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Lettera di Roberto Frongia e Maria Antonietta Mongiu (Comitato per l’Insularità in Costituzione) al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie on. Francesco Boccia.
Onorevole Ministro Prof. Francesco Boccia,
Le scriviamo come rappresentanti del Comitato per l’inserimento del principio di Insularità in Costituzione che ha costruito, negli ultimi due anni, un percorso condiviso in tutta la Sardegna, affinché le cittadine e i cittadini sardi possano godere, come sancito dalla Costituzione, di pari diritti, di pari dignità, e di pari servizi con il resto d’Italia.
Nelle ultime sintetiche righe Le abbiamo riassunto lo stato delle cose e la missione del Comitato: ovviare a una storica discriminazione attraverso l’inserimento in Costituzione di quel “principio di Insularità”, considerata a buon diritto la “battaglia dei sardi” di quelli residenti e di quelli emigrati. Un’iniziativa trasversale che unisce gli schieramenti politici, nessuno escluso; imprese; associazioni di categoria, datoriali e sindacali; cultura; sport; università. In sintesi tutta la Sardegna.
Come ricordano i verbali parlamentari, Emilio Lussu, uno dei padri della Patria, intervenendo, il 14 novembre 1946, nella discussione sulle autonomie locali, per la redazione dell’art. 116 della Costituzione «Fa presente che la Sicilia e la Sardegna sono delle isole […] onde la necessità di metterle in condizioni di poter funzionare […] concedendo loro una particolare forma autonomista». Ma, come ben sa, la riforma del titolo V ha cancellato dall’art. 119 il riferimento alle Isole.
In questa diversa fase dell’autonomismo, non ultimo quello delle Regioni a Statuto speciale, la Sardegna si interroga sui fondamenti stessi della sua Autonomia che nell’insularità ebbe le ragioni fondanti, riconosciute dai padri e dalle madri costituenti. Il Comitato ben per questo si è fatto portavoce del diffuso sentire che si è materializzato in una Proposta di legge di iniziativa popolare, che sottoponiamo alla Sua attenzione, che chiede l’inserimento del “principio di Insularità in Costituzione” affinché venga finalmente riconosciuto il grave e permanente svantaggio naturale per essere un’isola, geograficamente, altro dalla terraferma.
Una differenza che nei decenni si è vieppiù tradotta in un aumentato gap infrastrutturale certificato da un’indebolita coesione nei trasporti, all’interno dell’isola e tra questa e la terraferma, nei ritardi nelle reti energetiche e di comunicazione, nel freno allo sviluppo socio-economico. Di fatto la Sardegna a differenza degli altri territori nazionali di terraferma è gravata da una servitù che inerisce negativamente in un’ampia gamma di diritti costituzionali che facilmente si possono declinare dall’Istruzione alla Sanità. Lo riferiscono tutte le statistiche disponibili.
Le più gravi? Essere la Sardegna di recente rientrata tra le regioni dell’Obiettivo 1 dell’Unione Europea o avere un indice di competitività del 23,75%, contro quello medio europeo del 60,3% e del 57% della Lombardia. Nel mentre 3.500 giovani sardi, in gran parte laureati e diplomati, lasciano ogni anno l’isola perché come spiegano i sociologi non vi trovano alcuna opportunità.
Ecco la ragione per cui oltre 100.000 sardi e sarde, di cui il 30% costituito da giovani, hanno sottoscritto la Proposta di legge di iniziativa popolare per modificare l’art. 119 della Costituzione con l’inserimento del principio di insularità. Ciò interpella, contestualmente, il Governo e il Parlamento della Repubblica se la Riforma delle Autonomie, con cui non vorremo si confondesse la nostra Proposta di legge, punti davvero a introdurre una effettiva uguaglianza e pari opportunità tra i territori che fanno parte dello stesso Stato oppure se ne accresca le differenze e le distanze che diventano incolmabili se tutt’altri sono stati, storicamente, i punti di partenza.
Potremo intraprendere, anche con Lei, il percorso che comunque stiamo conducendo nei nostri territori, di analisi sulle classi dirigenti sarde, passate e recenti, per non aver ravvisato, nei confronti dello Stato centrale la necessità di un’azione efficace per emancipare la Sardegna da uno stato di minorità. D’altra parte lo stesso Emilio Lussu avvertì le carenze dello Statuto speciale della Sardegna e se ne dispiacque per tutta la vita.
L’azione positiva del Comitato per l’inserimento del principio di Insularità in Costituzione ha mirato e mira a coinvolgere cittadine e cittadini, classi dirigenti dei settori pubblico e privato, intellettuali e studiosi, nella creazione di un modello di confronto che attualizzi con nuove parole d’ordine, proposte, approfondimenti, una rinnovata idea autonomistica. È per questo motivo che il riconoscimento del principio di Insularità in Costituzione deve essere la condizione necessaria perché la Riforma delle Autonomie non sia elemento di ulteriori disequilibrio e preludio a un assetto istituzionale che favorisce alcune regioni a discapito di altre.
La Sardegna, come è noto, non è definibile sud e nemmeno nord e soprattutto la sua storia, le sue ragioni, le sue esigenze e le sue prospettive non sono omologabili a quelle del nord o del mezzogiorno d’Italia. Ad oggi i sardi, a differenza degli altri italiani del nord e del sud, non vedono attuata nei propri territori la Costituzione della Repubblica nella sua pienezza.
Auspichiamo pertanto che il Suo Governo avverta la necessità di intervenire quanto prima non concedendo favori o un sostegno particolari alla Sardegna quanto un riconoscimento non più dilazionabile. Certi che Lei condividerà l’esigenza di arrivare quanto prima a una discussione della proposta di legge che ormai giace in Commissione da oltre un anno, in attesa, se vuole, di poterLa incontrare per meglio discuterne La preghiamo di gradire i nostri più cordiali saluti.
Roberto Frongia
Maria Antonietta Mongiu