Caro energia: la storia si ripropone in tutta la sua assurdità – di Fabio Enne
Avere il buon senso di studiare la storia economica del territorio, rivedere le situazioni che hanno portato l’economia e l’occupazione nel Sulcis ai minimi storici, ma soprattutto, riferendomi a coloro che hanno in consegna il dovere di esercitare un minimo di programmazione, che non sia legata ai periodi elettorali, eviterebbe il leggere di tanto stupore ogni qualvolta si ripropone una crisi industriale a causa del vecchio problema legato al costo energetico.
Oggi non è più utile esprimere la consueta preoccupazione, perché da sola non basterebbe ad evitare tragiche conseguenze per l’intera comunità, a partire dai lavoratori che ne subiranno le conseguenze iniziali.
L’indifferenza manifestata verso il problema energetico da parte di tutti i Governi, ha portato alla chiusura di quasi la totalità delle attività industriali, quelle rimaste, ripropongono, anche oggi, esattamente le stesse identiche difficoltà, periodiche e completamente ignorate nel tempo, giacché, tali e quali da più di 30 anni.
Lo stabilimento ex Alcoa chiuso da oltre 10 anni, diventato un baluardo da utilizzare nelle propagande elettorali, palcoscenico di eventi politici dei ministri di turno, prosegue nel suo incomprensibile percorso, mantenendo tutto il personale in regime di disoccupazione, fra alti e bassi delle amministrazioni politiche regionali, talvolta anche territoriali, che non diserteranno una sola manifestazione, così come accaduto fino ad oggi, per palesare il proprio sostegno, quel sostegno che diventa opportuno nei momenti opportuni.
La Portovesme srl, che ha resistito durante la crisi più acuta, oggi ripresenta la crisi, la stessa, come le altre volte in passato. La prima disposizione per impedire tragiche conseguenze sta nel ricorso alla cassa integrazione e, per evitare perdite di esercizio, la fermata o la diminuzione produttiva e quindi il minor ricorso al consumo di energia a costi che non sarebbero giustificati dal punto di vista economico interno.
L’Eurallumina, chiusa da oltre 12 anni, procede attraverso una strada più legittima, conferma la crisi ma utilizza l’ammortizzatore della cassa integrazione, che almeno per il lavoratore significa sentirsi un dipendente e non un disoccupato. Per i molteplici progetti utili al riavvio delle sue produzioni, dovrà ancora rispondere a più di 40 prescrizioni poste dai vari Enti. Risponderà? Saranno sufficienti le ragioni dell’Azienda? Nonostante, anche in questo caso, siano stati molteplici gli impegni istituzionali, la situazione dello stabilimento resta ancora molto indefinita.
Si potrebbe proseguire analizzando altri aspetti ma vogliamo limitarci a registrare l’assenza di sinergie importanti fra grandi colossi industriali, quelli che producono energia e quelli che attraverso l’impiego dell’energia, producono altro.
Gli errori evitabili che hanno portato alla chiusura definitiva di impianti sulle seconde e terze lavorazioni dell’alluminio, hanno confermato come la politica, senza distinzione di colore, quando non riesce a governare processi industriali con un’efficiente politica industriale, diventi artefice di drammi sociali assurdi, perché assurda è I’incapacità di politica industriale che viene replicata sull’inesistente programmazione di alternative valide ed attinenti alle specificità del territorio.
Le vittime sacrificali saranno ancora una volta gli unici a non avere responsabilità alcuna: i lavoratori e le lavoratrici.
Fabio Enne
Segretario generale Confsafi Sardegna