Io resto a casa
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Io resto a casa. È il tormentone di questo difficile momento che stiamo vivendo. Ma dobbiamo anche chiederci cosa sia la casa, come concetto e non solo come struttura. Dobbiamo capire cosa voglia dire abitare un luogo, inteso quale condizione interiore prima ancora che una condizione esteriore. In questo periodo siamo costretti dagli eventi a fermarci nel luogo che costituisce la nostra abitazione, con grandi limitazioni agli spostamenti e quindi alle relazioni, se non per comprovate esigenze. Anche i contatti umani sono oggi profondamente influenzati dall’esigenza di non contagiarsi. Ne deriva, nel concreto, che siamo improvvisamente obbligati alla purezza e alla correttezza nelle relazioni umane. Siamo obbligati a fare i conti con la convivenza che abbiamo scelto, a guardare con onestà il valore delle nostre relazioni umane per capirne il senso. Siamo obbligati a fare i conti con le risorse materiali disponibili, per una condivisione bilanciata e solidale. È come se in questo momento fossimo chiamati ai valori laici della castità, intesa come la vicinanza fisica collegata con l’amore, della povertà intesa come utilizzo delle risorse materiali più per il servizio che per il mero possesso, dell’obbedienza intesa come libera e responsabile adesione ad una norma. E pensare che tutto questo non sarebbe mai stato possibile prescriverlo e raccomandarlo dalle autorità competenti solo per motivi etici. Ci voleva un virus per fare crescere l’umanità verso l’esperienza di una libera e responsabile scelta d’amore.
Dott. Enrico Loria
Psichiatra e psicoterapeuta