Un murale dedicato a Don Giovanni Diaz, nella piazza Santa Rita di Medadeddu, frazione di Carbonia, a 12 anni dalla morte
Un murale dedicato a Don Giovanni Diaz, nella piazza Santa Rita di Medadeddu, frazione di Carbonia. Così l’associazione Senso Comune di Carbonia, insieme agli artisti Ielmo Cara e Stefano Masili, ha voluto omaggiare una figura tra le più amate della città di Carbonia per il suo costante ed irreprensibile impegno verso gli altri.
Ricordiamo Don Giovanni Diaz, con l’articolo dell’indimenticabile Don Amilcare Gambella, ed il ricordo dell’Amministrazione comunale di Carbonia, pubblicati nel n° 222 de “La Provincia del Sulcis Iglesiente”.
Don Diaz ci ha “lasciato”… una grande eredità
La notizia della morte di don Giovanni Diaz è arrivata improvvisa e con grande velocità!
Con il tam tam discreto ed efficace che risuona nel mondo della carità, si è diffusa, portando il dolore del vuoto in quei molti cuori che hanno sempre avuto da Lui sostegno e cura.
Le opere da Lui realizzate dal 1965, data del suo arrivo in città e nel territorio, sono sotto gli occhi di tutti e testimoniano la sua creatività, il suo coraggio, la sua caparbietà nella solitudine, sostenuta dalla Grazia di Dio che non fa vacillare la Speranza, che fa maturare e raggiungere gli obiettivi del cuore.
Sono anche testimonianza di come, dietro quel suo aspetto a prima vista “distaccatamente serio e quasi severo”, brillava una capacità abile e efficace nel coinvolgere le persone avvicinate, tanto da farle diventare protagoniste nei progetti che a macchia d’olio, in una benefica reazione a catena, producono quei frutti di bontà solidale, in quel mondo di povertà ed emarginazione che circonda, ma non riesce a interpellare il perbenismo di tanti.
Il compianto Paolo VI in più di un’occasione ha affermato che il mondo di oggi non ha bisogno di maestri, ma di testimoni, ebbene don Diaz ha saputo incarnare la duplice identità del maestro e del testimone, con quella discrezionalità, spesso silenziosa, ma efficacemente trainante, di chi si rimbocca le maniche, senza paura di contaminazione e di sporcarsi, in modo da essere e rimanere sacerdote oltre il velo del tempio.
Una bella Pastorale che non si apprende solo sui libri, ma si verifica sul campo d’azione, quella Pastorale dell’accoglienza incondizionata, che punta sulla condivisione, la sola capace di costruire la comunità.
«Non si può restare passivi e tanto meno impassibili di fronte alle sofferenze degli altri» (ag) affermano e ribadiscono a piena voce le iniziative da tutti conosciute, tanto da renderne superfluo, anche se doveroso un elenco, l’hanno visto promotore, nuovo “re Mida” nella carità locale, in quanto trasformava in oro il deserto che tutti rileviamo, riscattando i diseredati dall’abbruttimento in cui la vita talora spinge togliendo dignità.
Credo possa far piacere conoscere l’espressione di quel giovane padre che di fronte al sacerdote chiede al figlio “Lo sai chi è questo signore?” «è don Diaz!» dice subito il ragazzo felice di rispondere esattamente alla domanda…«No, Lui è mio babbo, perché devo tutto solo a lui!»
Portare qualcuno ad essere riconoscente indica di per sé l’intenso e profondo lavorio che si può fare in una persona. Non è forse riconoscenza spontanea ciò a cui abbiamo assistito durante il funerale e nelle lunghe ore seguenti in cui, giovani e adulti, hanno cantato, pregato, applaudito…? Può essere altro esempio illuminante quel giovane “maturo e tottu mali cumbinau” che, durante l’omelia del Vescovo, imperterrito e in maniera goffa davanti agli occhi di tutti, si è fatto il segno di croce dopo aver toccato e baciato teneramente la bara…
Amare per primo, amare i più poveri, amare i più deboli, amare i ragazzi… come in una gara di generosità, con uno stile povero e austero, per dare una risposta e un sostegno ai bisogni di tanti, con l’entusiasmo e un coraggio adolescenziale, accompagnato dalla prudenza della maturità.
Per questo non pochi lo sentono parte della loro vita, e riconoscendo la qualità di come abbia speso la sua esistenza, lo indicano non solo come testimone modello, ma anche modello di maestro, perché quelle “maniche di camicia” gli hanno permesso di agire senza paura di sporcarsi, dando lezioni di vita facilmente comprensibili a tutti.
Amilcare Gambella
L’Amministrazione comunale di Carbonia lo ricorda e lo ringrazia: «Ha speso la sua vita per aiutare tutte le persone in grave difficoltà»
Il sindaco e l’Amministrazione comunale di Carbonia ricordano con grande riconoscenza Don Giovanni Diaz con una breve nota diffusa subito dopo la prematura scomparsa, nella quale è definito «uomo giusto che ha dedicato la sua vita al servizio delle persone bisognose».
La figura di Don Diaz è in particolar modo legata al Centro di Accoglienza don Vito Sguotti, istituito nel 1984 (i soci fondatori sono stati nove: Don Giovanni Diaz, Pina Deiana Lai, Antonio Cesare Gerini, Salvatore Marsala, Antonino Favrin, Rita Crisponi, Luigi Uselli, Chiarella Defraia e Rita Maria Grazia Sechi) e da allora orientato all’ospitalità temporanea, all’assistenza morale e materiale, all’aiuto domestico e alla consulenza medico generica e specialistica delle fasce deboli.
Lo spessore morale e umano di Don Diaz è stato apprezzato dall’Amministrazione comunale di Carbonia, «in particolar modo, nel rapporto di collaborazione con la comunità alloggio di via Mazzini e con il Centro di pronto intervento di Medadeddu, che fanno capo al Centro di Accoglienza don Vito Sguotti».
Don Diaz è ricordato con affetto dagli studenti dei quali è stato docente, ha speso la sua vita per aiutare tutte le persone in difficoltà: madri nubili, donne in stato di necessità e i loro bambini, uomini e donne prive di sostentamento e di alloggio, che hanno sempre trovato una parola amica, un piatto caldo e un tetto per ripararsi.
«L’Amministrazione – conclude la nota – saluta e ringrazia Don Diaz per il suo instancabile operato e per quanto ha fatto per la Città, che lo ricorda come esempio concreto di altruismo e impegno solidale.»
Alcuni anni fa, pur mantenendo tutti gli altri impegni, Don Diaz ha accettato l’invito a prendere il posto di Nico Grillo nella gestione e amministrazione di Casa Emmaus, a Iglesias.
Anche in questa nuova esperienza, si è fatto subito apprezzare per il suo apporto in una realtà tanto delicata ed importante per l’intero territorio e la sua presenza è sempre stata discreta e riservata, di grande rispetto per le figure educative che operano all’interno della comunità terapeutica.
Il suo è stato un sostegno vicino ed affettuoso.