23 April, 2025
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Quale futuro per l’industria nel Sulcis Iglesiente? E’ il tema dibattuto martedì 1 aprile nell’incontro organizzato dalle segreterie territoriali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, nell’anfiteatro di piazza Marmilla, a Carbonia. All’invito degli organizzatori hanno risposto in tanti: sette sindaci (Pietro Morittu, Carbonia; Ignazio Atzori, Portoscuso; Pietro Cocco, Gonnesa; Debora Porrà, Villamassargia; Paolo Dessì, Sant’Anna Arresi; Andrea Pisanu, Giba, presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Marcellino Piras, Villaperuccio); due consiglieri regionali, Luca Pizzuto di Sinistra Futura e Gianluigi Rubiu di Fratelli d’Italia; amministratori di diversi Comuni del Sulcis Iglesiente; don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias; i sindacalisti Franco Bardi (segretario generale della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale), Simona Fanzecco (CGIL Cagliari), Efisio Lasio (segretario SPI CGIL), Federico Matta (UIL territoriale); lavoratori di varie aziende; rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei pensionati; cittadini.

I lavori sono stati aperti dalla relazione del segretario regionale della FIOM CGIL Roberto Forresu, che a nome delle tre organizzazioni sindacali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, ha esposto le ragioni che hanno portato all’organizzazione dell’incontro, che ha parlato a braccio sulla base del testo che riportiamo integralmente.

«Grazie a tutti per la partecipazione, non era scontata la riuscita di un’iniziativa del genere. Il nostro ringraziamento va a tutti i sindaci del territorio per la disponibilità dimostrata immediatamente, ma soprattutto al sindaco di Carbonia Pietro Morittu per l’accoglienza e l’attenzione dimostrata sin dalla prima richiesta. Noi lo abbiamo scritto nel comunicato, abbiamo la convinzione che l’attenzione dedicata al territorio dalla politica ai massimi livelli, vada ricercata nelle mobilitazioni messe in campo in questo periodo. Contrariamente a quanto pensa qualcuno, non intendo le sole iniziative dei metalmeccanici, ma le metto insieme tutte, a partire da quella che i sindaci hanno promosso alla Portovesme srl, guarda caso qualche giorno prima della venuta dei ministri e della Presidente della Regione Alessandra Todde insieme agli assessori il 27 dicembre 2024. Così come hanno sicuramente dato risonanza i tanti appelli lanciati dalla Chiesa ed in particolare da don Antonio Mura, sempre presente a tutte le iniziative delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Lo sono stati anche i tanti articoli sui giornali e sulle Tv, delle Confederazioni, dalle categorie, direttamente interessate agli accadimenti industriali contemporanei. Perché dico questo? Per sgomberare il campo da equivoci o da alibi, che vogliono assegnare titolo di prim’ordine ai metalmeccanici, colpevoli secondo alcuni, di voler primeggiare in una contesa che in realtà non ci appartiene. Vogliamo primeggiare in una contesa che mette al centro le difficoltà, che parla delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Vogliamo lavorare fianco a fianco con tutti coloro che sentono il problema della decadenza industriale, come un problema proprio e non accettano le imposizioni aziendali, le delocalizzazioni industriali, la mancanza di politica industriale, che ci sta portando a perdere economia nel territorio, abitanti, giovani che sempre più spesso decidono di partire per cercare fortuna, o semplicemente lavoro altrove. Di sicuro abbiamo bisogno di chiarezza su quello che deve essere il futuro industriale del territorio e, allo stesso tempo, abbiamo urgenza che questa chiarezza venga a realizzarsi nel più breve tempo possibile. Perché come andiamo a ripetere da tempo, non esprimersi, o perdere del tempo nel decidere il futuro, equivale a bocciare prospettive di rilancio occupazionale e produttivo. Pensiamo a quanto sta avvenendo nella fabbrica di alluminio primario. Invitiamo tutti a pensare cosa deriva dalla fabbrica di alluminio primario. Qualsiasi prodotto che noi utilizziamo ha a che fare con l’alluminio, pensiamoci, pentole, infissi, telefonini, tv, motorini, biciclette, antenne, qualsiasi cosa ha a che fare con l’alluminio. Pensate che dal 2012 non si produce più un kg di alluminio in Italia. Uno pensa, beh sarà andato in crisi il mercato cosa ci possiamo fare? Eh no, il mercato dell’alluminio non è mai andato in crisi, anzi è sempre rimasto costante. Il Paese Italia ha semplicemente deciso di dipendere totalmente dalle produzioni straniere. Ma col passare del tempo ha fatto anche peggio, ha regalato lo stabilimento ad un privato, la Sider Alloys, anzi non è che l’ha solo ceduto, gli ha dato pure dei soldi, 148 milioni di euro dall’accordo di programma più 20 milioni di euro dall’Alcoa per il riavvio. In 4 anni si dovevano rioccupare oltre 500 persone e tornare alla produzione. Sapete cosa è accaduto? Pandemia, Via, Aia, PAUR, accordo bilaterale, piano industriale stravolto ogni sei mesi, hanno fatto passare sette anni inutilmente, dove di produzione non se ne parla neanche, e dove anziché fare il revamping per rilanciare lo stabilimento si è andati incontro ad uno smantellamento della sala elettrolisi e l’impianto è diventato una discarica a cielo aperto. Dopo la denuncia delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici ai massimi livelli, al prefetto, al MIMIT, all’assessore dell’Ambiente, alla Provincia, hanno cominciato a porre dei sigilli all’azienda. Siamo soddisfatti? Assolutamente no, perché il nostro unico intento è far ripartire quello stabilimento. Ci preoccupa che, nonostante tutto, il 27 marzo scorso sia venuta nuovamente Invitalia a visitare lo stabilimento, lo abbia fatto in compagnia di un’importante società straniera interessata all’acquisizione dello stesso, e dopo due di giri a vuoto, in cui non gli si è fatto vedere nulla di interessante, si torna a casa. Capite che c’è qualcosa nella politica che non funziona? Mesi e mesi a chiedere verifiche, controlli, poi avvengono, e si ricomincia da capo. Vogliamo, pretenderemo, che il 7 aprile prossimo, quando ci sarà una nuova convocazione al MIMIT, il Governo ci relazioni sulla visita in stabilimento, e ci chiarisca del perché una visita di quel valore, non viene affrontata con le dovute attenzioni. Vorrei ricordare che in quello stabilimento dovevano rientrare al lavoro oltre 500 unità, il picco massimo si è raggiunto a ottobre 2023 con poco più di 110 persone, oggi sono diventate meno di 70. Stiamo chiedendo la discontinuità rispetto a quanto avvenuto sino ad oggi. Sider Alloys, secondo noi, non è in grado di far ripartire un bel niente, il Governo assuma rapide decisioni che portino alla sostituzione in tempi brevi dell’attuale proprietà, alla quale non deve essere riconosciuto nessun altro tipo di finanziamento. Che attendono questo cambio, ci sono oltre 350 lavoratrici e lavoratori ancora in mobilità che hanno fatto lotte, subito denunce in conseguenze delle tante battaglie fatte per garantire il rilancio dello smelter di alluminio primario. Portovesme srl. La crisi della Portovesme, non è iniziata il 5 settembre 2024, lo sanno anche i muri, non prendiamoci in giro. Il patto con il territorio la Glencore lo decide quando alla guida dello stabilimento arriva l’attuale amministratore, che con azioni mirate decide di tagliare il personale incorporando determinate lavorazioni che prima erano di competenza degli appalti e vengono assegnate ai lavoratori diretti. Per un tozzo di pane vengono incorporate delle lavorazioni che danno qualcosa in più ai lavoratori ma riducono gli appalti all’interno dello stabilimento. Si passa nel giro di qualche anno da 1.500 lavoratori a 1.200, vengono interrotte le produzioni derivanti dal calcinato, prodotto nei reparti di arrostimento e lisciviazione, si ferma successivamente la linea del piombo, l’azienda nel periodo della pandemia decide di abbandonare le tariffe energetiche agevolate che attraverso accordi specifici le permettevano di avere costi energetici competitivi e passare per sua scelta al mercato del giorno prima. L’energia, non si consumava, c’era la pandemia, la gente era reclusa in casa, non si poteva uscire, i consumi energetici erano ridotti ai minimi termini, l’ente erogatore abbatteva i costi, quasi sino a regalarla l’energia. I profitti di quel momento erano esorbitanti, ma si sapeva che prima o poi sarebbero terminati. Passa la pandemia fortunatamente, ma questo mondo in cui viviamo non si fa mancare nulla, scoppiano le guerre aggiuntive, vicine come non mai, i mercati impazziscono per la mancanza di circolazione delle materie come avveniva precedentemente, i semiconduttori garantiti per le auto non si trovano più, mandando in crisi una delle più importanti filiere mondiali, quella dell’auto. I governi più industrializzati cominciano a interrogarsi sulle facili delocalizzazioni favorite negli anni, ma è tardi, è tremendamente tardi. Le guerre ci toccano da vicino, scelte discutibili impongono piani di investimento sul riarmo, il prezzo dell’energia elettrica torna ad aumentare a dismisura, e coloro che prima si erano avvantaggiati delle scelte derivanti dal mercato corrente, che prima avevano fatto utili a non finire, cominciano a porsi il problema del costo energetico. A come rinunciare volontariamente ad accordi energetici, favorevoli per guadagnare di più, intaschi soldi a palate dalle scelte che hai deciso di portare avanti, e non appena il mercato ti fa pagare il conto sulla tua ingordigia scarichi tutto sulla collettività? Allora diventa inconveniente produrre in Italia, ed ecco che si portano le produzioni di zinco in altri paesi come Spagna e Germania che garantiscono tariffe energetiche migliori delle nostre. Certo anche noi abbiamo bisogno di tariffe energetiche che permettono alle aziende di essere competitive, ma non abbiamo bisogno di aziende, che privatizzano gli utili e condividono le perdite, perché questo è quello che è avvenuto con Glencore. Che porta alla situazione attuale in cui si rinuncia a produrre zinco in Italia. Attenzione, si rinuncia a produrlo attraverso il processo elettrolitico, non si rinuncia alle produzioni attraverso il Waelz, dove vengono bruciati i fumi di acciaieria.

Veniamo al dunque. Quelle scelte, che ripeto, partono da lontano e non dal 5 settembre 2024, ad oggi fanno varcare i tornelli a poco più di 300 lavoratrici e lavoratori. Siamo davanti a un bivio, dettato dalle dichiarazioni dei ministri e della Presidente della Regione, fatte in fabbrica il 27 dicembre 2024, in cui hanno dichiarato strategiche le produzioni di piombo, zinco e alluminio. Vogliamo provare a conservarle davvero queste produzioni o vogliamo permettere che si continui a produrre solo attraverso i fumi di acciaieria, inventandosi i possibili rilanci produttivi derivanti dal litio e dalle black mass, o dalle filiere terminanti il ciclo con le batterie? Quanti anni ci vorranno? Soprattutto delle due l’una: mettiamo insieme due considerazioni: Glencore dichiara di non volere più produrre zinco in Italia e spara l’idea del litio in futuro. Il Governo dichiara che oltre a essere strategica la produzione di zinco, ci sono soggetti definiti importanti interessati allo stabilimento, e che questo non potrà essere fatto a spezzatino (parole del ministro Adolfo Urso), che quindi non ci potranno essere due galli nel pollaio. Quindi o si produce zinco o si punta al litio, tutte e due le cose non si possono perseguire, io propendo per la prima, sapete perché? Perché la seconda è un salto nel buio, perché la prima è un processo noto che occupava almeno mille persone, e vorrei provare a sfidare il Governo a rispettare gli impegni presi, ma il motivo più importante che fa pendere la bilancia verso quella decisione è essenzialmente uno: le imprese d’appalto e tutti i loro lavoratori, non reggono a lungo l’attuale situazione di 20 a lavoro e 80 in cassa integrazione, guardate che questa situazione l’abbiamo già vissuta in Eurallumina ed in Alcoa. Tutte le aziende in appalto sono fallite e noi vogliamo provare a non rivivere una situazione simile. Per questo siamo disponibili a mettere in campo ulteriori iniziative di lotta.

Poi ci sono le situazioni contingenti che sicuramente non sono meno importanti. Abbiamo urgente bisogno dell’arrivo del gas, della soluzione del DPCM Sardegna, perché sono soluzioni che potrebbero rilanciare l’Eurallumina, azienda che è pronta a mettere a correre un investimento imponente di oltre 300 milioni di euro e che permetterebbe l’assorbimento di gran parte della mano d’opera che sta per perdere il lavoro, che soddisferebbe la fame di lavoro delle aziende che fino a ieri hanno lavorato e in regime di monocommittenza in Glencore, e che permetterebbe di far trovare sfogo a nuove occupazione, non più attraverso gli ammortizzatori sociali CHE NON VOGLIAMO PIÙ, CHE SIA CHIARO. VOGLIAMO IL LAVORO! Così come diventa importante il futuro della centrale dell’Enel e fare in modo che continui la ricerca di appalto all’esterno. Con mano d’opera che non viene pagata, proveniente dall’esterno. È quanto sta accadendo in quella centrale. Vogliamo parlare, infine, dell’importanza del dragaggio del porto è di cosa potrebbe scaturire se si riuscisse a puntare sull’opportunità derivante dal polo nautico. Insomma, non solo crisi ma opportunità importanti che bisogna perseguire giorno dopo giorno. Il momento è adesso.»

Sono intervenuti, nell’ordine: don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale il Lavoro della Diocesi di Iglesias; Pietro Morittu, sindaco di Carbonia; Luca Pizzuto, consigliere regionale e segretario regionale di Sinistra Futura; Gianluigi Rubiu, consigliere regionale di Fratelli d’Italia; Ignazio Atzori, sindaco di Portoscuso; Renato Tocco, segretario territoriale della UILM UIL; Andrea Pisanu, sindaco di Giba e presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Giuseppe Masala, segretario territoriale e componente della segreteria regionale della FSM CISL; Manolo Mureddu, assessore dei Lavori pubblici e dell’Ambiente del comune di Carbonia; Giacomo Guadagnini, presidente della commissione Lavori pubblici del comune di Carbonia e consigliere d’amministrazione del Consorzio industriale provinciale Carbonia Iglesias; Mauro Manca (FIOM CGIL,), Massimiliano Lampis, Mauro Usai (RSU CQ-NOL), Luigi Manca, un lavoratore della Portovesme srl in pensione, Elio Cancedda.

Al termine è stato sottolineato che l’incontro è la prima tappa di un nuovo percorso che le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici hanno deciso di iniziare, auspicando la massima unità fra tutte le segreterie e le categorie delle organizzazioni sindacali, le forze politiche e sociali, per rilanciare la vertenza dell’intero polo industriale di Portovesme e restituire al territorio quanto gli è stato tolto in termini di lavoro e quindi di economia, per costruire tutti insieme un futuro migliore a breve, medio e lungo termine, partendo dall’industria e diversificando il tessuto produttivo.

Vediamo le interviste realizzate al termine dell’incontro, in piazza Marmilla, con i segretari Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Tocco.

 

 

I lavoratori ex Alcoa si sono riuniti in assemblea questa mattina davanti allo stabilimento di Portovesme, dove hanno lanciato un nuovo appello a Regione  e Governo per rilanciare la vertenza con un nuovo soggetto imprenditoriale. La produzione è ferma dal mese di dicembre 2012, quando Alcoa decise di abbandonare il sito, e da allora non è più ripresa, nonostante la cessione alla Sider Alloys, avvenuta sette anni fa, con la compartecipazione di Invitalia con una quota del 20%, in rappresentanza del Governo. I lavoratori in servizio quando Alcoa fermò la produzione erano oltre 1.000, oggi quelli impiegati nello stabilimento solo 70, numero sceso di circa 60 unità dal 2023 ad oggi e, nonostante l’assegnazione di un finanziamento di ben 150 milioni di euro, del revamping tanto atteso non c’è traccia. All’assemblea di stamane, al fianco di un centinaio di lavoratori, hanno partecipato i segretari delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici Roberto Forresu (FIOM CGIL), Giuseppe Masala (FSM CISL) e Renato Tocco (UILM UIL); Angelo Diciotti del sindacato autonomo CUB,; il segretario regionale della CGIL Franco Bardi; Francesca Nurra, segretaria regionale CGIL; i sindaci di Portoscuso Ignazio Atzori e di Villamassargia Debora Porrà; l’assessore dei Lavori pubblici del comune di Carbonia Manolo Mureddu; i consiglieri comunali di Carbonia Giacomo Guadagnini e Alberto Pili; il responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias, don Antonio Mura.

Vediamo le interviste con i segretari dei metalmeccanici Roberto Forresu (FIOM CGIL), Giuseppe Masala (FSM CISL) e Renato Tocco (UILM UIL).

 

 

Grande partecipazione questa mattina a Portoscuso, all’assemblea dei lavoratori metalmeccanici del polo industriale, organizzata dalle segreterie territoriali FIOM-FSM-UILM nella sala convegni del Consorzio industriale di Carbonia Iglesias, dopo le visite dei ministri del Lavoro Marina Calderone e del Mimit Adolfo Urso, in concomitanza con l’incontro odierno al Mimit con la Regione Sardegna, in vista delle prossime convocazioni che segneranno i destini di Eurallumina (20 gennaio), SiderAlloys (30 gennaio) e Portovesme srl (5 febbraio).

«Abbiamo assistito ad anni di sfruttamento del territorio, per poi arrivare a delocalizzazioni a favore di un maggior guadagno senza che ci sia alcuna crisi nella richiesta del primario prodottosostengono le segreterie territoriali FIOM, FSM e UILM -. Vale per l’alluminio, come per il piombo e lo zinco, ma è valso nel passato per la lana di roccia. Insomma una pratica adottata nel tempo che indebolisce e impoverisce il territorio. La mancanza di politica industriale ha portato alla crisi attuale e adesso occorre porre rimedio. La politica trovi gli strumenti affinché le cause che hanno determinato le chiusure si superino. Se l’arrivo del gas metano può rilanciare l’Eurallumina, se è vero come è vero che il costo energetico manda in crisi l’industria italiana, ed in particolare il comparto legato alle produzioni della Glencore, si trovino le giuste contromisure, altrimenti si faccia capire quale altra alternativa a Glencore, possa essere ritenuta credibile, se non si modificano le condizioni di svantaggio concorrenziale esistente per le realtà sarde. Si trovino soluzioni al phase-aut senza prevedere la chiusura dell’attuale centrale a carbone; come avvenuto in altre realtà, si impegni l’Enel a contribuire al rilancio e restituire parte dei reiterati lauti guadagni ottenuti in passato. Infine, su SiderAllos: si faccia un sunto di questi lunghissimi sette anni di conduzione della fabbrica, in cui gli occupati sono costantemente in diminuzione. La fiducia nell’impresa ha raggiunto i minimi storici. Le cause attribuibili in primis ad una incapacità industriale ormai accertata, dall’assenza di un piano industriale credibile, dagli smantellamenti effettuati, che mettono in dubbio il futuro produttivo dello stabilimento, dei debiti accumulati e delle mancate retribuzioni alla forza lavoro. Ma anche Invitalia socio al 20% non è indenne da responsabilità, per non essere stato un buon partner finanziario, ma soprattutto ma non aver controllato con attenzione lo scempio che ci ha portato alla disastrosa situazione odierna. Constatazioni, che fanno ritenere del tutto fuori luogo l’ulteriore finanziamento richiesto.»

In conclusione, l’assemblea, ha chiesto soluzione rapide, che tengano conto dell’emergenza in cui gran parte dei metalmeccanici del territorio si trovano. Urge garantire un reddito che non impoverisca le tante lavoratrici e Lavoratori attraverso un ammortizzatore sociale abbinato alla formazione, come discusso con i vari assessorati, per un periodo molto ristretto in cui si deve arrivare al nuovo rilancio industriale.

FIOM, FSM e UILM hanno chiuso l’assemblea, cui hanno partecipato il segretario generale della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale Franco Bardi e il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Gianluigi Rubiu, annunciando la volontà di mantenere alta l’attenzione, non escludendo ulteriori iniziative che si terranno nei prossimi giorni, sino agli incontri programmati, che devono essere propedeutici a soluzioni definitive.

Allegate le interviste con i segretari Roberto Forresu (FIOM-CGIL), Giuseppe Masala (FSM-CISL) e Renato Tocco (UILM-UIL).

   

 

L’attivo dei quadri e delegati svoltosi ai cancelli della Centrale Enel “Grazia Deledda” alla presenza delle segreterie confederali si è reso necessario oltre che per fare il punto sulla situazione attuale, anche per approfondire il contesto di assoluta incertezza nel quale si trovano i lavoratori indiretti. Tenendo altresì conto di tutti i ritardi con i quali sono partiti i bandi del JTF, e della totale assenza di una programmazione di prospettiva industriale a seguito del superamento e abbandono del fossile e alla conversione o meno della Centrale stessa. L’assenza di un confronto sindacale chiaro e trasparente con azienda e istituzioni che sciolga i dubbi sul futuro industriale di Enel nel polo di Portovesme, produce un effetto dannoso sulla tenuta sociale aggravato dall’impossibilità di valutare le future, reali capacità occupazionali del comparto degli appalti. Si è condiviso l’obiettivo comune di ottenere un tavolo istituzionale di confronto e trattativa a livello regionale, presenziato dai ministeri competenti, alla pari delle altre vertenze aperte ed inserito nel più ampio e generale tavolo di crisi permanente rivendicato dal sindacato e dovuto al territorio del Sulcis Iglesiente. Sono state esposte e prese in considerazione le tensioni tra i lavoratori diretti ed Enel culminate con la proclamazione dello sciopero nazionale nella giornata del 8 marzo, per il quale si valuta opportuna la partecipazione a livello territoriale delle segreterie di federazione del comparto e delle confederazioni. Si condivide la necessità di costruire un percorso di iniziative da intraprendere nei confronti della politica aziendale di Enel che nel territorio dopo anni di profitti, sembra intenda abbandonarlo senza dare prospettive di futuro industriale per i lavoratori indiretti. Azioni che si svolgeranno anche in attesa dell’insediamento della nuova compagine regionale governativa e finalizzate alla costituzione del “tavolo di crisi” che sappia intervenire sulla transizione sociale messa in discussione e non garantita dall’avanzamento del piano industriale di dismissione che porterà in tempi brevi allo spegnimento della centrale. Per le ragioni sopra esposte si chiede alle Federazioni coinvolte la proclamazione dello stato di agitazione utile ed indispensabile anche per le prossime forme di protesta che saranno concordate.

La Segreteria CGIL – Franco Bardi

La Segreteria CISL – Salvatore Vincis

La Segreteria UIL – Andrea Lai

 

Alcune centinaia di persone stamane hanno manifestato al Sirai di Carbonia per rivendicare i diritti negati nella Sanità pubblica. Nel corso del sit-in, organizzato dalle segreterie CGIL, CISL e UIL, sono state denunciate tutte le criticità che affliggono il sistema sanitario pubblico nel territorio della ASL Sulcis: la mancanza di medici di famiglia, pediatri e guardie mediche, servizi di base per malati, anziani, bambini, giovani e famiglie; distretti sanitari svuotati di personale e professionisti, impossibilitati alla presa in carico sanitaria e sociale integrata con i PLUS; ospedali nel caos per la chiusura di reparti ospedalieri e del Pronto soccorso per la mancanza di medici e personale sanitario; fuga dei medici in servizio e dei medici di nuova assunzione verso le grandi Asl della Sardegna e gli ospedali privati, a causa della disorganizzazione in essere, sottoposti a turni, orari e lavoro non in sicurezza per loro e gli assistiti; mobilità obbligata dei pazienti verso le altre Asl, i servizi della sanità privata e fuori dalla Sardegna per essere curati; liste d’attesa lunghissime per interventi chirurgici, cura di malattie croniche e per la prevenzione; i livelli essenziali di assistenza non garantiti e i tempi previsti per le prestazioni non rispettati; rinuncia alle cure per malati che non hanno risorse economiche o sono anziani e soli con difficoltà a spostarsi dentro e fuori dall’Isola; la Sardegna è la regione che nel 2022 ha avuto il 21,9% di morti in più rispetto agli anni pre-pandemia e non sono decessi dovuti al Covid; tempi lunghissimi per il riconoscimento dell’invalidità per malati oncologici, non autosufficienti e bambini con disabilità; si muore prima di avere il sostegno economico e i permessi e diritti di legge; il Servizio sanitario pubblico, è l’ultima denuncia contenuta del manifesto delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, anche con la riforma della Sanità della Giunta Solinas non è garantito nel territorio ma è sempre più allo sbando nonostante il costo altissimo nel Bilancio regionale.

Allegate le interviste con i segretari Franco Bardi (CGIL), Salvatore Vincis (CISL) ed Efisio Aresti (UIL).

 

Vertenza Sider Alloys sempre più calda: si mobilitano le segreterie di categoria FIOM, FSM e UILM e le segreterie generali CGIL, CISL e UIL. L’azienda ha riconvocato FIOM, FSM e UIL e ha comunicato loro la decisione di non rinnovare i contratti in scadenza. Le segreterie dei metalmeccanici hanno contattato le segreterie nazionali, sollecitandole a richiedere alla  politica la riconvocazione al MIMIT per arrivare urgentemente alle autorizzazioni necessarie e all’azienda di modificare la scelta fatta.

Anche le segreterie territoriali CGIL, CISL e UIL scendono in campo.

«E’ una notizia positiva quella appresa dell’approvazione di un ordine del giorno che impegna il Governo in merito alla vertenza Sider Alloys – si legge in una nota dei segretari Franco Bardi, Salvatore Vincis e Andrea Lai -. Una vertenza da troppi frettolosamente archiviata come risolta, e che invece a causa della dilatazione dei tempi burocratici autorizzativi, degli accordi energetici oltre che fattori esterni non prevedibili, vedi pandemia, hanno allungato a dismisura i tempi del revamping con necessarie correzioni ed adeguamento del piano industriale, rendendo la vicenda dei lavoratori in mobilità in deroga una vera odissea.»

«Come organizzazioni sindacali ci aspettiamo adesso una rapidissima presa in carico della situazione da parte dei ministeri competenti, perché i tempi sono ristrettissimi e si limitano a poche settimane, entro le quali deve esser data soluzione al piano di finanziamento, alle misure di rinnovo e garanzia per il 2024 degli ammortizzatori sociali – si legge ancora nella nota -. Pertanto, come richiesto dalle organizzazioni di categoria è necessario riaprire al più presto il tavolo di trattativa ministeriale. Nel frattempo, le nostre organizzazioni sindacali, stante lo stato di profonda crisi dell’intero territorio, che nel polo industriale di Portovesme vedono in atto complesse vertenze per tutte le aziende, con le produzioni ferme del tutto o quasi, che per la centrale ENEL non sono ancora chiariti in quali termini i finanziamenti del JTF daranno futuro alle centinaia di lavoratori degli appalti al momento dello spegnimento della centrale a carbone, considerano necessario affrontare il tutto con un nuovo accordo che riprogrammi il rilancio dell’intero polo e con questo l’economia del territorio. Per questo, abbiamo chiesto un incontro urgente al presidente della giunta regionale Christian Solinas, perché si faccia parte attiva sull’istituzione di un tavolo territoriale specifico per il Sulcis e il polo industriale, esteso a tutti i livelli istituzionali a partire dal governo nazionaleconcludono i segretari Franco Bardi, Salvatore Vincis e Andrea Lai -. Questo anche a seguito degli incontri con gli amministratori locali durante i quali si è ribadita la volontà di richiedere in modo unitario tra tutte le parti sociali, politiche ed economiche del territorio un nuovo accordo di programma che dovrà averetempi rapidi di definizione.»

Si è svolta lo scorso 12 settembre, presso lo stabilimento di Portovesme, una riunione fra la società Den Yachts e le segreterie CGIL CISL UIL, FIOM, FSM e UILM, nel corso della quale è stato illustrato lo stato di avanzamento del progetto Yachting Med Center Sardinia.

«Sono state esaminate le prospettive e le criticità che si possono dipanare a brevissimo termine con le oramai note novità riguardanti il DPCM Energiasi legge in una nota congiunta, firmata dal rappresentante della Den Yachts Ninetto Deriu e dai rappresentanti delle segreterie segreterie CGIL CISL UIL, FIOM, FSM e UILM, Franco Bardi, Salvatore Vincis, Andrea Lai, Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Toccoil supporto dimostrato dalla Regione e l’interesse dell’apparato di Governo preposto alla valutazione degli investimenti e infine per quello di vari investitori privati del settore di rilevanza internazionale.»

«In particolare la Den Yachts ha illustrato il layout del cantiere, che si sta approntando con la Navigo SCAR Italia, unitamente agli investimenti già effettuati, su terreni, fabbricati e macchinari, che prevede l’avvio del cantiere con il recupero e riconversione dei due siti della ex Metallotecnica e dell’ex ILA – si legge nella nota -. Tale progetto si prefigge di sviluppare un Polo della Nautica di alto livello per servizi, Refit e costruzione di grandi yacht e in cui la Sardegna e Portovesme in particolare, grazie alla sua posizione baricentrica nel Mediterraneo, può ricoprire il ruolo di “Isola Nautica”, integrandosi e lavorando in sinergia con i progetti di Cagliari e Olbia. Il progetto è inoltre caratterizzato da obietti di sostenibilità ambientale, con forte valore aggiunto e di impatto occupazionale, con un approccio manageriale orientato ai principi ESG, di sviluppo locale e del territorio. L’azienda, infine, informa che per la prossima settimana è calendarizzato un incontro alla Regione, dal quale auspica, possa scaturire l’accelerazione del progetto per il quale risulta fondamentale la chiarezza della fruibilità nel lungo periodo della banchina per la movimentazione delle imbarcazioni e il loro trasferimento al cantiere, come sopra detto, e viceversa.»

«Le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, FIOM, FSM, UILM, valutata l’esposizione a grandi linee del progetto unitamente alla qualità e la determinazione con la quale la società sta portandolo avanti, ritengono che la sua realizzazione potrebbe riservare per il territorio un importante realtà occupazionale ed economica – si legge ancora nella nota -. L’iniziativa, per come rappresentata, può essere volano di sviluppo anche accogliendo ulteriori importanti partners ed altre intraprese produttive, immaginando la realizzazione di un vero distretto della nautica. E’ quindi auspicabile e condivisibile la necessità che tutto l’iter burocratico possa trovare immediate risposte positive dalle istituzioni ed enti preposti alle autorizzazioni, concessioni, ed opere da realizzare nel porto e retro-porto di Portovesme.»

«Le organizzazioni sindacali ritengonoconclude la nota congiunta -, che il metodo di condivisione delle informazioni possa essere una base costruttiva di confronto e reciproco supporto per il superamento delle criticità che si dovessero palesare, necessitando che lo stato di crisi dell’intera area industriale porti ad una particolare attenzione al progetto da parte delle istituzioni, nell’interesse dei lavoratori, lavoratrici e disoccupati del territorio. Entrambe le parti prendono impegno di aggiornarsi alla prima occasione utile.»

Quattro tragici incidenti in quattro mesi (8 e 23 febbraio, 21 maggio e 8 giugno), costati la vita a sei persone. La strada provinciale 2 nel tratto tra Carbonia e Villamassargia, già teatro in passato, quando la carreggiata si sviluppava ancora su due corsie, di diverse decime di incidenti mortali, si trova in condizioni di estrema precarietà e pericolosità e necessita di interventi immediati.

Le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, a fronte dell’ennesimo incidente mortale, ritengono non più procrastinabile un’azione tempestiva e diretta, da parte di tutte le istituzioni coinvolte, al riavvio dei lavori per la messa in sicurezza del tratto di strada che collega Carbonia a Villamassargia, arteria ad alta intensità di traffico, fondamentale nella economicità del territorio.

«Riteniamo grave apprendere dai giornali che i lavori previsti per la messa in sicurezza, sospesi da un atto del Prefetto per consentire il transito dei convogli militari impegnati nell’attività del poligono di Teulada, siano secondari all’incolumità dei cittadini che transitano quotidianamente in quel tratto di stradasi legge in una nota firmata da Franco Bardi, Salvatore Vincis e Andrea Lai -. Ad oggi non abbiamo certezza sulla data di riavvio e conclusione dei lavori. Per queste ragioni, CGIL-CISL-UIL concordano su un’iniziativa da tenersi nell’immediato presso la stessa Provinciale, al fine di sensibilizzare tutti gli attori istituzionale che hanno ruolo e voce per far si che la condizione di sicurezza sia ripristinata nel più breve tempo possibile. Chiediamo la partecipazione dei Sindaci del Territorio a sostegno dell’iniziativa per far sì che tale emergenza trovi una soluzione definitiva.»

Si è svolta stamane l’assemblea dei lavoratori metalmeccanici della Portovesme srl. Al centro del confronto la vertenza dello stabilimento. FIOM, FSM e UILM hanno registrato la fortissima tensione esistente tra i lavoratori degli appalti, in seguito alle scarse garanzie produttive registrate in questa fase.

Allegate le interviste ai segretari generali di CGIL e CISL, Franco Bardi e Salvatore Vincis, e a Renato Tocco, segretario provinciale della UILM UIL.

   

La vertenza della Portovesme srl si fa giorno dopo giorno più complicata. Ieri sera il Governo Meloni ha approvato il decreto che introduce il credito di imposta al 45% sino al 30 giugno 2023, come promesso nel corso dell’ultimo incontro svoltosi al ministero delle Imprese e del Made in Italy, provvedimento salutato con soddisfazione dal deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda, ma a Portovesme la tensione resta molto alta. L’azienda ritiene i provvedimenti adottati per la riduzione dei costi energetici non sufficienti per consentire la piena ripresa produttiva, per la mancanza di garanzie nel medio e lungo periodo e ad oggi non ha accolto la richiesta di riavviare gli impianti formulatale da Governo e Regione.

Al termine del coordinamento sindacale svoltosi ieri mattina, dopo l’imponente manifestazione messa in atto due giorni fa da centinaia di lavoratori, è stato diramato un documento, i cui contenuti, in particolare in riferimento alla gestione della manifestazione di protesta in corso da lunedì al Bilico Sud, area dello stabilimento in cui avvengono le operazioni di carico e scarico delle merci, non hanno avuto unanime condivisione e stamane, nel corso della nuova assemblea, due lavoratori hanno contestato duramente la gestione della vertenza da parte delle organizzazioni sindacali e i lavori dell’assemblea sono stati interrotti bruscamente. Ulteriori sviluppi sono attesi nelle prossime ore.

Allegate le interviste con Franco Bardi, segretario generale della CGIL della Sardegna Sud Occidentale; Salvatore Vincis, segretario generale della CISL del Sulcis Iglesiente; Pierluigi Loi, segretario regionale della Uiltec UIL.