22 November, 2024
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Venerdì 7 luglio, alle 18.30, la sala conferenze del T-Hotel, a Cagliariospita la presentazione del libro di Ettore Angioni “Un clamoroso furto d’armi e il sequestro Casana”, primo volume della collana “Il romanzo della superanonima sequestri sarda”. Il Garante degli studenti dell’Università di Cagliari ne discute con Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna. Ai lavori prendono parte alcuni degli investigatori delle forze dell’ordine che in quegli anni parteciparono alle indagini condotte dal dottor Angioni.

Pubblicato da Alfa Editrice, il libro è dedicato al sequestro dei fratelli torinesi Giorgio e Marina Casana (1979). I volumi a seguire della collana ripercorrono le vicende e i drammi personali legati ai rapimenti di Luca Locci, di Pasqualba Rosas, della famiglia inglese Schild, di Pietrino Cicalò, di Puppo Troffa e di Giancarlo Bussi. Ettore Angioni, già Procuratore generale della Repubblica e Pubblico ministero del super processo all’Anonima sequestri, ripercorre mezzo secolo in magistratura, spiega e analizza passaggi e situazioni di grande clamore legate a un periodo particolarmente cupo dell’isola.

Nominato lo scorso dicembre Garante degli studenti dell’ateneo dal rettore Maria Del Zompo, Ettore Angioni, classe 1941, è stato a lungo Sostituto procuratore della Repubblica al Tribunale di Cagliari. Nel capoluogo ha maturato una carriera da record. Diventato Consigliere, Sostituto procuratore generale alla Corte d’Appello, dal 1997 al 2006 è stato Procuratore della Repubblica del Tribunale per i minorenni. Nel 2006 la nomina a Procuratore generale della Repubblica in Corte d’Appello, carica che ha mantenuto per otto anni. Il dottor Angioni ha colto un traguardo di pregio: vanta la più lunga permanenza nella storia della magistratura sarda quale capo degli Uffici requirenti del Distretto. Nel 2015 ha chiesto di essere collocato anticipatamente in pensione dopo mezzo secolo di servizio.

Mario Trudu racconta se stesso nel libro “Totu sa beridadi – Tutta la verità”, pubblicato nella collana “Le strade bianche di Stampa Alternativa” in cui ricostruisce la propria vita da giovane pastore ogliastrino fino alle vicende giudiziarie che lo vedono in carcere da ormai 35 anni. Condannato la prima volta per il sequestro dell’ing. Giancarlo Bussi, del quale da sempre si dichiara innocente, si è riconosciuto responsabile del sequestro di Eugenio Gazzotti conclusosi tragicamente.

«Un racconto – sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che negli ultimi anni ha sostenuto la richiesta dell’ergastolano di poter far ritorno in Sardegna per continuare a scontare la pena vicino ai suoi parenti – che offre numerosi spunti di riflessione. E’ un documento diretto sul clima culturale in Sardegna alla fine degli anni Settanta quando il sequestro di persona a scopo estorsivo era una drammatica realtà così come la pratica della carcerazione preventiva e del confino. Testimonia però anche le condizioni di vita dentro strutture penitenziarie come Buoncammino e l’Asinara nonché il regime del 41bis.»

«Trudu – osserva Maria Grazia Caligaris – più che narrare rivive gli episodi più drammatici e porta il lettore a condividere stati emotivi, paesaggi, silenzi. Le parole, spesso in arzanese, aiutano a comprendere in modo diretto quali sentimenti animassero i giovani che vivevano nell’entroterra sardo. Documenta però con forza e determinazione le ingiustizie subite nelle diverse strutture penitenziarie in cui è stato ristretto.»

«Chi è colpevole – scrive Mario Trudu – è giusto che paghi. Per quanto mi riguarda subisco un’ingiustizia in più. Dal 1986, grazie alla legge Gozzini chi aveva tenuto un comportamento regolare in carcere e scontato un quarto di pena (gli ergastolani dopo dieci anni) poteva uscire in permesso. Ma nel 1992 nacque l’emergenza mafia e tutti noi che eravamo nei termini di poter usufruire dei benefici fummo bloccati. Non solo. Nel mio caso ci fu anche un ritardo nel completamento della relazione del gruppo di osservazione con la conseguenza che per 20 anni non ho usufruito dei benefici di legge.»

«Mario Trudu – conclude la presidente di SDR – si è macchiato di un reato odioso ma dopo 35 anni di carcere non solo è cambiato ma ha acquisito almeno il diritto a tornare in Sardegna. Lo stabiliscono le norme, lo suggerisce il buon senso. Lo Stato non può usare la vendetta con chi ha sbagliato.»