26 December, 2024
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Settimana di riaperture per i settori dell’abbigliamento, calzature, gioiellerie, profumerie, studi di tatuaggi e servizi alla persona. Ma le linee seguite dai sindaci dei tre centri principali del Sulcis, sono molto diverse. Mentre Carbonia dà il via alle riaperture di tutti i settori, il sindaco di Sant’Antioco, Ignazio Locci, va più cauto e decide di riaprire i negozi ma non i servizi alla persona, come parrucchieri ed estetisti. Ancora più dura la linea seguita dal sindaco di Iglesias, Mauro Usai, che decide di rimandare la data di apertura degli esercizi commerciali e dei servizi alla persona al 18 maggio, data in cui si attendono protocolli e linee guida più chiare.
«Abbiamo deciso di dar seguito all’ordinanza del presidente Christian Solinas, raccomandando agli esercenti di rispettare alla lettera tutte le prescrizioni da seguire – dichiara Paola Massidda, sindaco di Carbonia. Il nostro Comune ha avuto una situazione fortunatissima, dovuta al fatto che i nostri cittadini si sono comportati bene. Confidiamo che anche in questa “Fase 2” di riaperture continueranno a seguire le regole. Il nostro è un territorio in cui la disoccupazione è alta e rischiamo di non veder risollevare le serrande di quei commercianti che, in questi due mesi, hanno sofferto la crisi, dovuta alle prescrizioni del Covid. Prima che sia troppo tardi, è opportuno ripartire.»

Per concludere, il sindaco Paola Massidda fa un augurio ai commercianti della sua cittadina: «Siamo con loro con tutto il cuore, insieme a loro. Perché è con loro che può ripartire la città. Non devono sentirsi soli. Noi ci siamo».

Tanta speranza traspare dalle parole di Maddalena Cascìu, titolare, assieme al marito Franco, di una gioielleria di Carbonia: «Siamo felici di essere tornati nel nostro negozio, al nostro lavoro. Un lavoro a cui siamo affezionati perché lo svolgiamo dal 1981. Io spero che si riprenda la vita di prima. Sappiamo che c’è crisi ma almeno che si ricominci a vivere». Saltando le cerimonie religiose, si è persa una grossa fetta di mercato. «Non ci sono matrimoni, non ci sono battesimi, non ci sono più ricorrenzeprosegue Maddalena Casciu -. È saltato tutto.»

Tra i settori merceologici che risollevano le serrande, c’è quello di Alessia Mirai, titolare di un negozio di calzature a Sant’Antioco.
«La nuova apertura è stata emozionante, nonostante la grande paura confida Alessia Mirai -. Ritrovare in negozio i nostri clienti, che ci sostenevano tramite social, è stato davvero entusiasmante. Mi ha dato una carica che non pensavo di riuscire a trovare.» Però c’è anche la paura per quanto riguarda l’aspetto della salute. Prosegue Alessia Mirai: «C’è stato da capire come potersi comportare. Comunque, abbiamo sanificato tutto il locale e, inoltre, abbiamo acquistato anche delle salviette disinfettanti da fornire ad ogni cliente».
Com’è stato il rapporto con la clientela? «C’è stato un grandissimo rispetto da parte di tutte le mamme, che sono arrivate in negozio munite di tutte le precauzioni necessarie e hanno rispettato rigorosamente le distanze di sicurezza. I bambini son stati meravigliosi, perché son stati educati dai genitori a casa e quindi sapevano già come comportarsi. È stato bello vedere questo grande lavoro da parte delle famiglie.»

In conclusione, per quanto riguarda la tipologia di vendita, Alessia Mirai aggiunge: «Per chi ancora non se la sentisse di venire in negozio ci siamo organizzati per la consegna a domicilio».

Federica Selis

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Hanno preso avvio i lavori del primo lotto per gli interventi straordinari sul ponte di Sant’Antioco. L’opera, del valore complessivo di 2 milioni di euro, comprende il riadattamento e la riqualificazione dell’infrastruttura e viene messa in campo grazie al Comune, di concerto con l’assessorato regionale dei Lavori pubblici.
Gli interventi prevedono la demolizione e la rimozione delle parti distaccate e danneggiate del calcestruzzo, con protezione del ferro e ripristino del copriferro; lo scavo, la verifica, l’impermeabilizzazione e il rinterro, in prossimità dei plinti di fondazione; la realizzazione ex novo degli scarichi dell’acqua piovana dai giunti e il ripristino dei 40 scarichi isolati, distribuiti nelle campate del ponte.
«Si tratta della riqualificazione del ponte esistentespiega Ignazio Locci, sindaco di Sant’Antioco -. Un‘opera importantissima, che prevede due lotti di progetto: il primo, che coinvolgerà la riqualificazione della struttura generale del ponte. Il secondo, per una spesa di 1milione 350mila euro, che prevederà l’adeguamento strutturale relativo anche al passaggio pedonale e alla pista ciclabile.»
In Consiglio comunale, da tempo si dibatte sulla proposta di un nuovo ponte in sostituzione di quello esistente. La nuova colossale infrastruttura avrebbe un’incidenza profonda sia sul paesaggio che sull’economia della cittadina lagunare.
«È in corso la conferenza di servizi per l’eventuale autorizzazione del famoso ponte altoaggiunge Ignazio Locci -. Ma la nostra comunità è contraria alla nuova infrastruttura. Un parere tecnico espresso nei nostri uffici afferma che il progetto non sarebbe conforme alla pianificazione urbanistica e alla tutela del paesaggio. In più la nuova struttura rischierebbe di tagliare fuori il nostro centro urbano da ogni possibilità di traffico, sostanzialmente con un impatto negativo anche sull’economia cittadina.»
Per cui, via alla partenza dei lavori di intervento, al fine di garantire la sicurezza della SS 126, dalla parte che arriva da Santa Caterina.
«Sostituiamo l’idea di una circonvallazione pensata male con quella invece pensata, progettata e programmata nella nostra pianificazione urbanisticaprosegue ancora il sindaco Ignazio Locci -. Quindi, una circonvallazione leggera, per garantire il traffico spedito verso Calasetta e verso l’Isola di San Pietro.»
Il ponte che conduce a Sant’Antioco e che rappresenta l’unico ingresso alla cittadina lagunare e all’intera isola omonima, infatti, non è solo una via d’accesso per Sant’Antioco ma per l’intero arcipelago del Sulcis.
«Le due Isole rappresentano un pezzo fondamentale del Sud Sardegna rimarca Ignazio Locciper tutte le filiere produttive, in particolare per il turismo, per la pesca, e per tutti quei settori del terziario che oggi ci servono per rilanciare questa parte del territorio.»
Si tratta di un’opera che va a vantaggio di tutto il comparto, non solo di quello stradale ma anche e, soprattutto, di quello economico.
«Pensiamo che da quest’operaconclude il sindaco Ignazio Locciper altri 30 anni avremo un ponte efficiente ed assolutamente sicuro su cui poter contare, per il collegamento tra la nostra isola e la terra ferma.»
Federica Selis

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L’Istituto Comprensivo “Eleonora D’Arborea” di Iglesias organizza la rievocazione online, in occasione del Centenario, dell’Eccidio dei minatori, avvenuto l’11 maggio 1920.
Il progetto vede gli studenti coinvolti nella ricostruzione delle vicende che sconvolsero la vita dei minatori di allora, attraverso la memoria storica degli anziani, coadiuvata da ricerche d’archivio. La vicenda coinvolse un gruppo di lavoratori delle miniere di Monteponi e San Giovanni che, dopo alcuni giorni di protesta dovuti al razionamento dei viveri e al loro alto prezzo, marciarono verso il Municipio di Iglesias per chiedere l’intervento dell’allora sindaco Angelo Corsi. Ma ad accoglierli trovarono i carabinieri, che cominciarono a sparare contro i dimostranti. L’eccidio contò sette minatori morti e ventisei feriti, tra i quali ci furono cinque carabinieri.
A causa del Covid-19, non sarà possibile celebrare il centenario in forma classica, come avvenuto per le rievocazioni degli anni precedenti. Tuttavia, la dirigente scolastica, dott.ssa Emanuela Pispisa, in collaborazione con docenti ed alunni, per non privare la popolazione di un evento ormai molto atteso dagli iglesienti, ha organizzato una rievocazione online.
Il primo appuntamento si terrà domenica 10 maggio, alle ore 19.00, sul canale youtube dell’istituto, con la piece teatrale “Preludio”, in cui i ragazzi mostreranno ciò che avvenne la sera prima della tragedia sia in una famiglia di minatori che nella dimora del dirigente della  miniera. Gli studenti, che reciteranno in italiano e in sardo, vestiranno gli abiti dell’epoca. 
Lunedì 11 maggio, dalle 9,30, sempre sul canale youtube dell’istituto, verrà invece riproposto lo scontro tra i minatori manifestanti e le forze dell’ordine. A far da colonna sonora, saranno la campana della cattedrale di Santa Chiara e la sirena della miniera di Monteponi.
A chiudere l’evento saranno gli studenti che, in collegamento ognuno dalla propria abitazione, con indosso gli abiti di scena, solleveranno il pane al grido di “S’ant mortu po custu!”.

Federica Selis

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Dal 4 maggio il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, ha firmato la nuova ordinanza che permette nuovamente sia la pesca sportiva che quella amatoriale. Per quanto riguarda la pesca professionale, invece, non c’è mai stata una fermata. Il settore, tuttavia, è stato notevolmente danneggiato dalla vicenda del Covid-19, sia per quanto riguarda la vera e propria attività di pesca sia in riferimento alla distribuzione ed alla commercializzazione del prodotto.
La forzata chiusura dei ristoranti ha rappresentato una delle maggiori ragioni di crisi del mercato, venendo a mancare uno dei motori principali della filiera. I costi di mantenimento e manutenzione delle barche e delle attrezzature, non hanno di certo aiutato. La riduzione del venduto è stata superiore al 40%.

«Il crollo del mercato è coinciso con un momento di ripresa della pesca, dopo il periodo invernalespiega Roberto Savarino, presidente Confcooperative FedAgriPesca Sardegna -, solo alcuni sono riusciti a salvarsi, a volte portando il pesce a casa o consegnandolo alla Caritas, come è avvenuto nel Nord Sardegna. Ma non è bastato.»

In particolare sofferenza, il settore dei mitili. Dice ancora Roberto Savarino: «I produttori di ostriche sono sul lastrico. Il consumo principale è nella ristorazione. Essendo bloccata quella, si è bloccato tutto. Nel frattempo le ostriche continuano a crescere e quando raggiungono certe taglie hanno un valore molto inferiore, non hanno più mercato.»

Le cozze, al contrario, sembrano aver subito meno danni. Il loro consumo non si è, infatti, quasi modificato, sebbene si sia rilevata, comunque una riduzione.
Mauro Pintus, armatore della barca da pesca Alessandro P., conferma le parole di Roberto Savarino: «Dopo due mesi si riprende. Anche se noi potevamo uscire a pesca, eravamo penalizzati perché qua non veniva nessuno, quindi diventava difficile vendere anche una cassetta di pesce. Abbiamo lavorato veramente poco, se non niente. In due mesi  avrò fatto tre o quattro uscite. Lavoravano un po’ i magazzini del pesce ma molto limitatamente. Appena un 10% di vendita. Speriamo di riuscire a riprendere presto».
La speranza è anche che arrivi qualche aiuto concreto da parte dello Stato.
«Stiamo chiedendo un aiuto sulla liquidità, anche in regime de minimisriprende Roberto Savarino -. Almeno che vengano risarcite una parte delle spese di gestione, in particolare il gasolio.»
Per quanto riguarda le agevolazioni già determinate aggiunge: «A livello nazionale, nel decreto Cura Italia, adesso convertito in legge, c’erano 100 milioni di euro (decreto legge del 17 marzo 2020, n° 18 “Cura Italia”, art.78 n.d.r.)  tra agricoltura e pesca, ancora da dividere. Per la pesca si parla di una cifra tra i 15 e i 20 milioni di euro, destinati al fermo di emergenza. Il problema è che facendo due conti sembra ne servano almeno 45».
Le cose sono cambiate anche per quanto riguarda il fermo d’emergenza, da sempre destinato solo alle barche a strascico ma da quest’anno aperto anche alla piccola pesca. Tuttavia, non sono ancora ben chiare le regole per l’accesso e la destinazione dei fondi e, soprattutto, mancano i soldi. Intanto, si aspettano ancora i pagamenti del fermo pesca del 2017. La speranza è che il nuovo decreto, che dovrebbe uscire a maggio, tenga in considerazione anche questo settore. Si aspetta un nuovo incontro tra le organizzazioni e l’Assessorato, il secondo dopo quello avuto qualche giorno fa, svoltosi in videoconferenza.
«Ci siamo ridati un appuntamento da definire come dataprosegue il presidente di Confcooperativemagari dopo la presentazione di un disegno di legge di cui ci ha parlato l’assessore. Però non ne vediamo traccia, non è ancora arrivato in maniera ufficiale in consiglio regionale, quindi non lo conosciamo, non sappiamo le misure che ci sono e che son previste anche per il settore pesca. Per cui siamo in attesa.»
Quali sono le richieste da parte vostra? «Passando dalla pesca marittima a quella lagunare – conclude Roberto Savarino chiediamo che si prenda atto di una normativa nazionale che sposta di 15 anni la conclusione delle concessioni demaniali ai fini di pesca e di acquacoltura».

Federica Selis

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Il DPCM del 26 aprile 2020 ha permesso a molte attività di riprendere il lavoro e la produzione. Il presidente della Regione Christian Solinas ha aggiunto, inoltre, ulteriori possibilità di riapertura. Tra i commercianti, in particolare tra i settori produttivi che, secondo la nuova ordinanza, hanno potuto riprendere a lavorare, c’è ancora molta incertezza per quanto riguarda il prossimo futuro, con gli aiuti e le agevolazioni dello Stato che stentano ad arrivare.
I due mesi di lockdown sono stati deleteri, per settori che già prima della chiusura erano in sofferenza, ma anche per quelli che, al contrario, riportavano dei buoni riscontri di mercato. Come ci racconta Bruno Pintus, ambulante del settore caseario di Carbonia, che da anni gestisce il proprio banco nei mercati ambulanti di diversi paesi e da sempre partecipa a fiere ed eventi gastronomici: «Proviamo a ripartire. È stata una perdita incredibile. Abbiamo perso tutte le sagre, compresa Sant’Efisio. Nel mio mestiere non è possibile poi recuperare». Le spese di produzione non si sono fermate, così come i pagamenti, che continuano ad arrivare. «Io compro il latte e mi faccio fare il formaggioprosegue Bruno Pintus -. Ho delle consegne che non ho potuto ancora ritirare». Nel frattempo sono arrivate le bollette e i contributi da pagare. «È come se stessi ricominciando tutto daccapo.»
Un leggero ottimismo si legge nelle parole di Maria Giovanna Locci, produttrice agricola di Tratalias, che, tra le altre, gestisce da anni, assieme alla madre, un banco di vendita al mercatino settimanale di Sant’Antioco, così come in altri paesi del Sulcis: «E’ un periodaccio. Noi produttori non sapevamo più come fare con la merce che continuava ad accumularsi. Ci siamo arrangiati con le consegne a domicilio tra i nostri concittadini, riuscendo ad utilizzare anche i canali social. Ma nonostante questo la merce era sempre in eccesso. Ogni grossista ha i suoi fornitori e non sempre accettano nuovi produttori». Con un occhio alle spese, per la produzione e il mantenimento delle colture, che non sono mai diminuite. «Questo di Sant’Antioco è il nostro primo mercatino, dopo la riapertura dovuta al lockdown continua Maria Giovanna Locci -. Gli altri Comuni non hanno ancora sbloccato.» Ma importante è anche un altro fattore, forse non secondario e che in questi due mesi di isolamento è venuto fortemente a mancare. Maria Giovanna ci tiene a sottolinearlo: «Mancava il rapporto coi clienti e anche svegliarci presto la mattina».
Un altro settore in forte sofferenza è quello florovivaistico. Nella serra di Marcello Canè e Sabrina Martis, di Sant’Antioco, ci accolgono i colori delle piante in fiore. Anche loro riaprono dopo due mesi di chiusura forzata. Tuttavia, il loro settore merceologico resta ancora escluso dalla vendita ambulante. «Da anni ho uno spazio assegnato al mercatino settimanaleracconta Marcelloma ancora non mi è permesso esporre.» Nel paese lagunare il cimitero ha riaperto i cancelli in anticipo, rispetto ai Comuni limitrofi, e alcuni ambulanti, titolari di un box, hanno potuto riaprire la loro attività di vendita. Per Marcello Canè questo non è stato possibile, come spiega lui stesso: «Avendo lo stallo al mercatino non posso averlo in cimitero e, viceversa, chi lo ha in cimitero non può vendere al mercatino». Insomma, questa riapertura arriva sì, ma solo in parte. Per Marcello e Sabrina è il momento di riaccendere la speranza e guardare di nuovo al futuro: «Non abbiamo più avuto introiti negli ultimi due mesi e non è che le cose  in precedenza andassero megliospiega Sabrina Martis -. La vendita di fiori nei supermercati aveva già drasticamente ridotto le nostre entrate. Quindi questa chiusura forzata ci ha ulteriormente danneggiati». Tuttavia, Marcello e Sabrina affrontano il nuovo momento con fiducia e coraggio, servendosi anche dell’aiuto dei social: «Riapriamo e ci siamo organizzati sia per la vendita direttamente in serra che per la consegna a domicilio».
Diverso è il discorso dei bar. Sono pochi quelli che tentano la riapertura. Ci sono da valutare i costi ed i consumi. «Siamo aperti in pochi – spiega Veronica Costeri, milanese d’origine ma da anni residente in Sardegna, titolare, insieme alla sua famiglia, di un bar nella strada principale di Sant’Antioco -. Questi mesi sono stati lunghi. Noi abbiamo deciso di riaprire perché le spese per il mantenimento delle macchine ci sono comunque. I frigoriferi sono sempre funzionanti e anche la macchina per il caffè è nuova e deve restare accesa lo stesso. Insomma, aperti o chiusi le spese sono uguali. Quindi, alla fine, abbiamo scelto di aprire e almeno far entrare qualche introito.» Tuttavia, il nuovo decreto vieta la fruizione al banco o all’interno del locale. L’accesso è consentito ad un solo avventore per volta. Il consumatore ordina ed esce con l’ordinazione in mano. La consumazione non è permessa nei pressi del locale. Spiega ancora Veronica Costeri: «L’asporto per noi non è una novità, l’abbiamo sempre fatto. Riusciamo a lavorare principalmente con la caffetteria: caffè, cappuccino e cornetto. Però, se qualcuno desidera qualche altro tipo di ordinazione, cerchiamo comunque di soddisfarlo». Per il momento non è ancora possibile riprendere a lavorare i dipendenti. «Avevamo diversi ragazzi che lavoravano con noi. Con la situazione attuale non è possibile riprenderli. Purtroppo, è un problema di cassa integrazione che non arriva.» «Prima della chiusura forzata racconta ancora Veronicasi lavorava molto bene.» Adesso si aspetta una nuova normalizzazione delle cose. «Però meglio che ci abbiano fatto riaprire a maggio che non dover aspettare ancora a giugno.»
Intanto, durante il mercatino settimanale di Sant’Antioco e, nonostante fossero presenti solo gli ambulanti di alimentari, l’affluenza di cittadini è stata notevole. Cospicua e costante è stata anche la presenza degli organi di controllo: Polizia Municipale, Protezione Civile, Barracelli e Associazione Nazionale Carabinieri, che hanno vigilato affinché le norme di sicurezza e il divieto di assembramento venissero rispettati.
Tanti i cittadini entusiasti di questa nuova apertura. Dalla settimana prossima si prevede un ulteriore ampliamento, con la concessione degli spazi anche agli ambulanti del settore abbigliamento.

Federica Selis

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Il tanto atteso 4 maggio è arrivato e la fine del lockdown sembra più vicina. La Fase 2 ha preso avvio in questa giornata di piena primavera, in cui anche il clima è sembrato venire incontro alla situazione.
Si allentano le restrizioni per il Coronavirus e i cittadini si riappropriano gradualmente degli spazi all’aperto. Non è ancora possibile uscire dai confini del territorio del proprio Comune ma i luoghi dove poter fare una passeggiata ci sono e, già in parte, è possibile goderne.
Ciò che si temeva in termini di affollamento non si è verificato. I cittadini hanno rispettato le distanze di sicurezza e per l’uscita hanno adottato tutte le prescrizioni del caso, per quanto ha riguardato i dispositivi di protezione individuale.
Il lungomare di Sant’Antioco si è animato di biciclette e molti sono stati anche quelli che hanno optato per una passeggiata a piedi o per una corsa in solitaria per le vie del paese. In numero limitato anche le mamme a passeggio coi bambini piccoli.
Forse, complice l’impegno scolastico e l’aumento degli orari delle lezioni online – protratte da molte scuole anche al pomeriggio – sono stati invece pochi i ragazzi tra i 14 e i 18 anni che sono usciti per una passeggiata o per svolgere attività motoria. Tuttavia il rispetto delle regole c’è stato come anche i controlli, mai venuti meno.
Tanta la confusione su ciò che è possibile o non è possibile fare, tanti i cittadini che si sono rivolti alle forze dell’ordine o alla Protezione civile, per chiarire quali siano considerati motivi di necessità o se sia ancora obbligatorio l’utilizzo dell’autocertificazione.
I locali restano chiusi, sebbene alcuni bar si stiano già organizzando per quanto riguarda l’asporto. Ma la maggior parte delle serrande resta abbassata.
Il numero di persone che, nel pomeriggio, ha optato per una passeggiata in spiaggia è stato molto limitato. Spiagge quasi deserte in tutto il Basso Sulcis, tra Sant’Antioco e Portoscuso.

Qualche appassionato ha deciso invece per un giro in barca.
Tutto sommato, lungo le strade dei paesi, la vita non è sembrata molto diversa da quella che era prima del lockdown, durante una qualunque giornata di primavera.
Ne è un esempio anche Carbonia, in cui è stata ristretta la presenza dei cittadini usciti dalle proprie abitazioni per svolgere attività motoria a piedi o in bicicletta. Così come scarsissima è stata l’affluenza anche alle piste ciclabili.
Più intenso, invece, il traffico automobilistico, sia nei centri che lungo le statali di congiungimento tra i paesi e tra questi e le località balneari.
Si aspetta ora di vedere, nei prossimi giorni, quale sarà l’andamento dei contagi.
Intanto, nella giornata odierna, si è registrato un solo caso nell’area metropolitana di Cagliari.

Federica Selis