22 December, 2024
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La Storia dell’Uomo subisce sempre cambiamenti a causa dei grandi eventi:
La Prima Guerra Mondiale fece sparire i grandi Imperi: quello Turco, l’Austroungarico, e quello Russo.
La Seconda Guerra Mondiale fece sparire il Nazifascismo e fece nascere il blocco Comunista opposto a quello Atlantico.
Il crollo del Muro di Berlino fece cadere la divisione del mondo in due blocchi: quello Russo e quello Atlantico.
Il crollo delle Torri Gemelle intaccò la primazia Americana nel mondo e introdusse nella Storia i fermenti dell’Islam moderno.
La Pandemia di Covid-19 cambierà nuovamente tutto. Cambierà i rapporti politici e economici internazionali; cambierà il ruolo dell’Europa tra il blocco Russo, quello Cinese e quello Americano; l’Italia dovrà superare una crisi economica da causa sanitaria, e vedrà cambiare la qualità della vita, il lavoro, il commercio, le abitudini familiari, la cultura, la vita religiosa, l’istruzione e la Sanità.
Con l’ingresso nella “Fase 2” il virus è ancora presente fra di noi tuttavia non viene percepito come pericolo potenziale. Le differenze di valutazione sulla pericolosità attuale del virus creano sconcerto. Si va dal “negazionismo” della sua esistenza all’allarme. Per interpretare le diverse opinioni e, per capire la verità, bisogna esaminare le fonti che sono diversissime. Vi sono:
I Medici Clinici: essi valutano l’andamento dell’epidemia secondo lo stato di salute dei loro assistiti.
I Microbiologi: questi valutano seguendo le regole della Microbiologia.
Gli Epidemiologi: questi sono dei Fisici-Matematici che interpretano le curve di frequenza dei fenomeni.
Gli “Influencer”: essi diffondono opinioni secondo interessi di parti sociali.
I Politici: che vogliono conservare il consenso elettorale.
Gli Economisti: che verificano le implicazioni economiche scatenate dall’epidemia.
I Virologi: che studiano in laboratorio il virus e cercano di capire 3 cose.
a) Quale sia il serbatoio vivente dove si nascondono;
b) Quando si ripresenteranno nella seconda ondata;
c) Se il virus è mutato.

Per capire le differenze di opinione di queste diverse 7 fonti, si può rispondere con una frase scritta da David Quammen, 8 anni fa, nel libro “Spillover”: «La fine di un’epidemia produce grande felicità nei Governanti, mentre è considerata una grave iattura dai virologi che non possono più scoprire il “ serbatoio biologico” del virus».

Da questa dichiarazione, si capiscono i differenti obiettivi e l’inevitabile differenza di valutazione. Per meglio esprimere quanto sta succedendo col Coronavirus, può essere utile vedere cosa sta
avvenendo per un altro virus: il virus Ebola.
L’Ebola è un RNA-virus come il Coronavirus, ma è più cattivo. Appartiene alla categoria di rischio 4, mentre il Coronavirus è a rischio 3. E’ mortale nell’80 per cento degli infetti. Compare nelle foreste africane, ed è certo che il serbatoio è un animale. Non è stato ancora scoperto quale sia il suo “serbatoio biologico”. Si sa che uccide scimmie, gorilla e uomini, ma non si sa dove viva per poterlo eradicare. Ciò che lascia interdetti, è che compare improvvisamente e quasi contemporaneamente in luoghi lontanissimi fra di loro. Poi, così come è comparso, scompare. Non esiste una cura specifica. L’unica difesa efficace è: il distanziamento sociale, le mascherine e i guanti.

Si sono avute epidemie gravissime nelle Repubblica democratica del Congo, nelle Filippine e anche in una colonia di macachi in cattività in America. Sono stati scoperti 5 ceppi di questo virus. Esiste un vaccino solo per il ceppo n. 5 detto “Zaire Ebola”. Tutt’oggi i virologi non sanno quale sia l’animale in cui si nasconde e dentro il quale può viaggiare per il mondo. L’unica “fortuna” è che, essendo molto letale, la vittima colpita viene rapidamente uccisa. In tal modo, l’epidemia si autodelimita perché il paziente muore prima che possa contagiare altri. Ciò è, tuttavia, una iattura, perché i virologi non fanno in tempo a studiarlo.
In questo momento i virologi italiani sono particolarmente preoccupati perché non sono stati ancora individuati i “serbatoi biologici umani” che conservano dentro di sé il Coronavirus fino alla prossima epidemia. Sul futuro nessuno scienziato serio azzarda previsioni. Quindi si può supporre tutto: che il virus scompaia per sempre oppure che ritorni una fiammata pandemica a sia peggiore della prima.
Dato questa premessa possiamo solo dire: «Non so nulla…Però mi preparo per una eventuale nuova ondata».
Con la fine del lockdown, è iniziata laFase 2″ e l’unico presidio che abbiamo è ancora rappresentato dalle mascherine e dal distanziamento sociale. Però stiamo vedendo che la gente tende a ignorare
le prescrizioni e tornare allo stile di vita precedente alla pandemia. Questo è un problema. Ognuno di noi può risolvere il problema nazionale prendendosi cura della propria Sanità locale. Ma esistono delle difficoltà oggettive: per esempio tutt’oggi nessuno di noi, neppure gli stessi Medici di Base e gli Ospedalieri non sanno a chi rivolgersi per eseguire l’esame sierologico o il tampone rinofaringeo in regime ordinario. Questi due esami sono fondamentali per scoprire il portatore sano, chi ha avuto la Covid-19 senza saperlo e coloro che sono suscettibili di contagio. Senza questi dati elementari non ha senso l’app “Immuni”.
Questo dà la misura della totale impreparazione del nostro territorio per la diagnosi di laboratorio per Covid-19.
La cosa grave è che la nostra inadeguatezza sanitaria è molto più profonda. Riguarda ormai anche le malattie comuni che mettono in pericolo la vita. L’attenzione catturata dal Covid ci sta impedendo di vedere le gravi deficienze sanitarie da cui siamo afflitti, per cui non possiamo efficacemente contrastare neppure tutte le altre patologie.
Giovedì 4 giugno 2020, con stupore abbiamo letto alla pagina 8 dell’Unione Sarda che l’assessore regionale della Sanità ha dichiarato: «Pronti i protocolli per la ripresa delle attività ordinarie». Poi ancora il cronista scrive: «Lievitano le liste d’attesa. Cittadini disperati. I Sindacati minacciano lo sciopero. Fondi stanziati per l’abbattimento delle liste d’attesa = 21,5 milioni».
Contemporaneamente, tutti i Servizi ospedalieri sono stati preavvisati per la ripresa delle attività ambulatoriali ordinarie, sia sotto forma di visite specialistiche, sia sotto forma di esami di laboratorio, di cardiologia, e radiologia. Naturalmente dovrebbero riprendere con regolarità gli interventi chirurgici ordinari.
Queste notizie dovrebbero provocare sollievo. In realtà fanno sprofondare nello stupore. Ciò che viene annunciato è semplicemente impossibile da realizzarsi sia a Carbonia sia ad Iglesias. E la colpa non è del Covid-19.
Già da anni si è proceduto alla demolizione sistematica dell’apparato ospedaliero del Sulcis Iglesiente. E’ falsa l’idea che Iglesias abbia 3 ospedali. In realtà il Crobu è chiuso da anni. Il Santa Barbara è praticamente chiuso. Persiste un ambulatorio di Oculistica. Il CTO ha perso diverse specialità. E’ finita l’epoca della Chirurgia Pediatrica e del reparto di Oculistica. E’ praticamente “evaporato” il reparto di Ostetricia e quello di Pediatria. La Chirurgia Generale ha perso i suoi chirurghi anziani e oggi funziona come Weeck Surgery. Cioè chiude i battenti il venerdì sera e riapre il lunedì. Così pure chiude la Nefrologia e Dialisi nei fine settimana e nei festivi. La Radiologia e l’Endoscopia Digestiva sono ridotte ad attività minimali rispetto al passato. Il personale globale è ridotto.
A Carbonia, nel periodo pre-covid e durante il Covid, l’Ospedale è stato, senza mezzi termini, “saccheggiato”. Chiusa l’Ostetricia e Ginecologia, chiusa la Pediatria, chiusa l’Anatomia Patologica.
Gravissima la menomazione dell’organico di Medici in Radiologia. Fino a poco tempo fa, tra Iglesias e Carbonia, le radiologie avevano 22 Medici specialisti. Oggi ne hanno solo 12 fra i due Ospedali, con enormi problemi di turnazione. I pochissimi Medici residuati sono oberati di lavoro d’urgenza. Eseguono in media 3.500 esami a testa all’anno, mentre negli ospedali normali (cioè quelli normodotati di Cagliari e Sassari) arrivano a 2.000 esami a testa all’anno. A Carbonia si eseguono 30 TAC al giorno. Ad Iglesias 30 la settimana (calo dovuto alle attività diminuite nei reparti ridotti in personale, posti letto e sedute operatorie). Si assicurano le urgenze giorno e notte senza requie.
E’ difficilissimo assicurare l’essenziale in uno stato di urgenza perenne. E’ semplicemente impensabile ritenere di far credere alla popolazione che potrà prenotare e ottenere TAC e Risonanze Magnetiche ambulatoriali in tempi brevi. L’unico sbocco possibile sarà sempre la ricchissima e dotatissima Cagliari. A tanto disagio della popolazione, corrisponde un profondo disagio degli specialisti. Ne consegue il desiderio di lasciare questi ospedali diseredati per altri lidi.
Gli Anestesisti Rianimatori sono stati gravemente ridotti di numero tanto da non poter assicurare le sedute operatorie routinarie che erano usuali fino a 5 anni fa. Oggi si può operare in regime di estrema urgenza. Le Chirurgie, a dispetto delle infinite liste d’attesa, non possono convocare i pazienti, perché non possono operare come sarebbe necessario, a causa dell’esiguità del numero di Anestesisti. Naturalmente ciò comporta la “mobilità passiva” dei pazienti verso altri ospedali, incrementando fortemente le spese.
L’Ortopedia è stata “saccheggiata” anche pochi giorni fa. Sono stati portati via i due chirurghi più anziani. Rimangono il Primario incaricato e alcuni giovani Medici. Se nostra madre cadesse accidentalmente a casa e si fratturasse il femore, avrebbe necessità di un intervento d’urgenza, non differibile oltre le 24 ore. E’ noto, infatti, che i protocolli impongono l’intervento immediato per prevenire l’alta mortalità da broncopolmonite ipostatica o l’embolia polmonare da trombosi venosa profonda. Ebbene, non si può operare e salvare la vita a questi pazienti secondo i canoni prescritti dalle regole a causa della mancanza di Ortopedici e Anestesisti. L’attesa per l’intervento sarebbe di 7-10 giorni.
Altro che Covid 19!
La vera pandemia che strangola i nostri Ospedali è molto peggio del virus. Uccide, anche questa, come il Covid, ma con una dinamica che assomiglia di più a quella che ha soffocato il povero George Floyd a Minneapolis.
La situazione dell’Emodinamica di Carbonia è un affronto a tutta la popolazione che grida giustizia. Non è minimamente pensabile che uno qualsiasi di noi possa avere un infarto al cuore fra le ore 8.00 e le 16.00, dal lunedì al venerdì, ma non possa averlo un minuto dopo quell’ora perché alle 16.00 il Servizio di Emodinamica chiude e resta chiuso dalle 16.00 del venerdì alle 8.00 del lunedì successivo. Cosa fa allora l’infartuato? Rimonta in macchina e, se ci arriva ancora vivo, va al Brotzu. Una volta lì, fa di nuovo la fila in codice rosso per essere visitato, ricoverato e portato in Cardiologia. Qui, se è ancora vivo, viene preparato per l’angioplastica. Naturalmente, così si perdono ore preziose per la sopravvivenza. E’ evidente che la vita del nostro infartuato non ha un valore tale da convincere i Responsabili ad assumere il personale mancante in Emodinamica a Carbonia e a tenere il servizio sempre attivo, 24 ore su 24.
Il punto è proprio questo: quanto valgono le vite della vecchietta fratturata al femore e quella dell’infartuato? Valgono molto poco. I nostri rappresentanti politici dovrebbero porsi il problema.
E’ molto difficile crederci, però è necessario credere almeno al Presidente Sergio Mattarella: speriamo, per la ripresa del post Covid, nell’“unità morale della Nazione”. Oppure, cerchiamo intensamente di credere alle parole del Governatore della Banca D’Italia Ignazio Visco che pochi giorni fa ci ha esortato a redigere un “nuovo contratto sociale”. Finché non ci proveranno che anche noi siamo coinvolti come parte contraente nel “nuovo contratto sociale” dobbiamo pensare che sia solo retorica.

Mario Marroccu