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La commissione Sanità, presieduta dall’on. Raimondo Perra (Psi) ha ascoltato i rappresentanti regionali dei laboratori di analisi chimico-cliniche e l’assessore Luigi Arru per un esame “incrociato” delle problematiche del settore, alla luce dei nuovi indirizzi predisposti dalla Giunta regionale.
A nome della Federlab Enrico Tinti ha ricordato che, a seguito del recente accordo Stato-Regioni, la Giunta ha emanato una delibera «che modifica profondamente i requisiti per l’accreditamento delle strutture e pone significativi paletti sul volume delle prestazioni». «Ciò comporta – ha spiegato – soglie molto alte delle stesse prestazioni (200.000 l’anno) che per la Sardegna non sono sostenibili, anche per rapporto fra popolazione e strutture di analisi che è il più elevato d’Italia». «Inoltre – ha sottolineato – non è realistico pensare che in un solo anno si possano portare a termine processi di aggregazione in un tessuto di imprese medio-piccole, molto diversificato sul territorio; chiediamo sia il ridimensionamento delle soglie che una tempistica adeguata alla creazione di nuove reti di impresa». Tinti, in conclusione, ha messo in guardia la commissione dalla nuova tendenza nazionale ed europea di dare vita ai cosiddetti supermarket delle analisi: «Forse ci sarebbero vantaggi sui costi, ma danni altrettanto certi all’indotto e, soprattutto, al rapporto col paziente».
Francesco Cogoni, della Assolab, ha ribadito l’importanza del rapporto fra strutture di analisi e territorio segnalando alla commissione che «i laboratori operano in molte realtà medio-piccole della Sardegna dove non c’è la presenza delle Asl, un dato di specificità di cui la programmazione sanitaria regionale deve tener conto».
E’sbagliato, secondo Paolo Loddo della Sapmi, «associare i laboratori di analisi ad un generico concetto di malasanità, anzi bisogna ricordare che il settore ha subito negli anni tagli del 60% sulle prestazioni e che spesso i budget assegnati vengono esauriti nei primi 15 giorni del mese, segno che bisogna ridiscutere con urgenza il tariffario regionale».
Francesco Spissu della Mednet, infine, ha annunciato che a breve scadenza sarà consegnato alla commissione un documento comune della categoria, rilanciando poi la preoccupazione diffusa delle imprese del settore per gli accorpamenti in vista »che metterebbero a rischio il mantenimento dei requisiti di accreditamento per le singola strutture».
Nel dibattito hanno preso la parola i consiglieri regionali Luca Pizzuto (Sel), Fabrizio Anedda (Misto), Augusto Cherchi (Pds), Giorgio Oppi (Udc), Rosella Pinna e Luigi Ruggeri (Pd), Alessandra Zedda (Forza Italia) e Michele Cossa (Riformatori).
Nella seconda parte della seduta si è sviluppato un serrato confronto fra la commissione e l’assessore della sanità Luigi Arru.
Lorenzo Cozzolino, del Pd, ha messo l’accento sulla insostenibilità della soglia di 200.000 prestazioni per la Sardegna «dove i laboratori effettuano una media annuale inferiore alle 60.000 prestazioni». Il consigliere del Pd ha quindi auspicato una profonda revisione della delibera della Giunta, «sia perché lo stesso accordo con lo Stato lascia autonomia decisionale alle singole Regioni e, nel nostro caso, dobbiamo usarla fino in fondo, sia perché le stesse direttive nazionali del Ministero della Salute privilegiano la strada del miglioramento dei processi organizzativi rispetto a quella dei tagli lineari».
Considerazioni analoghe a quelle di Cozzolino sono state espresse, con diverse sottolineature, dai consiglieri Alessandra Zedda ed Edoardo Tocco (Forza Italia), Augusto Cherchi (Pds), Luca Pizzuto (Sel) e Fabrizio Anedda (Misto).
Nella sua replica l’assessore Arru ha manifestato apertura per una “rimodulazione intelligente” della libera, anche nell’ambito della definizione della nuova rete ospedaliera, purché «si mantenga l’obiettivo di fondo di migliorare la qualità del servizio e l’efficienza delle strutture». «Non dimentichiamo – ha ricordato – che in questi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante anche nella diagnostica e la stessa soglia delle 200.000 prestazioni emerge dalla letteratura scientifica». Detto questo, ha concluso, «nessuno vuole chiudere niente però dobbiamo essere consapevoli, tenendo conto anche che le stesse prestazioni in Sardegna costano il doppio rispetto al resto d’Italia e che siamo in piano di rientro, siamo al centro di un processo di cambiamento che, pur nella sua gradualità, è irreversibile».
L’assessore, come annunciato nella precedente riunione, ha fornito un rapporto dettagliato sulla situazione dei laboratori di analisi in Sardegna. In base ai dati riferiti al 2015, i laboratori privati attivi che forniscono prestazioni al servizio sanitario regionale sono 53, per un volume complessivo di oltre 3,6 milioni di prestazioni ed una media di circa 68.000 esami per struttura (nessuno laboratorio ha raggiunto la soglia di 200.000). I lavoratori occupati sono circa 450, principalmente biologi (119) e tecnici di laboratorio (57), più altre figure professionali come infermieri, medici, ausiliari ed amministrativi.
Su questi ed altri dati, compresa una mappa articolata delle strutture sul territorio regionale, si svilupperà il lavoro della commissione nelle prossime sedute.