21 November, 2024
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Giovedì 23, venerdì 24 e sabato 25 gennaio, alle 21.00, il Teatro delle Saline – piazzetta Billy Sechi n. 3/4, Cagliari – ospita il TeatroZeta con “Cronache dalla Shoah”, opera di Giuseppe Manfridi con la  regia di Livio Galassi. Lo spettacolo della “Stagione del teatro contemporaneo 2019/20esalta la qualità artistica ed organizzativa del percorso creato dal Teatro stabile di innovazione Akròama.

La trama. Tutto è stato detto, tutto resta ancora da dire: esaurite le più atroci parole a descrivere l’orrore del più abominevole crimine che la storia ricordi, non esistono parole per comprenderne il recondito perché. Basta il cupo odio che intatto ha attraversato i secoli fino a noi, fomentato da una religione che si è impossessata del dio di Israele per reinventarlo a suo pro, perseguitando chi non si piegava alle sue manomissioni e voleva conservare integre le proprie antiche credenze, i propri miti, la propria appartenenza, la propria pericolosa diversità̀. Un fondo di nera frustrazione ha irritato e ingelosito il confronto con un popolo che sempre si è nobilmente rialzato dai reiterati soprusi, aggrappandosi fiero alla sua antica e mai rinnegata cultura. Mi chiedo, e vi chiedo – e lo chiedo soprattutto alla gretta imbecillità degli antisemiti: se togliamo alla storia del mondo- religiosa, etica, sociale, scientifica- gli ebrei Mosheh, ‘Abhrahm, Yehoshua ben Yosef, Marx, Freud, Einstein, che ne sarebbe? E come spiegare e giustificare il complice silenzio di tutti? Perlomeno di quelli che sapevano e intuivano, che potevano incidere con il loro potere? Con quale inaudita impudenza si può testimoniare l’avvenuta ascesa in cielo di una madre vergine, e non la contemporanea caduta di milioni di innocenti negli abissi della umana abiezione? Anche dalla Tiburtina, da una stazione nella città del Cristo in terra, partivano i treni per lo sterminio senza che nessun anatema li arrestasse. Doloroso e difficile è stato per l’autore immergersi in questo oceano di amarezza. Come uscirne senza scrivere di fatti e di giudizi che poco o nulla aggiungono al già scritto, al già detto, al risaputo? Ma la luce della poesia è stata il faro che ha illuminato l’approdo. Una luce nera è il dolente ossimoro che si riverbera nella struggente scrittura, la quale sfiora appena i fatti e si dilata nello smarrimento esistenziale che da quei fatti scaturisce. Parole che si frantumano ai singhiozzi della mente, si disperdono e si ricongiungono a tracciare la trama di un malessere senza riscatto e senza conforto. Da quella pesante putredine sublimano, esalano leggere pur trattenendo l’atroce ricordo, evanescenti come il fumo che usciva da quei macabri camini e che, testimonianza dell’eccidio, portava lieve con sé le anime delle vittime per liberarle in un cielo senza luce e senza dei. Dolorosa e difficile l’impostazione registica. Può questa immane tragedia essere trattenuta in una struttura estetica? E quale? Quella con meno estetismi, ho pensato. Quella che non descrive ma suggerisce: una “non scena” che disegna percorsi mentali, che imprigionano o si schiudono alla speranza; una recitazione prosciugata che non cerca compiacimenti né virtuosismi; una musica eletta che non cerca melodie; un tentativo di coinvolgerci in un ineludibile senso di colpa.

Lo spettacolo. Cronache dalla Shoah di Giuseppe Manfridi. Regia Livio Galassi. Con Manuele Morgese. Musiche eseguite dal vivo da Giulio Spinozzi (tromba), Pablo Corradini  (pianoforte). Collaboratore alla regia Manuele Morgese. Scene Fernando Tacconi. Luci Michael Frenda. Una coproduzione TeatroZeta dell’Aquila -Teatro Nazionale della Toscana.