25 November, 2024
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Cada Die Teatro porta una delle sue produzioni a Monastir. Domani, sabato 28 dicembre, alle 18.30, sotto i riflettori del Centro di aggregazione sociale, in via Nazionale 183, ci sarà Pierpaolo Piludu, autore ed interprete diAlberi e sogni”, spettacolo liberamente ispirato a “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, regia e collaborazione alla drammaturgia di Alessandro Mascia (collaborazione musicale: Nicola Piras; elaborazioni sonore: Giampietro Guttuso e Matteo Sanna; luci: Giovanni Schirru; scenografie: Marilena Pittiu; assistente alla regia: Mario Madeddu).

«Siamo partiti dalla storia di Elzéard Bouffier, ‘L’uomo che piantava gli alberi’ che riuscì a trasformare un deserto di sassi e di vento in un’immensa foresta – è scritto nelle note dello spettacolo -. Questa vicenda si è intrecciata con quelle di altre donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla realizzazione di un sogno, anche quando il buon senso, la ragione e le guerre, suggerivano di lasciar perdere. Uomini e donne che hanno lasciato bonos ammentos, dei bei ricordi: un’umanità semplice e sorprendentemente bella.»

E ancora: «Ci siamo anche avvicinati ai sogni colorati e un tantino ambiziosi che avevamo da ragazzi, alla fine degli anni ’70, quando speravamo di fare la rivoluzione e di dare vita a un mondo più bello e più giusto… In alcuni momenti i protagonisti dello spettacolo diventano un gruppo di giovani attori che, nei primi anni ’80 con un pullmino sgangherato, vanno in giro in un’Europa ancora divisa da muri e rigide frontiere. A fronte delle numerose sonore sconfitte che hanno spesso accompagnato la nostra generazione – aggiungono Pierpaolo Piludu ed Alessandro Mascia – ci piaceva l’idea di raccontare, una volta tanto, anche delle storie che finissero bene. Come quella della nostra compagna Zelinda Roccia, che decise di lasciare scuola e teatro per trasferirsi a Managua e cercare di salvare bambine e bambini di strada che sniffavano la pega, una colla devastante per non sentire i morsi della fame e la paura delle violenze. O come quella di Elzéard Bouffier: chissà cosa gli era passato per la testa, pochi giorni prima di morire, quando si era voltato e aveva visto chilometri di bosco… un mare di alberi mossi dal vento… Un grazie va alle associazioni “L’uomo che pianta gli alberi” di Cagliari e “Los Quinchos” del Nicaragua per l’instancabile e contagiosa voglia di fare e di sognare».

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Torna in scena “Pósidos cun Su Cuncordu Iscanesu”, produzione di Cada Die Teatro, di e con Pierpaolo Piludu, sotto la regia di Giancarlo Biffi, e con la partecipazione del coro Su Cuncordu Iscanesu: “sa oghe” Pietro Dettori , “sa mesuoghe” Giampiero Motzo, “sa contra” Antonio Piras , “su bassu” Sandro Flore (luci di Giovanni Schirru, suono di Matteo Sanna e Giampietro Guttuso). Lo spettacolo sarà domani, mercoledì 11 settembre, a Monastir, in Piazza San Giacomo, alle 21.30, ospite del festival di arte e cultura “Dammi un cinque!”.

Pósidos, “tesori”, è frutto di una ricerca sulle modalità del raccontare degli anziani narratori e narratrici di Scano Montiferro. Le storie di Pósidos parlano di santi, di banditi, ci portano indietro in un tempo, neanche troppo lontano, quando era ancora frequente che i morti, sas animas, comparissero ai vivi, quando il Montiferru era un’unica grande foresta, prima che arrivassero le squadre di tagliaboschi mandate da Cavour. Pierpaolo Piludu accompagna gli spettatori nel mondo magico di quei “contos antigos”, che fino a qualche decennio fa venivano raccontati ovunque in Sardegna.

“Nella mia narrazione – racconta – provo a fare memoria di una delle mie esperienze di vita più importanti: quella vissuta 24 anni fa a Scano Montiferro nel corso di una ricerca sulle modalità del raccontare dei vecchi del paese. Per oltre un mese ho avuto la fortuna di immergermi nei racconti che un’intera comunità mi ha regalato. Oltre al contenuto delle storie e alle abilità narrative di molti anziani, mi è rimasta impressa la loro capacità di stupirsi anche narrando fatti che avevano già raccontato decine di volte.»

Da questi ricordi emozionali e da quell’esperienza è nato il libro “Pósidos” (edito da Condaghes), «che racconta proprio ciò che ho scoperto, imparato e rubato nel corso della ricerca».

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Ancora un menù tutto da gustare nella quinta giornata del “Festival dei Tacchi”, firmato Cada Die Teatro. Domani, martedì 6 agosto, si parte dalla Stazione dell’Arte di Ulassai, che ospita alle 17.00 la presentazione del libro di Emanuele Cioglia “Lotta amata”. Con l’autore ci sarà Silvestro Ziccardi. Poteva la Sardegna diventare l’incubatrice della rivoluzione socialista mondiale? Sembra il plot d’un romanzo utopico, fantapolitica. Tuttavia qualcuno molti decenni fa ci credette davvero. Come se Cuba e la Sardegna potessero unirsi attraverso un filo rosso, per taluni libertario, per altri brigatista e sanguinario. Alcuni giovani negli anni ’70 e all’alba degli ’80 di lavoro volevano fare la rivoluzione. Tra questi, di sicuro, lo zio di Erni, il (co)protagonista di questo romanzo. Zio Geremia nella carta d’identità provò a farsi scrivere “professione combattente“, ma all’anagrafe gli spiegarono che non si poteva, a meno che non s’intendesse dipendente delle Forze Armate. Allora lui disse all’impiegata: “Scriva poeta”.
L’autore aveva nove anni all’epoca della favola narrata. Molti aneddoti, soprattutto quelli relativi alle sue avventure, quelle del fratellino Ricciolo e delle cuginette Laura e Mara, sono autentici, veri, o verosimili. La storia parallela dello zio Geremia e del suo seguito di anarchici sgangherati, dei brigatisti e delle loro armi, degli amori e della comica forza rivoltosa di queste pagine, nonché quella del colpo di scena finale, risulta quasi del tutto inventata.

Alle 19.00 la Stazione dell’Arte sarà poi il luogo deputato per “Del coraggio silenzioso”, di e con Marco Baliani (collaborazione alla drammaturgia di Ilenia Carrone, produzione Comune di Bergamo – Teatro Donizetti – Casa degli Alfieri, con il patrocinio di Amnesty International). Con l’attore piemontese in scena la chitarra del cantautore Nicola Pisu.
Di solito si associa alla parola “coraggio” un’azione eclatante, dettata da un’urgenza impellente. È il coraggio che accade in condizioni estreme e che diviene poi epos, racconto, esempio. Ma c’è un altro tipo di coraggio, silenzioso e non appariscente, ed è di questa declinazione della parola “coraggio” che questo spettacolo vuole parlare. Il coraggio silenzioso agisce nell’essere umano quasi inaspettatamente, non presuppone una tempra guerriera. Questo coraggio agisce in forma sottomessa, ha a che fare con la profondità dell’umano che è in noi, a cui è perfino difficile dare una spiegazione. Non ci sono parole che spiegano come quell’impulso ad agire, nonostante tutto, avvenga in individui che di colpo sentono di dover compiere un gesto per loro improvvisamente “necessario”. Antigone, che, nonostante il divieto della legge di Creonte, va a seppellire il corpo del fratello, pagando con la morte quella trasgressione, è l’esempio archetipico di questa forma di coraggio. «Ci sono leggi non scritte, inviolabili, che esistono da sempre, e nessuno sa dove attinsero splendore». «È questo splendore di cui parla Antigone – spiega Baliani – quello che vado cercando in questo spettacolo, quel nocciolo luminoso che trasforma un’esistenza intera in un atto esemplare, ma silenzioso, luminoso ma vissuto nell’ombra, nel pudore, nella pura necessità del dover agire. Andrò alla ricerca di cinque narrazioni, cinque situazioni estreme, dove far illuminare cinque esistenze, che, grazie al racconto, divengono, in quel luogo effimero e potente che è la scena teatrale, cinque testimonianze di taciturno coraggio. Una struttura drammaturgica semplice, parole e musica che si intrecciano per restituire la semplicità scandalosa di quegli umani atti di coraggio silenzioso».

E il Museo di Ulassai, scrigno delle opere di Maria Lai, alle 21.30 vedrà protagoniste l’interpretazione di Pierpaolo Piludu e le musiche live di Paolo Fresu in “Laribiancos”, produzione storica di Cada Die Teatro, tratta dal romanzo “Quelli dalle labbra bianche” di Francesco Masala. Lo spettacolo, adattato per il palcoscenico dallo stesso Piludu, sotto la regia di Giancarlo Biffi, è impreziosito dalle musiche originali di Fresu (disegno luci di Giovanni Schirru e suono di Giampietro Guttuso e Matteo Sanna).
“Quelli dalle labbra bianche”, pubblicato per la prima volta nel 1962, è un capitolo importante della letteratura sarda. Al centro del romanzo di Francesco “Cicitu” Masala il villaggio di Arasolè, con le sue storie dolorose legate alla tragedia della seconda guerra mondiale sul fronte russo. Ad Arasolè, un giorno, il campanaro Daniele Mele – la voce narrante delle memorie del villaggio – chiama a raccolta il paese per rendere omaggio, dopo vent’anni, ai caduti in guerra. Mele è l’unico superstite fra i dieci compaesani che partirono per la Russia verso l’impresa più ardua della loro vita, in una trincea in mezzo alla pianura russa ghiacciata, una disastrosa avventura dal tragico epilogo. Ad Arasolè erano ‘quelli dalle labbra bianche’, sos laribiancos, i poveri, i ‘vinti’.
«Li chiamavano ‘sos laribiancos’, ‘quelli dalle labbra bianche’: era il segno distintivo, inconfondibile, dei poveri di Arasolè, un paesino della Sardegna, ai confini con le foreste del Goceano – scrive Pierpaolo Piludu -. Sos laribiancos si riconoscevano subito: mangiavano poca carne, pochi carboidrati, poche proteine… mangiavano troppo poco. Lo spettacolo nasce da un profondo interesse e dall’alta considerazione per l’opera di Francesco Masala. In diverse occasioni il poeta-scrittore di Nughedu San Nicolò mi ha manifestato il desiderio di vedere in scena il testo teatrale Sos laribiancos, nella versione sardo logudorese. ‘… e se invece di una messa in scena fedele, provassi a narrare la vicenda?’. E’ nato così un racconto che si rifà sia al romanzo Quelli dalle labbra bianche che ad altre opere di Masala dove compaiono a più riprese Culubiancu, Mammutone, Tric Trac e gli altri laribiancos di Arasolè partiti in un pomeriggio di sole del 1940, sopra un carro bestiame, per andare a fare la guerra. Dove possibile ho cercato di lasciare inalterata la suggestione poetica delle parole dell’autore. Allo stesso tempo, spero con il giusto rispetto, ho dovuto scegliere, aggiungere, assemblare, tradire.»

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Spettacolo, laboratori e giochi: è ancora questa la ricetta vincente per la serata di chiusura di “Capitani coraggiosi d’estate”, la tranche estiva della stagione di teatro per ragazzi organizzata e curata da Cada Die Teatro, sotto la direzione artistica di Tatiana Floris e Silvestro Ziccardi, nella Corte della Vetreria di Pirri.
Domani, venerdì 12 luglio, si partirà alle 19.30, con “Schioppi e galoppi”, laboratorio a cura dei Cemea Sardegna (Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva). Il sigillo sulla rassegna lo metterà alle 21.30 “Più veloce di un raglio”, di e con Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, fortunata produzione di Cada Die Teatro. Liberamente tratto dal racconto “L’asino del gessaio” di Luigi Capuana, con la collaborazione di Alessandro Lay per la drammaturgia e la messa in scena (il suono è di Giampietro Guttuso, il disegno luci di Giovanni Schirru, l’organizzazione di Tatiana Floris), lo spettacolo ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti, come l’Eolo Awards per la migliore novità di teatro ragazzi e giovani, il Premio Rosa D’oro, il Premio Padova – Amici di Emanuele Luzzati.
«C’era una volta un gessaio che aveva tanti asini, magri, brutti e sporchi; ma tra tutti questi ne aveva uno che era il più brutto di tutti. Era magro, storto, spelacchiato, con la coda scorticata, le zampe così rovinate che sembrava reggersi in piedi per miracolo. Ma quando il suo padrone gridava “Avanti focoso!…” l’asino alzava la testa, abbassava le orecchie per essere più aerodinamico e, roteando la coda come fosse l’elica di un aeroplano, partiva più veloce d’un raglio!»

Fra racconto, rappresentazione e contrappunto musicale, ecco la storia del gessaio e del suo spelacchiato asino Focoso che, liberato da una malefica stregoneria, diventerà principe.
Mauro Mou e Silvestro Ziccardi narrano una storia che parla di redenzione, dove nulla è come appare e dove sono gli umili ad avere la loro giusta rivincita sulle ingiustizie operate dai nobili e dai prepotenti: «Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, anche un asino può avere un cuore nobile e i re e le principesse talvolta devono rimboccarsi le maniche per guadagnarsi un po’ di nobiltà».

Anche domani sarà aperto il Cafè ludico, uno spazio in cui conoscere e sperimentare giochi in scatola, tavolieri, giochi di società, presentati e proposti dagli esperti dei Cemea.

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Dieci anni di spettacoli, laboratori, festival e impegno civile. Dieci anni di teatro per La Cernita, la compagnia di Carbonia attiva dal 2009 nel cuore di un territorio bello e complesso come il Sulcis-Iglesiente. Per celebrare questo traguardo La Cernita organizza una tre giorni nel piccolo e incantevole borgo minerario di Bacu Abis, da sempre centro operativo della compagnia, in programma da venerdì 24 a domenica 26 maggio.

E lo fa assieme ai suoi grandi protagonisti sulla scena, ai tanti partner che sostengono le iniziative, ad alcuni amici e ospiti speciali. Il tutto sotto la direzione artistica di Monica Porcedda, con Carla Galliu alla segreteria organizzativa e Erre Push a occuparsi di produzione e graphic design.

Tra gli ospiti il gruppo Teatro Albeschida, la sezione Anpi di Carbonia, Casa Emmaus, la saggista, giornalista e critica letteraria Angela Guiso, il grande musicista Gavino Murgia e tanti altri.

La compagnia

La Cernita Teatro, fin dalla sua nascita, ha scelto di adottare una pratica teatrale con una forte valenza sociale e comunitaria, agendo in cooperazione con le istituzioni, le cooperative sociali e le associazioni attive nel territorio. Un modo inclusivo di lavorare che ha dato vita a una forma nuova di fare teatro, finalizzata al cambiamento sociale e a una visione dell’arte come impegno civile e politico.

Nel cuore di un territorio caratterizzato da un forte disagio socio-economico, con un alto tasso di dispersione scolastica e di disoccupazione giovanile, le due donne che sono l’anima della compagnia – Monica Porcedda, Carla Galliu – hanno proposto e realizzato progetti preziosi, portati avanti con ragazzi e scuole. Un’anima viva e propulsiva che si è si rivolta e si rivolge a giovani, adulti, anziani, attori d’esperienza ed emergenti, ospiti del Centro Diurno di Salute Mentale di Carbonia, insegnanti, educatori e formatori. Un orizzonte che si allarga e coinvolge, senza stravolgere.

I Cantieri Creativi

La Cernita Teatro festeggia i suoi dieci anni di attività riassunti ad arte nei tre hashtag che rilanciano la ricorrenza: #contAtti#EmoAzioni #NarrAzioni.

Tra ricerca artistica ed esperienza umana e sociale, il progetto si divide in tre sezioni ed è destinato a differenti fasce d’età. Nato all’interno della Stagione Bacu Abis Teatro 2019, grazie ai contributi di Regione Sardegna, Fondazione di Sardegna e Comune di Carbonia, ha come obiettivo l’educazione al teatro e all’arte contemporanea.

#CantieriCreativi_Echoes_Echi dal mare

Un esperienza formativa di teatro civile e della memoria diretta da Monica Porcedda che ha coinvolto 30 attori, tra giovani, adulti e anziani, gli allievi del laboratorio permanente de La Cernita Teatro e gli allievi del Gruppo Teatro Albeschida, compagnia teatrale nata nel 2001 in seno alle attività del Centro Diurno di Salute Mentale di Carbonia. Il progetto nasce in collaborazione con la sezione ANPI di Carbonia. La perfomance finale è andata in scena giovedì 25 aprile 2019 in memoria dei tanti migranti vittime delle stragi in mare.

#CantieriCreativi_ragazzi

Un progetto di educazione al teatro e all’arte contemporanea tra il manuale e il digitale. Attraverso un ciclo di incontri sul teatro della relazione, costumi, scene e arte digitale, i giovani stanno lavorando per costruire insieme una perfomance finale che avrà come tema centrale il tempo, questo signore misterioso e invisibile che ci accompagna ogni giorno.

#CantieriCreativi_le mie stagioni 

Un laboratorio di pedagogia dell’espressione e lettura espressiva destinato ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, a educatori e formatori, diretto da Maria Giulia Cirronis e da realizzarsi a giugno dopo la chiusura delle scuole.

Il programma

Venerdì 24 maggio il sipario si alza alle ore 18.00, negli spazi del teatro di Bacu Abis: si comincia con la performance teatrale “Improvvisazioni su madame la th” prodotto dal Gruppo Teatro Albeschida per la regia di Giampiero Orrù e Maura Grussu, con testo di Alfredo Camera ed adattamento di Angela Nocco e Lillia Dettori.

A seguire proiezione di #Echoes, progetto affinato all’interno dei Cantieri Creativi a cura de La Cernita Teatro in collaborazione con Gruppo Teatro Albeschida e la sezione di Carbonia dell’Anpi.

In chiusura l’incontro/confronto con Casa Emmaus dal titolo #LaBellezzaCondivisa. Tre realtà – La Cernita, Albeschida e Casa Emmaus – che raccontano e sviluppano per immagini, parole e gesti il tema “Dalla vita dell’arte all’arte della vita tra ricerca artistica e esperienza umana e sociale”.

Sabato 25 maggio l’appuntamento è fissato alle 19 al circolo di Bacu Abis (fronte Teatro) con “Giulio Angioni e Primo Levi: raccontare il tempo”. Un dialogo tra Monica Porcedda ed Angela Guiso, critica letteraria, saggista, giornalista e presidente del Premio Letterario Cambosu. Un incontro per riscoprire la Sardegna attraverso la poesia di Giulio Angioni e la prosa di un Primo Levi, a 100 anni dalla sua nascita. Un evento realizzato in collaborazione con la Società Umanitaria di Carbonia.

Alle 21si prosegue poi al teatro di Bacu Abis per “Frammenti di tempo: omaggio a Giulio Angioni e a Primo Levi”, a cura della compagnia teatrale La Cernita Teatro e del musicista Gavino Murgia. Sul palco Lucia Longu, Mariella Mannai, Monica Porcedda, Luciano Sulas, Rosanna Sulas.

Domenica 26 maggio ultimo atto di questa tre giorni di spettacoli, riflessioni e festeggiamenti. Alle 17.00, ancora al teatro di Bacu Abis, va in scena “Chi va piano va sano e va lontanto!”, esito finale del laboratorio #SpazioLabBimbi diretto da Monica Porcedda con Luminita Loredana Surduc assistente alla regia. Un’esperienza ludica e creativa che utilizza il teatro come strumento di scoperta e sperimentazione di sé e dell’altro fra corpi, voci, emozioni, parole, immagini, libertà e tanta fantasia. Sul palco Filippo Salidu, Viola Mereu, Giovanni Fois, Laura Fois, Alberto Porcu, Francesca Camporelli, Lorenzo Camporelli e Francesco Vadalà.

A seguire l’ultimo atto di questo intenso fine settimana con “Kairos”, perfomance conclusiva del progetto #CantieriCreativi ragazzi, con Dario Mura, Cristina Alciator, Gioia Di Pasquale, Leonardo Massa, Sofia Caciarru e Leonardo Cacciarru, con Monica Porcedda e la preziosa partecipazione di Maria Giulia Cirronis, Marco Nateri, Luminita Loredana Surduc, Giampietro Guttuso e FabLabSulcis.

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Cada Die Teatro porta in un minitour per le scuole una sua pluripremiata produzione di teatro per ragazzi, “Più veloce di un raglio”, di e con Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, prima in Emilia, poi in Svizzera: domani, mercoledì 22 maggio, andrà in scena a Castel Maggiore (Bologna), al Teatro Biagi D’Antona, alle 9 e alle 11; venerdì 24 sarà a Chiasso, al Cinema Teatro, alle 14.00.

Liberamente tratto dal racconto “L’asino del gessaio” di Luigi Capuana, con la collaborazione di Alessandro Lay per la drammaturgia e la messa in scena (il suono è di Giampietro Guttuso, il disegno luci di Giovanni Schirru, l’organizzazione di Tatiana Floris), lo spettacolo ha ricevuto diversi importanti riconoscimenti, come l’Eolo Awards per la migliore novità di teatro ragazzi e giovani, il Premio Rosa D’oro, il Premio Padova – Amici di Emanuele Luzzati.

«C’era una volta un gessaio che aveva tanti asini, magri, brutti e sporchi; ma tra tutti questi asini ne aveva uno che era il più brutto di tutti. Era magro, storto, spelacchiato, con la coda scorticata, le zampe così rovinate che sembrava reggersi in piedi per miracolo. Ma quando il suo padrone gridava “Avanti focoso!…” l’asino alzava la testa, abbassava le orecchie per essere più aerodinamico e, roteando la coda come fosse l’elica di un aeroplano, partiva più veloce d’un raglio!»ù

Fra racconto, rappresentazione e contrappunto musicale, ecco la storia del gessaio e del suo spelacchiato asino Focoso che, liberato da una malefica stregoneria, diventerà principe. Mauro Mou e Silvestro Ziccardi narrano una storia che parla di redenzione, dove nulla è come appare e dove sono gli umili ad avere la loro giusta rivincita sulle ingiustizie operate dai nobili e dai prepotenti: “Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze, anche un asino può avere un cuore nobile e i re e le principesse talvolta devono rimboccarsi le maniche per guadagnarsi un po’ di nobiltà”.

 

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Sono aperte le iscrizioni a “Cantieri creativi”, esperienza formativa pensata dalla Compagnia “La Cernita Teatro” e inserita all’interno del ricco calendario della stagione “Bacu Abis Teatro 2019”. I “Cantieri Creativi” sono rivolti a ragazzi tra gli 11 e i 15 anni che vogliono fare un’esperienza divertente all’interno di un vero teatro, sperimentare la loro creatività con il corpo e la parola, il suono e le luci, il disegno e la fotografia, il video e l’arte digitale e condividere le loro idee in gruppo per costruire insieme una perfomance finale. Per non lasciarsi scappare una simile occasione e per iscriversi contattare la Cernita a: info@lacernita.it e al numero 389 7673106.

Tutti gli incontri si terranno al Teatro di Bacu Abis a partire dal 15 marzo.

“Cantieri Creativi” è un progetto de La Cernita Teatro in collaborazione con il FabLabSulcis con il sostegno della RAS (assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali e Spettacolo), Fondazione di Sardegna e comune di Carbonia (assessorati della Cultura, Pubblica Istruzione, Politiche Giovanili). L’équipe di formatori è composta da: Monica Porcedda (corpo, voce, parola, drammaturgia collettiva, regia), Maria Giulia Cirronis (mediazione artistica nella relazione d’aiuto, fotografia, pedagogia dell’espressione), Marco Nateri (costumi e scenografie), Luminita Loredana Surduc (assistente ai costumi e alle scenografie), Giampietro Guttuso (suono e illuminotecnica due linguaggi nel teatro), FabLabSulcis (arte digitale).

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Minitour in Lombardia per “Laribiancos”, produzione storica di Cada Die Teatro, tratta dal romanzo “Quelli dalle labbra bianche” di Francesco Masala. Lo spettacolo, adattato per il palcoscenico da Pierpaolo Piludu, che ne è anche il protagonista sotto la regia di Giancarlo Biffi e con le musiche originali di Paolo Fresu (disegno luci di Giovanni Schirru e suono di Giampietro Guttuso e Matteo Sanna), sarà in scena domani, giovedì 28 febbraio, alle 20.30, al Teatro Cesare Volta di Pavia e venerdì 1 marzo, alle 11.00, all’Auditorium San Dionigi di Vigevano.

“Quelli dalle labbra bianche”, pubblicato per la prima volta nel 1962, è un capitolo importante della letteratura sarda. Al centro del romanzo di Francesco “Cicitu” Masala il villaggio di Arasolè, con le sue storie dolorose legate alla tragedia della seconda guerra mondiale sul fronte russo. Ad Arasolè, un giorno, il campanaro Daniele Mele – la voce narrante delle memorie del villaggio – chiama a raccolta il paese per rendere omaggio, dopo vent’anni, ai caduti in guerra. Mele è l’unico superstite fra i dieci compaesani che partirono per la Russia verso l’impresa più ardua della loro vita, in una trincea in mezzo alla pianura russa ghiacciata, una disastrosa avventura dal tragico epilogo. Ad Arasolè erano “quelli dalle labbra bianche”sos laribiancos, i poveri, i “vinti”.

Note sullo spettacolo: “Li chiamavano “sos laribiancos”, “quelli dalle labbra bianche”: era il segno distintivo, inconfondibile, dei poveri di Arasolè, un paesino della Sardegna, ai confini con le foreste del Goceano. Sos laribiancos si riconoscevano subito: mangiavano poca carne, pochi carboidrati, poche proteine… mangiavano troppo poco. Lo spettacolo nasce da un profondo interesse e dall’alta considerazione per l’opera di Francesco Masala. In diverse occasioni il poeta-scrittore di Nughedu San Nicolò mi ha manifestato il desiderio di vedere in scena il testo teatrale Sos laribiancos, nella versione sardo logudorese. “… e se invece di una messa in scena fedele, provassi a narrare la vicenda?”. E’ nato così un racconto che si rifà sia al romanzo Quelli dalle labbra bianche, che ad altre opere di Masala dove compaiono a più riprese Culubiancu, Mammutone, Tric Trac e gli altri laribiancos di Arasolè partiti un pomeriggio di sole del 1940, sopra un carro bestiame, per andare a fare la guerra. Dove possibile ho cercato di lasciare inalterata la suggestione poetica delle parole dell’autore. Allo stesso tempo, spero con il giusto rispetto, ho dovuto scegliere, aggiungere, assemblare, tradire”. (Pierpaolo Piludu)

Sempre venerdì 1 marzo, Pierpaolo Piludu si trasferirà poi in Emilia, dove al Teatro delle Ariette di Castello di Serravalle (Bologna), alle 20.30, racconterà della ricerca, che va avanti da più di quindici anni, sui testimoni dei bombardamenti su Cagliari del 1943. Interverrà Gerardo Guccini, docente di Storia del teatro e dello spettacolo al DAMS di Bologna e profondo conoscitore del teatro di narrazione. Verrà presentato un frammento del documentario “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama”, prodotto da Rai Sardegna, con la regia dello stesso Pierpaolo Piludu e di Cristina Maccioni, e un trailer teatrale dello spettacolo “Cielo nero”, scritto insieme a Francesco Niccolini, con la regia di Mauro Mou.

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Gran finale, oggi a Nureci, per l’undicesima edizione di Mamma Blues, il “festival nel festival” Dromos che ogni anno completa il suo lungo cammino nel piccolo borgo della Marmilla con tre serate all’insegna del genere di matrice afroamericana. A chiudere in bellezza il trittico che nei giorni precedenti ha visto protagonisti il cantante e chitarrista camerunese Roland Tchakounté e la norvegese Kristin Asbjørnsen, arrivano dalla Nigeria Seun Kuti & Egypt 80, sul palco dell’Arena Mamma Blues a partire dalle 23.00 (biglietti a 15 euro più prevendita). Ad aprire la serata, alle 22.00, il quartetto isolano South Sardinian Scum, cui spetterà più tardi anche il compito di animare lo spazio “dopofestival” da mezzanotte in su.

Ultimo figlio della leggenda dell’afrobeat Fela Kuti, di cui ha raccolto l’eredità politica e musicale, Seun Kuti approda al Mamma Blues con il suo nuovo album “Black Times”, il quarto registrato in studio con la straordinaria orchestra creata dal padre, l’epica Africa 70, ribattezzata Egypt 80 per riflettere le origini dell’Africa nera nell’antica civiltà faraonica. Con il trentacinquenne musicista e cantante nigeriano al sassofono contralto e alle tastiere, altri tredici musicisti: Adebowale Osunnibu ed Ojo Samuel David ai sassofoni, Adedoyin Adefolarin e Oladimeji Akinyele alle trombe, le coriste e danzatrici Joy Opara ed Iyabo Adeniran, David Obanyedo ed Oluwagbemiga Alade alle chitarre, Kunle Justice al basso, Shina Niran Abiodun alla batteria, Kola Onasanya, Wale Toriola ed Okon Iyamba alle percussioni.

Anche l’ultima serata di Mamma Blues sarà introdotta alle 22.00 da una formazione sarda, che il pubblico del festival ritroverà anche dopo il concerto di Seun Kuti & Egypt 80 nei Giardini del Sottomonte: a surriscaldare valvole e amplificatori nella notte ferragostana saranno i South Sardinian Scum, band nata nel 2013 e attualmente composta da quattro musicisti uniti dalla passione per il rock’n roll più scuro, il rockabilly maniacale e lo psychobilly old school: Giampietro Guttuso alla voce, Angelo Scuderi alla chitarra, Luca Utzeri al basso ed Andrea Murgia alla batteria.

Ultima giornata del festival e ultimi appuntamenti collaterali ai concerti: alle 18.00 si tiene il laboratorio per i più piccoli “Primi passi verso il Blues” curato dalla Music Accademy di Isili, mentre nei locali del Museo del Fossile si può visitare una piccola raccolta di materiali che raccontano la storia del Mamma Blues e del genere di matrice afroamericana.

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Doppio appuntamento nella domenica di Dromos, il festival organizzato dall’omonima associazione culturale che si muove fino al prossimo mercoledì (15 agosto) tra Oristano e altri suoi undici comuni. Domani (domenica 12 agosto) alle 21.30 a San Vero Milis (ingresso libero) andrà in scena l’ultima proiezione della rassegna cinematografica “Gli anni ‘68” a cura dell’Associazione Lampalughis. A Nureci, invece, alle 22.00, “preludio” a Mamma Blues, il “festival nel festival”, quest’anno alla decima edizione, con il progetto “Upside down Woodstock”.

Il primo appuntamento della giornata, dunque, vedrà accendere i proiettori alle 21.30 nel Giardino del Museo Archeologico di San Vero Milis per l’ultimo dei tre film della rassegna cinematografica “Gli anni ’68” curata dall’associazione Lampalughis. In programma il film di Guido Chiesa “Lavorare con lentezza”, uscito nel 2004 con le scene del regista, per l’occasione affiancato dal collettivo Wu Ming, ed ambientato a Bologna nel 1976, poco dopo l’inizio delle trasmissioni di Radio Alice, libera emittente di intervento politico militante e di innovazione mediatica.

Mezzo giro d’orologio più tardi (alle 22.00) il festival pianta le tende a Nureci, il piccolo borgo della Marmilla, per affrontare l’ultima parte del suo cartellone con l’immancabile appuntamento con Mamma Blues. Tre intense serate (dal 13 al 15 agosto) all’insegna della ruvida e polverosa musica di matrice afroamericana vedranno la loro anteprima domani (domenica 12) con “Upside down Woodstock”: protagonisti i neo diplomati (del corso BTEC) della Music Academy di Isili, giovani talenti musicali alla prova del grande palco dell’arena Mamma Blues per rileggere in musica alcuni tra i momenti salienti del ‘68 (celebrato quest’anno dalla “Dromos Revolution”) con la speranza di tornare in futuro da veri artisti. La collaborazione tra il festival e la scuola di musica isilese (che è attiva dal 2012 e che fa parte di un network di scuole distribuite in Italia e vanta collaborazioni con università ed enti certificatori internazionali) è attiva dal 2016, anno in cui è stato attivato il progetto “Piccoli bluesman crescono”, mentre nella scorsa edizione è stato perfezionato un laboratorio musicale per bambini e ragazzi a cura dei docenti della Music Accademy.

MammaBlues entra nel vivo della sua decima edizione lunedì 13 agosto con il bluesman camerunense Roland Tchakounté. Con quattro album e centinaia di concerti all’attivo (in USA, Canada, Vietnam, Singapore, Africa, Indonesia, Francia, Germania, Belgio, Repubblica Ceca, Lituania, Italia e Spagna), il cantante e chitarrista di Douala, da tempo trapiantato in Francia, si caratterizza per uno stile che mescola blues e tradizione africana (scrive in Bamiléké, la sua lingua madre), ispirato in partenza da artisti come John Lee Hooker ed Ali Farka Touré. Al suo fianco saliranno sul palco di Nureci Mick Ravassat alla chitarra elettrica, Tahiry Jamiro Razanamasy al basso e Karim Bouazza alla batteria.

Martedì (14 agosto) Mamma Blues incontra una delle espressioni di spicco della scena musicale norvegese, Kristin Asbjørnsen. Accompagnata da Olav Torget alle chitarre e Suntou Susso alla kora e al canto, la cantante presenta l’album “Traces Of You”, uscito la scorsa primavera. Un disco dove risuonano tracce di musica dell’Africa occidentale, ninnananne e jazz contemporaneo del Nord Europa; canzoni come delicate percezioni di segni della vita, della presenza e dei cambiamenti dell’amore, dove la voce, le chitarre e la kora, sono creativamente intrecciati in una vibrazione calda e meditativa. La notte di Ferragosto riflettori puntati, infine, per la formazione di Seun Kuti & Egypt 80. Il trentaquattrenne musicista e cantante nigeriano, figlio più giovane della leggenda dell’afrobeat Fela Kuti, arriva al Mamma Blues con il suo nuovo album “Black Times”, il quarto registrato in studio con la straordinaria orchestra creata dal padre (l’epica Africa 70), ribattezzata Egypt 80 per riflettere le origini dell’Africa nera dall’antica civiltà faraonica. Con Seun Kuti (sassofono contralto, tastiere) altri tredici musicisti: Adebowale Osunnibu ed Ojo Samuel David ai sassofoni, Adedoyin Adefolarin ed Oladimeji Akinyele alle trombe, le coriste e danzatrici Joy Opara ed Iyabo Adeniran, David Obanyedo e Oluwagbemiga Alade alle chitarre, Kunle Justice al basso, Shina Niran Abiodun alla batteria, Kola Onasanya, Wale Toriola e Okon Iyamba alle percussioni. Come da tradizione, ogni serata di Mamma Blues è introdotta alle 22.00 e chiusa intorno alla mezzanotte nel tradizionale dopoconcerto nei Giardini del Sottomonte), da una formazione isolana: il 13 agosto saranno di scena il progetto Malignis Cauponibus del musicista Luca Marcìa, caratterizzato da un blues in lingua sarda non convenzionale, viscerale, teatrale, sporco nei toni e nelle provocazioni, ed il Bob Forte Trio, formazione di convinta matrice blues e dal solido groove, nata poco più di un anno fa per iniziativa del chitarrista e cantante cagliaritano Bob Forte (al secolo Matteo Spano), con l’esperto e poliedrico Marco Piu al basso e Pietro Frongia alla batteria. Un anno fa proprio ad agosto il trio ha anche prodotto il suo primo disco, registrato dal vivo alle antiche terme romane di Fordongianus. Martedì 14 è invece la volta del duo Don Leone, ovvero i sulcitani Donato Cherchi (voce) e Matteo Leone (chitarra, batteria), che due anni fa hanno unito le forze e le esperienze personali, mettendo nel calderone spiritual rivisitati e stravolti, pezzi originali, ma anche cover importate da altri generi. Un progetto di musica blues, cruda, elettrica e rauca. Ad aprire e chiudere la serata di Ferragosto saranno, infine, i South Sardinian Scum, band nata nel 2013 ed attualmente composta da quattro musicisti uniti dalla passione per il rock’n roll più scuro, il rockabilly maniacale e lo psychobilly old school: Giampietro Guttuso alla voce, Angelo Scuderi alla chitarra, Luca Utzeri al basso e Andrea Murgia alla batteria.