23 December, 2024
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Migrazioni, questo il tema al centro della prima edizione di “Angolazioni” che si è svolta in paese nei giorni scorsi coinvolgendo le scuole ed il centro di aggregazione sociale. Ho potuto seguire solo parzialmente la rassegna ed in particolare due serate, quelle del 13 e del 14 dicembre ed ho visto “Italiani d’Eritrea” di Giampaolo Montesanto, “Anastasia di Biserta” di Mahmoud Ben Mahmoud, ed il giorno dopo “Italiani dell’altra riva” ancora di Mahmoud Ben Mahmoud. Le cronache di questi ultimi anni, raccontano dei tentativi di diversi ragazzi algerini, per la gran parte uomini, di raggiungere l’Europa, e quindi cambiare le loro vite, arrivando in Sardegna. Per le nostre comunità l’impatto di questi barchini, per la maggior parte stipati nelle dipendenze della Capitaneria di Porto di Sant’Antioco e poi venduti o bruciati, è poco eclatante, manca quasi completamente il confronto con gli autoctoni, le persone vengono registrate ed inviate al Centro di Accoglienza di Monastir da dove per la gran parte, vengono riaccompagnati al loro paese, solo pochi riescono a rimanere in Europa e magari a raggiungere amici e famiglie in Francia o Germania. L’Italia e ancora meno la Sardegna, non sono luoghi appetibili. Tuttavia, i sentimenti di ostilità verso questi imprenditori, perché per partire verso luoghi sconosciuti lasciandosi alle spalle “Su connottu” bisogna essere imprenditori di se stessi, esistono. Spesso sono latenti ed emergono nelle chiacchiere per strada.
Abbiamo poca memoria, non ci ricordiamo nemmeno che i nostri ragazzi e ragazze, per non parlare di zii e nonni, come loro, partono alla ricerca di condizioni di vita migliori, di un lavoro, esattamente come loro, solo che i nostri sono “privilegiati” cittadini della UE e questo cambia un pochino le loro prospettive. Eppure le nostre rive, ricordiamoci che la Sardegna è molto più vicina all’Algeria ed alla Tunisia che all’Italia, non sono tanto distanti, e dalle nostre parti qualcuno sul finire dell’800 è andato proprio da quelle parti a lavorare, accolto normalmente e inserito. Mio bisnonno fece per alcuni anni il bottaio proprio a Bona, per gli algerini Annaba, portandosi appresso la famiglia tant’è che mia nonna, classe 1895, frequentò le elementari in quella città. I contatti commerciali fra le due rive erano molto più intensi. Ma noi, voltiamo le spalle alla sponda sud del Mediterraneo, preferiamo guardare al Nord. Dobbiamo cominciare a modificare le nostre prospettive, a considerarci, come siamo, gente di mezzo, ad intessere rapporti più forti con le rive meridionali del nostro mare. In questo senso la rassegna di questi giorni apre una finestra sull’Africa, su un pezzo dimenticato di storia patria quale quello legato alla “conquista” dell’Eritrea, agli italiani e ai figli degli italiani che malgrado la fine dell’Impero lì sono voluti rimanere e ce lo ha raccontato splendidamente il film di Montesanto. Gli imperi crollano ma la risacca lascia dietro di se persone con le loro vite, le loro attività, i loro affetti. E così è per il pezzo di Russia zarista che andò a cercare asilo in Tunisia raccontata in “Anastasia di Biserta”, quel porto rappresentò il riparo per una parte della flotta che era rimasta fedele allo zar con il suo equipaggio formato non solo dai marinai ma anche dalle famiglie di quanti scappavano dalla rivoluzione. E in Africa Anastasia ha deciso di vivere come molti dei suoi connazionali, una nuova vita. Così come Anastasia, gli “Italiani dell’altra riva”, raccontati ancora da Mahmoud Ben Mahmoud, ci racconta di una comunità di nostri connazionali, provenienti per la maggior parte dalla vicina Sicilia, presenti in Tunisia dalla fine del 1800, che in parte da noi sono tornati basti pensare alla grande Claudia Cardinale, o all’ex sindaco di Napoli e poi parlamentare italiano Maurizio Valenzi. Insomma per anni è stato possibile convivere e crescere insieme al di la delle differenze di credo religioso e politico. È possibile ripetere questi esempi, rimanere aperti al confronto ed alla crescita con comunità diverse dalle nostre, parlarsi fra le due rive per costruire, per quanto possibile, un mondo migliore.

Carlo Floris