22 November, 2024
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«Sul caso di Bruno, affetto da picacismo e costretto da 16 anni a vivere legato e mascherato nella struttura Aias di Cortoghiana ho già sentito il presidente della commissione Sanità per concordare un’azione rapida affinché si studino i percorsi i più adeguati possibili per questo paziente che ha bisogno di personale dedicato.»

Il presidente del Consiglio regionale Michele Pais, profondamente turbato dalla vicenda di questo paziente, ha assicurato l’appoggio suo personale e di tutto il Consiglio alla Garante regionale delle persone private della libertà personale Irene Testa che nei giorni scorsi ha visitato l’uomo e ha raccontato le condizioni in cui è costretto a vivere.
«Senza entrare nel merito della terapia e dell’assistenza ritengo sia umanamente insostenibile che chiunque possa vivere legato e mascherato. E’ una questione prima di tutto di dignità della persona conclude Michele Pais -. Il Consiglio regionale interverrà con ogni mezzo per garantire a Bruno, e in generale a chi soffre, un’assistenza mirata e che non leda i diritti umani.»

Ho atteso un giorno prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura AIAS di Cortoghiana. Un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti. Non mi sto riferendo alla struttura ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla presidente dell’Unasam (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all’allora ministro della Salute Roberto Speranza e di interrogazioni in Consiglio Regionale della Sardegna. E’ di Bruno che parlo, affetto da picacismo: una patologia che lo porta a ingerire qualsiasi cosa gli capiti davanti. Bruno da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno legato per le mani con un casco in testa. Apparentemente non perché pericoloso verso gli altri, ma verso di sé. Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva: sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi. Non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura. Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno.

Irene Testa

Garante regionale delle persone private della libertà personale