Volker Krey.
L’Ipcc ha presentato in anteprima italiana, questa mattina, le conclusioni del suo Rapporto 2014 nel workshop organizzato a Carbonia da Sotacarbo e Fondazione per lo Sviluppo sostenibile. «Per combattere il cambiamento climatico bisogna intervenire subito. E tutti insieme». La posizione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) è netta: il problema è globale, riguarda tutti e tutti siamo chiamati a trovare una soluzione. Non c’è alternativa perché non c’è un pianeta di riserva.
Il messaggio che arriva dal workshop internazionale svoltosi ieri a Carbonia su iniziativa della Sotacarbo e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, è univoco: se vogliamo evitare che si avverino gli scenari che prefigurano un innalzamento della temperatura terrestre di 6° entro il 2050, non esiste un’unica risposta, ma è necessario che l’intera comunità internazionale si adoperi per mettere in campo tutte le soluzioni tecnologiche in grado di mitigare il problema delle emissioni.
L’Ipcc, organizzazione premiata nel 2007 col premio Nobel, ha affidato a uno dei suoi esperti di punta, Volker Krey, la presentazione in anteprima italiana delle conclusioni del Rapporto 2014 sulle mutazioni del clima. Un rapporto che Lord Nicholas Stern, professore della London School of Economics, ha definito «il più importante documento sul cambiamento climatico mai scritto».
Secondo Krey «sono tre le condizioni necessarie affinché le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (Ccs) possano avere un ruolo importante nel limitare l’innalzamento della temperatura terrestre a due gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali: la risoluzione di alcuni problemi tecnici; la capacità di dare risposta alle preoccupazioni della popolazione; la definizione di un quadro normativo adeguato».
Non è frequente vedere, in un convegno specialistico come quello che si è tenuto nel Centro ricerche Sotacarbo, una platea così numerosa e attenta. Segno che la consapevolezza del problema è sempre maggiore anche tra i non addetti ai lavori: nessuno (o quasi) mette più in dubbio i fenomeni del cambiamento climatico e del riscaldamento globale.
Il dibattito è stato introdotto dal presidente della Sotacarbo Mario Porcu: «Il mondo ha sempre più bisogno di energia: serve ai Paesi più sviluppati per mantenere i propri standard di vita, a quelli in via di sviluppo per colmare il gap che li separa dai primi e a quelli sottosviluppati che, giustamente, aspirano a raggiungere condizioni meno disagiate».
«Purtroppo devo riscontrare che tra le associazioni ambientaliste c’è grande favore per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica ma non c’è ancora la stessa sensibilità e apertura sulle Ccs, eppure è imperativo non cincischiare più sull’adozione di queste tecnologie», ha spiegato l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi. Il presidente della Fondazione dello Sviluppo sostenibile ha anche messo in evidenza come gran parte dei cambiamenti osservati dal 1950 a oggi non hanno precedenti nei decenni e nei millenni passati: l’attuale concentrazione di CO2 in atmosfera è la più elevata mai rilevata negli ultimi 800mila anni. Le conseguenze sono visibili a chiunque: l’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, la massa di neve e ghiaccio è diminuita, il livello del mare è aumentato, e le concentrazioni di gas ad effetto serra sono cresciute.
Tutti gli esperti hanno concordato sul ruolo fondamentale che nella lotta al cambiamento climatico può essere svolto dalla diffusione della cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, che rappresentano le due fasi essenziali del processo di confinamento geologico della CO2. Tecnologie applicabili sia al settore della generazione elettrica, sia ad altri impianti industriali caratterizzati da elevate emissioni (come ad esempio l’industria siderurgica). È questo il motivo che spinge l’Ipcc a sostenere che «con le Ccs anche i combustibili fossili possono continuare ad essere utilizzati su larga scala».
Il convegno ha visto anche l’intervento di Geoff Morrison, capo scientifico della IEA Clean Coal Centre, che ha rivelato che «i suoi ricercatori stanno ultimando un Rapporto completo, imparziale e indipendente sulla situazione energetica italiana, con una particolare attenzione sul ruolo che può essere giocato nel mix energetico del futuro anche dal carbone, se trattato con le opportune tecnologie». Posizione condivisa dal professor Macchi del Politecnico di Milano: «A differenza di quanto avveniva in passato, anche in un passato recente, oggi si può e si deve promuovere il carbone in Italia, perché esistono le tecnologie che ne consentono un uso pulito. Sono stati fatti passi da gigante in questo campo ma non vengono percepiti, si continua a perpetuare l’immagine del carbone sporco e inquinante».
Nel febbraio 2014, con l’approvazione del decreto “Destinazione Italia”, nella parte del provvedimento dedicata al settore energetico, è stato previsto il finanziamento di 1,2 miliardi di euro per la costruzione di una centrale a tecnologia Ccs da realizzarsi in Sardegna nel Sulcis-Iglesiente. «Si tratta di uno dei progetti più importanti del Polo tecnologico dell’Energia pulita di Carbonia» ha ricordato nel suo intervento il vicepresidente della Sotacarbo Giuseppe Girardi.
Nel mondo attualmente esistono 55 Progetti di centrali con tecnologie Ccs, dei quali 13 operativi. Lo scorso ottobre in Canada è entrato in funzione il primo grande impianto di produzione elettrica da Ccs il Boundary Dam Integrated Carbon Capture and Sequestration Demonstration Project (con una capacità di cattura di 1 milione di tonnellate annue di CO2).