Le Comunità di Pratica contro il campanilismo sanitario – di Antonello Cuccuru
Nel leggere con piacere l’illuminante articolo “L’anatra zoppa” del Sulcis Iglesiente, di Mario Marroccu, che richiama al “buon senso e all’unità”, contro “le surreali vicendevoli accuse di campanilismo”, sono più che mai convinto che sia necessario sperimentare un nuovo approccio strategico integrato, finalizzato a condividere, organizzare, rendere accessibile, utilizzare e capitalizzare il vasto patrimonio di competenze presenti nella ASL Sulcis, attraverso la creazione di Comunità di Pratica (CdP).
Il termine comunità di pratica, o “Community of practice“, compare agli inizi degli anni ’90, a opera di Étienne Wenger, ma la sua origine è molto più lontana nel tempo, basti pensare alle botteghe artigiane. Il fine della comunità è il miglioramento collettivo. Chi aderisca a questo tipo di organizzazione, mira ad un modello di intelligenza condivisa, non esistono spazi privati o individuali, in quanto tutti condividono tutto.
Chi ha conoscenza e la tiene per sé è come se non l’avesse. Le Comunità di Pratica tendono all’eccellenza, a scambiarsi reciprocamente ciò che di meglio produce ognuno dei collaboratori. Questo metodo costruttivista punta a costruire una conoscenza collettiva condivisa, un modo di vivere, lavorare e studiare, una concezione che si differenzia notevolmente dalle società di tipo individualistico, dove prevale la competizione.
L’idea di CdC è veramente rivoluzionaria. Siamo in un momento storico e in un territorio, dove ci si unisce per togliere ad altri i diritti acquisiti. Ci si unisce in manifestazioni non per la conquista di un diritto, per il mantenimento di un servizio. No. Ci si unisce per andare contro altro ed altri. L’identità degli assistiti della ASL Sulcis non può essere ancora quella dell’appartenenza a questo o a quel Comune.
Le Comunità di Pratica non sono un fenomeno nuovo. Già dalla fine del secolo scorso possono rilevarsi esperienze intese a costituire Comunità di Pratica in ambito sanitario.
Le CdP costituiscano un valido strumento per fronteggiare efficacemente le sfide della sanità moderna, caratterizzata da complessità, specializzazione e personalizzazione delle cure. Nelle CdP l’apprendimento si realizza attraverso l’esperienza sul campo (apprendimento situato) consentendo ai suoi membri, grazie alle interazioni reciproche, di acquisire competenze che possono essere immediatamente verificate nella pratica.
L’apprendimento nella CdP è sia processo individuale e mentale del singolo, che fenomeno sociale e di gruppo dell’intera comunità. La comunità è necessaria ed indispensabile per la condivisione della conoscenza e fornisce un ambiente sicuro dove cimentarsi nell’apprendimento, attraverso l’osservazione e l’interazione con i colleghi più esperti.
L’informalità nelle interazioni è l’elemento che più assicura una buona riuscita della collaborazione ed un atteggiamento propositivo, incoraggiando il confronto, migliorando la pratica e contribuendo a sviluppare nuove soluzioni per affrontare i problemi.
Nello specifico le dinamiche di interazione delle CdC sono riassumibili in quattro fasi essenziali:
• La comunicazione – fase in cui ci si scambia domande e risposte supportandosi reciprocamente nel lavoro quotidiano, solitamente ci si trova nello stesso ambito professionale con una certa eterogeneità del livello di esperienza. In questa fase iniziale si sviluppa un senso di “aiuto reciproco” nel breve periodo.
• La condivisione – fase in cui si hanno interessi comuni (ad es: problema di salute specifico) per i quali si hanno risorse comuni alle quali far riferimento per risolvere ciascuno i propri problemi, interagendo con persone che provengono da ambiti disciplinari simili si migliora la formazione personale. In questa fase si sviluppa l’“apprendimento individuale” nel lungo periodo.
• La collaborazione – fase in cui si ha un problema comune da risolvere separatamente (ad esempio: creare un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), percorsi integrati, etc.), ma avvalendosi del supporto reciproco, solitamente si è tutti attori dello stesso processo e la finalità è quella di migliorare continuamente le prestazioni del processo. In questa fase si sviluppa il “supporto ai processi” aziendali nel breve periodo.
• La cooperazione – fase in cui si lavora per produrre un unico “prodotto” (che può identificarsi in un prodotto, un servizio, un progetto, ecc.) e il risultato dovrà essere il migliore da ogni punto di vista, scartando le proposte inadeguate, così facendo si sviluppano le capacità innovative dell’impresa. In questa fase si sviluppa l’”apprendimento organizzativo” nel lungo periodo.
Per fare un esempio, le insufficienze riportate nel PNE 2022 (dati 2021 sugli indicatori di Colecistectomia laparoscopica: ricoveri con degenza post operatoria < a 3 giorni, Colecistectomia laparoscopica: interventi in reparti con volume > 90 casi/anno o sulla Frattura del collo del femore: intervento chirurgico entro 48 ore), per essere modificate potrebbero essere analizzate in una CdP condividendo le diverse competenze possedute da ortopedici, anestesisti, chirurghi e direzione strategica, pena la possibile riduzione di Unità Operative.
Per quanto concerne il governo della sanità territoriale e della cronicità, oltre gli adempimenti normativi previsti dal DM 71, sarà necessario costruire CdP attraverso la partecipazione dei MMG, PLS, Medici Specialisti Ospedale/Territorio, Specialisti della fragilità (Fisiatri e Geriatri), ADI, UVMD ed équipe itineranti, comunità protette, i referenti dei servizi di dimissioni ospedaliere, Assistenti sociali e Psicologi della ASL e dei Distretti Sociali/Ambiti territoriali, rappresentanti delle Associazioni dei malati.
Il Ruolo del Management (Direttori dei Distretti Sanitari e del Presidio Ospedaliero, gli altri Dirigenti delle strutture aziendali, Formazione, Professioni sanitarie, Controllo di Gestione, Farmacisti, e servizi informatici, etc.), dovrà essere quello di incoraggiare, supportare, incentivare e indirizzare la Comunità di Pratica verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali, stimolando la creazione di un senso di appartenenza, facilitando la comunicazione e la condivisione di informazioni e conoscenze, incoraggiando l’utilizzo della tecnologia a disposizione per la comunicazione e agendo in collaborazione con i servizi degli Enti locali per una piena integrazione multidisciplinare.
Antonello Cuccuru