22 December, 2024
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La memoria dell’eccidio di Buggerru del 1904, nel quale tre minatori morirono falciati dal fuoco del Regio esercito chiamato a stroncare uno sciopero alla miniera Malfidano, si è rinnovata anche quest’anno nella commemorazione che ha riunito nella cittadina mineraria le massime autorità civili sarde e i rappresentanti dei sindacati. Ma non solo, grazie alla volontà del Comune, il 120° anniversario è diventato spunto per la firma del Patto di Buggerru, che suggella l’impegno comune tra la Regione Sardegna e i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil per costruire migliori condizioni di lavoro nell’isola.

«È una giornata storica ha detto la sindaca Laura Cappelli all’apertura della commemorazione civile -. L’episodio del 1904 ha creato un prima e un dopo in quella che è diventata la storia del movimento dei lavoratori italiani. Oggi, 120 anni dopo, portiamo a compimento quel cammino di lotta. Vogliamo mantenere vivo il ricordo dei caduti, ma anche, con la firma del Patto che l’amministrazione comunale ha fortemente voluto e di cui è stata promotrice, rafforzare questa giornata del 4 settembre come simbolo di un’identità collettiva costruita sulla democrazia, sul lavoro e sull’impegno per la giustizia sociale. Abbiamo il dovere di ricordare quel sacrificio, ma soprattutto di continuare nell’azione comune per garantire sicurezza e dignità del lavoro, che oggi come 120 anni fa, ancora mancano.»

La mattinata di commemorazione si era aperta con la santa Messa celebrata da don Marco Angius, parroco di Buggerru. Nella sua omelia, il sacerdote si è soffermato sui temi del lavoro, ha ricordato le troppe morti dei lavoratori e ha ribadito l’importanza della memoria attiva: «Non dovremmo mai dimenticareha dettola storia del nostro paese e della Sardegna e le lotte dei lavoratori e dei sindacati per ottenere diritti a favore dei più poveri e dei più umili. E abbiamo il dovere di tenere vivo questo ricordo anche nei più giovani, perché non dimentichino le nostre radici e il nostro percorso».

Dopo la deposizione di una corona di fiori davanti alla targa che ricorda il sacrificio di Felice Littera, Salvatore Montixi e Giustino Pittau, la sindaca Cappelli ha letto i saluti della ministra del Lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone, che, in una lettera, ha ribadito come «questa pagina di storia dev’essere ricordata per conservare la consapevolezza di un percorso complesso, travagliato e talvolta tragico attraverso il quale è stato realizzato l’equilibrio tra tutele e doveri nel mondo del lavoro».

La parola è poi passata ai rappresentanti istituzionali.

Il presidente del Consiglio regionale Piero Comandini ha ricordato che «quello che è successo qui nel 1904 appartiene a tutta la Sardegna e ci ricorda che lo sciopero sia un grande atto di democrazia. È necessario difendere questo diritto messo in discussione di alcuni e difendere la dignità del lavoro. Ieri gli ultimi erano i minatori, oggi  sono i lavoratori stranieri sfruttati nei campi. L’Eccidio non è un episodio che appartiene solo alla memoria, ma è attuale anche oggi, dove non viene garantito un salario minimo e la Sardegna è l’ultima regione in Europa per gli stipendi».

La presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde ha fatto appello all’unità di tutte le forze in campo: «In questa data simbolicaha dettomi sono impegnata con la sindaca e le organizzazioni sindacali per sottoscrivere un patto che investa la Regione della responsabilità di mettere risorse per la sicurezza e la dignità del lavoro. Se i lavoratori sono precari e il lavoro è poco dignitoso e poco pagato, non serve celebrare i numeri sulla crescita finta dell’occupazione. Tanto è stato fatto, ma tanto è ancora da fare e uniti possiamo ottenere grandi risultati».

La mattina di celebrazioni si è chiusa con gli interventi dei rappresentanti sindacali. Davanti a una piazza Eccidio colma di bandiere delle tre sigle confederali, il segretario confederale nazionale della Cisl Ignazio Ganga, il segretario organizzativo nazionale della Uil Emanuele Ronzoni, la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi hanno celebrato la profonda attualità del sacrificio dei minatori di Buggerru.

«La rievocazioneha detto Ignazio Gangaci chiama alla speranza, all’impegno e alla volontà di istituzioni e parti sociali perché questi eventi facciano germinare nuovi orizzonti di libertà e giustizia. Il 4 settembre è il giorno dell’impegno e della partecipazione.» Dal canto suo, per Emanuele Ronzano, «la ricorrenza dei 120 anni ci chiama a rinnovare l’impegno per le nostre battaglie perché ci sono tanti diritti da tutelare: per esempio, non arretreremo davanti a quella classe politica che mette in discussione il diritto allo sciopero». Daniela Barbaresi ha richiamato che «c’è ancora la stessa fatica dei secoli passati, perché le condizioni di lavoro sono vera emergenza di questo paese. Per non dimenticare il passato, dobbiamo agire nel presente  guardando al futuro».

Subito dopo la fine degli interventi, la presidente Todde e i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Fausto Durante, Pier Luigi Ledda e Maria Francesca Ticca, hanno sottoscritto il Patto di Buggerru.

La presidente della Regione, Alessandra Todde, ha partecipato stamane alla commemorazione dell’uccisione degli operai della miniera di Malfidano del 4 settembre 1904 che portò pochi giorni dopo al primo sciopero generale d’Italia.

«In quei moti morirono 4 lavoratori: Felice Littera, Salvatore Montixi, Giustino Pittau e Giovanni Pilloni. E la Regione Sardegna ha orgogliosamente onorato la memoria di chi si è battuto per il diritto ad un lavoro dignitoso e ad una vita dignitosa. Ma non solo ricordo e memoria, ma anche fatti e azioni concreteha detto Alessandra Todde -. Ho firmato, insieme ai segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, il Patto di Buggerru, un protocollo di intesa per la qualità, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. E siamo la prima Regione d’Italia a farlo. Perché in Italia e in Sardegna troppo spesso leggiamo di lavoratori e lavoratrici che perdono la vita sul posto di lavoro. Perché in Sardegna la salute e la sicurezza per chi lavora non sono temi secondari, ma emergenze che vanno affrontate anche attraverso un impegno straordinario delle Istituzioni. E noi questo impegno lo prendiamo per costruire con i sindacati, i lavoratori e le lavoratrici azioni utili a promuovere la qualità, la salute e la sicurezza sul lavoro. La Sardegna si conferma capofila nella lotta per i diritti dei lavoratori. E sono orgogliosa di esserne la presidente e di poter rappresentare il nostro popolo.»

Sono passati 120 anni da quel 4 settembre a Buggerru; quando i minatori vennero uccisi dall’esercito al termine di una protesta per una migliore condizione di lavoro, Pier Felice Littera, 31 anni, Salvatore Montixi, 37 anni; Giustino Pittau e Giovanni Pilloni – questi ultimi due feriti gravemente, se ne andranno qualche giorno dopo, non chiedevano un privilegio ma un diritto. È stato il primo passo verso le conquiste dei lavoratori che, nonostante la proclamazione delle giornate di sciopero nazionale promosse dalla Camera del Lavoro di Milano, hanno dovuto combattere e soffrire. Nel nostro territorio non possiamo che ricordare, assieme a Buggerru, Gonnesa, Iglesias e Nebida.

Oggi lo sfruttamento di allora non c’è più. Il quadro è cambiato e le norme si sono fatte anche più stringenti. Abbiamo visto, però, che non sembra bastare.

Oggi si muore di lavoro perché c’è la necessità di contenere i costi, di andare spediti e portare a casa un risultato con la metà del personale. Oggi ci sono nuove emergenze cui si deve far fronte. Si chiamano precariato e sicurezza sul lavoro che purtroppo passa in secondo piano. E quando non si hanno le dovute tutele diventa difficile anche chiedere il rispetto di un diritto fondamentale come quello di un lavoro in sicurezza.

C’è poi il nostro territorio dove le ferite di un passato minerario sono ancora evidenti. Perché la mancanza di regole – ricordiamo che il settore minerario è ancora governato da un regio decreto – hanno fatto il resto. E ha lasciato in eredità veleni e aree da bonificare. E proprio su questo, oggi si deve lavorare. Portando appresso il sacrificio di chi si è battuto, morendo, per migliori condizioni. Quelle aree devono essere recuperate, risanate e restituite alle comunità per nuovi utilizzi. Anche le infrastrutture minerarie devono essere valorizzate in nuovi percorsi che possano spaziare dalla ricerca scientifica al turismo. Dalla cultura a nuovi modelli di sviluppo, senza perdere di vista il sacrificio di chi si è battuto ed è morto per un diritto.

A 120 anni dall’eccidio occorre ora rimarginare le ferite del territorio con le bonifiche. E’ l’ultimo contributo che i minatori chiedono; lo dobbiamo a loro e alle future generazioni.

Emanuele Madeddu

Segreteria Filctem CGIL SSO

 

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Passa dal giacimento di bauxite la richiesta della Ugl per rilanciare il sito minerario di Olmedo, non possono lasciare che continui ad allargarsi, incalza il dirigente sindacale Simone Testoni, ad oggi la Regione Sardegna non ha provveduto ad estrarre neppure un litro d’acqua, è intollerabile.

Accadde oggi. 4 settembre 1904, l’eccidio di Buggerru: l’esercito spara sui minatori uccidendo quattro di loro.

Nel 1871 il deputato e ingegnere Quintino Sella svolse un’approfondita indagine sulle condizioni dell’industria mineraria in Sardegna. Nei diciotto giorni passati sull’isola visitò quindi le miniere e le industrie metallurgiche, e – fra le altre cose – rilevò la disparità di trattamento salariale fra i minatori sardi e quelli del resto d’Italia. Fra le tappe anche Buggerru, grosso borgo minerario nonché quinto centro abitato dell’Isola.

Tutto, nella zona, era allora proprietà della Societé anonime des mines de Malfidano, fondata a Parigi e motivo per cui il centro era anche noto come petite Paris, data appunto l’origine dell’aristocrazia dominante, che aveva ricostruito un certo clima culturale nell’intera Buggerru. Di questa faceva parte anche Achille Georgiades, greco arrivato in Sardegna per dirigere le miniere della Società, avente il proprio centro operativo proprio nel borgo. I minatori, invece, erano uniti nella Lega di resistenza, obbligati a turni disumani, sottopagati e vittime di frequenti incidenti mortali sul lavoro. Fu in risposta a queste condizioni che fin dai primi mesi del 1904 iniziò una tumultuosa serie di scioperi, i quali andarono rinvigorendosi a maggio, quando nell’ennesimo incidente furono in quattro a perdere la vita.

Il momento di massima tensione si raggiunse però soltanto a settembre. Il 2 il direttore diramò, infatti, la decisione che avrebbe scatenato l’inferno: l’orario di riposo per coloro che lavoravano all’esterno della miniera veniva ridotto, e dalle quattro ore previste fino ad allora si passò a tre soltanto. In Sardegna – ritennero i minatori – le temperature non permettevano però di riprendere il lavoro già alle 13.00, e questo indusse li a lasciare sguarnite tutte le posizioni di lavoro fin dal giorno stesso.

La sera giunsero quindi a Buggerru due militanti socialisti, Giuseppe Cavallera ed Alcibiade Battelli, membri della Lega, e la domenica del 4, mentre la delegazione trattava con la dirigenza e gli operai stavano riuniti di fronte alla sede della direzione generale, arrivarono invece due compagnie del 42esimo reggimento di fanteria, quegli aiuti tanto invocati dalla dirigenza della miniera. Si decise allora di sistemare i soldati nei locali della falegnameria, e a tre minatori fu dato il compito di prepararne i locali. Quando la folla già nervosa iniziò a tirare sassi alle finestre dell’edificio – per obbligare i soldati a rimandare fuori i tre uomini – la tensione raggiunse l’apice, e l’esercito sparò sulla folla. In due rimasero a terra, uccisi sul colpo, mentre un terzo – Giustino Pittau – morì dopo quindici giorni in ospedale. Anche un quarto, in realtà, morì a soli venti giorni di distanza, ma mancano le fonti certe per ricondurne il decesso alla sparatoria di quel tragico 4 settembre.

L’impatto emotivo, sociale e politico fu immediato, non solo sul paese ma sullo Stato intero, e in risposta la Camera del Lavoro di Milano decise di indire il primo sciopero nazionale della storia d’Italia. Già il 14 settembre, a Trapani un nuovo sciopero si concluse con la raffica di proiettili indirizzata dall’esercito ai contadini in corteo.

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Sono iniziate questa mattina e si concluderanno domenica, a Buggerru, le celebrazioni per ricordare l’eccidio del 1904, gli avvenimenti e la figura di un protagonista della storia sarda, “Giuseppe Cavallera”, in tre giorni di eventi, incontri e spettacoli, lungo i sentieri della memoria. La manifestazione è organizzata dal comune di Buggerru con il contributo dell’assessorato della Cultura della Regione Sardegna. 

Stamane è stata celebrata la Santa Messa in memoria dei caduti  nella Piazza intitolata ai morti dell’eccidio di Buggerru del 1904 ed ha poi avuto inizio il convegno su “Giuseppe Cavallera” nella Sala convegni “La Centrale”. Una giornata dedicata al pioniere del socialismo in Sardegna e al ricordo dei tre minatori uccisi, simbolo della lotta di un’intera isola per il riscatto sociale e l’affermazione dei diritti dei lavoratori per una esistenza libera e dignitosa, valori richiamati in seguito nella nostra Costituzione.

Buggerru, domenica 4 settembre 1904. Due giorni prima i minatori della miniera di Malfidano, gestita da una società francese, la Societé anonime de mines de Malfidano, si erano visti ridurre di  un’ora dalla direzione la pausa tra i due turni di lavoro, quello mattutino e quello pomeridiano: era il  momento più caldo della giornata. La reazione fu immediata, cominciò lo sciopero dei lavoratori.

La “piccola Parigi”, così veniva chiamato allora il paese dell’Iglesiente, perché i dirigenti minerari, francesi e non solo, che si erano trasferiti nel borgo con le rispettive famiglie avevano anche ricreato un certo ambiente culturale. Ma i minatori lavoravano in condizioni disumane, sottopagati e costretti a turni massacranti, spesso vittime di incidenti mortali sul lavoro. Si erano organizzati nella Lega di resistenza di Buggerru, che contava circa 4mila iscritti. Moltissimi erano gli operai addetti all’estrazione dei minerali, senza contare le donne e i bambini impiegati nelle attività collaterali di cernita e lavatura.

Già nei primi mesi del 1904 i minatori, per cercare una risposta alle loro rivendicazioni e ottenere un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, avevano attuato un’ondata di scioperi. Dirigente della Lega, insieme ad Alcibiade Battelli, era un militante socialista, Giuseppe Cavallera, piemontese, medico, pioniere del socialismo in Sardegna. Quel 4 settembre a trattare con il direttore della miniera, l’ingegnere turco, naturalizzato greco, Achille Georgiades, c’era anche lui. Gli operai si erano riuniti di fronte alla sede della direzione generale, per sostenere i loro delegati. Nel frattempo i titolari della società di gestione chiamarono l’esercito, che fece fuoco sui manifestanti: Salvatore Montixi, Felice Littera, Giustino Pittau morirono sul colpo, molti altri furono feriti. Quella domenica viene ricordata come l’eccidio di Buggerru.

Erano i tempi del secondo Governo Giolitti, che con il suo riformismo moderato non riusciva a rispondere alle esigenze del sempre più emergente proletariato agricolo e industriale, in particolare del Meridione. In seguito a quel tragico episodio le organizzazioni sindacali promossero il 16 settembre del 1904 il primo sciopero generale nazionale, al quale aderirono i lavoratori di tutte le categorie. Fu l’inizio di una nuova era nella storia della rivendicazione dei diritti della classe operaia: la storia del sindacalismo in Italia parte da un piccolo centro dell’Iglesiente, Buggerru. Da quel movimento di lotta e di protesta prese anche avvio il processo che portò tutte le Camere del Lavoro e le Federazioni di settore a unirsi fino alla nascita della Confederazione Generale del Lavoro (CGIL), il primo ottobre del 1906.

Giuseppe Cavallera nacque nel 1873 a Villar San Costanzo, in provincia di Cuneo. Aveva aderito giovanissimo alle idee socialiste. Nel 1895 fu costretto a lasciare il Piemonte a causa delle persecuzioni poliziesche a cui fu sottoposto per la sua militanza politica. Si trasferì a Cagliari, dove – come aveva stabilito la direzione del Partito Socialista – avrebbe potuto continuare i suoi studi in Medicina e allo stesso tempo dedicarsi all’attività politica in Sardegna, dove il suo partito era ancora privo di organizzazione e strutture. Vinse una borsa di studio della Facoltà di Medicina dell’Università di Cagliari, dove si laureò nel 1896.

In meno di un anno, in gran parte per la sua azione, nell’Isola erano sorti dieci circoli socialisti. Svolse la sua attività sociale e politico-sindacale soprattutto a Carloforte, a partire dal 1897, dove organizzò la Lega dei Battellieri e portò le idee del socialismo. In seguito fu attivo propagandista del socialismo e dell’organizzazione sindacale tra i minatori del bacino minerario del Sulcis Iglesiente Guspinese, dove ebbe un ruolo determinante nell’organizzare le Leghe dei minatori, associazioni operaie che fondevano gli obiettivi politici dei circoli socialisti con quelli sindacali.

Arrestato nel 1900 per gli scioperi verificatosi a Carloforte tra il 1897 e il 1899, venne condannato dal tribunale di Cagliari a sette mesi di carcere. Nel 1901 costituì le Società riunite dei lavoratori del mare, una sorta di Camera del lavoro alla quale facevano capo tutte le organizzazioni di categoria. Per suo volere, sull’esempio dei marittimi di Carloforte, i minatori dell’Iglesiente si unirono in leghe di resistenza. Nel 1904 fu eletto segretario della Federazione Regionale dei minatori sardi, che aveva sede a Iglesias. Nel 1906 venne eletto sindaco di Carloforte, nel 1913 deputato, e nel 1948, dopo la proclamazione della Repubblica, senatore per il Fronte democratico popolare. Sposatosi con una ragazza carlofortina, Anna Vassallo, ebbe sei figli. A lui è dedicato a Carloforte il Cineteatro Cavallera, costruito dai battellieri a memoria del lungo cammino di riscatto del proletariato. Morì a Roma nel 1952 e fu sepolto a Carloforte.

La giornata odierna proseguirà, alle 17.00, con i Percorsi della Memoria, visite guidate ai luoghi simbolo del 4 settembre 1904: Palazzina Beni Beni (che fungeva da foresteria per gli azionisti, per i dirigenti della miniera o anche per gli ospiti del direttore), Piazza delle Cernitrici (che ricorda la morte sul lavoro nel 1913 di quattro giovani donne addette alla cernita del minerale nella miniera di Gennarenas), il Museo del Minatore (luogo della memoria e dell’identità di Buggerru, ospitato in una struttura restaurata un tempo officina meccanica e falegnameria, scenario della rivolta del 1904, punto di riferimento dei minatori all’arrivo dei soldati) e la Galleria Henry (la più importante opera della grande miniera di Planu Sartu, scavata nel 1865, posta a 50 metri sul livello del mare, che consentiva il trasporto dei minerali per mezzo di una rotaia dai cantieri sotterranei alle laverie). Le visite alle quattro “stazioni” sono curate della Cooperativa Piccola Parigi di Buggerru.

Alle 20.00, narrazione sui piatti tipici della tradizione sulcitana e degustazione di vini  nella Sala delle Macchine del Museo minerario: il racconto della preparazione dei piatti tipici della tradizione locale con la partecipazione di chef esperti e degustazione di vini delle migliori cantine del Sulcis Iglesiente. Sarà proposto un menù degustazione a base di pesce spada pescato da pescatori buggerrai nei mari della Sardegna (costo: 12,00 euro a persona).

Alle 21.30 il Concerto musicale del duo “Su scannu sessions”, nel Cortile del Museo minerario. “Su scannu” è il nome di un progetto creato da alcuni ragazzi under 30, un format Web, ora anche live, dedicato all’interazione tra musica live e paesaggio. Un duo di chitarre e voce, Flavio Secchi e “Frank Sinatra”, con un repertorio che parte dalle canzoni di protesta americane di Bob Dylan fino alla musica italiana d’autore di Dalla e De André. Il concerto è organizzato in collaborazione con l’Associazione Enti locali per lo spettacolo.

Sabato 5, dalle 20.00, Artigianato e prodotti del Sulcis Iglesiente“, nel Piazzale del Porto Turistico: una fiera-mercato con espositori dell’artigianato e dei prodotti dell’enogastronomia del territorio, a cura della Cooperativa Piccola Parigi di Buggerru

Alle 21.30 va in scena La Bilancella, nella Banchina del Porto turistico, spettacolo teatrale scritto e interpretato da Gianluca Medas, con Emilio Puggioni, Glenda Cannas e Maurizio Liscia. Un omaggio al duro lavoro svolto dai minatori sulla Bilancella, imbarcazione utilizzata nel secolo scorso per il trasporto del minerale, simbolo fortemente evocativo delle tradizioni minerarie buggerraie, come testimonia la sua doppia figura riportata nel gonfalone del Comune di Buggerru.

Una bilancella al porto, alcuni galanzieri pronti alla partenza, un giovane marinaio, da avviare al mestiere, accolto come si fa con i neofiti, il figlio di Cicciu Rosso, un leggendario (immaginario) marinaio capace di trascinare una bilancella da solo in mare. Un pretesto, questo battesimo dell’acqua, per il racconto corale di un’epopea: quella dei Galanzieri, marinai abili, agili, fortissimi e coraggiosi, perennemente in gara con il tempo, con la fame, con le correnti capricciose, con il vento, con le furberie delle società minerarie, sempre pronte ad inventarsene una pur di pagare qualcosa di meno. Questi marinai con le loro imbarcazioni hanno svezzato migliaia di giovani. Una vita di corsa, senza fiato. Forza e grida: forza per arrivare per primi agli approdi e ai vagoni, poi ai luoghi dello scarico, e grida per difendere la paga dagli estimatori, persone legate alle società, con il compito di calcolare il materiale trasportato e perciò la paga. Le battaglie per la paga, gli scioperi, il Cavallera, la prigione, le fazioni… E poi il mare, mai davvero amico, infido e traditore…

Le tre giornate di “Giuseppe Cavallera a Buggerru” si chiudono domenica 6 settembre. Alle 9.30 Sulla rotta del minerale: dal Porto di Buggerru a Cala Domestica”, evento di ecoturismo con due itinerari diversi, via mare e via terra, per andare incontro a tutti gli appassionati di escursionismo. La partenza per i due percorsi proposti è prevista in contemporanea dal porto di Buggerru: la regata sulla rotta del minerale sarà guidata dall’imbarcazione d’epoca “La Bilancella”; l’altro itinerario seguirà i sentieri dei minatori e potrà essere percorso a piedi, a cavallo e mountain bike. All’arrivo dei gruppi a Cala Domestica è previsto un piccolo ristoro per tutti i partecipanti.

 Locandina

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Buggerru ha ricordato stamane i tre minatori morti nel 1904. La cerimonia, come ogni anno, è stata caratterizzata da un corteo lungo le strade del paese, dalla deposizione di una corona di fiori e da una Santa Messa, celebrata per non dimenticare il sacrificio di Salvatore Montixi, Felice Littera e Giustino Pittau, morti durante una protesta, a Buggerru, davanti alla sede della direzione mineraria, mentre rivendicavano migliori condizioni di lavoro. Al corteo hanno partecipato amministratori locali, sindacalisti e rappresentanti dei minatori del Sulcis Iglesiente.