2 November, 2024
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La memoria dell’eccidio di Buggerru del 1904, nel quale tre minatori morirono falciati dal fuoco del Regio esercito chiamato a stroncare uno sciopero alla miniera Malfidano, si è rinnovata anche quest’anno nella commemorazione che ha riunito nella cittadina mineraria le massime autorità civili sarde e i rappresentanti dei sindacati. Ma non solo, grazie alla volontà del Comune, il 120° anniversario è diventato spunto per la firma del Patto di Buggerru, che suggella l’impegno comune tra la Regione Sardegna e i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil per costruire migliori condizioni di lavoro nell’isola.

«È una giornata storica ha detto la sindaca Laura Cappelli all’apertura della commemorazione civile -. L’episodio del 1904 ha creato un prima e un dopo in quella che è diventata la storia del movimento dei lavoratori italiani. Oggi, 120 anni dopo, portiamo a compimento quel cammino di lotta. Vogliamo mantenere vivo il ricordo dei caduti, ma anche, con la firma del Patto che l’amministrazione comunale ha fortemente voluto e di cui è stata promotrice, rafforzare questa giornata del 4 settembre come simbolo di un’identità collettiva costruita sulla democrazia, sul lavoro e sull’impegno per la giustizia sociale. Abbiamo il dovere di ricordare quel sacrificio, ma soprattutto di continuare nell’azione comune per garantire sicurezza e dignità del lavoro, che oggi come 120 anni fa, ancora mancano.»

La mattinata di commemorazione si era aperta con la santa Messa celebrata da don Marco Angius, parroco di Buggerru. Nella sua omelia, il sacerdote si è soffermato sui temi del lavoro, ha ricordato le troppe morti dei lavoratori e ha ribadito l’importanza della memoria attiva: «Non dovremmo mai dimenticareha dettola storia del nostro paese e della Sardegna e le lotte dei lavoratori e dei sindacati per ottenere diritti a favore dei più poveri e dei più umili. E abbiamo il dovere di tenere vivo questo ricordo anche nei più giovani, perché non dimentichino le nostre radici e il nostro percorso».

Dopo la deposizione di una corona di fiori davanti alla targa che ricorda il sacrificio di Felice Littera, Salvatore Montixi e Giustino Pittau, la sindaca Cappelli ha letto i saluti della ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone, che, in una lettera, ha ribadito come «questa pagina di storia dev’essere ricordata per conservare la consapevolezza di un percorso complesso, travagliato e talvolta tragico attraverso il quale è stato realizzato l’equilibrio tra tutele e doveri nel mondo del lavoro».

La parola è poi passata ai rappresentanti istituzionali.

Il presidente del Consiglio regionale Piero Comandini ha ricordato che «quello che è successo qui nel 1904 appartiene a tutta la Sardegna e ci ricorda che lo sciopero sia un grande atto di democrazia. È necessario difendere questo diritto messo in discussione di alcuni e difendere la dignità del lavoro. Ieri gli ultimi erano i minatori, oggi  sono i lavoratori stranieri sfruttati nei campi. L’Eccidio non è un episodio che appartiene solo alla memoria, ma è attuale anche oggi, dove non viene garantito un salario minimo e la Sardegna è l’ultima regione in Europa per gli stipendi».

La presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde ha fatto appello all’unità di tutte le forze in campo: «In questa data simbolicaha dettomi sono impegnata con la sindaca e le organizzazioni sindacali per sottoscrivere un patto che investa la Regione della responsabilità di mettere risorse per la sicurezza e la dignità del lavoro. Se i lavoratori sono precari e il lavoro è poco dignitoso e poco pagato, non serve celebrare i numeri sulla crescita finta dell’occupazione. Tanto è stato fatto, ma tanto è ancora da fare e uniti possiamo ottenere grandi risultati».

La mattina di celebrazioni si è chiusa con gli interventi dei rappresentanti sindacali. Davanti a una piazza Eccidio colma di bandiere delle tre sigle confederali, il segretario confederale nazionale della Cisl Ignazio Ganga, il segretario organizzativo nazionale della Uil Emanuele Ronzoni, la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi hanno celebrato la profonda attualità del sacrificio dei minatori di Buggerru.

«La rievocazioneha detto Ignazio Gangaci chiama alla speranza, all’impegno e alla volontà di istituzioni e parti sociali perché questi eventi facciano germinare nuovi orizzonti di libertà e giustizia. Il 4 settembre è il giorno dell’impegno e della partecipazione.» Dal canto suo, per Emanuele Ronzano, «la ricorrenza dei 120 anni ci chiama a rinnovare l’impegno per le nostre battaglie perché ci sono tanti diritti da tutelare: per esempio, non arretreremo davanti a quella classe politica che mette in discussione il diritto allo sciopero». Daniela Barbaresi ha richiamato che «c’è ancora la stessa fatica dei secoli passati, perché le condizioni di lavoro sono vera emergenza di questo paese. Per non dimenticare il passato, dobbiamo agire nel presente  guardando al futuro».

Subito dopo la fine degli interventi, la presidente Todde e i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Fausto Durante, Pier Luigi Ledda e Maria Francesca Ticca, hanno sottoscritto il Patto di Buggerru.

Più chiarezza e qualche correttivo, per assicurare pari condizioni fra i territori e garantire la ripresa del tessuto produttivo da nord a sud della Sardegna: è quanto chiedono Cgil, Cisl e Uil regionali in riferimento alla bozza del decreto sulla transizione energetica, con l’auspicio che venga firmato al più presto dal presidente Draghi.

«Non c’è più tempo per tergiversare hanno detto i segretari Samuele Piddiu, Gavino Carta e Francesca Ticcaè necessario dar corso subito alla metanizzazione recuperando il divario fra la Sardegna e il resto d’Italia, una condizione inaccettabile che deve essere sanata.»

A fronte della situazione di grave incertezza e preoccupazione, Cgil, Cisl e Uil non possono non evidenziare la posizione della Regione, poco chiara e contraddittoria negli atti: chiamata a dare un parere istituzionale vincolante sulla bozza di decreto, non si esprime con opposizioni formali e poi ne prende le distanze attraverso la stampa e in modo confuso.

È quindi evidente che manca una proposta chiara della Regione, sia sulla bozza che sull’intero percorso della transizione energetica nell’Isola: «Per evitare ulteriori confusioni hanno detto i segretari generalioccorre costruire quella proposta, in modo chiaro e partecipato, insieme alle parti sociali, per portarla con forza al confronto con il governo nazionale».

Secondo i sindacati, il governo nazionale può e deve licenziare il decreto con le opportune modifiche per garantire, senza margini di incertezze o interpretazioni, tempi e modalità di realizzazione delle infrastrutture. Le aziende invece, dovranno strutturarsi per contribuire a rendere attrattive le aree industriali sulle quali dovranno sorgere i poli energetici per la nuova generazione di energia, elettrica e termica da gas oggi, da idrogeno e biogas in futuro.

Per centrare l’obiettivo e correre spediti verso la de-carbonizzazione senza rischiare il collasso del Sistema Sardegna, occorre che la bozza renda espliciti alcuni punti. Eccoli: i volumi della fornitura, perché le quantità di Gnl non possono essere subordinate a futuri calcoli ma sono un dato prioritario da definire subito; tariffe in linea con il mercato italiano e non per un periodo limitato; certezza sulla Fsru nella zona industriale di Porto Torres e relativa rete di collegamento con l’area di Sassari; previsione della rete di interconnessione tra rigassificatori e bacini di stoccaggio, anche con riguardo alle aree del Nuorese dell’Ogliastra e della Gallura. In riferimento alla Fsru al Sud occorre superare le incertezze sulla realizzazione nel Sulcis Iglesiente e definire investimenti in maniera da arrivare in tempi rapidi alla infrastrutturazione dell’area di Cagliari e del sud Sardegna.

Infine, sulle nuove produzioni da Fer, le indicazioni contenute nella bozza, sia per le nuove installazioni di impianti che per gli accumuli, dovranno essere oggetto di specifica programmazione che definisca tipologie, ubicazione, connessione alle filiere green e specifici iter autorizzativi con relativi tempi di realizzazione. Un progetto complessivo di transizione non può che puntare sulla diversificazione, per evitare gli effetti speculativi che stanno determinando i rincari delle bollette elettriche e la crisi di intere filiere, comprese quelle energivore.

Quest’oggi la segretaria generale della UIL Sardegna, Francesca Ticca, ha lanciato un forte l’allarme sull’eventualità che il Punto nascite dell’ospedale CTO di Iglesias possa chiudere i battenti. L’autorevole sindacalista ha posto l’attenzione sull’esiguo numero di parti registrato nel 2020 e, soprattutto, nei primi 6 mesi di questo anno nei quali si sono conteggiati solo 133 parti. Una cifra di gran lunga inferiore a quella che si sarebbe dovuta registrare per arrivare a dicembre alla soglia minima di 500 parti, indispensabile per ottenere una nuova deroga.

Il problema è serio e riguarda innumerevoli aspetti. Di sicuro la denatalità e lo spopolamento, ovvero la diminuzione della popolazione residente, nonché il numero sempre minore di persone che (a causa della crisi e dell’assenza di opportunità) decidono di mettere su famiglia e investire sul proprio futuro, influiscono consistentemente nel numero generale dei parti. Ma è la mobilità passiva, ossia l’esodo di partorienti verso altre strutture al di fuori del territorio, a determinare pesantemente questa situazione.

Molte donne, inutile nascondercelo hanno maturato la percezione che il nuovo Punto nascite non sia sufficientemente sicuro e attrezzato per garantire la massima sicurezza alle partorienti e ai propri figli. Perché nel tempo sono state diverse le criticità emerse per l’assenza di importanti reparti (si pensi alla rianimazione prima, al laboratorio analisi adesso) e di servizi connessi. Ad esempio, ancora oggi, non si può partorire in modalità indolore nel nostro territorio.

L’altro elemento di criticità gravissimo, è la cronica carenza di personale sia infermieristico che medico. In specifici reparti si è arrivati al punto, oramai, di non poter garantire le normali turnazioni e nemmeno le più basilari prestazioni all’utenza. Molti operatori sanitari, stremati, rinunciano alle proprie ferie per garantire il funzionamento dei propri reparti.

20 anni di gestione della sanità non sempre lungimirante e adeguata alla complessità dei problemi, ci ha portato a questa situazione.

Nondimeno, lo ha spiegato bene la Segretaria della UIL, tutte le promesse fatte negli anni scorsi, nell’ambito della precedente riforma sanitaria, per il rafforzamento della medicina territoriale, sono rimaste lettera morta. Non si sono potenziate le strutture e non si è avvicinata l’offerta sanitaria alle comunità territoriali, con particolare attenzione per la medicina di genere e quindi per la creazione di percorsi, gestiti da professionisti in strutture apposite, a sostegno delle donne per tutto il proprio periodo di gravidanza.

Oggi siamo obbligati, ancora una volta, a inseguire i problemi. Gli stessi che speriamo di risolvere definitivamente con l’entrata in vigore della nuova riforma che rimodulerà l’offerta sanitaria in base alle esigenze e ai bisogni emergenti dal territorio, la cui attuazione è concretamente prevista a partire dal 2022.

Inutile però nasconderci che la problematica del Punto nascite necessiterà di interventi su più livelli e anche una seria azione politica di rilancio del territorio sotto i punti di vista economico e sociale per invertire i fattori di decremento demografico. Le grandi opportunità del PNRR potranno aiutarci e non poco in tal senso.
Ma soprattutto sarà necessario costruire servizi sanitari d’eccellenza che restituiscano ai cittadini una percezione d’efficienza e sicurezza e possano invertire il trend negativo di mobilità passiva presente, ormai, per numerose fattispecie di prestazioni sanitarie.

Nell’immediato però, e qui faccio mio l’appello di Francesca Ticca, serve una forte reazione di tutte le istituzioni e in particolare della Regione Sardegna che dovrà chiedere a gran voce, vista la particolare situazione dettata dalla crisi pandemica, la concessione di una nuova deroga per il Punto nascite in attesa di risolvere, si spera una volta per tutte, i problemi sopracitati.

La mia attenzione sull’argomento è fortissima. In alcun modo il nostro territorio può rinunciare a un servizio fondamentale come quello del Punto nascite.

Fabio Usai

Consigliere regionale

Il Sulcis Iglesiente con un tasso di natalità dello 0.97% ed una prospettiva di calo demografico del 25,5%, detiene un triste primato sui temi della denatalità e dello spopolamento. Il pericolo della chiusura dell’unico punto nascita del Sulcis Iglesiente, segnalato in data odierna dall’intervento della Segretaria Generale UIL Francesca Ticca, comprometterebbe gravemente il futuro di questo territorio poiché è noto che la materia sanitaria sia strettamente correlata ai dati demografici.

Dopo la Conferenza Territoriale Socio Sanitaria di lunedì 15 febbraio, convocata presso la sala polifunzionale di Carbonia, tra le criticità della sanità locale, è riemerso il tema dell’assenza del parto in analgesia. Da Villamassargia è così partita una mobilitazione che ha in primis coinvolto un centinaio di amministratori in tutta la Sardegna, professionisti ed associazioni di settore, e che nel giro di pochi mesi è approdata oltre mare.

L’Amministrazione di Villamassargia ha particolarmente a cuore la cura dell’infanzia, i temi del lavoro, dell’educazione e della parità di genere, portando avanti da alcuni anni ambiziosi progetti che hanno il valore di riportare al centro la persona e le famiglie, come il Polo 06 Ilaria Alpi (primo agrinido e agriasilo pubblico della Sardegna) e lo Sportello per la Famiglia. Per questo, ci stiamo battendo al fine di tenere sotto i riflettori il tema della sanità e dei servizi nel Sulcis Iglesiente, fino ad arrivare ad interessare teste importanti come BBC news, Nos news (la Rai olandese, ndr), The Guardian, The Observer, Internazionale e Rai Tre.

EVIDENTEMENTE NON BASTA: l’esponenziale riduzione del numero dei parti nel punto nascita di Iglesias, le difficoltà sul percorso nascita e l’accesso alla prevenzione (medicina di genere), soprattutto senza poter usufruire del parto indolore, rendono il nostro territorio la periferia dei servizi pubblici in Sardegna e ci obbligano a prendere posizione in difesa di questo servizio sanitario.

«L’immagine delle culle vuote riportata dal notiziario britannico BBC News è l’istantanea di un paese che invecchia, senza prospettiva di rinascita. Non è quello che vogliamo! Perciò mi appello al Presidente della Regione, ai rappresentanti politici tutti e agli organi competenti, all’ANCI e alle organizzazioni del territorio per fare fronte comune per ricostruire una sanità alla portata del cittadino, che dia il giusto valore alla qualità dei servizi sanitari e della medicina territoriale, e che ritengo essere ora una priorità per vincere la battaglia contro la denatalità e lo spopolamento. Da qui dipenderà il futuro del Sulcis Iglesiente.»

Debora Porrà

Sindaca di Villamassargia

Il Punto Nascite dell’ospedale CTO di Iglesias, l’unico del Sulcis Iglesiente, rischia seriamente la chiusura. I numeri dei parti annuali, soprattutto quelli registrati nei primi 6 mesi di quest’anno, lasciano poco spazio alle interpretazioni. Perché se è vero, come previsto dalle normative nazionali, che per ottenere una deroga (dal Ministero della Salute) per il mantenimento in funzione dell’importante servizio bisogna raggiungere quantomeno la fatidica soglia di 500 parti annuali, né l’anno scorso con 350 parti e né quest’anno si è riusciti e si riuscirà a centrare l’obiettivo. Da gennaio ad avantieri – 8 giugno, ossia nei primi 6 mesi del corrente anno, infatti, sono stati solo 133 i parti effettuati al Punto Nascite dell’ospedale di Iglesias; nel 2020, nel medesimo lasso di tempo (dal 1 gennaio all’8 giugno), si sono invece registrati 142 parti. Numeri insufficienti che mettono a serio rischio il proseguo del servizio che già a inizio anno aveva ottenuto dal Ministero una deroga per il proprio funzionamento ma che adesso, se si confermasse questo trend, potrebbe essere messa seriamente in discussione.

Un’ipotesi assolutamente deleteria, da scongiurare in qualsiasi modo. Tanto più in un territorio che da decenni patisce un progressivo depotenziamento dei propri servizi sanitari a causa di politiche non sempre attente ai bisogni reali dei cittadini, nonché ai fenomeni di depauperamento economico, sociale e demografico, oramai diffusi in ogni centro urbano. Non è un mistero, infatti, che dal 2011 al 2020, come ultimo anno preso come riferimento dall’Istituto di Statistica Nazionale per il censimento della popolazione residente, si sono registrati nelle comunità del Sulcis Iglesiente 8.170 abitanti in meno. Un progressivo calo dei residenti dovuto al saldo tra i deceduti e nuovi nati, e dunque dall’amplificarsi della denatalità e dall’emigrazione di tanti giovani verso altri lidi alla ricerca di nuove opportunità di realizzazione professionale.

Dati e contesto economico-sociale che incidono ovviamente anche sul progressivo calo nel numero dei parti. Allo stesso modo della mobilità passiva da parte delle partorienti verso altre strutture regionali. Sempre più donne, infatti, negli ultimi anni hanno scelto di non partorire nel Sulcis Iglesiente e di andare altrove. In parte perché dubbiose (dopo anni di pubblicità negativa, contrapposizione e delegittimazione pubblica dei servizi sanitari territoriali) sull’effettiva capacità della struttura di Iglesias di assicurare tutti i principali standard di sicurezza per se stesse e la salute dei propri figli, e in altra misura perché desiderose di avvalersi di importanti servizi, ad esempio, come quello del parto analgesico oggi assente all’ospedale CTO di Iglesias.

Un fenomeno, quello dell’insicurezza delle partorienti e della mancanza di adeguati servizi qualitativi, e dunque della mobilità passiva, che si è accentuato nel tempo a causa della mancata attuazione della precedente riforma sanitaria che aveva promesso di implementare e rafforzare i meccanismi della medicina territoriale e, soprattutto, di genere. Permettendo la nascita di servizi virtuosi decentrati per la presa in carico da parte di professionisti sanitari delle donne per tutto il percorso della gravidanza, direttamente nelle proprie comunità, e contestualmente il rafforzamento del Punto nascite con l’implementazione oltre che di importanti servizi come il parto analgesico, anche di tutti quegli strumenti (servizi, macchinari tecnologici, e reparti) indispensabili per garantire la totale sicurezza delle madri e dei propri figli, prima e dopo la nascita.

Per lunghi anni le promesse sono rimaste disattese e nel contempo è cresciuta la diffidenza. Soprattutto in quegli ambiti territoriali più periferici rispetto alla città di Iglesias, nei quali a suo tempo, nell’anno 2015, il trasferimento del reparto dall’ospedale Sirai al CTO non era stato accolto di buon grado.

Mettendo da parte il passato e qualsivoglia responsabilità pregressa, ora bisogna però reagire e trovare delle soluzioni: sia nel brevissimo termine per scongiurare ogni tentazione di chiusura, sia in prospettiva per costruire le migliori condizioni di accoglienza nelle strutture del territorio e invertire la tendenza alla mobilità passiva (che peraltro insiste su numerose altre fattispecie di prestazioni sanitarie). E in generale, in futuro, con politiche a più ampio respiro, magari sfruttando le enormi potenzialità del “piano nazionale di ripresa e resilienza” anche per invertire i fenomeni della denatalità e dello spopolamento.

Rivolgo, dunque, un appello a tutte le forze politiche e sindacali del territorio e della Regione a fare fronte comune su questa battaglia, per sollecitare il ministero della Salute a rinnovare la deroga al Punto nascite del CTO anche per gli anni a venire, in considerazione anche del particolare periodo di pandemia che viviamo e che, ovviamente, non può essere considerato ordinario e dunque affrontabile con le valutazioni e gli strumenti tradizionali.

Mi appello anche ai lavoratori del sistema sanitario territoriale, dagli operatori in campo fino a coloro che hanno responsabilità dirigenziali, affinché profondano sforzi ancora maggiori, rispetto a quelli già profusi, per preservare le strutture ospedaliere e garantire un’offerta sanitaria all’altezza delle aspettative dei pazienti e in generale dei cittadini del territorio. Poiché solo operando tutti nella stessa direzione si potrà preservare quello che è un bene di tutti e senza il quale lo stesso futuro del territorio verrà messo in grave discussione.

Contestualmente però è indispensabile che in questo lasso di tempo si dia concretamente e seriamente gambe alla ricostituzione dei servizi legati alla medicina territoriale. L’attuazione della nuova riforma, ancorché presenti diversi punti di criticità e non chiarisca tutti i dubbi, è un’importante occasione per invertire la tendenza e costruire nel territorio del Sulcis Iglesiente un’offerta sanitaria organica, diffusa e adeguata alle reali esigenze dei pazienti, a partire dal Punto Nascite. Ma non solo a esso ovviamente…

Francesca Ticca

Segretaria generale UIL Sardegna

Il 3 giugno 2021 verrà inaugurato il Centro Famiglia del PLUS distretto di Iglesias, a Villamassargia, con due sportelli territoriali a Iglesias e Buggerru. La presentazione del progetto sarà corredata da un dibattito sul tema “La persona al Centro. Natalità e Lavoro” con importanti contributi regionali e nazionali. Alle ore 9,30, a Casa Fenu, a Villamassargia, si terrà un incontro, moderato dall’assessore del comune di Villamassargia Marco Mandis, che inizierà con i saluti di Gabriella Atzena, responsabile del Distretto Plus Iglesias, e Dimitri Pibiri, presidente della Coop. La Clessidra. Seguiranno gli interventi programmati della sindaca Debora Porrà, della responsabile Servizi Sociali del comune di Villamassargia Denise Orrù, della direttrice delle Politiche sociali della RAS Francesca Piras, della direttrice di ANCI Sardegna Daniela Sitzia, della responsabile Ufficio Sviluppo Progetti per la Tutela dei Diritti di Pari Opportunità di Roma Capitale Alessandra Staiano, della Segretaria Regionale UIL Francesca Ticca.

La misura. L’assessorato dell’Igiene, Sanità e delle Politiche Sociali e l’ANCI Sardegna hanno condiviso un Piano Operativo che prevede una serie di azioni e attività aventi come obiettivo strategico la promozione del benessere familiare, anche come strumento di contrasto allo spopolamento e alla denatalità per il rilancio demografico. Il Centro per la famiglia, dopo una battuta d’arresto per via delle restrizioni legate all’emergenza sanitaria, nasce a Villamassargia, Comune capofila del progetto per il PLUS Iglesias. L’emergenza ha creato un grave disagio sociale nel territorio del Sulcis Iglesiente ed il Centro Famiglia rappresenta una risposta concreta a questa crisi che travolge in maniera trasversale le famiglie, come evidenzia la Sindaca di Villamassargia, Debora Porrà: «Per superare questo difficile momento, non bastano iniziative isolate, bensì è prioritario fare rete ed integrare le misure messe in campo su infanzia, giovani, terza età, politiche di genere e occupazionali». L’assessora delle Politiche sociali di Iglesias Angela Scarpa aggiunge, inoltre, che «l’apertura del centro famiglia rappresenta un servizio fondamentale per il territorio, che implementa la programmazione portata avanti dai singoli comuni del Plus a sostegno delle famiglie, soprattutto in un periodo storico particolare come quello che stiamo affrontando che vede nella complessità una nuova sfida per intercettare bisogni a cui dare risposta».

Gli obiettivi. Promuovere un welfare familiare, che sia compatibile con le esigenze del territorio distrettuale, richiede azioni di capacitazione delle famiglie (empowerment) e sostegno alla genitorialità assicurando una presa in carico integrata e interprofessionale che possa sfruttare i principi del lavoro di rete per organizzare o riorganizzare gli interventi. Il servizio è stato affidato alla cooperativa sociale La Clessidra e si svolgerà in modo itinerante tramite gli sportelli territoriali a supporto dei Comuni del Distretto. È rivolto a famiglie, coppie, genitori, singoli componenti del nucleo famigliare residenti nei territori interessati.

«L’apertura del Centro famiglia e dei diversi sportelli previsti nel territorio Plus Iglesias – afferma l’assessore dei Servizi sociali di Villamassargia Marco Mandis – si propone, come scopo principale, quello di creare una struttura di intervento sociale integrata, in grado di andare incontro all’utenza e funzionale rispetto ai servizi già esistenti, per perseguire e raggiungere il benessere all’interno delle famiglie con azioni adeguate.»

Le attività. Lo Sportello sarà attivo una volta alla settimana nei comuni di Villamassargia, Iglesias e Buggerru. Con la presenza di una pedagogista ed una psicologa, si garantiranno: un contatto diretto con le famiglie, incontri individuali, percorsi di orientamento e informazione per i genitori, finalizzati a garantire il superamento delle situazioni di crisi e di disagio psico-sociale e relazionale che possono verificarsi all’interno di famiglie con minori. I contatti per l’utenza sono 3939897435 (telefono) oppure centrofamigliaplusiglesias@gmail.com (email).

Quali prospettive, per il Sulcis Iglesiente, con l’utilizzo delle risorse europee in arrivo? Se n’è parlato ieri con la segretaria regionale della UIL, Francesca Ticca, a Carbonia su invito del consigliere regionale sardista Fabio Usai. 

Oggi, su questi temi, pubblichiamo l’intervista realizzata con Fabio Usai che ha rimarcato la necessità, per la spendita delle risorse europee, di una cabina di regia e di un clima di condivisione e di unità.

 

Questa mattina la segretaria regionale della UIL Francesca Ticca, ha tenuto una conferenza stampa, a Carbonia, su invito del consigliere regionale sardista Fabio Usai, nel corso della quale ha fatto il punto sulle possibili prospettive di sviluppo del Sulcis Iglesiente, alla luce del Just transition fund e degli altri strumenti prossimi al decollo. Si è poi intrattenuta tutto il giorno in città, per una serie di incontri, organizzati nel rigoroso rispetto delle restrizioni imposte dal Covid-19.

Vediamo l’intervista realizzata con Francesca Ticca.

Lunedì 24 maggio, alle 11.00, in piazza Roma sotto la Torre Civica, a Carbonia, la segretaria regionale della UIL Francesca Ticca, terrà una conferenza stampa per fare il punto sulle vertenze territoriali e sulle possibili prospettive di sviluppo del Sulcis Iglesiente, nonché per delineare il ruolo della sua organizzazione nei processi economici (Just transition fund, Pnrr, etc…) in arrivo e in itinere.

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Martedì 30 giugno 2020, dalle ore 17,00, a Casa Fenu, in via Santa Maria a Villamassargia, si svolgerà un dibattito sulla sanità, su un progetto per un nuovo ospedale d’eccellenza nel Sulcis Iglesiente. L’incontro, coordinato da Giampaolo Cirronis, sarà così strutturato: nella prima parte, il comune di Villamassargia presenterà la proposta sottoposta alla Regione Sardegna. A seguire, il confronto con le istanze dei sindacati e degli ordini professionali che potranno intervenire con un proprio contributo.

Hanno confermato la loro presenza: Raimondo Ibba, ex consigliere regionale e per diversi anni presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Cagliari; Angela Quaquero, presidente dell’Ordine degli psicologi della Sardegna; Graziano Lebiu, presidente dell’OPI di Carbonia Iglesias; Antonello Congiu (delegato da Michele Carrus), segretario della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale; Gavino Carta, segretario generale della CISL sarda; Francesca Ticca, segretaria generale della UIL sarda; Maria Porru, presidente dell’Ordine dei Tecnici Sanitari.

Nel rispetto delle norme per il contrasto al Covid-19, l’incontro si terrà in presenza con distanziamento fisico, senza pubblico e con trasmissione in diretta streaming per consentirne a tutti la visione.