4 May, 2025
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«Il 1° Maggio nel Sulcis Iglesiente ormai non è più la Festa del lavoro, ma quasi una commemorazione funebre. Nel silenzio, se non nell’indifferenza, stiamo assistendo ad un lento inesorabile declino del tessuto industriale ed economico, al quale si oppongono solo i lavoratori.»

Lo afferma con amarezza il segretario territoriale della Fsm Cisl, Giuseppe Masala, alla vigilia delle celebrazioni per la Festa del Lavoro. Partendo dalla Sider Alloys, Giuseppe Masala passa in rassegna le principali vertenze aperte: «Dopo il tavolo ministerialericorda Giuseppe Masalasono emerse tutte le incongruenze rispetto al rilancio dello stabilimento. Le attività sono ancora bloccate a causa della sospensione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e, allo stato attuale, l’azienda non ha messo in campo l’attività di bonifica per sbloccarla e far rientrare i lavoratori attualmente in cassaintegrazione, in scadenza il prossimo 4 maggio. Nell’ultimo tavolo ministerialeaggiunge Giuseppe Masala non abbiamo avuto nessuna risposta da parte dell’azienda per dare garanzia occupazionale ai 60 lavoratori di Sider Alloys e GMS. Su Eurallumina siamo ancora in attesa della firma del Dpcm sbloccare la ripresa e avviare quel processo che porti, per esempio, a sviluppare iniziative legate alla cantieristica nautica. Sul fronte della Portovesme srl siamo fermi alle dichiarazioni del ministro Urso del 27 dicembre scorso, quando assicurò che le produzioni dello zinco sono strategiche per il Paese. Allo stato attuale, però, tutte le attività sono al minimo, lavora circa il 20% degli operai e tutte le aziende hanno aperto la cassa integrazione. Per quanto riguarda Enel, le risposte che attendiamo sono legate alla decarbonizzazione, ma attendiamo di capire quali politiche industriali si vogliono mettere in atto nel nostro polo industriale.»

Un quadro cupo, per la Fsm, che ribadisce come «i tavoli tecnici di confronto non hanno portato alcun risultato, tutte le vertenze sono aperte: è indispensabile una presa di posizione reale e concreta da parte della politica nazionale e regionale, un impegno non solo sulla carta per creare le condizioni per la salvaguardia occupazionale e produttiva di un intero territorio e per la stessa sopravvivenza del Sulcis Iglesiente».

Il segretario della Fsm Cis, infine, richiama il tema della sicurezza sul lavoro: «Ancora oggi per molte aziende la sicurezza e la formazione continuano ad essere percepite come costi, anziché come investimenti fondamentali per la tutela della vita umana. È urgente un profondo cambiamento culturale: la sicurezza deve diventare parte integrante del lavoro quotidiano, non è accettabile morire per lavorare».

Quale futuro per l’industria nel Sulcis Iglesiente? E’ il tema dibattuto martedì 1 aprile nell’incontro organizzato dalle segreterie territoriali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, nell’anfiteatro di piazza Marmilla, a Carbonia. All’invito degli organizzatori hanno risposto in tanti: sette sindaci (Pietro Morittu, Carbonia; Ignazio Atzori, Portoscuso; Pietro Cocco, Gonnesa; Debora Porrà, Villamassargia; Paolo Dessì, Sant’Anna Arresi; Andrea Pisanu, Giba, presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Marcellino Piras, Villaperuccio); due consiglieri regionali, Luca Pizzuto di Sinistra Futura e Gianluigi Rubiu di Fratelli d’Italia; amministratori di diversi Comuni del Sulcis Iglesiente; don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias; i sindacalisti Franco Bardi (segretario generale della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale), Simona Fanzecco (CGIL Cagliari), Efisio Lasio (segretario SPI CGIL), Federico Matta (UIL territoriale); lavoratori di varie aziende; rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei pensionati; cittadini.

I lavori sono stati aperti dalla relazione del segretario regionale della FIOM CGIL Roberto Forresu, che a nome delle tre organizzazioni sindacali FIOM-CGIL, FSM-CISL e UILM-UIL, ha esposto le ragioni che hanno portato all’organizzazione dell’incontro, che ha parlato a braccio sulla base del testo che riportiamo integralmente.

«Grazie a tutti per la partecipazione, non era scontata la riuscita di un’iniziativa del genere. Il nostro ringraziamento va a tutti i sindaci del territorio per la disponibilità dimostrata immediatamente, ma soprattutto al sindaco di Carbonia Pietro Morittu per l’accoglienza e l’attenzione dimostrata sin dalla prima richiesta. Noi lo abbiamo scritto nel comunicato, abbiamo la convinzione che l’attenzione dedicata al territorio dalla politica ai massimi livelli, vada ricercata nelle mobilitazioni messe in campo in questo periodo. Contrariamente a quanto pensa qualcuno, non intendo le sole iniziative dei metalmeccanici, ma le metto insieme tutte, a partire da quella che i sindaci hanno promosso alla Portovesme srl, guarda caso qualche giorno prima della venuta dei ministri e della Presidente della Regione Alessandra Todde insieme agli assessori il 27 dicembre 2024. Così come hanno sicuramente dato risonanza i tanti appelli lanciati dalla Chiesa ed in particolare da don Antonio Mura, sempre presente a tutte le iniziative delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Lo sono stati anche i tanti articoli sui giornali e sulle Tv, delle Confederazioni, dalle categorie, direttamente interessate agli accadimenti industriali contemporanei. Perché dico questo? Per sgomberare il campo da equivoci o da alibi, che vogliono assegnare titolo di prim’ordine ai metalmeccanici, colpevoli secondo alcuni, di voler primeggiare in una contesa che in realtà non ci appartiene. Vogliamo primeggiare in una contesa che mette al centro le difficoltà, che parla delle Lavoratrici e dei Lavoratori. Vogliamo lavorare fianco a fianco con tutti coloro che sentono il problema della decadenza industriale, come un problema proprio e non accettano le imposizioni aziendali, le delocalizzazioni industriali, la mancanza di politica industriale, che ci sta portando a perdere economia nel territorio, abitanti, giovani che sempre più spesso decidono di partire per cercare fortuna, o semplicemente lavoro altrove. Di sicuro abbiamo bisogno di chiarezza su quello che deve essere il futuro industriale del territorio e, allo stesso tempo, abbiamo urgenza che questa chiarezza venga a realizzarsi nel più breve tempo possibile. Perché come andiamo a ripetere da tempo, non esprimersi, o perdere del tempo nel decidere il futuro, equivale a bocciare prospettive di rilancio occupazionale e produttivo. Pensiamo a quanto sta avvenendo nella fabbrica di alluminio primario. Invitiamo tutti a pensare cosa deriva dalla fabbrica di alluminio primario. Qualsiasi prodotto che noi utilizziamo ha a che fare con l’alluminio, pensiamoci, pentole, infissi, telefonini, tv, motorini, biciclette, antenne, qualsiasi cosa ha a che fare con l’alluminio. Pensate che dal 2012 non si produce più un kg di alluminio in Italia. Uno pensa, beh sarà andato in crisi il mercato cosa ci possiamo fare? Eh no, il mercato dell’alluminio non è mai andato in crisi, anzi è sempre rimasto costante. Il Paese Italia ha semplicemente deciso di dipendere totalmente dalle produzioni straniere. Ma col passare del tempo ha fatto anche peggio, ha regalato lo stabilimento ad un privato, la Sider Alloys, anzi non è che l’ha solo ceduto, gli ha dato pure dei soldi, 148 milioni di euro dall’accordo di programma più 20 milioni di euro dall’Alcoa per il riavvio. In 4 anni si dovevano rioccupare oltre 500 persone e tornare alla produzione. Sapete cosa è accaduto? Pandemia, Via, Aia, PAUR, accordo bilaterale, piano industriale stravolto ogni sei mesi, hanno fatto passare sette anni inutilmente, dove di produzione non se ne parla neanche, e dove anziché fare il revamping per rilanciare lo stabilimento si è andati incontro ad uno smantellamento della sala elettrolisi e l’impianto è diventato una discarica a cielo aperto. Dopo la denuncia delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici ai massimi livelli, al prefetto, al MIMIT, all’assessore dell’Ambiente, alla Provincia, hanno cominciato a porre dei sigilli all’azienda. Siamo soddisfatti? Assolutamente no, perché il nostro unico intento è far ripartire quello stabilimento. Ci preoccupa che, nonostante tutto, il 27 marzo scorso sia venuta nuovamente Invitalia a visitare lo stabilimento, lo abbia fatto in compagnia di un’importante società straniera interessata all’acquisizione dello stesso, e dopo due di giri a vuoto, in cui non gli si è fatto vedere nulla di interessante, si torna a casa. Capite che c’è qualcosa nella politica che non funziona? Mesi e mesi a chiedere verifiche, controlli, poi avvengono, e si ricomincia da capo. Vogliamo, pretenderemo, che il 7 aprile prossimo, quando ci sarà una nuova convocazione al MIMIT, il Governo ci relazioni sulla visita in stabilimento, e ci chiarisca del perché una visita di quel valore, non viene affrontata con le dovute attenzioni. Vorrei ricordare che in quello stabilimento dovevano rientrare al lavoro oltre 500 unità, il picco massimo si è raggiunto a ottobre 2023 con poco più di 110 persone, oggi sono diventate meno di 70. Stiamo chiedendo la discontinuità rispetto a quanto avvenuto sino ad oggi. Sider Alloys, secondo noi, non è in grado di far ripartire un bel niente, il Governo assuma rapide decisioni che portino alla sostituzione in tempi brevi dell’attuale proprietà, alla quale non deve essere riconosciuto nessun altro tipo di finanziamento. Che attendono questo cambio, ci sono oltre 350 lavoratrici e lavoratori ancora in mobilità che hanno fatto lotte, subito denunce in conseguenze delle tante battaglie fatte per garantire il rilancio dello smelter di alluminio primario. Portovesme srl. La crisi della Portovesme, non è iniziata il 5 settembre 2024, lo sanno anche i muri, non prendiamoci in giro. Il patto con il territorio la Glencore lo decide quando alla guida dello stabilimento arriva l’attuale amministratore, che con azioni mirate decide di tagliare il personale incorporando determinate lavorazioni che prima erano di competenza degli appalti e vengono assegnate ai lavoratori diretti. Per un tozzo di pane vengono incorporate delle lavorazioni che danno qualcosa in più ai lavoratori ma riducono gli appalti all’interno dello stabilimento. Si passa nel giro di qualche anno da 1.500 lavoratori a 1.200, vengono interrotte le produzioni derivanti dal calcinato, prodotto nei reparti di arrostimento e lisciviazione, si ferma successivamente la linea del piombo, l’azienda nel periodo della pandemia decide di abbandonare le tariffe energetiche agevolate che attraverso accordi specifici le permettevano di avere costi energetici competitivi e passare per sua scelta al mercato del giorno prima. L’energia, non si consumava, c’era la pandemia, la gente era reclusa in casa, non si poteva uscire, i consumi energetici erano ridotti ai minimi termini, l’ente erogatore abbatteva i costi, quasi sino a regalarla l’energia. I profitti di quel momento erano esorbitanti, ma si sapeva che prima o poi sarebbero terminati. Passa la pandemia fortunatamente, ma questo mondo in cui viviamo non si fa mancare nulla, scoppiano le guerre aggiuntive, vicine come non mai, i mercati impazziscono per la mancanza di circolazione delle materie come avveniva precedentemente, i semiconduttori garantiti per le auto non si trovano più, mandando in crisi una delle più importanti filiere mondiali, quella dell’auto. I governi più industrializzati cominciano a interrogarsi sulle facili delocalizzazioni favorite negli anni, ma è tardi, è tremendamente tardi. Le guerre ci toccano da vicino, scelte discutibili impongono piani di investimento sul riarmo, il prezzo dell’energia elettrica torna ad aumentare a dismisura, e coloro che prima si erano avvantaggiati delle scelte derivanti dal mercato corrente, che prima avevano fatto utili a non finire, cominciano a porsi il problema del costo energetico. A come rinunciare volontariamente ad accordi energetici, favorevoli per guadagnare di più, intaschi soldi a palate dalle scelte che hai deciso di portare avanti, e non appena il mercato ti fa pagare il conto sulla tua ingordigia scarichi tutto sulla collettività? Allora diventa inconveniente produrre in Italia, ed ecco che si portano le produzioni di zinco in altri paesi come Spagna e Germania che garantiscono tariffe energetiche migliori delle nostre. Certo anche noi abbiamo bisogno di tariffe energetiche che permettono alle aziende di essere competitive, ma non abbiamo bisogno di aziende, che privatizzano gli utili e condividono le perdite, perché questo è quello che è avvenuto con Glencore. Che porta alla situazione attuale in cui si rinuncia a produrre zinco in Italia. Attenzione, si rinuncia a produrlo attraverso il processo elettrolitico, non si rinuncia alle produzioni attraverso il Waelz, dove vengono bruciati i fumi di acciaieria.

Veniamo al dunque. Quelle scelte, che ripeto, partono da lontano e non dal 5 settembre 2024, ad oggi fanno varcare i tornelli a poco più di 300 lavoratrici e lavoratori. Siamo davanti a un bivio, dettato dalle dichiarazioni dei ministri e della Presidente della Regione, fatte in fabbrica il 27 dicembre 2024, in cui hanno dichiarato strategiche le produzioni di piombo, zinco e alluminio. Vogliamo provare a conservarle davvero queste produzioni o vogliamo permettere che si continui a produrre solo attraverso i fumi di acciaieria, inventandosi i possibili rilanci produttivi derivanti dal litio e dalle black mass, o dalle filiere terminanti il ciclo con le batterie? Quanti anni ci vorranno? Soprattutto delle due l’una: mettiamo insieme due considerazioni: Glencore dichiara di non volere più produrre zinco in Italia e spara l’idea del litio in futuro. Il Governo dichiara che oltre a essere strategica la produzione di zinco, ci sono soggetti definiti importanti interessati allo stabilimento, e che questo non potrà essere fatto a spezzatino (parole del ministro Adolfo Urso), che quindi non ci potranno essere due galli nel pollaio. Quindi o si produce zinco o si punta al litio, tutte e due le cose non si possono perseguire, io propendo per la prima, sapete perché? Perché la seconda è un salto nel buio, perché la prima è un processo noto che occupava almeno mille persone, e vorrei provare a sfidare il Governo a rispettare gli impegni presi, ma il motivo più importante che fa pendere la bilancia verso quella decisione è essenzialmente uno: le imprese d’appalto e tutti i loro lavoratori, non reggono a lungo l’attuale situazione di 20 a lavoro e 80 in cassa integrazione, guardate che questa situazione l’abbiamo già vissuta in Eurallumina ed in Alcoa. Tutte le aziende in appalto sono fallite e noi vogliamo provare a non rivivere una situazione simile. Per questo siamo disponibili a mettere in campo ulteriori iniziative di lotta.

Poi ci sono le situazioni contingenti che sicuramente non sono meno importanti. Abbiamo urgente bisogno dell’arrivo del gas, della soluzione del DPCM Sardegna, perché sono soluzioni che potrebbero rilanciare l’Eurallumina, azienda che è pronta a mettere a correre un investimento imponente di oltre 300 milioni di euro e che permetterebbe l’assorbimento di gran parte della mano d’opera che sta per perdere il lavoro, che soddisferebbe la fame di lavoro delle aziende che fino a ieri hanno lavorato e in regime di monocommittenza in Glencore, e che permetterebbe di far trovare sfogo a nuove occupazione, non più attraverso gli ammortizzatori sociali CHE NON VOGLIAMO PIÙ, CHE SIA CHIARO. VOGLIAMO IL LAVORO! Così come diventa importante il futuro della centrale dell’Enel e fare in modo che continui la ricerca di appalto all’esterno. Con mano d’opera che non viene pagata, proveniente dall’esterno. È quanto sta accadendo in quella centrale. Vogliamo parlare, infine, dell’importanza del dragaggio del porto è di cosa potrebbe scaturire se si riuscisse a puntare sull’opportunità derivante dal polo nautico. Insomma, non solo crisi ma opportunità importanti che bisogna perseguire giorno dopo giorno. Il momento è adesso.»

Sono intervenuti, nell’ordine: don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale il Lavoro della Diocesi di Iglesias; Pietro Morittu, sindaco di Carbonia; Luca Pizzuto, consigliere regionale e segretario regionale di Sinistra Futura; Gianluigi Rubiu, consigliere regionale di Fratelli d’Italia; Ignazio Atzori, sindaco di Portoscuso; Renato Tocco, segretario territoriale della UILM UIL; Andrea Pisanu, sindaco di Giba e presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Giuseppe Masala, segretario territoriale e componente della segreteria regionale della FSM CISL; Manolo Mureddu, assessore dei Lavori pubblici e dell’Ambiente del comune di Carbonia; Giacomo Guadagnini, presidente della commissione Lavori pubblici del comune di Carbonia e consigliere d’amministrazione del Consorzio industriale provinciale Carbonia Iglesias; Mauro Manca (FIOM CGIL,), Massimiliano Lampis, Mauro Usai (RSU CQ-NOL), Luigi Manca, un lavoratore della Portovesme srl in pensione, Elio Cancedda.

Al termine è stato sottolineato che l’incontro è la prima tappa di un nuovo percorso che le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici hanno deciso di iniziare, auspicando la massima unità fra tutte le segreterie e le categorie delle organizzazioni sindacali, le forze politiche e sociali, per rilanciare la vertenza dell’intero polo industriale di Portovesme e restituire al territorio quanto gli è stato tolto in termini di lavoro e quindi di economia, per costruire tutti insieme un futuro migliore a breve, medio e lungo termine, partendo dall’industria e diversificando il tessuto produttivo.

Vediamo le interviste realizzate al termine dell’incontro, in piazza Marmilla, con i segretari Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Tocco.

 

 

«La Sider Alloys non riparte, nonostante gli impegni assunti dall’azienda che, in queste ore, ha comunicato ai lavoratori un nuovo ricorso alla cassa integrazione a partire dal 24 marzo. Il Governo e la Regione non possono accettare questa decisione, di certo non l’accetteremo noi né gli operai.»

Lo afferma il segretario della FSM CISL del Sulcis Iglesiente, Giuseppe Masala, che riporta quanto comunicato dalla Sider Alloys in queste ore.

«L’azienda ha inviato un messaggio con il quale fa sapere che, vista l’impossibilità temporanea di riprendere a breve le normali attività aziendali, deve ricorrere alla Cig da lunedi 24 e fino a nuova comunicazione. Non è sostenibile un simile comportamentoattacca Giuseppe Masala -, ancor più a fronte degli impegni assunti con l’Accordo di programma del 2018 sottoscritto dal ministero, dalla Regione Sardegna, da Invitalia e dalla Sider Alloys.»

«Nulla di quanto previsto è stato portato avanti sul fronte del revamping e per il rilancio dell’ex Alcoa, ma al contempo è peggiorata la situazione dei lavoratori, con stipendi che saltano e ora la cassa integrazione. E’ evidenteprosegue il segretario della FSM CISLche allo stato attuale Sider Alloys, dopo 8 anni, non è in grado di garantire non solo gli stipendi e l’attuale occupazione, ma neanche di avviare programmi e progetti reali di sviluppo. A questo punto il Governo deve garantire, per la quota di proprietà di Invitalia, interventi concreti di rilancio, da attuare in tempi brevi e certi, anche bypassando l’attuale maggioranza societaria di Sider Alloys. Il Mimitconclude Giuseppe Masalarichiami immediatamente l’azienda, basta perdere tempo e buttare risorse.»

I lavoratori ex Alcoa si sono riuniti in assemblea questa mattina davanti allo stabilimento di Portovesme, dove hanno lanciato un nuovo appello a Regione  e Governo per rilanciare la vertenza con un nuovo soggetto imprenditoriale. La produzione è ferma dal mese di dicembre 2012, quando Alcoa decise di abbandonare il sito, e da allora non è più ripresa, nonostante la cessione alla Sider Alloys, avvenuta sette anni fa, con la compartecipazione di Invitalia con una quota del 20%, in rappresentanza del Governo. I lavoratori in servizio quando Alcoa fermò la produzione erano oltre 1.000, oggi quelli impiegati nello stabilimento solo 70, numero sceso di circa 60 unità dal 2023 ad oggi e, nonostante l’assegnazione di un finanziamento di ben 150 milioni di euro, del revamping tanto atteso non c’è traccia. All’assemblea di stamane, al fianco di un centinaio di lavoratori, hanno partecipato i segretari delle organizzazioni sindacali dei metalmeccanici Roberto Forresu (FIOM CGIL), Giuseppe Masala (FSM CISL) e Renato Tocco (UILM UIL); Angelo Diciotti del sindacato autonomo CUB,; il segretario regionale della CGIL Franco Bardi; Francesca Nurra, segretaria regionale CGIL; i sindaci di Portoscuso Ignazio Atzori e di Villamassargia Debora Porrà; l’assessore dei Lavori pubblici del comune di Carbonia Manolo Mureddu; i consiglieri comunali di Carbonia Giacomo Guadagnini e Alberto Pili; il responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias, don Antonio Mura.

Vediamo le interviste con i segretari dei metalmeccanici Roberto Forresu (FIOM CGIL), Giuseppe Masala (FSM CISL) e Renato Tocco (UILM UIL).

 

 

Grande partecipazione questa mattina a Portoscuso, all’assemblea dei lavoratori metalmeccanici del polo industriale, organizzata dalle segreterie territoriali FIOM-FSM-UILM nella sala convegni del Consorzio industriale di Carbonia Iglesias, dopo le visite dei ministri del Lavoro Marina Calderone e del Mimit Adolfo Urso, in concomitanza con l’incontro odierno al Mimit con la Regione Sardegna, in vista delle prossime convocazioni che segneranno i destini di Eurallumina (20 gennaio), SiderAlloys (30 gennaio) e Portovesme srl (5 febbraio).

«Abbiamo assistito ad anni di sfruttamento del territorio, per poi arrivare a delocalizzazioni a favore di un maggior guadagno senza che ci sia alcuna crisi nella richiesta del primario prodottosostengono le segreterie territoriali FIOM, FSM e UILM -. Vale per l’alluminio, come per il piombo e lo zinco, ma è valso nel passato per la lana di roccia. Insomma una pratica adottata nel tempo che indebolisce e impoverisce il territorio. La mancanza di politica industriale ha portato alla crisi attuale e adesso occorre porre rimedio. La politica trovi gli strumenti affinché le cause che hanno determinato le chiusure si superino. Se l’arrivo del gas metano può rilanciare l’Eurallumina, se è vero come è vero che il costo energetico manda in crisi l’industria italiana, ed in particolare il comparto legato alle produzioni della Glencore, si trovino le giuste contromisure, altrimenti si faccia capire quale altra alternativa a Glencore, possa essere ritenuta credibile, se non si modificano le condizioni di svantaggio concorrenziale esistente per le realtà sarde. Si trovino soluzioni al phase-aut senza prevedere la chiusura dell’attuale centrale a carbone; come avvenuto in altre realtà, si impegni l’Enel a contribuire al rilancio e restituire parte dei reiterati lauti guadagni ottenuti in passato. Infine, su SiderAllos: si faccia un sunto di questi lunghissimi sette anni di conduzione della fabbrica, in cui gli occupati sono costantemente in diminuzione. La fiducia nell’impresa ha raggiunto i minimi storici. Le cause attribuibili in primis ad una incapacità industriale ormai accertata, dall’assenza di un piano industriale credibile, dagli smantellamenti effettuati, che mettono in dubbio il futuro produttivo dello stabilimento, dei debiti accumulati e delle mancate retribuzioni alla forza lavoro. Ma anche Invitalia socio al 20% non è indenne da responsabilità, per non essere stato un buon partner finanziario, ma soprattutto ma non aver controllato con attenzione lo scempio che ci ha portato alla disastrosa situazione odierna. Constatazioni, che fanno ritenere del tutto fuori luogo l’ulteriore finanziamento richiesto.»

In conclusione, l’assemblea, ha chiesto soluzione rapide, che tengano conto dell’emergenza in cui gran parte dei metalmeccanici del territorio si trovano. Urge garantire un reddito che non impoverisca le tante lavoratrici e Lavoratori attraverso un ammortizzatore sociale abbinato alla formazione, come discusso con i vari assessorati, per un periodo molto ristretto in cui si deve arrivare al nuovo rilancio industriale.

FIOM, FSM e UILM hanno chiuso l’assemblea, cui hanno partecipato il segretario generale della Camera del Lavoro CGIL della Sardegna Sud Occidentale Franco Bardi e il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Gianluigi Rubiu, annunciando la volontà di mantenere alta l’attenzione, non escludendo ulteriori iniziative che si terranno nei prossimi giorni, sino agli incontri programmati, che devono essere propedeutici a soluzioni definitive.

Allegate le interviste con i segretari Roberto Forresu (FIOM-CGIL), Giuseppe Masala (FSM-CISL) e Renato Tocco (UILM-UIL).

   

 

«Sider Alloys via!!! Adesso basta!! Urso convochi! Invitalia complice!!!» E’ il durissimo messaggio che ha accolto all’alba i partecipanti all’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori organizzata dalle segreterie FIOM CGIL, FSM CISL e UILM UIL davanti ai cancelli dello stabilimento della Sider Alloys, a Portoscuso, dopo gli negativi sviluppi dell’infinita vertenza. Presenti, sotto la pioggia che è caduta abbondante a tratti, l’assessore regionale dell’Industria Emanuele Cani, i consiglieri regionali di Sinistra Futura Luca Pizzuto e di Fratelli d’Italia Gianluigi Rubiu, alcuni sindaci del Comuni del Sulcis guidati dal primo cittadino di Portoscuso Ignazio Atzori, don Antonio Mura, responsabile della Pastorale Sociale e Lavoro della Diocesi di Iglesias e parrocco delle chiese di Portoscuso e Paringianu. Al termine dell’assemblea una delegazione delle organizzazioni sindacali s’è recata a Cagliari, per l’incontro organizzato dall’assessore regionale dell’Industria Emanuele Cani.

Allegati l’intervento di Emanuele Cani registrato nel corso dell’assemblea, e le interviste con i segretari di FIOM CGIL, FSM CISL e UILM UIL, Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Tocco.

 

 

La fabbrica di alluminio primario della Sider Alloys non decolla, martedì 7 è prevista un’assemblea, si riparte con la mobilitazione dei sindacati e dei lavoratori che chiedono l’intervento del Governo. Da sciogliere c’è il nodo relativo al riavvio della fabbrica che sino alla fermata degli impianti del 2012 produceva una media di 150 tonnellate di alluminio primario. Al momento funziona la fonderia, dove resta da completare la ristrutturazione della sala elettrolisi.

Ad oggi non sappiamo nulla, c’è un accordo di programma che la proprietà non ha mai rispettato, allo stato attuale non è stata in grado di produrre nemmeno un piano industriale, né tantomeno una prospettiva di ripresa che permetta lo svolgimento del revamping dello stabilimento, per questo motivo è necessario che il Governo prenda una posizione forte che faccia completare il revamping e rimettere in marcia gli impianti, anche perché, e bene ricordarlo, partecipa all’impresa attraverso Invitalia con il 20%. Non solo va ricordato che il 5% dell’azienda e in mano ai lavoratori.

E’ stata prorogata di una settimana la sospensione natalizia delle attività per questioni tecnico-organizzative, i lavoratori non dovranno rientrare il 7 come previsto ma il 13 gennaio p.v.; inoltre, il pagamento delle tredicesime che non sono state liquidate a dicembre e il probabile pagamento degli stipendi entro il 31 gennaio crea una situazione ancor più allarmante in prospettiva futura. Quindi la situazione si è ulteriormente aggravata, dovuta ai debiti esponenziali della Sider Alloys verso le aziende terze come mensa e servizi che quindi a loro volta a dicembre non hanno pagato gli stipendi.

Una situazione di incertezza e precarietà che non garantisce prospettive a chi e rientrato in fabbrica e a coloro che sono in mobilità in deroga da anni a 480 euro e attendono il rientro nello stabilimento. E’ necessario quanto prima, essere messi a conoscenza della situazione e ricevere aggiornamenti sullo stato di avanzamento del cronoprogramma del progetto di rilancio. Per quanto ci riguarda, abbiamo la necessità che arrivi la convocazione da parte del Ministero per avere degli elementi certi legati al futuro dello stabilimento. Occorre che la politica Regionale e Nazionale intervengano per sbloccare definitivamente questa vertenza che ormai dura da troppo tempo. Serve maggiore attenzione e monitoraggio da parte delle istituzioni per avere garanzie e certezze produttive ed occupazionali.

Giuseppe Masala

Segretario territoriale FSM-CISL

Si è svolta lo scorso 12 settembre, presso lo stabilimento di Portovesme, una riunione fra la società Den Yachts e le segreterie CGIL CISL UIL, FIOM, FSM e UILM, nel corso della quale è stato illustrato lo stato di avanzamento del progetto Yachting Med Center Sardinia.

«Sono state esaminate le prospettive e le criticità che si possono dipanare a brevissimo termine con le oramai note novità riguardanti il DPCM Energiasi legge in una nota congiunta, firmata dal rappresentante della Den Yachts Ninetto Deriu e dai rappresentanti delle segreterie segreterie CGIL CISL UIL, FIOM, FSM e UILM, Franco Bardi, Salvatore Vincis, Andrea Lai, Roberto Forresu, Giuseppe Masala e Renato Toccoil supporto dimostrato dalla Regione e l’interesse dell’apparato di Governo preposto alla valutazione degli investimenti e infine per quello di vari investitori privati del settore di rilevanza internazionale.»

«In particolare la Den Yachts ha illustrato il layout del cantiere, che si sta approntando con la Navigo SCAR Italia, unitamente agli investimenti già effettuati, su terreni, fabbricati e macchinari, che prevede l’avvio del cantiere con il recupero e riconversione dei due siti della ex Metallotecnica e dell’ex ILA – si legge nella nota -. Tale progetto si prefigge di sviluppare un Polo della Nautica di alto livello per servizi, Refit e costruzione di grandi yacht e in cui la Sardegna e Portovesme in particolare, grazie alla sua posizione baricentrica nel Mediterraneo, può ricoprire il ruolo di “Isola Nautica”, integrandosi e lavorando in sinergia con i progetti di Cagliari e Olbia. Il progetto è inoltre caratterizzato da obietti di sostenibilità ambientale, con forte valore aggiunto e di impatto occupazionale, con un approccio manageriale orientato ai principi ESG, di sviluppo locale e del territorio. L’azienda, infine, informa che per la prossima settimana è calendarizzato un incontro alla Regione, dal quale auspica, possa scaturire l’accelerazione del progetto per il quale risulta fondamentale la chiarezza della fruibilità nel lungo periodo della banchina per la movimentazione delle imbarcazioni e il loro trasferimento al cantiere, come sopra detto, e viceversa.»

«Le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, FIOM, FSM, UILM, valutata l’esposizione a grandi linee del progetto unitamente alla qualità e la determinazione con la quale la società sta portandolo avanti, ritengono che la sua realizzazione potrebbe riservare per il territorio un importante realtà occupazionale ed economica – si legge ancora nella nota -. L’iniziativa, per come rappresentata, può essere volano di sviluppo anche accogliendo ulteriori importanti partners ed altre intraprese produttive, immaginando la realizzazione di un vero distretto della nautica. E’ quindi auspicabile e condivisibile la necessità che tutto l’iter burocratico possa trovare immediate risposte positive dalle istituzioni ed enti preposti alle autorizzazioni, concessioni, ed opere da realizzare nel porto e retro-porto di Portovesme.»

«Le organizzazioni sindacali ritengonoconclude la nota congiunta -, che il metodo di condivisione delle informazioni possa essere una base costruttiva di confronto e reciproco supporto per il superamento delle criticità che si dovessero palesare, necessitando che lo stato di crisi dell’intera area industriale porti ad una particolare attenzione al progetto da parte delle istituzioni, nell’interesse dei lavoratori, lavoratrici e disoccupati del territorio. Entrambe le parti prendono impegno di aggiornarsi alla prima occasione utile.»

L’attivo quadri e delegati della FSM CISL del Sulcis Iglesiente si è riunito venerdì sera nella sede di via Mazzini, a Carbonia, al centro del dibattito la situazione vertenziale del polo industriale. A lanciare il grido di allarme per il polo industriale di Portovesme è il segretario territoriale della Fsm-Cisl, Giuseppe Masala.

«Ci troviamo di fronte ad un evidente declino degli assetti produttivi industriali e al pericolo sempre più incombente di una consistente riduzione dei livelli di tutela e protezione sociale, per l’ulteriore impoverimento dei redditi dei lavoratori, per le altissime percentuali di giovani disoccupati ma soprattutto per l’incancrenirsi delle emergenze produttive scrive in una nota Giuseppe Masala -. Urge una risposta forte ed immediata da parte della politica e di tutte le istituzioni per recuperare il tempo perduto in questi ultimi anni. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina, hanno evidenziato l’inadeguatezza delle scelte fatte a livello regionale e nazionale, dovute soprattutto alla assenza di programmazione e di infrastrutture, oltre ai limiti di approvvigionamento energetico aggravati dall’insularità. In questa grave situazione, serve attuare indirizzi ed azioni capaci di rilanciare il polo industriale. Il problema che per molti anni il nostro paese non ha avuto una politica industriale, ha evidenziato un totale distacco da parte del governo nella realizzazione di un progetto di sviluppo ben definito.»

«Bisogna investire, soprattutto, in ricerca, innovazione, infrastrutture e sfruttando le opportunità del PNRR, che dovrà essere finalizzato alla modernizzazione del Paese, alla realizzazione di riforme, al superamento dei gap strutturali, alla capacità di attrazione di investimenti privati nazionali ed internazionali e alla costruzione di un mercato del lavoro con regole maggiormente ispirate alla sicurezza sociale – aggiunge Giuseppe Masala -. La politica e le istituzioni dovranno perciò dimostrare elevate capacità attuative e di risultato, investendo nei servizi e nelle infrastrutture materiali ed immateriali del paese, con una forte ispirazione al bene comune e alla giustizia sociale. La valutazione del successo del PNRR, sarà la capacità di creare lavoro giusto, durevole, sostenibile, competitivo e di valore. Attualmente non c’è un indirizzo chiaro sulla sostenibilità ecologica e socioeconomica. La sfida che dobbiamo affrontare oggi è quella di un nuovo sviluppo. È evidente il cambiamento che caratterizza il sistema produttivo, i parametri di confronto con gli altri paesi ci vedono spesso perdenti, si sta indebolendo il tessuto produttivo e la crisi della grande impresa incide profondamente sulla struttura e sulla qualità dell’occupazione.»

«Cresce la preoccupazione tra i lavoratori degli appalti del polo industriale di Portovesme sottolinea Giuseppe Masala -. In questi ultimi due anni abbiamo dovuto affrontare problemi gravi ed in particolare la questione delle tariffe energetiche: in primis la Portovesme S.r.l. e tutte le altre attività produttive in generale. Pertanto, è importante rilanciare l’idea del lavoro inteso non solo come risorsa, ma anche come valore. L’obiettivo è assicurare a tutti un lavoro dignitoso. Infatti non ci può essere crescita e sviluppo senza una qualificazione del lavoro. Per questo, è necessario garantire maggiore centralità all’istruzione, alla formazione alla ricerca. Ma occorre anche superare le discriminazioni tra uomo e donna, garantire l’occupazione femminile, la costruzione di servizi welfare adeguati, la tutela alla maternità come valore sociale e la ricerca di un nuovo equilibrio famigliare, economico e sociale. In questo contesto l’iniziativa del sindacato, si concretizza con un’azione rivendicativa nei confronti del governo e regione, chiamati entrambi ad individuare adeguate politiche capaci di contenere se non invertire l’attuale tendenza. Di vitale importanza creare sinergie con le università ma anche con le scuole, licei e istituti tecnici, enti di formazione, aziende, istituzioni non solo per creare nuove professionalità e permettere l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro ma rilanciare le professionalità carenti nel mercato e nel sistema economico. Ci vorrebbe ovviamente, sempre da parte della politica, anche un investimento massiccio nei suoi settori dell’economia verde e un sostegno a tutti quei settori che, invece, non sono più sostenibili, per aiutarli a trasformarsi laddove possibile. Ma bisognerebbe comunque partire da una diversa narrazione, a livello istituzionale e politico.»

«Sicuramente la mancanza di risposte da parte della politica ha penalizzato il tutto oltre i continui rinvii su un iter burocratico incapace di dare sviluppo alle singole vertenze. Attualmente esiste ancora in alcune realtà il lavoro sfruttato, mal pagato, precariorimarca Giuseppe Masala -. Lavoro che porta sempre più incidenti, infortuni e morti sul lavoro. Un importante strumento che potrà garantire lo sviluppo economico e sfruttare l’insularità è l’istituzione della ZES (n.d.r. zona economica speciale), con l’auspicio soprattutto in questo momento storico e in questa fase di ripartenza, è che l’istituzione della ZES possa portare a una svolta storica con importanti ricadute sul futuro della Sardegna. Si potrà programmare il rilancio dell’economia sarda in particolare del polo industriale di Portovesme grazie ad una fiscalità agevolata che potrà essere il vero motore della ripresa economica. La Zes essendo una zona delimitata può offrire incentivi specifici e procedure semplificate attraendo nuovi investimenti come il progetto nauticoconclude Giuseppe Masala -, che si colloca in una posizione centrale del mediterraneo con opportunità interessanti soprattutto per la riqualificazione e futura dismissione del carbone del Sulcis.»

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L’attivo quadri e delegati della FSM CISL del Sulcis Iglesiente si è riunito ieri nella sede di via Mazzini, a Carbonia, alla presenza del segretario confederale della Cisl del Sulcis Iglesiente, Fabio Enne, del segretario regionale della FSM Marco Angioni, del segretario regionale responsabile territoriale della FSM del Sulcis Iglesiente e della provincia di Sassari Enea Pilloni.

Al centro del dibattito, i nuovi assetti organizzativi, rapporti e collaborazione con la Confederazione territoriale, stato dell’arte delle vertenze industriali.

Il responsabile territoriale della FSM del Sulcis Iglesiente e della provincia di Sassari, Enea Pilloni, ha ufficializzato le nuove nomine ed ha assegnato i nuovi incarichi:

  • Manolo Mureddu, coordinatore politico-sindacale territoriale;
  • Giuseppe Masala, coordinatore organizzativo-sindacale territoriale;
  • Gianni Defraia, referente dell’organizzazione per la Portovesme srl;
  • Laura Loni, responsabile dei servizi per l’organizzazione;
  • Maurizio Loddo, responsabile operativo della sede.