La lotta alla violenza, quindi, secondo Ganau deve vedere in prima fila lo Stato e le istituzioni impegnate in un «grande lavoro di prevenzione» in grado di produrre un forte cambiamento culturale nella società.
Una società nella quale, ha aggiunto il presidente del Consiglio, trovano spazio troppi luoghi comuni profondamente sbagliati: «Sono biasimate le donne che subiscono violenza, uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale, i riflettori si accendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri».
«Ecco perché – ha sostenuto ancora Ganau – la battaglia contro la violenza è una battaglia di civiltà che deve diventare prioritaria nell’agenda della politica». Rivolto agli uomini, il presidente dell’Assemblea li ha invitati ad impegnarsi a fondo in una battaglia giusta «che non può essere delegata solo alle donne, continuamente minacciate non solo nella loro vita o nell’integrità fisica ma nella loro identità e libertà, nella loro dimensione sociale».
«Tutto questo è violenza di genere e da qui dobbiamo partire per cambiare una realtà che, anche in quest’aula, riflette una società non equilibrata; abbiamo quindi il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma anti-discriminatoria della doppia preferenza di genere. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che bocciò la doppia preferenza, non permettiamo che questa sia ricordata per non aver avuto neanche il coraggio di portarla in aula.»
Successivamente il presidente Ganau ha dato la parola al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.
Dopo aver citato i dati più recenti del femminicidio in Italia, «che provocano sdegno e angoscia di fronte ad una guerra che fa migliaia di vittime e causa tante vite spezzate di famigliari e di bambini», Pigliaru ha auspicato una forte «strategia sociale» che ha bisogno di risorse adeguate, politiche sociali e finanziarie.
Alcune politiche di settore come l’aumento delle pene per alcune tipologie di reati, ha proseguito il presidente, «sono necessarie ma non sufficienti perché la storia insegna che anche lo strumento più efficace rischia di essere mortificato da una cultura inadeguata ed occorre innanzitutto lavorare sulle prevenzione, attraverso i centri anti violenza e di ascolto per intervenire, dove si può, quando la vittima può essere salvata».
Soffermandosi sull’attività della Regione, Pigliaru ha sottolineato l’importanza di una serie di provvedimenti che riguardano il mondo della scuola, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, gli investimenti in cultura, il potenziamento dei centri anti violenza e la creazione di opportunità di lavoro per le donne, mettendo l’accento sul fatto che «la Giunta ha investito ingenti risorse su programmi contro il bullismo, il cyber bullismo e la parità di genere», sostenendo che la Sardegna «è sulla strada giusta».
Per quanto riguarda i centri anti violenza, il presidente della Regione ha ricordato che le risorse destinate a queste strutture per il 2017 sono state aumentate rispetto all’anno precedente, assicurando un impegno ancora maggiore per «combattere scoraggiamento delle donne ed aiutarle a conciliare lavoro e famiglia». Un buon inizio, ha sintetizzato ringraziando le consigliere regionali di quanto hanno fatto, dentro e fuori dall’Aula, per la diffusione nella società sarda di una maggiore sensibilità sul tema della violenza di genere, «con una coraggiosa forma di testimonianza civile ed un contributo significativo alle istituzioni autonomistiche e tutta la nostra comunità».
«La buona politica – ha concluso – è fatta anche di parità di genere nelle istituzioni; com’è vero che la crisi della democrazia si combatte con più democrazia, è vero anche che questo obiettivo può essere raggiunto con più partecipazione femminile e con la partecipazione di tutti al governo della società».
Dopo l’intervento del presidente Pigliaru, il presidente del Consiglio ha dato la aprola al Capo della Polizia Franco Gabrielli.
Dopo aver manifestato il suo grande orgoglio per essere ospite del Consiglio regionale della Sardegna, «un territorio cui ogni italiano è sinceramente affezionato», Gabrielli non ha nascosto la sua amarezza perché «la presenza di un rappresentante delle istituzioni è diventata occasione di lotta politica». Non sono, ha chiarito, «un funzionario del Governo ma dello Stato, nominato con un decreto del presidente della Repubblica, e l’amarezza si allarga perché il mio sogno è che questo paese impari a trattare temi così importanti come la sicurezza come patrimonio comune e come argomento da utilizzare nelle per campagne elettorali». «Respingo inoltre – ha aggiunto – le frasi oltraggiose con cui mi si accusa di pensare più alla sicurezza dei miei uomini che alla violenza contro le donne, perché il mio lavoro è quello di garantire la sicurezza di tutti».
Affrontando il tema oggetto dell’incontro, il Capo della Polizia ha affermato che «la violenza di genere si manifesta attraverso tante forme di sopraffazione proprio nei luoghi che dovrebbero essere di maggior tutela e protezione delle donne». «Ma di questo fenomeno – ha spiegato – si parla troppo in coincidenza di fatti di cronaca che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, con tanto clamore e giudizi strumentali che poi rifluiscono nell’indifferenza; questo è un primo grande elemento di criticità perché questi fatti non possono essere relegati alle pagine di cronaca».
«Anzi – ha sostenuto – devono essere sempre al centro della nostra attenzione prima di tutto sul piano culturale, perché nessuna vicenda criminale ha un rapporto così stretto con la cultura ed i reati di genere hanno radici in una sub-cultura che rende la donna una cosa senza libertà e senza autonomia, con un legame che per aspetti richiama alcune vicende della protezione civile, in cui emerge un concetto proprietario di quello che è intorno a noi, una idea di essere padroni del territorio a prescindere».
Quanto ai dati, secondo Gabrielli «sono leggere con intelligenza perché possono presentare insidie, cito per esempio i dati di una agenzia europea del 2014 secondo i quali il fenomeno della violenza contro le donne si manifesta in modo più elevato proprio in Paesi dove c’è maggiore sensibilità su questo tema, senza dimenticare che la stessa lettura dei dati è condizionata dalla resistenza di molte vittime a far mergere gli episodi di violenza; in altre parole, anche il calo degli omicidi ci impone di non adagiarci, perché accanto alla diminuzione dei numeri in assoluto la percentuale delle donne-vittime resta costante».
Così come, ha proseguito, «sono in aumento i cosiddetti reati-sentinella: percosse, maltrattamenti in famiglia, violenze sessuali, stalking, tipologie di reati che in Sardegna presentano un andamento sostanzialmente in linea col dato nazionale».
I numeri, a giudizio di Gabrielli, «danno quindi indicatori utili ma i nostri strumenti più efficaci restano prima di tutto la cultura e la formazione, anche perché la violenza sulle donne non ha estrazioni sociali o antropologiche ma attraversa tutta la società, e in tutta la società è presente la difficoltà e la resistenza vittime a denunciare per cause di varia natura, dal contesto familiare alla paura di perdere figli o per semplice vergogna, per cui dobbiamo combattere una battaglia per mettere in primo piano le vittime che non possono o non riescono a denunciare».
La Sardegna, ha poi aggiunto, «è un esempio di buone pratiche con la rete anti-violenza fa buone pratiche ed anche noi lavoriamo sulla cosiddetta vittimizzazione secondaria, cioè quella di chi ha subito violenza e teme di subirne ancora magari sotto forme diverse; è una realtà complessa che spesso le vittime in difficoltà nell’entrare in un ufficio di polizia come se fosse un fatto negativo; perciò è fondamentale il lavoro dei centri di ascolto e anti violenza e, nel nostro ambito, la formazione di operatori di polizia chiamati a lavorare fuori dagli uffici, e ad analizzare questi reati con nuovi protocolli, nuove modalità di intervento e l’inserimento in apposite banche-dati di episodi apparentemente isolati».
Per quanto riguarda la legislazione di settore, il Capo della Polizia ha l’ha definita molto positiva, sia perché ha intercettato fenomeni nuovi come lo stalking e il cyber bullismo, sia soprattutto perché ha privilegiato «un approccio non solo repressivo, ad esempio con l’istituto ammonimento, come strumento pre-giudiziario, che può contribuire a mettere in luce un contesto potenzialmente a rischio con un lavoro in progress». Mai come in questa materia, ha avvertito il Capo della Polizia, «la battaglia si vince insieme ed il frutto di questo sforzo comune è che, dal 2011, sono aumentate del 33% le denunce per maltrattamenti significa che si sta affermando un sentiment della vittima che si avvicina con fiducia nelle istituzioni e manifesta la sua condizione ma questa fiducia va mantenuta e consolidata con azioni di tutto il sistema, dalle istituzioni alla società civile».
«Noi ci siamo e ci saremo», ha concluso Gabrielli, in una comunità che ci deve vivere «non come soggetto di repressione ma come baluardo di legalità».
Al termine dell’intervento del Capo della Polizia ha preso la parola la consigliera del gruppo Misto Annamaria Busia, prima firmataria della mozione contro la violenza di genere, sottoscritta da tutti i capigruppo del Consiglio.
La Busia ha iniziato il su intervento con una citazione dell’intellettuale sarda Nereide Rudas secondo la quale «in un epoca moderna o post moderna ci sono ancora uomini rimasti indietro che, pur non essendo nati in contesti familiari vuoti, esprimono una realtà in cui si manifesta una superiorità nei confronti delle donne».
Le istituzioni, ha sottolineato la Busia, «devono trovare soluzioni e strumenti efficaci per combattere la violenza contro le donne, perché al di là dei numeri, troppe donne hanno subito violenza nella loro vita, da un partner attuale o precedente, spesso in età adolescenziale e con minori che assistono a queste tragedie, donne sperate e divorziate, disabili o con problemi di salute». Di fronte a questo fenomeno, ha proseguito, «i miglioramenti statistici non devono illuderci, perché è vero che c’è maggiore consapevolezza della necessità di combattere la violenza, ma sono ancora troppi i segnali negativi e non si intacca lo zoccolo duro del problema; c’è ancora troppo sommerso soprattutto nel contesto familiare ed un’alta percezione di paura di subire nuove violenze».
Sul versante legislativo, la Busia ha messo l’accento sul Piano straordinario nazionale che prevede un ruolo importante della Regioni con nuovi strumenti e risorse, ricordando però che «al Senato, dopo il voto unanime della Camera, è ancora ferma una proposta di legge per la tutela degli orfani delle vittime di violenza, è una legge nata in Sardegna dopo la richiesta di un uxoricida di vedersi assegnata la pensione di reversibilità; una legge bloccata per ragioni che riguardano assenza da quest’Aula di una parte politica, ma che va approvata al più presto».
Al presidente Pigliaru, ha concluso la consigliera, «chiediamo soprattutto che renda più veloce la spesa delle risorse, per l’osservatorio e la cabina di regia, un sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati, il coordinamento del lavoro in tutti gli ambiti territoriali, in un quadro di leale collaborazione fra soggetti nazionali e regionali interessati». La Busia ha ringraziato infine i presidenti della Regione Pigliaru, del Consiglio Ganau ed il Questore di Cagliari, ricordando in riferimento all’assenza dall’Aula dell’opposizione che «noi sardi siamo solitamente più ospitali ed anche noi proviamo grande amarezza».
Subito dopo il presidente Ganau ha sospeso brevemente i lavori che poi riprenderanno in seduta formale.
Dopo la pausa, il Consiglio ha iniziato la discussione della mozione.
Il primo intervento è stato quello del consigliere Domenico Gallus (Misto) ha dichiarato di essere presente a titolo personale perché, pur collocandosi all’opposizione, non ha condiviso scelta di restare fuori dall’Aula.
Sulla mozione, Gallus ha affermato che «la violenza di genere attraversa purtroppo tutta la società a cominciare dalla famiglia, dove si apprendono le prime differenze di genere e la stessa appartenenza sessuale, con uomo e donna che sono categorie complementari reciprocamente escludenti che poi si riflettono nella società comportamenti, linguaggi, ruoli; il genere, in altre parole, è un carattere appreso e non innato».
Quello maschile, ha detto ancora Gallus, «occupa purtroppo una posizione privilegiata e la vita è scandita dall’accentuazione delle differenze, con messaggi importanti che tendono ad occupare uno spazio fisico ed è qui che si annida la violenza». L’uguaglianza va quindi affermata, ha concluso, «come momento di costruzione di una società capace di riconoscere le uguaglianze e ristabilire un buon equilibrio fra le sue componenti».
In questi anni si sono fatti molti passi avanti ma non bastano, ha continuato, «come vediamo in Consiglio regionale ma anche nella famiglia, nella scuola e nella società, dove resta forte l’impatto di una violenza di genere che va vista come questione sociale e, come emerge dai documenti dell’Oms come problema di salute pubblica, con effetti negativi, sotto molteplici aspetti, per lo sviluppo delle comunità». Il femminicidio, ha concluso, «è un dramma inaccettabile in una società avanzata, per cui bisogna partire da famiglia e scuole per educare i ragazzi al rispetto e all’uguaglianza, con una azione più forte delle istituzioni e delle altre agenzie educative che mettano al centro la persona affermando una mentalità nuova».
Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, dopo aver assicurato la firma del suo gruppo alla mozione ed aver espresso gratitudine per l’impegno delle colleghe che, sulla lotta alla violenza contro le donne, hanno qualificato tutto il Consiglio in questa legislatura, ha sottolineato i positivi risultati già raggiunti. Siamo stati fra i primi in Italia a costituire l’osservatorio, ha ricordato, «ed i primi a presentare proposte a sostegno degli orfani delle vittime, dimostrando con i fatti come vogliamo caratterizzare il nostro impegno sociale». Ribadiamo qui il nostro impegno, ha aggiunto, »ricordando però che prima della repressione c’è la necessità di un cambiamento culturale; chiediamo che sia discussa al più presto la legge sulla parità di genere che con deve essere confusa con altre riforme elettorali».
In conclusione, il capogruppo del Pds ha motivato l’assenza dall’Aula del suo gruppo con il fatto che «il Capo della Polizia, in realtà, ha contributo al dibattito solo per i dati che ha fornito, ma il governo Italiano non ha neppure un ministero per le Pari Opportunità per le pari opportunità ma solo un semplice dipartimento, per cui a nostro giudizio non era utile restare in Aula». Quanto agli obiettivi della Regione sulla materia, «per noi sono positivi fermo restando che il dibattito su questa mozione ha oscurato i contenuti di tante altre mozioni importanti per la Sardegna e questo per noi è negativo».
La consigliera del Pd Daniela Forma ha affermato che «il fenomeno della violenza sulle donne ci richiama ad una nuova strategia delle istituzioni, dopo la convenzione di Istambul che ha equiparato violenza (non solo sessuale) contro le donne ad una violazione di diritti umani, tracciando un percorso politico, culturale, di innovazione e di civiltà, fatto non solo di leggi ma di una nuova coscienza collettiva». C’è, ha sostenuto, «uno spazio molto ampio su cui lavorare per raggiungere l’uguaglianza di genere, una sfida da vincere per cambiare una società ancora profondamente maschilista in cui le donne vittime di violenza sono spesso sopraffatte da vergogna e sensi di colpa». Il Consiglio deve ripartire dalla sotto rappresentanza del genere femminile, ha concluso, «perché sono ancora troppo poche le donne nel sistema Regione, servono atti concreti, che anche gli uomini devono condividere senza la paura di essere coraggiosi».
Il consigliere Emilio Usula (Misto-Rossomori) ha definito la mozione apprezzabile «sia per il contenuto che per impegno delle consigliere regionali, però non posso non ricordare ultima finanziaria quando un mio emendamento per aumentare i fondi ai centri anti violenza venne respinto, limitando le risorse ad appena 900 mila euro per tutto il territorio regionale, c’è una contraddizione evidente».
Il consigliere di Mdp – Art.1 Luca Pizzuto ha parlato di «un tema molto rilevante per cui sbagliamo ad occuparcene solo sulla spinta di fatti rilanciati dai media; la libertà della società si fonda soprattutto sulla liberazione della donna perché la prima forma di oppressione non è dell’uomo sull’uomo ma dell’uomo sulla donna». Oggi, ha lamentato, «la tv ci bombarda con immagini che raffigurano la donna come oggetto a disposizione dell’uomo; questo va messo fortemente in discussione e devono cominciare a farlo gli uomini, per ribaltare gli schemi di una società profondamente oppressiva». Luca Pizzuto ha poi ringraziato il presidente Ganau che ha parlato nel suo discorso di uomini non violenti, dicendosi che convinto che «le azioni della Regione debbano rappresentare un modello educativo nuovo in grado, fin dalla prossima finanziaria, di mettere la Sardegna all’avanguardia nelle politiche di cambiamento».
La consigliera Rossella Pinna (Pd) ha dichiarato che «il tema in discussione ci tocca profondamente, per tutte le vicende di donne minacciate perseguitate ed uccise che hanno attraversato la storia, e per quelle di oggi con il femminicidio che rappresenta la parte preponderante degli omicidi, consumati in un contesto come quello della famiglia che si rivela il luogo più pericoloso per donne e bambini». Alla domanda se si sta facendo abbastanza per combattere questo fenomeno, ad avviso della Pinna, «bisogna dare purtroppo una risposta negativa, servono più azioni positive e politiche integrate su educazione, formazione professionale, ed opportunità di lavoro per le donne,  un cambiamento culturale, insomma, che metta al centro l’identità di ogni persona». La Sardegna ha un’ottima legge, ha ricordato, «ma l’applicazione ma migliorata perché i tempi di erogazione delle risorse sono trotto lunghi e con consentono ai centri anti violenza di programmare bene l’utilizzo delle loro risorse».
La consigliera ha proposto infine, con un emendamento orale, «di integrare il dispositivo della mozione con quattro punti, dedicati ad intese col mondo della scuola con insegnamenti collegati all’educazione di genere, misure di promozione di nuovi modelli comportamentali, sostegno ad attività formative e culturali in tema di uguaglianza e contro razziamo e omofobia, formazione del personale delle agenzie educative, dalla scuola allo sport».
Dopo l’on. Pinna ha preso la parola il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, che si è detto «disponibile a individuare risorse aggiuntive nella prossima Finanziaria regionale, se dovessero servire. Valuteremo anche se ci sono risorse non spese e per quale ragione. Sarà questo Consiglio a decidere in ultima analisi dentro la manovra finanziaria. Certo però è che abbiamo bisogno di cultura e di valori, soprattutto per la parte maschile della società. Per questo la scuola è così importante: dobbiamo fare una grande animazione verso le scuole di tutti i territori e promuovere il programma Iscola della Regione, in particolar modo con riguardo al bullismo e alla parità di genere. I bandi di Iscola sono aperti, cogliamo questa opportunità perché le risorse ci sono già».
Il presidente Ganau ha poi messo in votazione la mozione così come emendata dall’onorevole Rossella Pinna nel suo precedente intervento. La mozione è stata approvata e il presidente del Consiglio regionale e ha poi dichiarato conclusi i lavori.

Di seguito gli interventi integrali del presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, e del presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

GIANFRANCO GANAU

Ringrazio il prefetto Franco Gabrielli, per la sua disponibilità e il questore di Cagliari, Pierluigi d’Angelo, per averci dato l’occasione di riflettere su un fenomeno, quello della violenza di genere, che ha assunto oggi in Italia le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale, sintomo di un problema strutturale e culturale che per la complessità delle sue ragioni e la pluralità delle sue manifestazioni può esser combattuto solo con una strategia condivisa e coordinata.

La ratifica della convenzione di Istanbul da parte del nostro parlamento è stato un passo in avanti fondamentale perché stabilisce che la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani, non un fatto privato da gestire in silenzio, in casa, in solitudine. È un fatto che riguarda tutti, che riguarda in primo luogo lo Stato, il che ci obbliga come istituzioni a farcene carico.

Non esiste tolleranza né giustificazione alcuna per le condotte che ledono i diritti delle donne, dal sessismo di affermazioni considerate “leggere”, alle offese, alle minacce, agli stupri, al femminicidio.

Molto si è fatto sul fronte delle misure repressive con la legge sul femminicidio, ma ciò che ancora dobbiamo portare avanti con maggiore convinzione e determinazione è un lavoro di prevenzione perseguendo quel cambiamento culturale necessario.

La consapevolezza condivisa della gravità del problema è presupposto indispensabile per avviare un reale processo di cambiamento.

E allora, ad esempio, dobbiamo opporci a qualsiasi strumentalizzazione quando si parla di educazione di genere nelle scuole.

Perché, guardate bene, in mancanza di un mutamento anche nel modo di parlare e di guardare, non vi sarà un reale cambiamento; finché non si capirà che la sotto rappresentazione e la rappresentazione offensiva della donna riguarda, in primo luogo, gli uomini che vanno educati da bambini al rispetto, non ci saranno progressi.

I dati ci riportano una realtà che è un bollettino di guerra che dice che il 31,5% delle donne nel corso della loro vita hanno subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Che ci dice che il 62,7% degli stupri viene commesso dal partner attuale o precedente, ossia in famiglia.

Ma il nostro è un mondo al contrario dove ad essere biasimate sono le donne che subiscono violenza, dove uno spregevole pensiero sullo stupro fa notizia solo perché pronunciato da un mediatore culturale e non per l’estrema gravità del suo contenuto.

Siamo un paese dove i riflettori sulla violenza maschile contro le donne si riaccendono improvvisamente per fomentare l’odio nei confronti degli stranieri. E improvvisamente ciò che conta non è il fatto terribile che ogni giorno in Italia 11 donne vengano stuprate, spesso in famiglia, ma quanti di questi stupratori siano stranieri; arrivando perfino a distinguere le vittime in italiane e straniere come se le vittime non fossero sempre vittime e gli stupratori sempre stupratori.

La questione è politica e culturale: noi uomini non violenti non possiamo permettere che la violenza venga fatta a nostro nome. Dobbiamo fare in modo che questa battaglia di civiltà diventi prioritaria nella nostra agenda politica.

E allora dobbiamo affrontare con serietà le proposte sull’educazione sentimentale che giacciono in Parlamento.

Fondamentale è insegnare il rispetto perché l’amore non è sopraffazione, ma è saper vivere insieme in armonia. Dobbiamo combattere la “violenza mascherata d’amore” di cui ci ha parlato la presidente Boldrini nel suo primo discorso alla Camera.

E non cito a caso la presidente Boldrini perché a lei come istituzione e come donna va tutta la mia solidarietà per gli attacchi e le minacce brutali e sessiste che riceve ogni giorno esclusivamente perché donna delle istituzioni o forse meglio dire donna nelle istituzioni.

Abbiamo il dovere di denunciare e combattere il fenomeno, sempre più diffuso, dell’utilizzo nei social network di volgarità, espressioni violente e di minacce nella quasi totalità a sfondo sessuale.

Non è accettabile che anche uno strumento nato per dare più opportunità, si trasformi in un ulteriore mezzo di violenza nei confronti delle donne.

Sono profondamente convinto che la violenza sulle donne riguardi tutti; se colpisce le donne è un problema degli uomini, una società che non rispetta le donne è una società che colpisce i diritti di tutti. Noi uomini dovremmo occuparci di più di questa battaglia che non possiamo delegare solo alle donne, il più delle volte sminuendone e deridendone le rivendicazione. Perché, badate bene, non si tratta solo di violenza e lesioni gravi da parte di partner o ex, ogni condotta che mira ad annientare la donna nella sua identità e libertà, non solo fisicamente ma anche nella sua dimensione sociale e psicologica e lavorativa, è una violenza di genere.

Certo, oggi la situazione è migliorata, basti pensare che 1/3 delle parlamentari è donna, abbiamo ministre e sottosegretarie ma non possiamo negare che la diffidenza e i pregiudizi esistono in ogni ambito della società. Siamo il paese in cui soltanto il 47 per cento delle donne lavora contro una media europea del 60 per cento. E quando lavora, spesso ha retribuzioni più basse.

Eppure è dimostrato che se le donne lavorano, il PIL aumenta, è dimostrato che quando le donne conquistano nuovi diritti è tutta la società che va avanti. E allora dobbiamo interrogarci sul perché di questa situazione.

E guardate, anche il linguaggio di genere non è una quisquiglia, è sostanza. Perché se dico infermiera, segretaria non devo dire avvocata, magistrata o sindaca?

Prima esisteva solo il genere maschile perché erano lavori riservati agli uomini, ma la nostra è una lingua neolatina che declina il genere, per cui dobbiamo declinare, dobbiamo correggere e adattare il linguaggio al cambiamento della società. Declinare al femminile è sostanza, è riconoscere un percorso.

È tutto connesso: norme sulla rappresentanza, incentivi per il lavoro femminile, lotta contro la violenza e la mercificazione del corpo della donna, il linguaggio di genere. 

E allora colleghe e colleghi, è da qui che noi dobbiamo partire, da questo palazzo da quest’aula, che è oggi lo specchio di una società non equilibrata. Abbiamo il dovere di introdurre nella nostra legge elettorale la norma antidiscriminatoria della doppia preferenza di genere, perché di questo si tratta, di norme antidiscriminatorie, non di quote rosa. Dobbiamo risolvere il problema della sotto-rappresentatività della metà del genere umano di quest’organo politico.

Questo tema non riguarda solo le donne, c’è molto di più in ballo, perché se la metà del genere umano è tagliata fuori o compressa nella rappresentanza è la democrazia a soffrirne prima ancora che le stesse donne. Perché la democrazia è meno rappresentativa e meno inclusiva, meno capace di interloquire con le istanze della società.

E allora forse oggi possiamo prendere pochi altri impegni ma di certo di questo possiamo farci carico. La scorsa legislatura viene ricordata per il vergognoso voto segreto che ha bocciato la doppia preferenza di genere, non permettiamo che questa sia ricordata per non avere avuto neanche il coraggio di portarla in aula.

FRANCESCO PIGLIARU

I dati più recenti sul fenomeno del femminicidio in Italia provocano sdegno e angoscia. Stiamo parlando di più di cento donne assassinate nel 2016, di 20 donne assassinate fino a luglio di quest’anno. Donne spesso uccise da uomini che dicevano di amarle.
E’ il bollettino di una guerra. Una guerra che fa migliaia di vittime.
Perché dietro ogni donna uccisa non c’è soltanto una vita dissolta, ma altre esistenze spezzate: distrutte per sempre. Un padre e una madre. Un fratello o una sorella. Una comunità di amici. Bambini di cui troppo poco si parla: i reduci di cui nessuno cura le ferite.
E’ quindi una tragedia sociale, una situazione eccezionale che esige di essere fronteggiata con risorse adeguate. Risorse che sono morali intellettuali, finanziarie.
E’ preciso dovere della politica programmare interventi concreti, mettere in campo strumenti di prevenzione, finanziare azioni di supporto e di sostegno contro questa inaccettabile situazione.
Noi non possiamo perdere questa sfida. Noi abbiamo il dovere, contro questo nemico, di tenere il campo.
Sul piano delle politiche generali di settore, l’incriminazione del reato di stalking e l’inasprimento delle pene previste in caso di femminicidio sono un primo passo, certo non sufficiente.
Occorre compiere significativi passi in avanti sul fronte della definizione accelerata dei procedimenti e sulla effettività delle pene.
Occorre che chi è chiamato al delicato compito di accertare e reprimere i reati, in via amministrativa e giudiziaria, abbia non solo una sensibilità specifica, ma una preparazione culturale e operativa adeguata.
Occorre che abbia la capacità di calibrare gli interventi cautelari e sanzionatori in modo appropriato, perché la nostra storia insegna che spesso anche lo strumento più efficace rischia di restare mortificato da una inadeguata cultura applicativa. Ed è esattamente quello che è accaduto spesso in questi anni.
La sfida più importante però è nel terreno delle politiche attive di prevenzione e di sostegno alle vittime e alle possibili vittime.
Occorre innanzitutto prevenzione. Presidio del territorio, specie nelle realtà più a rischio. Centri anti-violenza e centri d’ascolto per intervenire là dove ancora intervenire si può: quando ancora la mano del carnefice non è armata e la possibile vittima può essere salvata dal rischio concreto di un epilogo tragico.
La Regione ha messo in campo strumenti importanti per far fronte a questa tragedia quasi sempre annunciata, attraverso interventi specifici nelle scuole, nel finanziamento dei centri antiviolenza, nelle politiche attive per il lavoro delle donne e la conciliazione con la famiglia.
La scuola, prima di tutto, in quanto luogo deputato alla crescita culturale e civica dell’individuo, rappresenta il luogo chiave per combattere e vincere la lotta alla violenza di genere.
Questa Giunta ha investito ingenti risorse per potenziare e migliorare la qualità della scuola in Sardegna. Ci sono alcune linee del programma Iscol@ che hanno sviluppato l’anno scorso progetti per contrastare bullismo, cyber bullismo e differenza di genere. L’esperienza collettiva dei laboratori è stata molto positiva e ha sviluppato empatia tra gli allievi, superando fenomeni negativi di diffidenza, incomprensione, emarginazione e violenza.
E in questi giorni in cui stanno riaprendo le scuole è giusto sottolineare che proprio nelle scuole molto, moltissimo si può fare. Voglio ricordare in questa occasione, ed è un appello a tutte le scuole, che il bando Iscol@ è aperto e che progetti così importanti per il nostro futuro come quelli fatti l’anno scorso possono essere replicati e moltiplicati anche quest’anno e ci auguriamo che la partecipazione delle autonomie scolastiche sia ancora molto più numerosa di quella degli anni passati, perché questa è una grande opportunità.
Un’altra importante politica regionale riguarda il sostegno ai centri antiviolenza e alle case rifugio. La Regione Sardegna ha avviato e assicurato continuità agli interventi a sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli: abbiamo finanziato con risorse pari a 1 milione di euro per il 2016 e abbiamo stanziato complessivamente 1,8 milioni per il 2017.
Sono cifre spesso insufficienti e certamente ci impegniamo a fare di più come i dati che ho citato all’inizio ci impongono di fare.
Ma ci siamo concentrati anche sulle politiche attive che combattano lo scoraggiamento delle donne rispetto alla possibilità non solo di trovare un lavoro, ma anche di riuscire a conciliarlo con i propri carichi di cura familiare.
E’ ancora una goccia nel mare rispetto alla vastità del fenomeno, ma è un inizio, forse un buon inizio, che ci induce a fare sempre di più.
Renderei poi torto a questa Assemblea se non sottolineassi e se non valorizzassi adeguatamente l’enorme, preziosissimo, continuo lavoro svolto dalle consigliere Busia, Forma, Pinna e Zedda per diffondere una maggiore sensibilità sul delicato tema della violenza di genere non solo all’interno di quest’Aula ma nell’ambito di tutta la società sarda.
Il vostro lavoro è innanzitutto una coraggiosa forma di testimonianza civile, è un contributo autentico al progresso complessivo della nostra comunità e, in questo senso, rappresenta una pagina importante nella storia del Consiglio Regionale della Sardegna e della nostra autonomia regionale.
Sono inoltre profondamente convinto che la buona politica passi anche da una corretta distribuzione dei seggi a garanzia della parità di genere.
L’equilibrio di genere nelle assemblee legislative è un fatto di civiltà e il dibattito avviato da quest’Aula e gli impegni assunti in questa legislatura dalle forze politiche qui rappresentate e dai vari livelli istituzionali auspico che vengano trasformati al più presto in azione concreta.
Per concludere, così come alla crisi della democrazia si risponde con più democrazia, alla violenza di genere si può rispondere in un modo soltanto: incrementando i livelli di partecipazione femminile nel mondo della scuola, del lavoro, dell’impresa e delle istituzioni.
Perché non ci può essere alcuna autentica uguaglianza senza la piena condivisione e la compartecipazione più estesa e radicale di tutti – uomini e donne – al governo di tutti i settori della società.»

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La riforma della rete ospedaliera, contestata duramente questa mattina nella manifestazione svoltasi da piazza del Carmine al Palazzo del Consiglio regionale in via Roma, continua a ricevere forti attacchi dai consiglieri regionali di opposizione.

«La manifestazione contro il riordino della rete ospedaliera, che si è snodata da piazza del Carmine, è stato il riflesso del malcontento per l’approvazione del disegno – attacca Edoardo Tocco (Forza Italia), vicepresidente della commissione Salute del Consiglio regionale -. E’ stato un passo falso ignorare le istanze dei territori, che hanno palesato le criticità per le diverse sforbiciate ai servizi sanitari. Lle incognite riguardano anche il personale sanitario e la mobilità degli operatori, in seguito al trasferimento operativo dell’Ats al Brotzu. E’ necessario garantire regole certe e trasparenti per i dipendenti del settore, al fine di assicurare processi che non incidano negativamente sulla qualità di vita dei lavoratori che rischiano di essere trattati come l’ultimo anello del disegno di riordino.»

Edoardo Tocco auspica «un immediato intervento per fronteggiare la carenza di personale sanitario nei reparti degli ospedali, visto che gli operatori sono costretti a turni massacranti e carichi di lavoro gravosi» e sulla questione legata alla chiusura dei punti nascita in diversi angoli della Sardegna, aggiunge che «sono state disattese le promesse per il reinserimento delle operatrici licenziate a seguito dell’interruzione dell’attività in diversi presidi. E’ la punta dell’iceberg degli effetti negativi di un riordino destinato a produrre disastri della sanità in Sardegna».

Netta contrarietà e ferma opposizione arriva anche dai Rossomori. «Siamo in presenza di una proposta di riordino che in sintonia e sincronia con l’Atto aziendale, di fatto determinerà un arretramento di servizi e di prestazioni sanitarie adeguati a rispondere al reale fabbisogno – dice Emilio Usula -. A pagare il dazio saranno in particolare i territori già in sofferenza per il progressivo indebolimento delle strutture ospedaliere periferiche».

Rossomori denuncia «l’inganno che sta dietro questa “proposta” di riforma il cui vero obiettivo è quello di esibire presunti conti in ordine anche a costo di un drastico taglio dei servizi. Ci si riempie la bocca della necessità di contrastare la “cultura ospedalocentrica” senza però far nulla per tutelare i territori di dotazioni di servizi alternativi all’ospedale e senza che ancora sia resa operativa una efficiente rete di emergenza-urgenza. Non si tiene in debito conto il dato incontestabile che la sanità ha costi difficilmente comprimibili e che la Sardegna ha, comunque, un rapporto di spesa pubblica nel settore inferiore alla media nazionale. Mentre aumenta la povertà, sempre più cittadini sono costretti a spese aggiuntive per curarsi e molti rinunciano ormai alle cure per i costi proibitivi.

Con prepotenza e arroganza la Giunta e la maggioranza di governo mostrano indifferenza al forte e chiaro dissenso e contrarietà manifestati a più livelli. Rimane insascoltato l’appello di forze sociali e sindacali, quello delle amministrazioni comunali e di ciò che resta delle amministrazioni provinciali, delle unioni di comuni,  con Anci e CAL in testa che con documenti ufficiali hanno espresso netta contrarietà a questa proposta di riordino e al combinato disposto dell’atto aziendale.»

Da consigliere del Nuorese, Emilio Usula denuncia con forza, infine, «il declassamento e il depotenziamento dell’ospedale San Francesco di cui si dice si vogliano mantenere le funzioni ma senza il riconoscimento della qualifica di DEA di 2° livello come anche richiesto nel documento ufficiale del CAL. Un inquadramento nel 1° livello, secondo i parametri imposti e accettati da questa Giunta regionale, solo per finta autonomista e incapace di una visione propria, non potrà non avere in futuro effetti devastanti di indebolimento dell’opedale nuorese e di tutta la sanità delle aree interne».

Secondo Michele Cossa (Riformatori sardi) «la rete ospedaliera disegnata dalla maggioranza di centro sinistra è profondamente sbagliata, prescinde dalla situazione orografica della Sardegna e dai dati del Piano nazionale esiti ed è fortemente condizionata dalla guerra per bande all’interno del PD. Faremo barricate in aula per emendarla e riportarla a razionalità, giacché ci sono scelte del tutto incomprensibili se non nella logica di proteggere alcuni amici. Questo non solo non garantisce il tanto proclamato risparmio (anzi!), ma penalizza pesantemente alcuni territori a vantaggio di altri. In particolare – conclude Michele Cossa – vogliamo garanzie che non vengano toccati i servizi a La Maddalena e che venga arrestato l’inesorabile declino del più importante ospedale della Sardegna, il Brotzu, unico argine possibile per fermare l’emorragia dei sardi che vanno a curarsi negli ospedali della penisola, che costa alle casse della Regione oltre 60 milioni di euro l’anno.»

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La miniera di Furtei.

Il consigliere regionale Emilio Usula (Rossomori) ha presentato un’interpellanza sull’inquinamento della statale 131 nel tratto tra Sanluri e Sardara.

«Cosa contengono i materiali presenti sotto l’asfalto della statale 131 nel tratto che va da Sardara a Sanluri? Quali iniziative intende assumere la Regione per garantire la salute pubblica e salvaguardare le attività agricole della zona?» chiede Emilio Usula.

Sabato prossimo è prevista una manifestazione di protesta sul tratto della 131 dove sono sepolte circa 700mila tonnellate di materiale di risulta provenienti dalla ex miniera d’oro di Furtei. L’iniziativa promossa dal movimento indipendentista Liberu e sostenuta da diverse associazioni ambientaliste avrà anche il sostegno dei Rossomori.

«Vogliamo capire che cosa sta succedendo – attacca Emilio Usula – la fuoriuscita di percolato dal sottomanto di asfalto della SS 131 è preoccupante. E’ doveroso accertare se quel materiale contenga davvero sostanze inquinanti come l’arsenico, il cianuro, il cadmio, il mercurio e l’acido solforico. Intervento non più rimandabile per garantire la tutela della salute dei cittadini ed evitare contaminazioni della colture.»

Il consigliere dei Rossomori sollecita un intervento immediato dell’Arpa Sardegna. «All’Agenzia, che opera per la promozione dello sviluppo sostenibile e il miglioramento degli ecosistemi naturali – afferma Emilio Usula – chiediamo di fornire i dati recenti sul campionamento dei materiali e, se ancora non dovesse esserne in possesso, di procedere alle verifiche».

Sulla presenza di materiale inquinante nel tratto Sardara-Sanluri della 131 era stata aperta alcuni anni fa un’inchiesta della magistratura con l’iscrizione nel registro degli indagati della ditta che aveva realizzato i lavori.

«Si faccia subito chiarezza – conclude Emilio Usula – solo così si potrà eventualmente pensare ad un intervento straordinario di bonifica per scongiurare possibili pericoli per la salute dei cittadini e danni all’ambiente.»

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«Annullare o sospendere tutti gli atti amministrativi e di gestione di Abbanoa che non rientrano nell’ordinaria amministrazione, comprese tutte le procedure relative agli appalti». È questa la richiesta avanzata dai consiglieri della maggioranza, Antonio Gaia e Pierfranco Zanchetta, Upc; Daniele Cocco, Art. 1 – Sdp; Roberto Deriu, Pd; Emilio Usula e Annamaria Busia, gruppo misto; nell’interpellanza presentata in Consiglio regionale ed indirizzata al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.

A giudizio degli esponenti del centrosinistra, infatti, è concreto il rischio che, tutto ciò che non attiene l’ordinaria amministrazione, possa “essere travolto” dalle conseguenze «dell’illegittimità dell’affidamento in house providing del servizio idrico integrato della Regione ad Abbanoa spa».

Antonio Gaia e i suoi colleghi, evidenziano quindi le conclusioni a suo tempo trasmesse, con procedimenti distinti e autonomi, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) e dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) circa il rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia di affidamento in house ed in particolare la mancanza del «necessario requisito del cosiddetto controllo analogo, difettando ad Egas, il soggetto preposto a tale controllo, sufficiente potere in grado di influenzare in modo determinante obiettivi strategici e decisioni rilevanti di Abbanoa spa».

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Il Consiglio regionale, nella seduta odierna, ha approvato le leggi sull’abbattimento dei costi delle trasferte sportive nelle isole minori e sul sostegno alle imprese del comparto ovino. Via libera anche alle variazioni di bilancio. Rinviata ancora la nomina del garante per l”infanzia e l’adolescenza perché i due candidati non hanno raggiunto il quorum.

La seduta si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con le procedure collegate alla terza votazione del Garante regionale per ‘Infanzia e l’adolescenza.

Prima dello scrutinio, sull’ordine dei lavori, il consigliere Emilio Usula dei Rossomori ha richiamato l’attenzione della presidenza dell’Assemblea sul grave incendio nella discarica di Bolotana del 30 luglio scorso, durato per circa 10 ore e domato, ha ricordato Usula, «solo dopo l’intervento dei Vigili del Fuoro di Nuoro, e del personale del Comune di Bolotana». Dall’incendio, ha aggiunto Usula, «si è sviluppata una enorme nube nera, causata probabilmente dalla combustione di materiali a base di carbone altamente tossici ed altri radioattivi ed inoltre, nei giorni precedenti, la Provincia di Nuoro aveva adottato un provvedimento di diffida al gestore della struttura per il mancato adempimento di alcune prescrizioni relative a materiali simili a quelli distrutti dalle fiamme». Usula, in conclusione, ha chiesto alla presidenza del Consiglio di adoperarsi per fare piena luce sulla vicenda, anche in relazione all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla discarica, «che impone regole molto stringenti che evidentemente sono state eluse».

Subito dopo l’Assemblea ha proceduto allo scrutinio per l’elezione del Garante regionale per l’Infanzia e l’adolescenza. I candidati con il maggior numero di voti sono stati Donatella Olla (16) e Gian Giacomo Pisotti (14). 6 le schede bianche.

Nessuno dei candidati ha raggiunto il quorum previsto di 40 voti; quindi il Consiglio ha proceduto ad una quarta votazione nella quale il quorum è pari alla maggioranza assoluta. Anche la quarta votazione si è rivelata infruttuosa: a fronte della maggioranza richiesta di 31 voti Donatella Olla ha ottenuto 30 preferenze e Gian Giacomo Pisotti 17 (3 schede bianche). Il presidente Ganau ha quindi annunciato che l’elezione del Garante si terrà in una prossima seduta.

Successivamente il Consiglio ha iniziato l’esame della Pl n. 391 (Desini e più). Modifiche alla legge regionale n. 17/99 – Abbattimento dei costi per la partecipazione alle trasferte sportive nelle isole minori della Sardegna.

Per illustrare il contenuto, il presidente ha dato la parola al relatore Roberto Desini (Partito dei Sardi).

Nel suo intervento Roberto Desini ha affermato che «scopo della proposta è quello di contenere ed abbattere i costi delle trasferte per isole minori ed eliminare la disparità di trattamento fra residenti e non residenti». In sostanza, ha aggiunto Desini, «stiamo affrontando una specifica forma di insularità con un provvedimento a costo zero, perché si va a cambiare l’. art 38 della nostra legge 17 (fra le migliori leggi in Italia nel suo settore) con il trasferimento di una quota del 6% dei fondi Coni, fermo restando che la Regione può sottoscrivere accordi migliorativi con i vettori aerei marittimi». In questi anni, ha però lamentato Desini, «numerose società, soprattutto di calcio e basket, hanno preferito rinunciare alle trasferte e pagare una ammenda alla federazione di competenza, determinando una distorsione che colpisce gravemente il movimento sportivo e va assolutamente eliminata. Sotto questo profilo – ha continuato il consigliere rivolgendosi agli assessori dello Sport Giuseppe Dessena e dei Trasporti Carlo Careddu – dobbiamo lavorare con molto impegno per risolvere il problema del trasporto per gli sportivi con tariffe mirate; ricordo che il Governo ha fatto convenzione con Alitalia a favore delle società sportive che vengono in Sardegna con tariffe agevolate di 80 euro andata e ritorno mentre uno sportivo sardo paga la tariffa piena di 150 euro perché in regime di continuità territoriale; all’assessore Dessena, in particolare, ricordo anche che forse è necessario rivedere la recente delibera di approvazione del programma per lo sport 2017 con una correzione che consenta l’inserimento dei fondi previsti dalla nuova legge per la prossima nuova stagione agonistica e con una ulteriore attenzione ai portatori di handicap che sono costretti a trasferte ancora più onerose perché viaggiano con accompagnatori».

Il capogruppo di Cps Pierfranco Zanchetta ha espresso apprezzamento per la proposta ribadendo di averla condivisa e sottoscritta, avvertendo tuttavia che «resta sullo sfondo la scarsa considerazione per le nostre isole minori; in proposito, ricordo al nuovo assessore Careddu che ormai abbiamo superato l’anno di prova del nuovo servizio pubblico per isole minori e vogliamo conoscere come stanno le cose, partendo da funzionalità del servizio, tariffe e personale». «La questione – ha ricordato Pierfranco Zanchetta – è stata gestita pessimamente con una gara al ribasso e conseguente perdita di risorse preziose che potevano essere reinvestite nel sistema; l’argomento però riguarda tutti i sardi va affrontato e risolto positivamente perchè tutti i sardi dovrebbero avere la stesa tariffa».

Il consigliere di art. 1 – Mdp Luca Pizzuto ha parlato di «una legge importante che qualifica il Consiglio che con questo provvedimento isola sempre meno le comunità locali delle isole, sostenendo lo sport ed affermando il diritto alla mobilità interna». «Quanto al trasporto pubblico locale post-privatizzazione – ha concluso Luca Pizzuto – l’argomento va ripreso soprattutto nell’interesse dei lavoratori e sono convinto che dovremo riparlare molto presto della vicenda ex Saremar».

La vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda, manifestando la sua adesione alla proposta, ha dichiarato che «essere un’isola nell’isola è ancora più mortificante quando si parla di sport, come testimonia la triste storia delle rinunce di molte società sportive; purtroppo la storia di tante nostre squadre è quella di giocare in gironi massacranti o addirittura di non disputare i campionati, quindi diciamo grazie al Coni in questo caso ma serve una soluzione strutturale, sia per isole minori che per rispolverare altre iniziative legate a campionati nazionali giovanili o a vincitori di gironi sardi che devono accedere alla fasi nazionali».

Sempre per Forza Italia il consigliere Edoardo Tocco ha detto di non avere nessun dubbio sulla bontà della proposta del collega Desini, «che va nella giusta direzione con le nostre società che devono essere uguali alle altre». Tocco, dopo aver ricordato, un recente lungo dibattito in commissione sugli accordi fra Regione e banche per evitare fidejussioni personali ed attivare linee di credito dedicate per le iscrizioni ai campionati», ha ribadito che «i costi maggiori per i trasporti vanno decisamente abbattuti per le squadre che danno una buona immagine alla Sardegna con i loro grandi risultati in ogni disciplina».

L’assessore Dessena ha rassicurato l‘on. Desini: «Da qui a brevissimo porterò la delibera e risolveremo il problema segnalato dall’on. Desini».

L’Aula ha votato il passaggio agli articoli e poi gli articoli 1, 2, 3, 4 e poi la legge.

Il presidente Ganau ha portato all’esame il ddl 442/A, ovvero una variazione di bilancio relativa al risanamento del bilancio delle Province e altri interventi finanziari per gli enti locali.

Il ddl è stato illustrato dal presidente della commissione Bilancio, Franco Sabatini. Per la minoranza è intervenuta l’on. Alessandra Zedda, che ha detto: «Sarebbe stato come sparare sulla Croce rossa se ci fossimo messi contro questo provvedimento». Per l’assessore Paci «è un provvedimento che fa un po’ di manutenzione che però svolge anche un’attenta operazione di spending rewiew».

L’Aula ha votato il passaggio agli articoli e poi gli articoli 1. Sul punto è intervenuto l’on. Gianfranco Congiu (Pds), che si è espresso favorevolmente sulla norma che prevede interventi a favore del sistema idrico e dei consorzi di bonifica.

Per l’on. Attilio Dedoni (Riformatori) «un approccio diverso nelle politiche del consumo dell’acqua renderebbe meno grave questa crisi che stiamo vivendo. Ma è anche chiaro che sono necessarie opere idriche e collaudi per evitare si sprechino milioni di metri cubi a Samugheo come sull’Omodeo».

L’emendamento sostitutivo parziale 7 è stato approvato insieme al 3 e al 4.

Approvato anche l’’emendamento aggiuntivo 2 con l’articolo 2.

Approvato anche l’articolo 3 e così il 4 e poi il 5.

L’emendamento soppressivo totale all’articolo 5 bis sul tema di Ati Ifras è stato presentato dall’on. Annamaria Busia (Cps). L’oratrice ha ricordato la nascita di Ati Ifras e il problema dell’impiego dei vecchi Lsu. «In questo sistema ci sono figli e figliastri  tanto che persino i consulenti e gli avvocati sono entrati a far parte di questo sistema. Non so cosa rispondere a quei disoccupati che ci scrivono: perché ai dipendenti del San Giovanni Battista viene data una possibilità e a noi no? Perché non si procede a fare le stabilizzazioni? Perché in questa legislatura si è sprecato il tempo e non è stata fatta la gara internazionale? L’Insar ha dato persino una consulenza a un avvocato perché raccolga la documentazione da consegnare alla Guardia di Finanza. Mi auguro un voto responsabile su questa norma».

Per il capogruppo del Pd, Pietro Cocco, «non è il caso di mettere in mezzo cose che non c’entrano nulla. Qui siamo davanti ai 520 lavoratori del progetto Parco geominerario. Ma oggi stiamo parlando di appena 20 lavoratori di questi, che non possono prestare i loro servizi nei cantieri, soprattutto archeologici. Peraltro questo provvedimento è stato concordato con i sindacati. La collega Busia avrà tante ragioni per la sua veemenza ma non c’entra nulla con questo articolo».

 L’on. Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha annunciato il voto contrario all’emendamento Busia: «Ai lavoratori bisogna sempre dare una risposta. Raccolgo la denuncia dell’on. Busia, che parla di un immobilismo sulle politiche attive del lavoro e sugli investimenti. Ma questo non toglie che dove sono in gioco i destini di lavoratori noi siamo a sostegno».

Della stessa opinione l’on. Marco Tedde (FI) e Angelo Carta (Psd’Az), tutti contrari all’emendamento soppressivo Busia.

L’articolo 5 bis è stato approvato e così il anche l’articolo 5 ter. A seguire anche gli articoli 6 e 7. Approvati anche gli allegati.

L’emendamento 1 all’allegato 6 a firma dell’on. Busia prevede il finanziamento senza interessi a favore dei dipendenti della Regione per il pagamento delle spese del mutuo per l’acquisto della prima casa.

Contrario l’on. Pietro Pittalis (FI): «Non basta che una legge lo prevedesse in passato: i privilegi non possono più aleggiare nel sistema pubblico, soprattutto in un momento come questo in cui bisogna evitare di suscitare ancora di più l’ira dei comuni mortali, che devono  invece pagarsi di tasca al momento dell’atto le spese notarili per la casa».

Anche l’on. Tedde ha annunciato il voto contrario: «La stessa collega che qualche istante fa si è schierata contro i lavoratori Ati Ifras sostiene invece un provvedimento che stanzia risorse di una categoria di lavoratori soltanto. Noi diciamo no».

L’emendamento Busia è stato respinto.

Approvati gli altri allegati sino all’11 e poi la legge.

L’Aula ha poi affrontato il ddl 445/A sul comparto ovino, illustrato dal presidente della commissione Agricoltura, on. Lotto. «In questi mesi il Consiglio regionale si è occupato più volte della crisi dell’allevamento sardo e il crollo del prezzo del latte. La situazione si sta aggravando ma il Consiglio e la Giunta intendono dedicare la massima attenzione a questo comparto, perché ci sia un rilancio vero del comparto agropastorale ma in generale dell’agroalimentare. Per questo chiedo un voto celere al provvedimento».

Per l’on. Deriu (Pd) «in Sardegna due fatti storici del diciannovesimo secolo hanno provocato l’attuale situazione: la fine del sistema feudale e la guerra doganale con la Francia che ha portato gli industriali del pecorino nell’Isola. Così è cambiato l‘assetto proprietario delle terre, che non sono state più coltivate ma sono diventate pascolo. Questa è ancora la situazione della Sardegna. E’ arrivato il momento di una riforma lungimirante per riequilibrare il comparto agricolo con quello zootecnico. Insomma, serve una strategia. Questo ci chiedono gli allevatori, chiedendoci al tempo stesso di sollevare lo sguardo dalle emergenze e dalle fasi congiunturali». 

Secondo l0’on. Giovanni Satta «non tutti i problemi dell’agricoltura sarda sono risolvibili ma il nostro obiettivo è intervenire per tempo e non dopo mesi su queste emergenze. Avevamo ragione noi a dire che i 14 milioni di euro per comprare le rimanenze del formaggio non servivano a nulla. Oggi stiamo assistendo a una crescita del prezzo del latte e a breve sono convinto che il prezzo del latte aumenterà ancora, sulla spinta della richiesta degli industriali. Ecco perché sono contrario a questo provvedimento, anche se qualche agricoltore non sarà d’accordo. Ma la gran parte del mondo agricolo ritiene che questa legge non serva a nulla».

Per l’on . Gaetano Ledda (LaBase – Psd’Az) «tra neve, gelate e siccità in Sardegna negli ultimi sei mesi è successa una catastrofe. Ma non sono in crisi gli industriali: sono in crisi gli allevatori, che producono 250 mila quintali di pecorino romano l’anno per il mercato americano. Ne abbiamo prodotto circa centomila in più nel 2016, perché il prezzo era salito a quasi nove euro al chilo. E’ chiaro che dobbiamo mettere le quote latte, sennò il problema si ripeterà. Il mondo agropastorale è deluso e amareggiato e ve ne accorgerete domani quando saranno a Cagliari».

Per l’on. Piermario Manca (Pds) «ci sono certo delle cose da rivedere in questa legge ma sono convinto che si debba aggredire il problema lavorando con una programmazione strategica. Siamo in ritardo in tutti i pagamenti, liberiamoci dei problemi burocratici».

Il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni, commentando i dati emersi dal dibattito sull’andamento ciclico del prezzo del latte, ha sostenuto che «viene fuori una situazione drammatica del nostro sistema produttivo, perché i veri problemi del settore agricolo riguardano una politica che si è occupata più di provvedimenti-tampone che di una visione di prospettiva, mentre anche alcune componenti del sistema hanno lucrato sulla mancanza di liquidità dei pastori». Il provvedimento di oggi, per Dedoni, «è una elemosina intollerabile che gli agricoltori farebbero bene a tirarci in faccia, me compreso, diamo piuttosto mangime per gli animali che è veramente necessario, quanto alla legge meglio riportarla in commissione per una valutazione accurata sulle misure più adatte per venire incontro alle esigenze dei pastori».

Il consigliere Fabrizio Anedda (Misto) ha definito «sbagliato» l’acquisto del pecorino da distribuire agli indigenti ed anche «offensivo per i pastori, trattati da poveracci che chiedono l’accesso ai contributi per le estreme povertà». «Di conseguenza – ha aggiunto – con questo provvedimento rischiamo ancora una volta di offendere la categoria, mentre la vera chiave è quella dell’accesso al credito per dare gi operatori la liquidità che consente di loro di lavorare». Sarebbe stato molto più utile, ha proposto, «consentire ad ogni pastore di conferire la materia prima ed ottenere in cambio il prodotto trasformato mentre un terzo soggetto dovrebbe occuparsi della commercializzazione; così il pastore diventerebbe imprenditore di se stesso partecipando a tutte le fasi economiche».

Il capogruppo dell’Udc, Gianluigi Rubiu, ha affermato che il messaggio che passa alla società sarda «è che per ottenere qualcosa basta indire una manifestazione ma questo è il fallimento della politica; in altre parole la manifestazione di domani è sacrosanta perché il momento è drammatico ma la società riceve un senso di vuoto e di mancanza di programmazione, una situazione che in qualche modo ripete quanto già accaduto per Forestas, l’Ati Ifras e la sanità ma questo non è il ruolo del Consiglio regionale, che deve invece occuparsi di una politica in grado di costruire e indicare un futuro». «Ad aprile – ha ricordato Rubiu – abbiamo fatto una legge per spendere subito 14 milioni e 5 mesi dopo siamo qui a discutere del perché non li abbiamo spesi, cioè siamo tutti bravi a spendere parole per l’agricoltura come chiave di sviluppo della nostra Regione ma poi non concretizziamo niente». Ora però dobbiamo fare una scelta (imposta dalla Ue), ha avvertito il consigliere, «ma non è una scelta di sostegno alle imprese, è una paghetta o forse una elemosina a parte il fatto che poi bisogna parlare anche del quando perché forse il prossimo agosto saremo allo stesso punto a causa dei cosiddetti tempi tecnici della burocrazia». «Manteniamo tutte le riserve sul provvedimento – ha concluso – ma comunque voteremo a favore».

Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu ha detto fra l’altro che «in questa girandola di informazioni che ha caratterizzato il dibattito c’è una vivacità dialettica che fa vedere l’attenzione del Consiglio solo per una parte del problema dell’agricoltura sarda e tuttavia, a questa vivacità, si contrappone il grande silenzio sul tentato scippo del marco pecorino romano dop perché è in atto una vera campagna di aggressione sia sul mercato con prodotti succedanei che sul piano giuridico e commerciale con la richiesta di revoca del marchio alla Ue». «Almeno dal novembre del 2016 – ha ricostruito Congiu – questa campagna, che pure ha coinvolto solo alcuni imprenditori laziali ha visto scendere il campo il Governatore del Lazio Luca Zingaretti e la Coldiretti della Regione, invece qui in Sardegna tutti zitti, invece bisogna intervenire immediatamente in maniera forte e decisa». «Siamo solidali con gli agricoltori e a favore del provvedimento – ha concluso – ma la Regione deve farsi sentire difendendo il suo marchio».

Il capogruppo del Pd Pietro Cocco ha premesso che «nessuno pensa di risolvere i problemi dell’agricoltura con questa legge che ha bisogno di interventi che peraltro l’assessorato in buona parte sta facendo, però va riconosciuto che si è già voltato pagina con la costituzione organismo inter-professionale che lavora ad una visione unitaria del settore». Nel merito, a giudizio di Cocco, «non si può votare contro questa legge, abbiamo votato ad aprile una legge che stanziava 14 milioni per destinare il formaggio in eccedenza agli indigenti e poi è stato adottato un nuovo schema per i contributi de minimis e la Giunta incrementa le risorse a disposizione con altri 3 milioni;  per questo è un intervento-tampone che però va fatto, senza dimenticare che per l’agricoltura sono in arrivo altri fondi, dal fine-ciclo delle bestie ai danni per le calamità naturali, dai fondi Argea alle cerealicoltura per una cifra complessiva superiore ai 60 milioni, sono cifre importanti di cui si può parlare a testa alta anche alla manifestazione di domani».

Il vice capogruppo di Forza Italia Marco Tedde ha affermato che «la crisi dell’agricoltura è l’emblema del fallimento delle politiche regionali di questa legislatura, dal flop dei bandi del Psr alle risorse che non si riuscirà a spendere». «Il problema del prezzo del latte non nasce oggi – ha ricordato – però è davvero strano che la Sardegna, Regione leader del mercato, sia sempre la più esposta ai processi di instabilità, cosa che non accade negli altri Paesi del Mediterraneo e che costituisce una grande anomalia rispetto ad un contesto internazionale favorevole per il prodotto-latte ed aumenterà la domanda». «Di fronte a questa crisi – ha continuato il vice capogruppo di Forza Italia – servono soluzioni strutturali e non i soliti pannicelli caldi che ci propone il governo regionale, non si vedono segnali di una inversione di tendenza e forse domani qualcuno dirà che si è fatto qualcosa ma è evidente che siamo di fronte ad una assoluta mancanza di strategia, per cui non possiamo che essere contrari».

A nome della Giunta l’assessore dell’Agricoltura Pierluigi Caria, dopo aver ringraziato il Consiglio per la velocità con cui ha consentito l’esame della legge, ha detto che «certamente il mondo agro pastorale sardo è in difficoltà come sistema e i 14 milioni servono per aiutare i pastori come avevamo sostenuto in sede di organismo inter-professionale che, autonomamente, ha poi deciso in modo diverso ma all’unanimità». Tuttavia, a suo giudizio, «è sbagliato considerare il provvedimento come di sola emergenza perché c’è anche una componente strutturale, rappresentata dall’obbligo di comunicare le produzioni aprendo la strada alla buona programmazione ed alla diversificazione evitando gli eccessi di offerta». «Per quanto riguarda le calamità naturali – ha precisato Caria – siamo stati i primi ad ottenere dallo Stato la procedura di emergenza che ci ha dato la possibilità sia di attingere dal fondo nazionale che di accedere a percorsi collaterali come sospensione dei muti agrari e dei contributi previdenziali». «Sempre nel campo degli interventi strutturali – ha aggiunto l’assessore – la Giunta ne sta portando avanti molti, dal ciclo dell’acqua alla banda ultra larga e quest’anno avremo complessivamente 24 milioni in più, sul sistema dei pagamenti siamo fra le prime Regioni d’Italia avendo erogato 215 milioni nel 2016 ed 81 nel 2017, altri fondi del Psr arriveranno fra breve nelle casse delle aziende ed oggi approveremo in Giunta due delibere in materia di cereali e grano duro». «C’è quindi una risposta significativa della Regione anche se parziale – ha concluso Caria – e siamo fortemente impegnati sia nella difesa dei nostri marchi a tutela dei produttori sardi, che alla revisione del Psr per trasformarlo da strumento di sostegno ad occasione di sviluppo, anzi sarà questa la vera scommessa del futuro».

Dopo l’intervento dell’assessore sono iniziate le dichiarazioni di voto.

Antonio Gaia (Cps), favorevole, ha parlato di «provvedimenti positivi anche se non bastano; il problema è molto sentito però occorre incidere in modo radicale sulla cultura dell’impresa agricola per impostare un nuovo programma di rilancio».

Piermario Manca (Pds), favorevole, ha condiviso la sostanza delle dichiarazioni dell’assessore auspicando una revisione del Psr. Quanto però ai risultati della gestione, secondo Manca ci sono inefficienze «sui bandi infrastrutturali per 160 milioni che sono ancora bloccati e siamo l’ultima Regione in Italia».

Alessandro Collu (Pd), favorevole, ha riconosciuto che calamità naturali e ritardo nei pagamenti hanno avuto una forte incidenza sulla crisi dell’agricoltura sarda osservando però che «il crollo del prezzo del latte è stato determinato da una bolla di sovra-produzione e questa non è certamente colpa della Regione, del resto anche le leggi prevedono una penale per questi casi ma molto probabilmente è troppo bassa».

Sempre per il Pd Gianmario Tendas ha ricordato che «nel confronto in commissione con le organizzazioni di categoria è stato messo l’accento sulla necessità di una nuova strategia per superare i problemi strutturali dell’agricoltura sarda, i cui protagonisti del sistema sono spesso in lotta fra loro, ora c’è l’organizzazione inter-professionale ma c’è ancora molto da fare».

Il capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, favorevole, ha valutato positivamente l’operato della Regione a difesa del marchio del pecorino romano, ma ha ipotizzato una strategia molto più profonda e pericolosa che ha portato alla richiesta di revoca del marchio in sede UE nei confronti della quale «bisogna mantenere una attenzione altissima».

Il consigliere Giovanni Satta (Misto) ha ribadito la sua posizione contraria, chiarendo che «non stiamo processando la Giunta ma cercando soluzioni per l’agricoltura sarda, confermo che ad aprile il provvedimento aveva un senso, oggi non più perché è solo una elemosina, uno spreco di soldi pubblici».

Il presidente della commissione Agricoltura Luigi Lotto, partendo dall’«importanza» del dibattito, si è detto d’accordo con Congiu sulla difesa forte del marchio e la valorizzazione degli altri marchi di qualità ed ha difeso i risultati dell’azione della Regione in materia di pagamenti «nei quali non siamo al meglio ma sicuramente siamo più efficienti rispetto a settori artigianato e commercio». «Definire l’utilizzo dei 14 milioni uno spreco – ha concluso – è molto sbagliato anche perché è stata una richiesta del mondo agricolo; ora andiamo avanti su basi nuove muovendoci a 360 gradi».

Daniele Cocco (Art. 1 – Sdp), favorevole, ha ricordato che «il provvedimento di aprile fu una scelta precisa di larghi settori del Consiglio e di tutto il mondo agricolo, così come tutti parlammo di traguardo storico per la nascita dell’organismo inter-professionale dal quale oggi sembra vogliamo prendere le distanze; quanto ai soldi, quelli non spesi oggi non sarebbero spesi nemmeno domani».

Al termine dell’intervento di Cocco il Consiglio ha approvato il passaggio agli articoli della legge ed iniziato la discussione sull’art. 1.

Hanno preso la parola i consiglieri Giovanni Satta e Gaetano Ledda (Misto) ed il capogruppo dei Riformatori sardi Attilio Dedoni che hanno ribadito la loro posizione contraria, mentre per il Pd Antonio Solinas e Franco Sabatini hanno confermato il voto favorevole.

L’assessore dell’Agricoltura Pierluigi Caria, intervenuto per alcune precisazioni, ha affermato che «i bandi infrastrutturali sono stati rallentati per una serie di problemi ai modelli applicativi ma il lavoro sta andando avanti, mentre piuttosto è emerso che nell’80% dei casi le pratiche non erano complete e comunque la settimana scorsa è stato pubblicato il primo elenco delle domande, evitando il rischio di restituire risorse». «I numeri – ha ribadito Caria – dicono che per quanto riguarda i pagamenti siamo fra i primi in Italia; quanto poi alla proposta di distribuire mangimi sarebbero serviti 40 milioni restando comunque obbligati a rispettare un tetto di 5.000 euro, per cui in questa fase quello che abbiamo fatto è l’unico provvedimento possibile, oltre che condiviso, senza dimenticare che stiamo mettendo a punto strumenti (anche finanziari) a sostegno del sistema per abbattere i costi del credito e che la Giunta sta producendo uno sforzo molto significativo per l’agricoltura, lo diremo domani ai pastori nell’incontro con i capigruppo parlando delle loro richieste che, in realtà, sono state recepite all’80%».

Al termine dell’intervento dell’assessore, il Consiglio ha approvato l’art.1 integrato da un emendamento della Giunta che aumenta di 3 milioni di euro la disponibilità finanziaria della legge. Subito dopo sono stati approvati gli altri articoli e la legge nel suo complesso, con 30 voti favorevoli e 12 contrari.

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La commissione straordinaria di inchiesta sulla Sanità sarda, presieduta da Attilio Dedoni, questa mattina ha effettuato un sopralluogo a Oristano per incontrare i vertici della Asl 5 ed il direttore amministrativo della Asl unica, Fulvio Moirano.

Assenti i rappresentanti della maggioranza, il presidente ed i commissari Pietro Pittalis (Forza Italia), Angelo Carta (Psd’Az) ed Emilio Usula (Rossomori) sono stati ricevuti all’ospedale San Martino dal direttore Mariano Meloni accompagnato dal suo vice Antonio Pinna e dal direttore del servizio infermieristico Gianni Piras. Impegnato a Cagliari col presidente della Regione, invece, l’assessore Luigi Arru.

Per la Asl unica, invece, era assente il direttore generale Fulvio Moirano, sostituito però dal direttore amministrativo Stefano Lorusso. Proprio quest’ultimo, rispondendo alle domande del presidente Attilio Dedoni, ha detto che «l‘azienda unica ha iniziato a fare le gare unificate, come quella dell’elisoccorso e anche altre. Abbiamo sinora riscontrato che spesso le gare si sono arenate per difetti sui capitolati tecnici. Ma per contenere la spesa stiamo valutando anche iniziative drastiche nei confronti dei 70 medici iperprescrittori (i professionisti che farebbero eccessivo ricorso alla prescrizione di medicine ndr.), che sono già stati individuati».

Sulle difficoltà di attuazione della riforma ha preso la parola anche il direttore della Asl di Oristano, Mariano Meloni: «E’ una fase complessa, anche perché non sono sempre chiari i poteri e le funzioni attribuite a noi direttori. Però ogni giorno affrontiamo un problema nuovo e lo risolviamo: è un fatto che di dà soddisfazione. Soprattutto dal punto di vista amministrativo, perché stiamo collaborando davvero con la direzione generale, a Sassari».

Il commissario Pittalis ha sollevato alcune perplessità sullo stato dei locali («non sembra di arrivare in una struttura ospedaliera») ma soprattutto sui problemi del personale assunto a termine: «Non capisco perché in alcune Asl si attinga alle graduatorie in modo differente, tanto che c’è chi viene chiamato per due anni e chi solo per un anno, nonostante abbiano superato lo stesso concorso. Il rischio di ricorsi e disfunzioni è molto alto». Il direttore Meloni ha toccato il tema affermando che «a breve a Oristano saranno assunte 78 persone a tempo determinato».

Ha preso poi la parola il commissario Angelo Carta, che ha denunciato i ritardi nell’invio di documenti richiesti: «Ho presentato a maggio 2016 una richiesta di accesso agli atti e il dottor Fulvio Moirano mi ha risposto oggi, dopo un anno e due mesi. Vorremo capire, sulla scorta di questa riforma, cos’è cambiato rispetto al passato e qual è la nuova via che si sta percorrendo per risparmiare». Della stessa opinione il commissario Usula: «Sono temi di assoluto valore che affrontiamo qui ma che dovranno essere rivisti anche nella commissione Sanità». 

Secondo il direttore Mariano Meloni «con la riforma si possono e si devono evitare sprechi, si deve garantire la qualità e stanare gli imboscati. Ma ho dubbi che il costo sanitario pro capite della Sardegna, che già è al livello se non più basso di quelli di tante regioni italiane, possa essere diminuito continuando a garantire una sanità all’altezza dei Paesi civili».

Il presidente Attilio Dedoni ha annunciato che, dopo le visite di Nuoro e Oristano, prossimamente la Commissione andrà nel Sulcis Iglesiente e a Sassari: «Intendiamo così completare i sopralluoghi nell’Isola per dare piena attuazione al mandato ricevuto dal Consiglio regionale al momento della istituzione di questa commissione straordinaria».

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«La campagna antincendi 2017 in Sardegna è iniziata, di fatto, con un sistema regionale più debole e meno efficiente a causa della mancata sottoscrizione della convenzione con i Vigili del Fuoco e del taglio (di ben 170.000 euro rispetto all’anno precedente) dei fondi assegnati al corpo.»

Lo scrive, in una nota, il consigliere regionale Emilio Usula (Rossomori).

«Questo dato di allarmante preoccupazione, cui si aggiunge lo stato di agitazione proclamato dai sindacati dei Vigili, è alla base di una interpellanza che ho rivolto al presidente della Regione ed all’assessore dell’Ambiente, perché ritengo inammissibile che la Regione “abbassi la guardia” rispetto al problema degli incendi che, invece, causano ogni anno danni incalcolabili all’ambiente ed al nostro patrimonio boschivo – aggiunge Emilio Usula -. E’ impossibile immaginare una campagna antincendi con i Vigili del Fuoco costretti ad operare al di sotto delle loro potenzialità. La convenzione sottoscritta nel 2016 nell’ambito di un quadro di accordi più ampio fra lo Stato e le Regioni, infatti, aveva proprio lo scopo di assicurare l’impiego ottimale delle risorse tecniche e professionali del corpo, attraverso  il potenziamento delle sedi istituzionali, la copertura degli orari notturni e la disponibilità di mezzi più efficienti, in modo da fronteggiare ogni possibile emergenza secondo la pianificazione disposta sulla base delle previsioni giornaliere di pericolosità (elaborate dal Centro funzionale decentrato).»

«In assenza di questi elementi, è evidente che la partecipazione dei Vigili del Fuoco alla campagna rischia di essere compromessa, con tutte le conseguenze in ordine al grave deficit organizzativo e funzionale nella lotta gli incendi. Ed è questo rischio – conclude Emilio Usula – che la Regione deve assolutamente scongiurare.»