La guerra millenaria per il Mar Nero – di Mario Marroccu
Molti italiani si sentono abbastanza distanti dalla guerra in Ucraina e pare che la “distanza” li renda irraggiungibili tanto da restarne indenni. La verità è che i rapporti tra il nostro lato del Mar Mediterraneo ed il Mar Nero hanno una storia antichissima, millenaria.
Abbiamo la prova certa che la rotta che conduce dal Mar Mediterraneo occidentale al Mar Nero è la rotta navale più antica della storia. Esiste una via d’acqua, nota come la “rotta delle isole” che metteva in comunicazione le coste della penisola iberica alle isole Baleari, alla Corsica, alla Sardegna, alla Sicilia, a Malta, a Creta, a Cipro, all’arcipelago del Mar Egeo, al Mar di Marmara, allo Stretto dei Dardanelli, al Bosforo e, infine, il Mar Nero e alle coste della Crimea e dell’Ucraina. La percorrevano con certezza la navi nuragiche, nel 1600-1200 avanti Cristo, per vendere il bronzo sardo alle città antistanti quei mari lontani. Gli archeologi hanno trovato panetti di bronzo nuragico in fondo al mare delle coste turche lungo il percorso per il Mar Nero. Il bronzo sardo era allora molto appetibile per la produzione di armi. Gli storici sostengono che esiste una sequenza logica tra l’era dei metalli, la produzione di armi, la costituzione di eserciti e l’inizio dell’era delle grandi guerre fra popoli organizzati in confederazioni alleate. Nel 1200 avanti Cristo avvenne la prima Guerra Mondiale della Storia: la Guerra di Troia. Pare che molto bronzo nuragico abbia alimentato la produzione delle armi che vi vennero impiegate.
Quella guerra avvenne per un motivo molto concreto: il controllo della rotta commerciale verso il Mar Nero attraverso i Dardanelli. Si ritiene che l’ostilità che unì i popoli mediterranei contro la città di Troia derivasse dai dazi che essa imponeva alle merci delle navi che dal Mar Egeo al Mar Nero e, viceversa, dovevano passare in quegli stretti.
Il commercio era basato sullo scambio di manufatti prodotti dalle città mediterranee con i cereali coltivati dagli agricoltori della pianura ucraina. Essa ai tempi dei Romani veniva chiamata Pianura Sarmatica.
Con questo nome si indica tutt’oggi il vasto “bassopiano Sarmatico” di cui fanno parte l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia e le tre Repubbliche Baltiche (Lituania, Lettonia, ed Estonia). E’ una vastissima distesa di fertilissimo terreno pianeggiante, senza montagne, irrigato dai due fiumi tra i più grandi d’Europa, il Dniepr ed il Danubio, che sfociano nel Mar Nero, contornando la penisola di Crimea.
Già allora questa vasta pianura era il più grande produttore di cereali del mondo conosciuto. Lo sbocco commerciale si trovava, e si trova tutt’oggi, negli approdi della Crimea e della costa ucraina sul Mar Nero. Il controllo di quei porti e di quel mare equivaleva al controllo del commercio dei prodotti alimentari più richiesti: i cereali, appunto. Le guerre per il controllo di quelle rotte commerciali dovettero essere numerose visto che l’archeologo Heinrich Schliemann contò ben nove strati sovrapposti di città di Troia.
Con i suoi scavi del 1872 egli dimostrò che la Troia dell’Iliade non era stata distrutta una sola volta ma era stata rasa al suolo con almeno nove guerre distinte e avvenute in tempi diversi; tutte le volte era stata ricostruita nello stesso posto. Questi eventi bellici per il controllo delle rotte per il Mar Nero avvennero oltre mille e duecento anni prima dell’Era Cristiana e dell’Impero Romano. Il poema eterno di Omero conferma quanto importante fosse per tutto il mondo allora conosciuto il controllo di quei commerci.
Dopo 1200 anni dalla vicenda omerica Roma imperiale conquistò i territori corrispondenti alla attuale Romania, alla Bielorussia, all’Ucraina e alla Crimea, e fece di quell’area il granaio dell’Impero.
Successivamente, con la fine dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 dopo Cristo, il controllo delle rotte verso il Mar Nero toccò ai Bizantini. Alla dominazione bizantina della pianura Sarmatica, si alternarono le dominazioni dei Goti, dei Mongoli e di altri ancora. Seguirono poi i regni di etnia slava, polacca, lituana.
Intorno all’anno 1000 i Bizantini, per proteggersi dagli invasori, assoldarono guerrieri mercenari provenienti dalle coste del Mar Baltico. Erano uomini alti, biondi, dagli occhi chiari, che chiamavano “Variaghi”. I Variaghi erano il corrispondente dei “vichinghi” che , a Ovest dell’Europa si erano espansi lungo le coste atlantiche e si erano addentrati nel Mediterraneo. Giunti in Sicilia, vi costituirono il regno Normanno.
I Variaghi che si erano installati a Est dell’Europa vennero chiamati anche col nome di “Rus”. Nei secoli successivi all’anno 1000, al tempo delle Repubbliche Marinare italiane, le coste della Crimea sul Mar Nero vennero dominate per secoli da Veneziani e Genovesi. I porti italiani in Crimea e Ucraina servivano per ospitarvi grandi magazzini del grano prodotto nella grande pianura a Nord.
Tutto il Mar Nero, nell’Alto e Basso Medioevo, è stato un grande emporio per i cereali. I clienti dell’emporio erano l’Europa e l’Asia, compresa la Cina.
I porti fra l’attuale Odessa e la Crimea erano lo snodo internazionale per il commercio di prodotti alimentari. Una funzione così appetibile, per millenni, non poteva sfuggire alle mire di tutti i potenti delle varie epoche storiche e le guerre per il loro controllo furono molte. Una di quelle guerre cambiò le sorti del mondo: fu la guerra condotta dai mongoli contro i genovesi per la conquista della città di Caffa.
Caffa era una città portuale della Crimea e faceva parte di un insieme di sette porti appartenenti all’impero marittimo della Repubblica di Genova. Il motivo della guerra tra orientali e occidentali era quello classico: si trattava di una guerra economica.
A causa di una prolungata siccità, la Cina e tutto l’Impero Mongolo, così come l’Europa, avevano i granai vuoti e le popolazioni alla fame. I potenti d’Oriente inviarono l’“Orda d’Oro” a Caffa per impadronirsi dei suoi granai. Al seguito dell’orda mongola arrivarono anche i ratti dalla Cina e dall’India, anch’essi alla ricerca di cibo. I ratti portarono con sé le pulci, e le pulci furono il vettore della Yersinia Pestis, l’agente della Peste Nera.
Dopo due anni d’assedio i mongoli, decimati dalla peste, abbandonarono la città, ma prima vi scagliarono con le catapulte i cadaveri degli appestati.
Così la peste si diffuse fra gli italiani di Crimea. Quando le navi genovesi partirono da Caffa verso Messina, Genova e Marsiglia, portarono i topi, e la peste si diffuse in tutta Europa. In due anni morirono in Europa un terzo degli abitanti. Ne morirono 20 milioni.
Dopo un’epidemia di tale gravità tutto cambiò: i rapporti umani, le credenze, l’immaginazione, i desideri, la letteratura, le leggi, la politica, l’economia, i trasporti, la struttura sociale, il diritto di proprietà, i commerci, e altro ancora. Era cambiato l’animo umano.
La Civiltà mutò ed il Medioevo si avviò verso le rivoluzioni sociali, culturali, economiche, religiose e scientifiche del 1400. 1500, 1600. Da quel mondo intellettualmente trasformato si crearono le premesse delle rivoluzioni industriali e politiche del 1700, 1800. 1900.
Quella guerra in Crimea del 1346 cambiò la rotta delle civiltà di tutto il mondo. I popoli latini mediterranei e, sopratutto, gli Italiani, furono al centro di quelle vicende.
Nonostante i cambiamenti dei governi che dominarono quell’area, la scomparsa dell’Impero Bizantino e la sua sostituzione nel 1455 con l’Impero Turco, e nonostante la nascita di altri dominatori che inglobarono la pianura Sarmatica, come i regni mitteleuropei e nord europei, gli italiani, per motivi commerciali non abbandonarono mai la Crimea e il Mar Nero.
Camillo Benso, conte di Cavour, per gli interessi dei Savoia, si fece facilmente coinvolgere nella guerra di Crimea. Fu un conflitto combattuto dal 1853 al 1856 fra l’Impero Russo da un lato e l’alleanza composta da Impero Ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna. Il casus belli fu la disputa tra Francia e Russia sul controllo dei “luoghi santi” della cristianità in territorio turco. In realtà, sopratutto la Gran Bretagna temeva l’espansione russa verso il Mediterraneo. Vinse l’alleanza e la Russia fu respinta dalla Crimea e dal Mar Nero.
In quella guerra i sardi combatterono in prima linea e furono essenziali per la vittoria nella battaglia della Cernaia. Il comandante in capo dell’esercito sardo fu il generale Alfonso Lamarmora, fratello di Alberto Lamarmora che allora comandava la flotta navale e spesso risiedeva in Sardegna sia per il governo sia per i suoi studi geologici, antropologici e geografici. I Sardi combatterono a fianco dei Francesi e furono molto ammirati da quel Comando per il modo in cui respinsero l’attacco della cavalleria cosacca.
L’eroismo dei Sardi in Crimea valse a Cavour l’alleanza dei Francesi nelle battaglie della Seconda Guerra d’Indipendenza dell’Italia dall’Impero Austroungarico.
Quella guerra dei sardi in Crimea ebbe come risultato l’estensione del Regno Sardo a tutte le ragioni italiane, eccettuato lo stato Pontificio e il Nord-Est.
Poi il risultato finale dell’unificazione nazionale avvenne con la Terza Guerra d’Indipendenza e si concretizzò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia e la contestuale cessazione del Regno di Sardegna, con cui Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di re d’Italia.
La presenza degli italiani nelle città portuali dell’Ucraina è documentata dai molti edifici in stile italiano che ne abbelliscono le strade e le piazze. Ne sono un esempio, a Odessa, il Teatro dell’Opera e del Balletto costruito con la classica architettura ottocentesca italiana. Chi ricorda il film muto di Eisenstein, “la corazzata Potemkin” ricorderà la famosa “scalinata” della carrozzina che precipita sotto il fuoco dei soldati russi in assetto antisommossa. Quella scalinata fu costruita da architetti italiani.
L’italianità di Odessa è certificata anche dall’origine della canzone napoletanissima “O sole mio” che venne scritta da Eduardo di Capua, proprio a Odessa, nel 1897.
In un altro contesto tristissimo vi fu un rapporto ravvicinato fra italiani ucraini e russi: fu nel 1941 in occasione della campagna di Russia della Seconda Guerra Mondiale. A Donetsk combatterono i soldati della “Celere”, mentre a Gorlovka combattè il reggimento “Pasubio”. Il fatto d’arme più grave avvenne a Lugansk, durante la controffensiva dell’Armata Rossa. I nostri “Alpini” in ritirata dal Don vennero chiusi in una sacca mortale dai russi e furiosamente sterminati. In quella battaglia morirono molti soldati sardi, e tante tombe del Sulcis espongono foto di “Alpini” mai tornati e classificati “dispersi”. Non si è ancora conosciuto il luogo della loro sepoltura.
Questa sintesi dei rapporti, commerciali e bellici, fra sardi, italiani ed ucraini, è utile per comprendere che fin da un tempo molto antico, siamo stati spesso coinvolti nelle vicende di quei luoghi apparentemente lontani.
Sarebbe bene prenderne atto e guardare negli occhi una realtà a cui non siamo preparati.
Mario Marroccu