La riconfigurazione dei nostri ospedali e il silenzio del territorio – di Giuseppe La Rosa
Nonostante il paragrafo 1.1.7. dell’Atto aziendale del Sulcis Iglesiente, definito “Verso l’Ospedale Unico”, reciti che: «In riferimento all’art. 42 della LR 24/2020, è prevista la realizzazione di un Ospedale Unico per il territorio del Sulcis Iglesiente, la cui progettazione potrà prendere avvio solo in seguito all’approvazione di specifica delibera da parte della Giunta Regionale», nulla è stato fatto a tutt’oggi.
Ogni processo di trasformazione che coinvolga un ospedale risulta di particolare complessità. Gli ospedali, oltre ad assolvere alle specifiche funzioni sanitarie, svolgono, infatti, un ruolo più ampio nei confronti delle comunità locali, non solo economico (quale volano occupazionale o di sviluppo economico locale), ma anche di tipo simbolico. Le modifiche che comportano la “chiusura” degli ospedali o, semplicemente, la dismissione di alcuni servizi, sono notoriamente controverse per le forti opposizioni delle comunità locali e, anche, di molti operatori delle aziende. I dibattiti e i contrasti che accompagnano tali scelte facilmente si spostano dal piano degli effetti reali sul sistema di offerta dei servizi ai cittadini a quello ideologico o politico. Ciascuna trasformazione deliberata può, così, essere facilmente revocata (come ha deciso la presidente Alessandra Todde, con la deliberazione n. 10/75 del 23.04.2024 “Annullamento deliberazione della Giunta regionale n. 6/17 del 23.02.2024 concernente “Presa d’atto degli studi di fattibilità presentati dalle Aziende del Servizio sanitario regionale per la realizzazione di nuovi presidi ospedalieri. Art. 42 della legge regionale 11 settembre 2020, n. 24”), rinviata o indebolita, con un notevole gap fra la retorica della riconfigurazione a livello di sistema e gli accadimenti collegati ai processi di riconversione a livello locale.
Rimane compito di ogni realtà aziendale dover superare a livello locale gli ostacoli nei processi di realizzazione del cambiamento ospedaliero: una volta assunta la decisione di riconfigurare la rete ospedaliera, il progetto deve essere sviluppato in modo coerente con i bisogni del territorio di riferimento e la ASL Sulcis Iglesiente deve essere capace di gestire quei fattori che più di altri, nel nostro specifico contesto, possono favorirne la realizzazione.
Perché nessuno vuole più parlare di ospedale unico, sebbene siamo in presenza di due piccoli presidi ospedalieri che non riescono più a sopravvivere da soli?
In tale spaccato, la recente deliberazione regionale n. 18/32 del 19.06.2024 avente per oggetto: Rete ospedaliera regionale. Attivazione dei posti letto di post acuzie nell’area del Sud Sardegna”, impegna le aziende all’attivazione, nel maggior numero possibile, di posti letto delle discipline di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie. Per quanto riguarda questa ASL si parla di 22 posti di lungodegenti e 31 posti di recupero e riabilitazione funzionale. Le ASL interessate avrebbero dovuto inviare, entro 10 giorni dall’approvazione della presente deliberazione, un cronoprogramma di attivazione dei posti letto di lungodegenza e di recupero e riabilitazione funzionale previsti dalla Rete ospedaliera. Un vero peccato che i nostri due obsoleti Presidi Ospedalieri non consentano però di attivare ulteriori posti letto se non con importanti modifiche di edilizia ospedaliera e. soprattutto. tra qualche anno. La succitata delibera n. 18/32 ricorda che «il paziente deve essere curato nel livello assistenziale più appropriato a garanzia dell’efficacia delle cure. In tale modo, la presa in carico permette, a partire da un evento acuto, di indirizzare il paziente verso altri livelli assistenziali in ambito ospedaliero o, conclusa la fase acuta, in strutture di lungodegenza e di cure intermedie o nel proprio domicilio». Non possiamo continuare a perdere posti letto solo perché non abbiamo strutture ricettive.
La politica, soprattutto quella territoriale, può giocare ruoli molto diversi e non sempre di opposizione rispetto alla realizzazione di soluzioni a maggiore razionalità complessiva, come quella della realizzazione dell’ospedale unico.
Se opportunamente coinvolta, la politica può diventare un attore centrale del cambiamento, garantendo un ragionevole contemperamento di quell’insieme di interessi molto divaricati che caratterizzano i contesti pubblici e che ne rendono difficile ogni trasformazione intenzionalmente guidata. L’azienda del Sulcis Iglesiente e il suo management hanno anch’essi un ruolo potenzialmente molto importante. Tra le molte funzioni che essi sono chiamati a svolgere e che possono “fare la differenza” nei processi di riconfigurazione, non deve essere sottovalutata l’importanza di trovare lo spazio tecnico e operativo per rendere compatibili le razionalità di sistema e funzionali con le attese e le esigenze locali.
Tanto meglio funziona il sistema aziendale, tanto maggiore è il novero delle opzioni concretamente disponibili e la possibilità di realizzare soluzioni positive per tutti gli attori coinvolti. Si tratta, infine, di considerare i professionisti (medici, infermieri e tecnici). Tradizionalmente l’attenzione è sempre stata focalizzata esclusivamente sulla componente medica e sulla capacità di influenza che essa era capace di esercitare nei confronti della popolazione. I casi mostrano, non solo come la platea dei professionisti da considerare si sia ampliata con gli infermieri e gli operatori socio sanitari in posizione centrale, anche per il nuovo ruolo assegnato all’assistenza, ma anche come la questione dei professionisti non possa essere ridotta alla sola questione del consenso. Le competenze professionali necessarie per accompagnare i processi di trasformazione, così come i percorsi di accrescimento delle competenze stesse, vengono sempre più considerate come variabili di rilievo.
Nella maggior parte dei Paesi la pianificazione ospedaliera avviene tuttora sulla base di standard strutturali, facendo riferimento alla capacità in termini di numero di posti letto. Ciò nonostante, si riscontrano alcuni approcci più innovativi che programmano l’attività ospedaliera in termini di volumi e di tipologia di servizi erogati e della capacità di valorizzare il rapporto dell’ospedale con i servizi territoriali così che gli ospedali del futuro dovranno essere in grado di funzionare con il massimo grado di flessibilità per adattarsi ai bisogni nuovi e crescenti e alle aspettative della popolazione.
Il tema degli ospedali, del loro ruolo nel contesto dei sistemi sanitari e, soprattutto, di come e a quali condizioni sia possibile guidarne “razionalmente” l’evoluzione (la nascita, le trasformazioni, la chiusura, la rinascita in forme diverse) è qualcosa di “antico”, nel senso che alcuni elementi fondamentali sono rimasti immutati nell’arco di decenni e, al tempo stesso, è qualcosa che ha subito profondi cambiamenti con il mutare del concetto stesso di ospedale e delle relazioni che legano tra di loro le diverse parti di sistemi sanitari sempre più interconnessi. Di qui le difficoltà che accompagnano tutti gli interventi deliberati sugli assetti fisici e funzionali degli ospedali, anche nei casi in cui le trasformazioni rappresentino un chiaro miglioramento sul piano dell’efficacia dei servizi offerti. All’opposto, e quasi paradossalmente rispetto alla persistenza del suo valore simbolico, è il concetto di ospedale, che ha subito cambiamenti tali da non riuscire più a connotare qualcosa di definito. Se l’edificio (Sirai e CTO) rimane il simbolo da difendere, ciò che avviene al suo interno può variare notevolmente, a partire dal peso delle attività non collegate alla degenza, e la sua effettiva rispondenza ai bisogni dipende sempre più dalla rete di servizi in cui l’edificio e i servizi che esso offre sono inseriti.
L’elemento di contesto, relativamente nuovo, che emerge è quello della rete. Mentre nel passato le scelte sui singoli stabilimenti avvenivano e si esaurivano in un orizzonte locale, i casi mostrano come le scelte si inscrivano necessariamente in un orizzonte più vasto, nel quale la dimensione fisica rappresenta solo un contenitore chiamato a ospitare differenti tarature assistenziali, che assumono significato solo in relazione alle rete complessiva dei servizi messi a disposizione della popolazione, che non possono rimanere confinati negli slogan della campagna elettorale.
In questo senso, la stessa configurazione locale può garantire livelli di risposta profondamente diversi a seconda della rete nella quale è inserita (per esempio, l’esistenza o meno di un dipartimento interpresidio come quello di integrazione ospedale – territorio presente nell’atto aziendale, ma ancora confinato sulla carta. Le dinamiche poste in essere dalle diverse componenti si sono, evidentemente, intrecciate in modo diverso nei due casi, rispecchiando l’estrema complessità dei fattori all’opera, quali ad esempio: la cultura e la tradizione politica e manageriale, i livelli di funzionalità dei sistemi sanitari, le attese della popolazione nei confronti dei sistemi stessi.
Le prevedibili dinamiche del nostro sistema sanitario regionale renderanno il tema di come affrontare la riconfigurazione degli ospedali, e di quelli piccoli in particolare, sempre più attuale ed è questa la ragione alla base della presente riflessione.
Ancora una volta la difesa della vocazione universalistica del sistema sanitario pubblico passa attraverso la capacità del management della sanità di innovare l’esistente, programmarne lo sviluppo, avere una visione pragmatica e realistica del futuro. I margini di manovra sono a volte angusti, a volte ampi, ma possiamo utilizzarli comunque al meglio, come abbiamo sempre fatto nei momenti cruciali per la vita di questo territorio, agendo sulla leva strategica ed organizzativa, e ricostruendo una cornice di senso che tenga insieme e integri le tante sfide che abbiamo davanti. Siamo di fronte a una nuova emergenza, ed è necessario che ciascuno faccia la propria parte per superarla.
L’Atto aziendale della Asl 7 prevede la realizzazione di un ospedale unico per il Sulcis Iglesiente; l’Atto è approvato e vigente e quindi vincolante; potrà trovare la realizzazione in seguito alla deliberazione conseguente della Giunta regionale, pertanto, o si cambia l’Atto e si capisce che cosa si vuole fare o ci si impegna per realizzarlo così com’è.
Ciò che preoccupa non poco è constatare come il confronto nel territorio sembra rispondere a un effetto traino: la Giunta regionale delibera per l’ospedale e allora i nostri sindaci si fanno sentire, purtroppo, in ordine sparso, ma mostrano di volersene occupare; la nuova Giunta annulla la delibera specifica della precedente e tutti ripiombano nel silenzio quasi liberatorio e così pure, tranne qualche eccezione, gli altri soggetti che avrebbero ruolo e voce per parlare e farsi ascoltare.
Ciò che non è possibile fare è attendere che la situazione precipiti verso l’annichilimento del sistema sanitario pubblico nel territorio e infatti sono sempre più quelli che neppure ci pensano se hanno bisogno di cure rivolgendosi fuori e verso strutture convenzionate e private avendone la possibilità oppure, cosa che mai dovrebbe esistere, rinunciano.
Giuseppe La Rosa