#Copagri Sardegna: «Sull’energia, no agli speculatori e no al consumo del suolo».
#Copagri Sardegna prende posizione contro il recente decreto governativo “Sblocca Italia” che lascia mano libera ad ogni risma di speculatori attivi nel campo delle energie alternative: ma così il paesaggio agrario, elemento determinante di valorizzazione delle produzioni agricole sarde, fonte di attrazione del turismo, ne risulterà ampiamente compromesso.
«Si perpetua – dichiara Pietro Tandeddu, coordinatore regionale di Copagri – il consumo del suolo, risorsa non rinnovabile e fonte essenziale per la nostra vita. Negli ultimi 50 anni l’Italia ha perso 8 mq di terreno al secondo. Il rapporto 2014 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) evidenzia anche per il 2012 un consumo del 7,3% del territorio nazionale, pari a 21.890 km quadrati. Non è esente dal fenomeno la Sardegna, con una stima di perdita del 2,8-4,7 %.»
Ancora più dure le parole di Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri: «Si vuole compromettere la funzione agricola di terre fertili per far posto a pale eoliche, impianti solari, fotovoltaici, dichiarando spesso che ben si integrano con le produzioni agricole e illudendo le popolazioni, non sempre, su incrementi sostanziali di occupazione. Si vedano i casi di Narbolia, Villasor, Decimoputzu e Gonnosfanadiga».
Già i due governi nazionali precedenti l’attuale, avevano presentato due specifici ddl sul consumo del suolo che, purtroppo, non hanno avuto seguito nelle aule parlamentari.
La Sardegna, che produce il 30% in più di energia rispetto al fabbisogno, non ha necessità di ulteriore energia. Se c’è una priorità è quella, come la stessa Giunta e molti altri sostengono, di portare il gas sul nostro territorio (a mezzo tubo o gassificatori).
«Per queste ragioni – auspica Ignazio Cirronis – anche attraverso i contenuti dell’annunciato disegno di legge regionale sull’urbanistica, la Regione, i parlamentari sardi, si oppongano con ogni mezzo a questo indirizzo che, tra l’altro, toglie effettiva sovranità al popolo sardo imponendo una discutibile forma di neocentralismo e garantisce, fatto veramente sconcertante, all’impresa privata con scopo di lucro, che produce utili privati, di invocare l’esproprio per pubblica utilità.»