23 December, 2024
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1 L’antropologia dentro le miniere e le miniere dentro l’antropologia

L’antropologia come disciplina scientifica, quindi al di là della sua impropria estensione a etichetta abusata, ha maggiormente studiato le tappe positive e ascendenti del progresso umano attraverso le verificabili esperienze storico-materiali che trasformano la nostra naturale animalità nei modi culturali di farsi umani e di fare umanità, a vari livelli: individuale e sociale, di genere e di specie. Per esempio, dalla stazione eretta e al camminare, dalla manualità alla scrittura e all’arte, dalle attività individuali fino alle cooperazioni familiari e locali. Questo versante dell’antropologia positiva risulta assai ampio rispetto a quello dell’antropologia negativa che, viceversa, studia e documenta le esperienze che negano e sopprimono umanità, altrui e proprie, con varie pratiche e modi anche di violenza. Per esempio dai femminicidi alle guerre, fatti di triste attualità. L’antropologia ha teorie specifiche, nate nel 1871 e mutate nel corso del tempo, pur mantenendo la fondamentale e democratica concezione di cultura che comprende ogni esperienza umana. In quanto disciplina scientifica l’antropologia ha affinato nel tempo la propria metodologia che assomma lo spoglio di fonti scritte e il rilevamento di fenomeni documentabili con la produzione di nuove fonti: scritte e orali, fotografiche, audiovisive e filmiche. Dopo più di un secolo del suo percorso, l’antropologia è entrata nelle miniere e le miniere sono entrate nell’antropologia, determinando nuovi livelli di conoscenza e di approfondimento delle esperienze umane, soprattutto nel sottosuolo. La genealogia di riferimento per tali studi nelle miniere fa capo agli ultimi decenni del Novecento, all’antropologa June Nash e al suo libro edito nel 1979 sulle miniere di stagno boliviane: We eat the mines and the mines eat us. Dependency and exploitation in Bolivian tin mines. Solo agli inizi di questo secolo si giunge all’indicazione di una specifica antropologia mineraria, indicata e perimetrata come campo specialistico in ambito anglofono nel 2003, con il testo The Anthropology of mining di Ballard and Banks.

Nell’espansione dell’Antropologia mineraria non mancavano studi singolari che in ambiti locali indagavano le esperienze minerarie. In Italia, per esempio i primi studi antropologici editi su Carbonia risalgono al 1980 a livello internazionale. Sono infatti documentati negli Atti del Convegno Internazionale di Storia Orale che si tenne ad Amsterdam in quell’anno. Quei documenti, ora assai incrementati, riguardavano produzioni poetiche in sardo espresse prevalentemente da minatori o da loro fatte proprie, sia improvvisate e sia stampate in fogli volanti o in libretti di letteratura popolare ambulante. Fanno parte di un importante corpus documentario poetico, proprio della cultura operaia dei minatori, che può essere messo in dialogo con i documenti di altri centri archivistici o museali minerari, italiani ed europei.

Vorrei sostenere, a partire da questo punto documentario da mettere in un’ampia rete, che le temporalità antropologiche e culturali delle esperienze minerarie non si riducono al solo periodo estrattivo e neppure ad un inerte periodo cosiddetto post-minerario. Mi pare invece necessario partire da quei documenti storici per mettere in luce gli aspetti che concernono l’antropologia del rischio, lavorativo e non solo, individuale e non solo, nel passato e nel presente, avviando un nuovo corso di impegni programmatici di ricerca nelle scuole e nelle università, a partire dai morti in miniera ma estendendo la visione dei rischi e dei modi per farvi fronte democraticamente nei nuovi studi. Riprenderò successivamente il cruciale nodo del rischio e della securitas come ambito di poteri propri nell’esperienza mineraria.

L’approccio volto verso l’antropologia dei rischi a partire da quelli minerari implica l’esigenza di prendere in conto nuovi e attuali dibattiti nei quali l’antropologia mineraria giunge con una recente e più ampia definizione e perimetrazione. Riguarda la cosiddetta Antropologia delle risorse estrattive che fa capo a un libro collettaneo, The Anthropology of Resource Extractions, curato da D’Angelo e PiJpers e pubblicato nel 2022. Rispetto al libro di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, I minatori della Maremma, edito nel 1956 sono trascorsi 66 anni. Dal mio testo pubblicato nel 1989 Tra il dire e il fare. Cultura materiale della gente di miniera un Sardegna, son passati 33 anni. Ribolla per certi aspetti impliciti e Carbonia per altri aspetti più espliciti, sia pure in tutta modestia, possono porgere le ricerche svolte sul loro terreno come etnografie situate come anticipazioni documentarie su mondi di vita e di lavoro sotto la terra che ebbero successivi sviluppi internazionali, specialmente per le perdite di vite umane e di ambienti vitali nei processi lavorativi. Cercherò di mettere in luce come tali processi eccezionali e quotidiani fossero non solo subiti, ma anche governati autonomamente dai minatori, attraverso l’emergere di soggetti di decisione e di scelta: attraverso processi di soggettivazione capaci di agentività, di agency, nonostante le condizioni di dipendenza o assoggettamento ai poteri dominanti.

Dal 2003 al 2022, come ho detto, l’intestazione di antropologia mineraria si è allargata con la dizione di Antropologia delle risorse estrattive, fino a comprendere un vasto complesso di attività di prelievo dalla natura. In tale ambito, in cui gli stessi minerali di discarica rimangono risorse di riabilitazione produttiva e ambientale, appaiono nuove temporalità minerarie. Inoltre, le miniere possono ora materializzarsi anche come specifici centri, idonei per particolari ricerche scientifiche. Tuttavia, rimane faticosamente aperto il problema di ciò che un materiale come il carbone può diventare e diventa storicamente risorsa, e di quale tipo, nei processi di valorizzazione secondo possibilità non solo scientifiche e tecniche, ma anche politiche. Penso al mancato sviluppo degli usi chimici del carbone Sulcis, data l’opposizione monopolistica della Montecatini e la conseguente riduzione del carbone a esclusiva risorsa energetica. Lascio aperta questione del rapporto fra materiali e risorse per seguire il corso generale delle esperienze minerarie. In generale, nel corso del processo di industrializzazione degli ultimi 50 anni l’attività estrattiva è triplicata, con la spinta soprattutto dai Paesi del cosiddetto BRIC: Cina, Brasile, Russia, India. Nuove materie prime, come cobalto e litio insieme a nichel e rame, hanno fatto emergere nuovi protagonisti. Molte miniere impoverite determinano ora maggiori disastri ecologici: per un’oncia d’oro si scassano 30 tonnellate di roccia. Le miniere, comunque, offrono direttamente a 40 milioni di persone opportunità insieme a sfide e rischi di vita. Le attività minerarie sono determinanti negli attuali assetti di consumo, di lavoro e di vita.

Particolarmente in questi ultimi decenni l’antropologia è entrata nelle miniere e le miniere sono entrate nell’antropologia. Numerosi studi antropologici penetrano ora nelle attività, nei processi, negli effetti estrattivi sulla vita quotidiana per capire dinamiche storiche, economiche, sociali, politiche, ambientali, con un approccio integrato. Tali dinamiche in vari casi rimuovono il dato di fondo: che l‘estrazione riguarda risorse non rinnovabili e pertanto esauribili. La dipendenza dai minerali in vari modi cresce e definisce mondi correnti di lavoro e di vita anche in base alla esauribilità dei giacimenti minerari e ai conflitti sul futuro che ricchezze e penurie minerarie acuiscono.

Le esperienze di Carbonia e di Ribolla, per esempio, si possono configurare nell’ambito che è stata definita democrazia del carbone (Mitchell 2011) per indicare il materializzarsi storico di protagonisti con differenti interessi, dipendenze e poteri, in termini di moderne inuguaglianze imposte e di nuove aspirazioni rivendicate. L’antropologia entrando nelle miniere ha colto i nodi di differenze asimmetriche di poteri, anche di vita, nelle umane relazioni lavorative. I mondi globali di macro-livello appaiono pertanto mentre interagiscono con quelli locali e di micro-livello in modi di inuguaglianze che sono per certi versi simili, per altri differenti.
Carbonia e Ribolla sono primariamente accomunate da rischi collettivi di vita subiti, in temporalità di differenti: il 1937 e il 1954. A questo riguardo inizierò prendendo in esame, sinteticamente e selettivamente, documenti ufficiali dei due incidenti mortali collettivi che avvennero in questi due centri carboniferi. Successivamente, prospetterò alcuni passi di ricerca comparativi e integrativi, dinamicamente volti al futuro nei due luoghi minerari oggetto della nostra attenzione.

2 Carbonia

Attingo notizie dalla relazione ufficiale dell’incidente avvenuto a Pozzo Schisòrgiu il 19 ottobre 1937. Redatta il 23 ottobre, tale relazione (reperibile nel testo di Mauro Pistis, edito da Giampaolo Cirronis Editore del 2022 dedicato a questo incidente) descrive il comportamento degli operai che si erano allontanati dal luogo di esplosione dopo aver caricato e acceso 39 mine. L’aria del cantiere era satura di pulviscolo di carbone, atto alla combustione per l’alto tenore di sostanze volatili in un ambiente con un solo fornello d’areazione. Determinante fu l’intensificazione produttiva giornaliera di carbone in quel luogo poco areato, tuttavia, l’incendio e l’esplosione venivano ufficialmente considerati non prevedibili. Alcuni provvedimenti di sicurezza, presi nel periodo successivo alle morti, dicono invece implicitamente le cause che alimentarono i rischi lavorativi vitali che determinarono i gravissimi fatti che fecero contare 14 morti. Tuttavia, nella relazione ufficiale si fece appello a varie ragioni giustificative per l’Azienda carbonifera: dalle maestranze non specializzate alla carenza di personale tecnico direttivo.

I dati importanti raccolti utilmente da Mauro Pistis nel suo libro sui fatti accaduti nella miniera di Schisòrgiu, richiedono però alcune elaborazioni antropologiche per individuare significative temporalità minerarie, a partire dalle morti collettive e individuali che considero ora congiuntamente. Per esempio in epoca fascista dal 1922 al 1943, dalla marcia su Roma alla fine dell’ultima guerra, i deceduti nelle miniere di Carbonia furono 154. Nel periodo della ricostruzione post bellica, dal 1943 al 1954, i morti in miniera furono 124. Dal 1955 al 1992, furono 35. Si tratta di cambiamenti non solo quantitativi, ma che riguardano resistenze e contrasti, assai forti anche in epoca fascista, sui poteri di vita. Entro questa lunga piega conflittuale, troviamo anche elaborazioni e conquiste per nuove sicurezze vitali, realizzate meglio dai minatori in epoca post-fascista, per quanto parliamo ancora generalmente di sicurezze sul lavoro ancora ampiamente disattese. Unendo gli eccidi collettivi alle morti individuali, vorrei mettere in luce due tipi d’intensificazione estrattiva. Il primo di moltiplicazione delle volate in zone di abbattimento non sufficientemente areate. Il secondo di intensificazione del lavoro fisico attraverso i cottimi e l’addomesticamento dei corpi.

In questo secondo percorso io desidero assumere il ‘farsi buon minatore’ o bravo minatore come maestro di vita, i temi del saper fare come saper vivere nel fondo, riferendomi a quell’insieme di pratiche minerarie che Giovanni Contini chiama complessivamente professionalità. Riassumendo al massimo, è utile a tal fine seguire il corso delle relazioni che riguardano i cottimi con le varianti dei Bedaux imposti e, per contro, le resistenze e le contrapposizioni dei migliori minatori che influenzarono comportamenti e valori diffusi nelle miniere specialmente carbonifere in vari decenni dopo l’incidente del 1937 e dopo il fascismo.

Richiamo l’elaborazione del minatore pensante e progettante le armature e le volate sicure per sé e per gli altri, realizzata dai migliori minatori del Sulcis, diffusa pedagogicamente contro la configurazione della «bestia lavorante» che i cottimi minerari imponevano come modello di modernità industriale di ascendenza tyloristica, o americano-fordista come aveva ben visto Antonio Gramsci. Del modello del minatore progettante il lavoro sicuro, per sé e per gli altri, dobbiamo saper cogliere due specifiche valenze. Un verso riguarda la svalutazione della professionalità considerata quantitativamente, cioè come pura “bestializzazione” del lavoratore nei contrasti politico-culturali in miniera. L’altro versante concerne le produzioni di insicurezze nei rischi minerari che l’accelerazione dei ritmi produttivi determinava a scapito dell’attenzione precauzionale. Le interviste a Quirino Melis, a Vincenzo Cutaia, a Delfino Zara, minatori di Carbonia, proiettate nel Museo della Grande Miniera di Serbariu, documentano l’eccezionale valore culturale di carattere universale dei minatori locali come produttori di sicurezze vitali nell’autonomo governo dei cottimi. La produzione materiale di spazi e tempi di lavoro sicuri in miniera da parte dei minatori di Carbonia ha una precisa temporalità storica, come abbiamo visto. Tuttavia, tale produzione di sicurezze vitali permane nel presente non tanto come memoria inerte, ma piuttosto come lascito culturale che può alimentare e orientare nuove risposte in vari rischi di vita del nostro presente. Si tratta di una pagina bianca per una nuova temporalità culturale mineraria, possibile e tutta da scrivere.

In questo quadro la produzione di vita lavorativa sicura è determinata dal farsi buon minatore e, pedagogicamente, dal lavoratore come agente di sicuro lavoro ragionato e pertanto maestro di vita. Successivamente un ruolo fondamentale ha avuto l’ingresso più recente di alcune donne in miniera nel 1980 come aiuto minatrici e nel 2006 con mansioni specifiche di addette alla sicurezza. Importanti documenti audiovisivi e filmici illustrano questa nuova fase securitaria di speciale importanza per la presenza delle donne nel sottosuolo. Tuttavia, nuovi studi devono essere intrapresi. Andiamo ora a Ribolla, cercando contatti e differenze con le esperienze dei minatori carboniesi, esperienze tragiche e non solo.

3 Ribolla

Il 4 maggio 1954 morirono nel sottosuolo di Ribolla 43 minatori, mentre estraevano carbone. L’esperienza mineraria di Ribolla è stata pensata fin qui con profondo impegno scientifico e democratico. Ciò emerge chiaramente da importanti contributi editi. Il libro di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola I minatori della Maremma, uscito nel 1956 e ristampato nel 2019, illustra bene la forza e la debolezza dei minatori e delle loro organizzazioni nell’impari conflitto per far riconoscere le responsabilità della Montecatini sul piano giuridico in merito alla morte collettiva in miniera. Alla fine del libro compaiono 17 interviste giornalistiche a protagonisti dei fatti di Ribolla. Le interviste sono assai sintetiche in ragione della scarsa loquacità dei minatori. In realtà il metodo dell’intervista giornalistica, in generale, non è quello dell’incontro e del dialogo antropologico in profondità. Tuttavia, un minatore parla della sua partecipazione allo sciopero contro il Bedaux, ragion per cui fu licenziato. Tre minatori risultano provenienti dalla Sardegna. Due, invece, avevano lavorato in miniere sarde ed erano poi tornati a Ribolla. Appaiono notizie importanti sia sul Bedaux e sia su una certa mobilità dei minatori nelle miniere italiane. I minatori sono presenti nel libro collettaneo intitolato Ribolla una miniera, una comunità nel XX secolo. La storia e la tragedia. In quell’opera, pubblicata nel 2005, era esplicitata anche l’esigenza di continuare ad approfondire alcuni problemi, essenzialmente di ordine storico che non richiamo per brevità.

Cercherò di riprendere ancora in mano il tema, caro Giovanni Contini, ch’egli designa come la professionalità dei minatori. Attraverserò il versante del lavoro a cottimo a Ribolla e la sua rilevanza nelle esperienze dei minatori, attraversando i loro scioperi e vedendolo con la lente dell’antropologia della vita quotidiana che poteva alimentare certe configurazioni individuali e sociali, anche identitarie. Per esempio, poteva alimentare il formarsi di figure di minatori maggiormente produttivi e capaci di più alti guadagni, insieme ad altre figure di lavoratori che controllavano maggiormente i rischi e operavano creando sicurezze per sé e per gli altri, mentre maturavano una coscienza critica che alimentava anche gli scioperi.

Consideriamo nel dopoguerra, precisamente nel 1951 e cioè pochi anni prima della tragedia, un momento cruciale a Ribolla fu costituito proprio dalla lotta al cottimo individuale, introdotto dalla Montecatini. A questo i minatori locali contrapponevano il mitigato e unitario cottimo collettivo con un corollario di proprie concezioni democratiche sul valore del lavoro che attraversava l’Europa. In qual contesto, l’elaborazione di una piattaforma rivendicativa su salario e tempi di lavoro, com’è stato notato da Adolfo Pepe (in I. Tognarini – M. Fiorani, Ribolla una miniera, una comunità nel XX secolo. La storia e la tragedia, Firenze, Edizioni Polistampa, 2005:20), fu una rivoluzione antropologica per una redistribuzione democratica dei poteri, prima che l’espressione di una forza contrattuale sindacale. La redistribuzione democratica dei poteri, specialmente dei poteri di vita, fu la cruciale posta in gioco nelle lotte per i cottimi, sia a Carbonia e sia a Ribolla, perché praticare ritmi di lavoro intensificati poteva distrarre i minatori dall’attenzione ai pericoli e ai rischi.

Forse non è stata adeguatamente messa in luce finora la portata dei poteri che a mio avviso riguardavano sia la forza culturale propria della professionalità securitaria di vita condivisa, sia i poteri di vita in campo (e a rischio) in miniera con i cottimi, come biopoteri. Credo che gli studi di Giovanni Contini, assunti in un’ottica prettamente antropologica, aprano un’utile pista di ricerca in questa direzione di grande portata storico-culturale. Illuminando meglio anche le vicende della tragedia di Ribolla come fatti di interesse globale nella piega dei cottimi, possiamo collegarli al tylorismo e al fordismo, visto attraverso le lenti sia di Antonio Gramsci e sia di Michel Foucault: la bestializzazione umana come de-professionalità connessa ai rischi di vita in miniera. Nel doppio attacco della politica aziendale alla professionalità e insieme alla vita è necessario saper vedere, a mio avviso, la portata dello scontro democratico di quegli anni di crisi, subito dopo che il carbone era servito alla ricostruzione post bellica. Spostiamo un attimo lo sguardo sul carbone. Se il carbone come risorsa energetica poteva apparire in quegli anni già insidiato dal petrolio, rimane da chiedersi perché il carbone è rimasto in tale stato di risorsa come mero combustibile e perché non è stato possibile sviluppare progetti alternativi per gli usi chimici del carbone, mentre il monopolio chimico della Montecatini dettava legge sulle scelte economiche nazionali.

Carbonia e Ribolla con i loro morti hanno distanze temporali e geografiche, ma anche qualche prossimità di esperienze democratiche, almeno per le lotte contro i cottimi che andrebbero forse ancora indagate nelle forme di resistenza, di contrasto, di elaborazioni alternative, secondo i periodi, compreso quello di Consigli di Gestione. Spero che rimanga qualche ulteriore scavo da fare nella direzione delle esperienze di conflitto quotidiano, contrastive e alternative ai cottimi che erano materializzate nel sottosuolo dai minatori.

Procedo in fretta, riprendendo le note sulla professionalità che Giovanni Contini colloca in modo obliquo nel lavoro estrattivo delle cave di Marmo mettendo in luce la sapienza empirica dei capi-cava. Sullo stesso piano empirico si situava la capacità sperimentale, un tempo attribuita solo ai dirigenti mentre nelle gerarchie costitutive dell’organizzazione, detta presuntuosamente scientifica, del lavoro minerario si riduceva l’esperienza operaia alla sola dimensione fisico-manuale. Contini, per sottolineare la professionalità operaia cita Raul Rossetti e il suo Schiena di vetro, pubblicato nel 1989. Usa le citazioni per introdurre la visibilità di uno stile personale di “lavoro ben fatto” che poteva essere acquisito osservando gli altri mentre lavoravano e sperimentando in proprio, come traguardo intellettuale, non solo nelle armature. Ho ricevuto, particolarmente a Carbonia, racconti importanti. Riguardavano, oltre che l’importanza delle armature prodotte e degli stessi disgaggi di rimozione dei pericoli, specialmente le progettazioni delle volate che tenevano conto della variabilità della roccia. Sui saper fare dei minatori che erano realizzazioni di alta professionalità, e anche di alto saper vivere condiviso, ho ricevuto importanti racconti di lavoro e di vita nelle miniere carbonifere.

Contini parla di un’autonomia lavorativa raggiunta dal minatore e ad esso riconosciuta. Io ho raccolto testimonianze di relazioni assai conflittuali per giungere a tali riconoscimenti di autonomia da parte dell’Azienda contro la bestializzazione dei cottimi. Il “bravo minatore” di Carbonia, riconosciuto dai compagni di lavoro anche come maestro, era capace di produrre accuratamente vita per sé e per gli altri. Era quindi capace di produrre spazio e futuro condiviso. Sulla produzione di tempo di vita condivisa come produzione di futuro condiviso bisogna meditare ancora e assai profondamente, perché a mio avviso tale esperienza mineraria costituisce un lascito culturale di viva attualità nei vari rischi vitali del presente. Egli sottolinea giustamente la conoscenza complessiva della miniera da parte dei minatori, conoscenza che permetteva di cogliere gli indizi di pericolo. Tuttavia, egli tiene opportunamente in conto anche l’imprevedibilità dell’ambiente minerario. Per questo aspetto ho appreso dai minatori incontrati che le variabilità della roccia non consentono saperi algoritmizzati, ma un continuo problem solving inventivo, una capacità creativa di trasformare, di volta in volta, i problemi che la roccia impone nei rischi, facendoli diventare opportunità di cambiamento positivo di vita e di futuro condiviso.
Alla luce di un nuovo e doppio sguardo storico e antropologico, multisituato nelle miniere carbonifere di Ribolla e Carbonia, cosa unisce i due centri minerari, oltre le morti collettive e individuali?

Pensieri ravvicinati fra Carbonia e Ribolla

A mio avviso, dobbiamo saper guardare alla carne viva delle loro lotte contro i cottimi come lotte non solo salariali e professionali, ma specialmente per i diritti alla vita e per la produzione di futuro e di spazio democraticamente condiviso. In questa attuale luce Ribolla offre il profilo collettivo degli scioperi, mentre Carbonia porge anche il lato singolare del farsi autonomi in quotidiani conflitti di ogni “bravo minatore”, di un minatore nel farsi soggetto di eccellente professionalità per dare sicurezze di vita a sé stesso e agli altri. Oltre gli scioperi e gli eccidi collettivi come fatti collettivi ed eccezionali, mi pare necessario guardare pertanto in modo complementare anche alle esperienze singolari con le lenti di un’antropologia mineraria della vita lavorativa quotidiana. Insisto nell’incoraggiare gli studi sui mondi minerari quotidiani perché riscontriamo che, nel corso dei 50 anni di studi che hanno alimentato l’antropologia mineraria, si può registrare un ampliamento di ricerche dal lavoro all’impresa mineraria con direttori ed esperti. Tuttavia, l’indagine sulle esperienze della vita quotidiane è ancora considerata imprescindibile per non pochi antropologi e antropologhe.

Il lascito culturale di un’antropologia quotidiana della vita lavorativa mineraria nei rischi e sui rischi, che riguarda i saper fare professionali minerari sicuritari, può essere fatta valere sia come riserva culturale storicamente specifica, sia come paradigma opportunamente declinabile e trasferibile, di autentico saper vivere in condizioni di rischio di vita, non solo subito ma anche governato e governabile perfino in condizioni di estrema sottomissione. Si tratta di produzioni di sicurezze vitali democratiche che toccano il nostro presente.

Questo è il lascito che l’antropologia mineraria o delle risorse estrattive dona all’’antropologia generale, alla storia sociale come alla storia culturale, non solo locale, della nostra contemporaneità. Tale lascito culturale del saper produrre tempi e spazi di vita democraticamente condivisi, apre le miniere chiuse ad una nuova temporalità culturale e antropologica. Si tratta di un lascito non tanto di memoria, ma soprattutto di progetto: come incitamento per elaborare, individualmente e in gruppi, inedite soluzioni per innovativi modi di lavoro e di vita sicuri, di fronte a vecchi e a nuovi problemi ostacolanti le vite, naturali e umane, cioè per produrre, a partire dalle miniere chiuse, innovativi progetti di vite e futuri democraticamente condivisi.

Nell’auspicio che i nostri pensieri che avvicinano Carbonia e Ribolla facciano crescere speciali qualità di iniziative che ravvicinano ancor più e ancor meglio sia associazioni culturali e sia istituzioni locali democratiche vi porgo un affettuosissimo abbraccio.

Cagliari 17 maggio 2024

Paola Atzeni

Una stagione in 180’. Il campionato di Eccellenza regionale ha espresso i verdetti della stagione regolare, con la promozione in serie D dell’Ilvamaddalena, raggiunta con 4 giornate di anticipo, e la qualificazione ai playoff di Ossese, Villasimius, Tempio e Ferrini. Sono retrocesse in Promozione regionale Bosa, Sant’Elena e Villacidrese, mentre la quarta squadra che saluterà la Eccellenza regionale verrà fuori dal playout tra la Tharros di Antonio Lai e il Carbonia di Diego Mingioni (andata a Carbonia il 5 maggio, alle 16.00; ritorno a Terralba il 12 maggio, alle 16.00).

Nelle ultime settimane il testa a testa finale tra due delle grandi tradizionali del calcio sardo, Carbonia e Tharros, era il play out più probabile ma andando indietro di due mesi, costituisce una sorpresa. Il 3 marzo, dopo le partite della decima giornata del girone di ritorno, la Tharros, sconfitta 1 a 0 a Calangianus, aveva 32 punti, 1 punto più della squadra gallurese, 9 più del Bosa e 11 più del Carbonia che, sconfitto 3 a 0 a La Maddalena, era 15°. La squadra di Diego Mingioni si trovava a 10 punti dalla 13ª posizione, virtualmente retrocessa, considerato che con più di 6 punti tra la 13ª (il Calangianus) e la 14ª (il Bosa), il playout non si sarebbe giocato e sarebbero retrocesse direttamente le ultime 4 classificate. Nelle ultime 7 giornate il Carbonia ha cambiato marcia, ha fatto meglio di tutte le dirette rivali e s’è guadagnata con pieno merito il play out: Carbonia 14 punti, Calangianus 10, Sant’Elena 8, Tharros 7, Bosa 6, Villacidrese 4.

Il Carbonia ha concluso la stagione regolare con una sconfitta di misura, ininfluente, con l’Ossese (goal partita di Riccardo Fancellu), dopo 6 risultati utili consecutivi (4 vittorie e 2 pareggi). Il Calangianus ha espugnato il campo del Bosa, a Bonorva, 2 a 0, e ha conquistato la salvezza con 41 punti, mentre la Tharros ha superato in rimonta l’Iglesias, 2 a 1, e ha confermato il 13° posto con 39 punti. Contro l’Ossese Diego Mingioni ha tenuto prudenzialmente in panchina Ernest Wojcik e Jesus Prieto in vista del playout già sicuro.

Nonostante la sconfitta, la squadra ha dimostrato di essere in salute e ha concluso la partita senza cartellini gialli, riuscendo ad evitare così provvedimenti disciplinari che avrebbero complicato la preparazione della doppia sfida di playout con la Tharros che affronta i playout con il vantaggio determinato dalla migliore posizione di classifica. Il regolamento, infatti, prevede che qualora, al termine dei due incontri (andata e ritorno), i tempi regolamentari terminassero in parità (non vale la regola delle reti segnate in trasferta e non sono previsti tempi supplementari), retrocederebbe nel campionato di Promozione il Carbonia, classificatosi al 14° posto nella stagione sportiva 2023/2024.

Il Carbonia affronta il playout con grande fiducia e con tutta la rosa a disposizione. è rientrato in gruppo ed è pronto al ritorno in campo il capitano Gabriele Dore, a lungo condizionato dagli infortuni.

«E’ la prima volta che ho a disposizione tutti i calciatori della rosa – ha detto Diego Mingioni al termine della partita persa con l’Ossese arriviamo bene a questo playout, perché stiamo tirando fuori prestazioni e risultati. Siamo pronti, siamo carichi e vogliamo vincere entrambe le partite, dobbiamo solo prepararci bene in settimana ed è bello viverla tutti insieme e poi andare a compiere l’impresa.»

Il doppio confronto della stagione regolare è terminato in parità. A Carbonia, nella 5ª giornata di andata, si impose 1 a 0 il Carbonia (allora allenato da Maurizio Ollargiu), con goal di Alessio Romanazzo (poi ceduto) al 60’; a Oristano, nella 5ª di ritorno, si impose 1 a 0 la Tharros con goal di Simone Calaresu al 35’.

Carbonia-Tharros verrà diretta da Nicola Nieddu di Sassari, assistenti di linea Alessandro Anedda di Cagliari e Mario Canu di Olbia.

Ossese-Ferrini verrà diretta da Vincenzo Melis di Ozieri, assistenti di linea Pietro Fae e Alessandro Cola di Ozieri.

Villasimius-Tempio verrà diretta da Rosanna Barabino di Sassari, assistenti di linea Andrea Nurra di Sassari e Luca Carboni di Ozieri.

Giampaolo Cirronis

“L’ultimo barcone – Nei panni dell’altro” è il titolo del libro di Antonello Fais, pubblicato da Pettirosso editore nello scorso mese di novembre.

Antonello Fais, nato 73 anni fa a Domusnovas, risiede a San Giovanni Suergiu. Figlio di Virgilio, minatore del Sulcis e di Maria Grazia, piccola commerciante, da 34 anni opera da imprenditore del settore dell’ecologia. In precedenza, ha vissuto un’esperienza da lavoratore emigrato a Torino e negli anni ’80, è stato lavoratore dipendente nel polo industriale di Portovesme e segretario territoriale della Fiom Cgil. Sposato con Stefania, è padre di 5 figli e nonno di 5 nipoti.

“L’ultimo barcone – Nei panni dell’altro” è la sua prima pubblicazione, con la quale conduce il lettore in un viaggio tra elementi, idee e persone, tenacemente uniti tra loro. Parla di uomini, mare, amicizia e solidarietà. Un viaggio che potrebbe intraprendere ogni persona.

Per capire meglio come Antonello Fais sia arrivato a scrivere il libro e i suoi contenuti, lo abbiamo intervistato.

Giampaolo Cirronis

Il campionato di Eccellenza giunge oggi all’ultimo atto della stagione regolare. Gli ultimi 90′ sono decisivi per definire, le posizioni per playoff e playout. Al vertice, alle spalle della già promossa Ilvamaddalena (ormai in chiaro rilassamento come emerge dalle ultime tre sconfitte consecutive), sono già qualificate per i playoff Ossese e Villasimius. All’Ossese è sufficiente un pareggio a Carbonia per mantenere il secondo posto e un leggero vantaggio sulle concorrenti, negli scontri dei playoff, ad iniziare dal Villasimius; è già certa dell’accesso ai playoff la Ferrini, oggi impegnata a La Maddalena con la capolista, grazie ai 3 punti di vantaggio sul Ghilarza, battuta sia in casa sia in trasferta, mentre è sufficiente un pareggio al Tempio, che affronta in casa la già retrocessa Villacidrese, per tagliare fuori dai playoff il Ghilarza, battuto sia in casa sia in trasferta.

In coda è quasi tutto deciso, con le retrocessioni di Villacidrese, Sant’Elena e Bosa, resta da definire solo l’avversario del Carbonia (quart’ultimo con 35 punti, reduce da sei risultati utili consecutivi con 4 vittorie e 2 pareggi, oggi impegnato in casa con l’Ossese) nel playout per evitare la quarta retrocessione, tra Tharros (quint’ultima con 36 punti, impegnata in casa con la “tranquilla” Iglesias) e Calangianus (sest’ultimo con 38 punti, di scena a Bonorva con il già retrocesso Bosa). Il Carbonia potrebbe scavalcare la Tharros al quint’ultimo qualora vincesse con l’Ossese e la Tharros perdesse con l’Iglesias, mentre il Calangianus sarebbe salvo superando il Bosa mentre dovrebbe fare ricorso alla differenza reti generale in caso di pareggio a Bosa e vittoria della Tharros sull’Iglesias, essendo in parità gli scontri diretti con una vittoria per 1 a 0 per entrambe. Il Calangianus sarebbe comunque salvo in caso di non vittoria della Tharros sull’Iglesias.

Le uniche partite senza alcun interesse di classifica sono Sant’Elena-Bari Sardo e Taloro Gavoi-San Teodoro Porto Rotondo.

Ritornando al Carbonia, la squadra di Diego Mingioni è una delle più in forma e oggi cercherà di chiudere la stagione regolare con una vittoria. I 3 punti potrebbero non bastare per agganciare il quint’ultimo posto, utile per affrontare il play out in posizione di vantaggio in caso di parità al doppio confronto, raggiungibile solo qualora la Tharros non riuscisse a vincere contro l’Iglesias, perché anche perdendo il Calangianus resterebbe in vantaggio nei confronti del Carbonia, a parità di punti nei due confronti diretti, terminati in parità, per la migliore differenza reti generale.

Diego Mingioni oggi ha a disposizione la rosa al completo, mentre il tecnico dell’Ossese Mario Fadda deve fare a meno di tre squalificati per recidività in ammonizioni: il centrocampista Mattia Gueli e i difensori Agustin Exequiel Llanos Roset e Giovanni Ubertazzi.

Dirigerà Francesco Succu di Nuoro, assistenti di linea Mirko Pili e Simone Crobu di Oristano.

Giampaolo Cirronis

Nella foto di copertina la formazione del Carbonia che domenica scorsa ha vinto 5 a 4 con la Villacidrese.

Allegata l’intervista con l’allenatore del Carbonia Diego Mingioni, registrata venerdì pomeriggio al termine dell’ultimo allenamento

 

Il Carbonia vince in rimonta, 2 a 1 sul San Teodoro Porto Rotondo, una partita dalle mille emozioni e tiene il passo di Calangianus e Tharros, vittoriose rispettivamente 1 a 0 a Tempio e 2 a 0 in casa con il Bari Sardo. Ha perso terreno il Bosa, travolto in casa dalla Ferrini per 5 a 0 e ora a 3 punti dal Carbonia.

Carbonia-San Teodoro Porto Rotondo è stata la classica partita da sconsigliare ai deboli di cuore. Diego Mingioni ha dovuto rinunciare al capitano Gabriele Dore, a Edoardo Adamo e Danilo Cocco; molto più pesanti le assenze in casa San Teodoro Porto Rotondo, con ben quattro titolari squalificati: Simone Varrucciu, Nicola Raimo, Jacopo Malesa e Daniele Molino.

 

Dopo il minuto di raccoglimento di un minuto per la tragedia nella centrale idroelettrica di Suviana, il Carbonia ha iniziato meglio, andando vicino al goal due volte con l’attivissimo Lorenzo Basciu.

 

Alla prima vera occasione ill San Teodoro Porto Rotondo ha sbloccato il risultato, al 35′: incursione di Simone Saiu sulla fascia sinistra, sul pallone s’è lanciato Alessio Mulas, capocannoniere del campionato, che ha firmato il 23° goal superando Mattia Caroli con un preciso pallonetto.

Il Carbonia ha accusato il colpo ma trascinato ai suoi tifosi Ultras, ha reagito e allo scadere del tempo si è riportato in parità: su un lancio di Mateo Broglia dalla fascia sinistra, il capitano Andrea Porcheddu ha staccato di testa impattando perfettamente il pallone sovrastando un difensore del San Teodoro Porto Rotondo, non lasciando scampo a Luca Melis. Le squadre sono andare al riposo sull’1 a 1.

In avvio di ripresa il Carbonia ha cercato con insistenza il goal del vantaggio e lo ha sfiorato al 55′, con un bel diagonale di Lorenzo Basciu, deviato in calcio d’angolo dal portiere del San Teodoro Porto Rotondo.

Al 61′ è arrivata la prima svolta della partita con l’espulsione del capitano del San Teodoro Porto Rotondo Riccardo Muzzu, autore di un fallo a centrocampo su Andrea Porcheddu, allontanato dal terreno di gioco con il secondo cartellino giallo e il conseguente rosso.

All’82’ la seconda svolta della partita, con l’espulsione del portiere ospite Luca Melis e il calcio di rigore concesso al Carbonia in un’azione molto confusa e contestata dalla squadra ospite che chiedeva il calcio di punizione a due anziché il calcio di rigore. Tra i pali s’è portato il neo entrato Fabrizio Deiana e Andrea Porcheddu s’è impossessato del pallone per l’esecuzione del calcio di rigore. Il gioco è rimasto fermo diversi minuti fino all’uscita definitiva dal terreno di gioco del primo portiere espulso. Sul dischetto, anziché Andrea Porcheddu s’è portato Ezequiel Cordoba, per un accordo tra i due compagni di squadra. Fabrizio Deiana ha neutralizzato il tiro dagli undici metri ed il risultato è rimasto inchiodato sull’1 a 1.

Di lì a poco il direttore di gara ha concesso 6 minuti di recupero, il Carbonia s’è lanciato alla ricerca del goal partita in doppia superiorità numerica e al 91′ il centrale difensivo Ernest Wojcik ha trovato il varco giusto, battendo Fabrizio Deiana dopo la sua respinta sulla prima conclusione di Lorenzo Basciu – su lancio di Mateo Broglia -, lasciandosi poi andare ad un’esultanza senza freni con la maglia per aria che gli è costata il cartellino giallo.

 

Il goal subito è stato una mazzata tremenda per il San Teodoro Porto Rotondo che ha terminato la partita in 8 uomini per la terza espulsione comminata dal direttore di gara a Simone Saiu – apparsa “esagerata” – per un fallo su Andrea Porcheddu. Di lì a poco il triplice fischio finale e la festa dei calciatori del Carbonia sotto la parte di tribuna occupata dai tifosi Ultras.

Con la terza vittoria e due pareggi nelle ultime cinque partite il Carbonia resta in corsa per la salvezza; il San Teodoro Porto Rotondo con la terza sconfitta consecutiva resta ancora fermo a quota 38 punti ed ora inizia a temere il ritorno di Calangianus e Tharros con il rischio di scivolare in area playout. Oggi ha giocato senza quattro titolari squalificati, anche domenica prossima, in casa con la capolista Ilvamaddalena già prossima, sconfitta oggi in casa 2 a 0 dal Villaismius dopo la sconfitta di sette giorni fa a Ghilarza, dovrà fare a meno di quattro calciatori squalificati, Simone Varrucciu che ha ancora una giornata da scontare e i tre espulsi oggi: Riccardo Muzzu, Luca Melis e Simone Saiu.

Carbonia: Caroli, Broglia, Chidichimo, De Vivo, Wojcik, Cordoba, Prieto, Omoregie, Porcheddu, L. Basciu, Mancini (82′ Lambroni). A disposizione: Bigotti, C. Basciu, Carboni, Abbruzzi, Lodde, Salimbene, Falletto, Lecca. Allenatore: Diego Mingioni.

San Teodoro Porto Rotondo: Melis, Spano, Frisciata (35′ Serra), Animobono, Muzzu, Saiu, Casula (75′ Saggia), Mastromarino, Mulas (82′ Deiana), Pala, Ruzzittu (68′ Marongiu). A disposizione: Moran, Caocci, Di Nardo, Varrucciu, Mei. Allenatore: Riccardo Sanna.

Arbitro: Emanuele Rotondo di Frattamaggiore.

Assistenti di linea: Matteo Laconi di Cagliari e Giovanni Meloni di Carbonia.

Marcatori: 35′ Mulas (ST), 45′ Porcheddu (C), 91′ Wojcik (C).

Espulsi: Melis (ST), Muzzu (ST) e Saiu (ST).

Ammoniti: Frisciata (ST), Muzzu (ST), Pala (ST), Wojcik (C), Cordoba (C), Mancini (C).

Spettatori: 200.

Giampaolo Cirronis

Una numerosa rappresentanza degli studenti delle classi del triennio degli istituti superiori presenti nella città di Carbonia (Istituto di Istruzione Superiore Beccaria, Istituto Statale Professionale E. Loi, Istituto di Istruzione Superiore G.M. Angioy, Istituto di Istruzione Superiore Amaldi-Gramsci) ieri mattina ha partecipato con interesse, entusiasmo e curiosità alla presentazione del libro “La nostra marcia”, edito da Giampaolo Cirronis, alla presenza del sindaco Pietro Morittu, dell’assessora della Pubblica Istruzione Antonietta Melas e degli autori: Peppino La Rosa, Tore Cherchi, Antonangelo Casula, Sandro Mantega. Sono intervenuti anche alcuni protagonisti della marcia: Antonello Pirotto, Roberto Puddu, Riccardo Cardia, Rino Barca, e il professor Andrea Corrias.
L’evento, organizzato dal comune di Carbonia e svoltosi presso l’Aula Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore Beccaria, è stato un prezioso momento formativo per valorizzare la memoria storica della città, promuovendo un’iniziativa rivolta ai giovani studenti per favorire la conoscenza della storia del Novecento, rievocando una pagina indelebile per tutti noi: la storica marcia per lo sviluppo economico e dell’occupazione realizzata nel Sulcis Iglesiente dal 19 ottobre al 15 dicembre 1992. Un’occasione per mantenere sempre viva la memoria degli uomini e delle donne che hanno lottato per lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche del Sulcis Iglesiente.

L’Atletico Masainas ha vinto 4 a 0 a Cortoghiana e festeggia una “storica” promozione…in Promozione regionale. La squadra di Marco Farci (un ex, avendo raggiunto lo stesso traguardo cinque anni fa alla guida del Cortoghiana) s’è imposta con due goal per tempo, doppiette di Pierluigi Achenza a Momo Cosa, e ha confermato il vantaggio di 19 punti sul Samugheo, prima inseguitrice, che oggi ha vinto 5 a 1 a Seulo e, a 6 giornate dalla fine, deve ancora riposare.

L’Atletico Masainas ha letteralmente dominato il campionato dalla prima giornata, con 23 vittorie e 3 pareggi, nessuna sconfitta, 83 goal realizzati e solo 19 subiti. La società guidata dal presidente Antonello Etzi ha costruito un progetto vincente facendo leva sul lavoro di un vasto gruppo dirigenziale che ha coinvolto tutto il paese, sempre vicino alla squadra anche nelle trasferte. Le ultime sei partite che mancano al termine saranno occasione per festeggiare il traguardo raggiunto e, al tempo stesso, passaggio fondamentale per gettare le basi per le prossima stagione che, in Promozione regionale, sarà sicuramente molto impegnativa.

Giampaolo Cirronis

E’ stato presentato questa mattina, nella sala Corpus dell’Antica Tonnara Su Pranu, a Portoscuso, il corso “Property manager per l’accoglienza e lo sviluppo del turismo extra-alberghiero in Sardegna” promosso da Confapi Sardegna, IsforApi e Sardinia Re.
Dopo i saluti di Attilio Sanna, assessore dello Sport, Turismo e Spettacolo, Patrimonio, Commercio e Artigianato del comune di Portoscuso, il progetto è stato presentato da Alessio Lampis, presidente territoriale Cagliari, Sulcis e Medio Campidano di Confapi e vicepresidente regionale, e Mimmo Moro, CEO di Sardinia Re e presidente dell’Unione Turismo di Confapi Sardegna, che hanno fatto una panoramica sulla realtà e le prospettive del turismo extra-alberghiero in Sardegna e, in particolare, nel Sulcis Iglesiente, anticipando in sintesi quelli che saranno i temi che verranno trattati nel corso di formazione. E’ intervenuta anche Valeria Fadda, presidente di Confapi Sassari e di Isfor Api e con Alessio Lampis vicepresidente regionale di Confapi Sardegna.

Il corso prenderà il via lunedì prossimo, rivolto sia agli operatori turistici, sia a coloro che intendono creare una nuova impresa, diversificare e/o ampliare la propria attività. È il primo step di un programma di iniziative che Confapi Sardegna intende svolgere nel territorio del Sulcis per porre le premesse di una valida alternativa allo sviluppo industriale.

Al termine della presentazione, ho intervistato Alessio Lampis e Mimmo Moro.

Giampaolo Cirronis

 

Superando il Bosa con un punteggio tennistico di 6 a 0 l’Ilvamaddalena ha conquistato questo pomeriggio la certezza matematica della promozione in serie D. Al Chicchitto Chessa di Bonorva la capolista non ha concesso niente al Bosa, impegnato nella lotta per la salvezza, e ha conquistato i tre punti realizzando tre goal per tempo (Dominguez, Kiwobo e Touray nel primo tempo; Maitini, Tapparello e Piriottu nella ripresa), salendo a quota 64 punti, ormai irraggiungibile per le prime inseguitrici, a quattro giornate dalla conclusione della stagione regolare. L’Ilvamaddalena di Carlo Cotroneo ritorna così in serie D dopo un solo anno di Purgatorio in Eccellenza regionale.

Nell’altro incontro della 13ª giornata del girone di ritorno disputato questo pomeriggio, l’Ossese ha espugnato il campo della Tharros con il punteggio di 2 a 1 in rimonta. La Tharros s’è portata in vantaggio al 37′ con un colpo di testa di Joseph Tetteh (ex Carbonia), l’Ossese ha ribaltato il risultato nel finale con una doppietta di Marco Contini, entrato in campo alcuni minuti prima, al 40′ e al 45′ del secondo tempo e sale così al secondo posto in classifica con 50 punti.

Le vittoria odierne dell’Ilvamaddalena sul Bosa e dell’Ossese sulla Tharros, indirettamente, hanno fatto un grandissimo favore alle altre squadre impegnate nella lotta per la salvezza, ad iniziare dal Carbonia che resta 2 punti davanti al Bosa, con 28 punti, al quart’ultimo posto, a 5 lunghezze da Calangianus e Tharros con quest’ultima che deve ancora riposare. Il Carbonia domenica 7 aprile giocherà lo scontro diretto con il Calangianus al “Signora Chiara”, poi ospiterà il San Teodoro Porto Rotondo, giocherà a Villacidro e, infine, chiuderà la stagione regolare in casa contro l’Ossese.

Giampaolo Cirronis

Nella foto di copertina Carlo Cotroneo, allenatore dell’Ilvamaddalena, neopromossa in serie D

E’ stata presentata questa mattina nella sala riunioni della Posada di Carbonia, la Ciclovia del Cammino Minerario di Santa Barbara. Alla presentazione erano presenti, tra gli altri, Mauro Usai, presidente della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara; l’ingegnere Luca Zambianchi, responsabile dell’area tecnica della stessa Fondazione; l’ingegnere Michele Pinna, guida cicloturistica; il vicesindaco di Carbonia, Michele Stivaletta.

La Ciclovia, al pari del Cammino, è un anello ricadente nell’area 8 del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, nel Sulcis Iglesiente e nell’Arburese-Guspinese. Si sviluppa in un percorso che da Iglesias ritorna a Iglesias, spaziando a Nord fino a Montevecchio e a Sud fino a Candiani (Porto Pino), in 9 tappe, ognuna con una o più varianti che consentono di personalizzare il proprio itinerario, da un minimo di 562 a un massimo di 653,2 km, in funzione delle varianti scelte.

Tramite il QR-Code presente nella descrizione delle tappe e delle varianti, è possibile accedere direttamente alla sezione del sito della Fondazione del Cammino e scaricare le tracce GPX dei percorsi proposti.

Prima di affrontare il Cammino, è necessario munirsi della credenziale, ordinabile online o disponibile presso la sede della Fondazione che, una volta personalizzata con i propri dati, diventa il “passaporto” del pellegrino e dà diritto a pernottare nelle posadas, avere assistenza costante da parte degli operatori della Fondazione e usufruire di sconti e vantaggi presso le strutture e gli esercenti convenzionati; visitare il sito del Cammino prendendo visione delle sezioni dedicate alla sicurezza, alle curiosità e alle informazioni utili per affrontare il percorso; prenotare per tempo le strutture ricettive (soprattutto nel periodo estivo).

Le 9 tappe e relative varianti.

Tappa 1A, 62 km – da Iglesias a Fluminimaggiore, percorso costiero (variante, 66 km: passaggio per il lago naturale di Piscina Morta)

Tappa 1B, 34,3 km – da Iglesias a Fluminimaggiore, percorso montano (variante, 47,5 km: passaggio per San Benedetto, Malacalzetta e Arenas)

Tappa 2, 79,7 km – da Fluminimaggiore a Guspini (variante, 74,5 km: passaggio per Genn’e Mari e Villa Ginestra)

Tappa 3, 87,5 km – da Guspini a Domusnovas (variante, 109 km: passaggio per la foresta di Monti Mannu)

Tappa 4, 94,4 km – da Domusnovas a Piscinas (variante 1, 104 km: passaggio per Siliqua e la Valle del Cixerri; variante 2, 83,4 km: passaggio per Narcao e la Necropoli di Montessu);

Tappa 5, 59,4 km – da Piscinas a Sant’Antioco (variante, 59,4 km: passaggio per la ciclabile di San Giovanni Suergiu)

Tappa 6, 54,2 km – da Sant’Antioco a Carbonia (variante, 55,5 km: passaggio per la Necropoli di Is Loccis Santus)

Tappa 7, 43 km – da Carbonia a Portoscuso (variante, 40,6 km: da Cortoghiana a Nuraxi Figus, passando dall’ingresso alla miniera attiva)

Tappa 8, 34, 5 km – Carloforte (variante 1, 38,9 km: passaggio per la scogliera de La Punta e la Tonnara; variante 2, 40,2 km: passaggio per la scogliera di Punta delle Oche; variante 3, 47,8 km: passaggio per il Belvedere di Capo Sandalo)

Tappa 9, 34,8 km – da Portoscuso a Iglesias (variante 1, 31,6 km: proseguendo sulla provinciale panoramica; variante 2, 41,4 km: verso le vecchie miniere fino a Sa Macchina Beccia; variante 3, 33,1 km: da Bindua a Monteponi Scalo su SS 126; variante 4, 38 km: da Sa Macchina Beccia verso Monteponi Scalo).

Giampaolo Cirronis

Allegate le interviste al presidente della Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara Mauro Usai e al responsabile dell’Area tecnica della stessa Fondazione Luca Zambianchi.