2 November, 2024
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«È la tecnica del polverone, si attaccano gli altri e si nascondono i propri insuccessi. Come sta facendo il massimo responsabile della sanità in Sardegna, l’assessore Mario Nieddu che attacca il segretario nazionale del Pd. Enrico Letta non ha fatto altro che dire la verità, e cioè che la Sardegna è stata ed è un disastro per le scelte sbagliate della politica regionale.»
Lo sottolinea, in una nota, il segretario regionale del Partito Democratico, Emanuele Cani, che aggiunge: «Mario Nieddu dimentica un particolare tutt’altro che irrilevante: a gestire la sanità sarda c’è da due anni e mezzo la Giunta di centrodestra di cui lui fa parte. Quello che sta accadendo nell’isola è sotto gli occhi di tutti. Un sistema che viaggia a scartamento ultra ridotto. Tamponi e vaccini che arrivano in ritardo. Tracciamenti di cui si hanno pochi elementi, così come si hanno pochi elementi sui test che si stanno facendo agli arrivi in Sardegna. Sarebbe il caso che l’assessore Mario Nieddu si occupasse di questioni concrete e affrontasse davvero l’emergenza, invece di cercarsi alibi che poi non reggono.»
Antonio Caria

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«La Vertenza Entrate è ancora aperta: i parlamentari sardi facciano fronte comune e portino le legittime istanze dell’isola e dei Comuni all’attenzione del nuovo governo centrale. Dall’ultima relazione di parifica della Corte dei Conti sui conti della Regione, si evince chiaramente che la partita sulla Vertenza Entrate è ben lontana dall’essere chiusa. Al netto degli accantonamenti sanitari, infatti, lo Stato ci deve 1 miliardo e 200 milioni, e se aggiungiamo gli accantonamenti, il credito lievita fino a 1 miliardo e 800 milioni di euro. Fondi che a cascata potrebbero riversarsi sulle casse dei Comuni, dando così respiro agli enti locali.»

Lo scrive, in una nota, Ignazio Locci, sindaco di Sant’Antioco, ex vicepresidente del Consiglio regionale.

«Considerato che il Governo del duo Pigliaru-Paci non è riuscito a chiudere questo fronte nonostante dall’altra parte ci fossero i governi amici (da Enrico Letta a Matteo Renzi fino a Paolo Gentiloni), è il caso che si sfrutti l’opportunità offerta dal nuovo quadro parlamentare e dal governo Conte – aggiunge Ignazio Locci -. È quindi arrivato il momento che, indipendentemente dai colori politici di appartenenza, i parlamentari sardi si intestino una sacrosanta battaglia unitaria e la affrontino una volta per tutte, approfittando anche della presenza del professor Savona, della Lega e del legame con il fronte del Partito Sardo D’Azione.»

«Che il presidente della Regione Francesco Pigliaru si dica pronto a presentare subito il “dossier Sardegna” al nuovo governo, è un fatto da accogliere con favore. La verità, tuttavia, è che si tratta di un gesto ascrivibile tra gli atti dovuti: nelle sue mani, infatti, il dossier sardo non è più credibile. Ha avuto quattro anni per chiudere la partita e oggi, benché Pigliaru glissi sulla Vertenza Entrate e faccia solo un piccolo cenno sugli accantonamenti sanitari, ci ritroviamo al punto di partenza. Ecco perché – conclude il sindaco di Sant’Antioco – spetta alla nuova linea parlamentare farsi garante delle istanze dei sardi.»

 

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Francesco Sanna copia

L’onorevole Civati vorrebbe che i sindaci di centro-sinistra sostenuti dal PD aderissero alla sua idea che bisogna autoaffondarsi o affondare i candidati alla guida delle città, democratici o alleati, per dare una lezione a Renzi e al PD nazionale.

E si arrabbia, elegantemente e nel modo letterariamente piacevole che gli è solito, se qualcuno, come Massimo Zedda, Giuliano Pisapia, Marco Doria, primi cittadini di Cagliari, Milano e Genova, non lo seguono nel suo disegno. Il quale ha un antenato autorevole nella fase oscura della sinistra massimalista che divora il centrosinistra riformista e di governo, o se si preferisce, quello che semplicemente vuole realizzare il più possibile del suo programma, e non solo radicalizzarlo per poi non farne niente. Per essere chiari, lo schema che fece cadere il governo Prodi nel 1998.

Ma perché il centrosinistra che ha ben funzionato nelle città dovrebbe immolarsi al disegno di Possibile o di Sinistra Italiana (che poi sarebbe far vincere il centrodestra a trazione salviniana o i Cinquestelle)? Perché, nella versione di Pippo, tutto quello che si è fatto sino ad oggi in Parlamento ha il marchio dell’errore e del tradimento.

Ma rispetto a cosa? Lui dice ad esempio la riforma costituzionale, che invece somiglia molto alla elaborazione che il centrosinistra (e soprattutto il programma dell’Ulivo) ha inseguito per venti anni. La legge elettorale: si può  avere una preferenza per uno schema diverso, ma sicuramente l’Italicum contiene sia molti elementi di restituzione di potere di scelta ai cittadini, sia di determinazione nelle urne della opzione di governo per il Paese. E’ una inversione ad U la scelta di detassare la proprietà della prima casa, tranne che per quelle di lusso? Abbiamo sempre sostenuto che una componente patrimoniale nel sistema fiscale fosse indispensabile. Ma per necessità finanziaria negli anni trascorsi si era ecceduto e questo eccesso non è stato ininfluente nella crisi dell’edilizia, che ha perso mezzo milione di posti di lavoro in cinque anni. Cerchiamo di invertirne il ciclo anche con forti incentivi fiscali alle ristrutturazioni e alla efficienza energetica.

Si potrebbe continuare con gli esempi, e vedere che forse non c’era nemmeno il tanto per andarsene dal PD. Ma per chi – come Civati – ha preso partito per un’altra avventura politica, l’Errore ed il Maligno allignano comunque in ogni cosa sostenuta dal PD. Come il Visconte di Valmont, per stare alla citazione de “Le relazioni pericolose” questa visione delle cose, in modo automatico ed un poco ossessivo “trascende ogni suo controllo”. In questo, difatti, non ha fatto differenza tra il governo di Enrico Letta e quello di Matteo Renzi.

Però, senza che Pippo si offenda del suggerimento, forse occorre che ne discuta di più anche con i suoi possibili elettori, che invece, in maggioranza molto significativa, sembra non vogliano buttare a mare l’esperienza politica del centrosinistra nelle città italiane, e quantomeno si tengono abbastanza svegli e competenti per decidere di testa loro in ogni comunità.

Francesco Sanna

Deputato del Partito Democratico

Matteo renzi 02 copia

Un uomo solo al comando, la sua maglia ha i colori del PD, il suo nome è #Matteo Renzi! Nel momento più grave della crisi economica, quando molti paventavano il rischio di andare incontro ad una ancora più preoccupante fase di instabilità, gli italiani hanno individuato nell’ex sindaco di Firenze l’uomo della nuova speranza, la scialuppa alla quale aggrapparsi per evitare di affondare definitivamente nella miseria e nella disperazione.

Le elezioni Europee ci consegnano un segretario del Partito Democratico ed un presidente del Consiglio più forte che in questo momento sembra davvero un uomo solo al comando. Matteo Renzi con le elezioni primarie si è preso il partito, dilaniato dal fallimento di Pierluigi Bersani, poi ha forzato la mano prendendosi anche il Governo senza passare passare per le elezioni, sostituendosi senza badare alla forma al compagno di partito Enrico Letta.

Le elezioni Europee sono arrivate in un momento molto difficile che Matteo Renzi ha affrontato con la sua “sfrontatezza”, sfidando un avversario che della “sfrontatezza” ha fatto una delle sue armi vincenti negli ultimi 12 mesi: #Beppe Grillo. Il presidente del Consiglio ha fatto una campagna elettorale “solitaria”, come “solitaria” è stata la campagna elettorale del suo principale avversario e quella dello stesso Silvio Berlusconi, e i numeri emersi dalle urne dicono che non solo ha vinto, ma ha addirittura “stravinto”!

Molti, soprattutto all’interno del Partito Democratico, tra coloro che Matteo Renzi ha messo da parte (nessuno parla più di “rottamazione” ma la “rottamazione” è sotto gli occhi di tutti!), aspettavano al varco il nuovo leader, pronti a scaricargli addosso le responsabilità della sconfitta se Beppe Grillo avesse preso un voto in più, ed ora i risultati dicono chiaramente che quello “storico” 41%, prima che una grande vittoria del Partito Democratico, è un vero e proprio trionfo di Matteo Renzi!

Come è stato possibile un trionfo di tale portata? E’ questo il principale tema di riflessione del dopo voto.

Quando alcuni mesi fa veniva ipotizzato l’inserimento del nome di Matteo Renzi nel simbolo del Partito Democratico, molti si sono scandalizzati, affrettandosi a dire che non si sentiva proprio il bisogno, dopo l’esperienza di Silvio Berlusconi e di tutti gli altri leader di partito che avevano fatto altrettanto anche a sinistra (Antonio Di Pietro, Nichi Vendola), e il suo nome nel simbolo non è stato inserito, ma per gli italiani ieri è stato come se, insieme al nome, su quel simbolo ci fosse anche la sua faccia!

Matteo Renzi ci ha messo la faccia, prima con i provvedimenti del suo Governo, su tutti quegli 80 euro promessi a tutti in busta paga e poi anche a quanti la busta paga non ce l’hanno e ai pensionati, poi nell’accesissima campagna elettorale, e gli elettori lo hanno premiato! L’Italia che non ne può più del vecchio sistema che l’ha portata ad una condizione socio-economica drammatica, ha bisogno di ritrovare una speranza e Matteo Renzi, risultati delle Europee alla mano, ha dimostrato che in questo momento, questa speranza è soltanto lui! Beppe Grillo e il suo Movimento Cinque 5 Stelle, pur restando una consistente forza politica con oltre il 20% dei consensi, hanno fatto un consistente passo indietro e dovranno riflettere sul loro ruolo nel breve e medio termine. Anche Forza Italia ha fatto un passo indietro ed è arrivato il momento di pensare al dopo-Berlusconi. Agli altri è rimasto poco ma c’è un’area politica che è praticamente sparita, il Centro, cancellato dalla scena politica dopo i tanti errori commessi. Il 10% messo insieme da Mario Monti e Pierferdinando Casini alle ultime Politiche, si è ridotto a cifre da “prefisso telefonico”. Appare evidente che i voti dei moderati abbiano cambiato casa ed abbiano contribuito a rendere così trionfale il successo di Matteo Renzi che ora potrà continuare la sua esperienza governativa con la forza della straordinaria legittimazione ricevuta ed è chiamato a trasformare la “speranza” che ha saputo incarnare e le tante promesse fatte agli italiani, in fatti concreti.

La Regione Sardegna ha diffidato il presidente del Consiglio dei Ministri dal consentire il transito di armi chimiche siriane presso i nostri porti o nel territorio dell’isola. 
«Facendo seguito alle precedenti comunicazioni, rimaste senza risposta, la Regione Sardegna diffida il presidente del Consiglio dei Ministri dal consentire il transito di armi chimiche siriane presso i nostri porti o nel territorio dell’isola.» Inizia così il telegramma di diffida inviato dal presidente Ugo Cappellacci al premier Enrico Letta contro il possibile transito delle armi chimiche siriane in terra sarda. «Respingiamo con profondo sdegno – ha aggiunto Cappellacci – la condotta di un Governo che mentre cura con zelo i propri rapporti sul piano internazionale é incapace di tenere unita la compagine sociale interna dello Stato, abdicando al proprio compito, tradendo gli impegni assunti e programmando l’ennesimo sopruso nei confronti di una comunità che rivendica la propria Autonomia. Stigmatizziamo – prosegue Cappellacci – il becero automatismo secondo il quale ogni volta che c’è un carico scomodo la nostra isola viene indicata tra le prime destinazioni possibili. La Sardegna non è la pattumiera né la Caienna né il ripostiglio d’Italia. E’ una terra antica, fiera delle sue tradizioni, con un patrimonio ambientale da preservare e da consegnare alle future generazioni. Si sottolinea altresì il danno che potrebbe derivare alle nostre imprese, in particolare a quelle turistiche, dalla diffusione della notizia del passaggio delle armi chimiche siriane. Ogni eventuale iniziativa condotta in spregio alla volontà del popolo sardo – conclude il presidente – sarà seguita dalle azioni che il caso richiede sia sul piano politico che su quello giurisdizionale.»

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Al termine del Consiglio dei ministri, convocato in via straordinaria, nel corso del quale è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel territorio della Regione autonoma della Sardegna, il presidente Enrico letta ha tenuto una conferenza stampa nel corso della quale ha sottolineato “l’intensità straordinaria” l’ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Sardegna, assicurando l’impegno di tutta la comunità nazionale per affrontare questa emergenza.

Il capo del Governo ha poi spiegato che lo stanziamento di 20 milioni deciso dal consiglio dei ministri, servirà per «gli interventi primari essenziali, che sono il salvataggio di vite umane, l’assistenza agli sfollati ed il ripristino della viabilità». Una scelta che riguarda l’immediato e non il più ampio programma per la ricostruzione per la quale si attendono le stime sull’entità dei danni.

«Da ieri – ha proseguito Letta – sono in contatto con il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, con il presidente della Regione, Ugo Cappellacci e con il sindaco di Olbia. Stiamo seguendo dall’inizio questa drammatica vicenda che ha delle dinamiche straordinarie dell’evento.»

Dopo aver ringraziato i volontari della Protezione civile, i funzionari e i rappresentanti delle forze armate che stanno operando in queste ore, Letta ha anche annunciato che ci saranno deroghe al patto di stabilità, legate alla ricostruzione.

«Quando avvengono simili calamità – ha concluso Letta – è naturale un allentamento del Patto di stabilità per i comuni colpiti.»

«E’ giusto pensare prima a mettere in sicurezza le persone per evitare che questo già tragico bilancio possa peggiorare – ha detto questo pomeriggio l’assessore regionale dell’Agricoltura Oscar Cherchi – ma contemporaneamente nessuno dimentichi il dramma che si sta vivendo nelle campagne. Uomini e animali che si trovano lontano dalle zone urbane e che corrono dei rischi enormi sono ancora in piena emergenza, soprattutto in vista di una nuova ondata di maltempo che, seppure preannunciata meno violenta, non può certo lasciarci tranquilli. Stiamo predisponendo, insieme alle agenzie Agris e Laore, una verifica puntuale delle scorte alimentari da destinare agli allevamenti. Insieme alle agenzie siamo già al lavoro per capire, in tempi rapidi, quali sono le necessità più urgenti e provvedere a portare soccorso alle aziende in pericolo. Superata questa prima fase si farà la conta dei danni e bisognerà pensare a ripartire, con l’aiuto di tutti.»

Il Capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, arrivato a Olbia per seguire la drammatica situazione verificatasi nelle ultime ore per le eccezionali precipitazioni cadute sul territorio, provocando finora 17 vittime e danni ingentissimi alle infrastrutture, ha definito quanto sta accadendo una calamità naturale. In 24 ore è sceso un quantitativo di pioggia pari alle precipitazioni di sei mesi, con punte di 450 millimetri nella zona di Orgosolo (Nuoro) in 12 ore. Tutta la zona orientale, da Villagrande sino ad Arzachena ha registrato, secondo la Protezione civile, valori fra 250-400 millimetri. Franco Gabrielli ha detto che con questi quantitativi non ci sono territori a riparo. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha definito quanto è accaduto in Sardegna una “tragedia nazionale”. Il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, ha detto che una bomba d’acqua ha sommerso la città.

Fronteggiare un evento calamitoso di tale portata è sicuramente difficile, ma non si può disconoscere che in questi casi, quasi sempre, le conseguenze vengono amplificate da una gestione del territorio quantomeno discutibile. Oggi, come è già accaduto in passato, anche recentemente per l’alluvione di Capoterra, si piangono le vittime, ma bisognerebbe riflettere sui perché spesso non vengono rispettate le regole più elementari in materia di costruzioni e delle relative urbanizzazioni. E ogni qualvolta arriva un temporale, le nostre strade si allagano per il mancato deflusso delle acque, quando il temporale diventa alluvione o ciclone come in queste ore, le conseguenze sono devastanti.

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E’ riesplosa la rabbia dei “figli della crisi”, giovani studenti e disoccupati del Sulcis Iglesiente che rivendicano risposte dalla politica sarda. Questa mattina una folta delegazione di giovani provenienti da tutti i Comuni dell’ex Provincia di Carbonia Iglesias ha raggiunto Cagliari, piazzando le tende davanti agli ingressi del Consiglio regionale, in via Roma. Lì trascorreranno la notte e sono pronti a manifestare a partire da domani mattina, per denunciare una situazione di estrema precarietà e la mancanza assoluta di prospettive per il loro futuro. C’è chi ancora studia, nonostante situazioni familiari di estremo disagio economico; chi è stato costretto ad abbandonare gli studi e vorrebbe lavorare; chi ancora un lavoro, ancorché precario, lo aveva e lo ha perso.

I lavoratori ex Alcoa e quelli delle imprese d’appalto, intanto, sempre stamane sono stati ricevuti dal Prefetto di Cagliari, Alessio Giuffrida, al quale hanno esposto la condizione di estrema precarietà in cui si trovano dopo la chiusura dello stabilimento di Portovesme, drammatica per quanti si trovano in cassa integrazione in deroga e non hanno certezze del rinnovo della stessa, ormai prossima alla scadenza. Il Prefetto si è impegnato a portare il problema all’attenzione del presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.

Sciopero

Sede della Provincia di Carbonia Iglesias.

Sede della Provincia di Carbonia Iglesias.

A distanza di 24 ore dal pronunciamento della Corte dei Conti che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del decreto legge approvato dal Governo Monti, il Governo Letta rilancia la soppressione delle Province.

Il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta del Presidente Enrico Letta, del Vicepresidente e Ministro dell’Interno Angelino Alfano, del Ministro per le riforme costituzionali Gaetano Quagliariello, e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, contenente uno schema di disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle Province, che sarà sottoposto al parere della Conferenza unificata.

Contestualmente sono state approvate le norme transitorie che prevedono che entro sei mesi dalla data in entrata in vigore della legge costituzionale, le Province sono soppresse. Sulla base di criteri e requisiti definiti con legge dello Stato sono individuate dallo Stato e dalle Regioni le forme e le modalità di esercizio delle relative funzioni.