22 November, 2024
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“Noi nascemmo in quel giorno dal sangue che moriva”, scrisse il poeta minatore Manlio Massole ricordando i tre minatori uccisi il 4 settembre 1904. Caduti per ottenere migliori condizioni di lavoro, “eroi senza medaglia” il cui esempio è ancora attuale, anche in un mondo profondamente cambiato dove però non è finito lo sfruttamento dei lavoratori. Lo ha ribadito oggi, a Buggerru, il convegno “L’Eccidio di Buggerru del 4 settembre 1904 – L’importanza e l’incidenza dell’evento nell’ambito storico, sociale e giuridico”, organizzato nell’ambito delle celebrazioni del 120mo anniversario della repressione che schiacciò nel sangue la protesta dei lavoratori della miniera Malfidano.

Introdotti e coordinati dal giornalista Anthony Muroni, i lavori del convegno hanno voluto fare luce  su aspetti meno noti dell’episodio storico da cui scaturì il primo sciopero generale nazionale della storia d’Italia.

«Per tanto tempo questo momento cruciale non ha avuto la giusta rilevanzaha detto la sindaca di Buggerru, Laura Cappelli ma, in questi ultimi 40 anni, è diventato un elemento di forte identità della nostra comunità. Ed è una memoria che rinnoviamo ogni anno per ricordare che, anche dopo 120 anni, le migliori condizioni di vita e di lavoro rimangono un tema fondamentale.»

Al ruolo delle donne nella vita delle miniere e nelle proteste sindacali è stato dedicato l’intervento della scrittrice Iride Peis Concas.

«Una storia – ha dettomai troppo raccontata. Le donne non compaiono nei libri e negli archivi, ma non possiamo ridurle solo a mogli dei minatori. Hanno avuto un ruolo di prima importanza nelle rivendicazioni di migliori condizioni di vita in quegli anni: erano in prima linea a Buggerru, ma anche a Guspini, a Gonnesa, a Monteponi e in tante altre proteste. Ed è successo perché le donne hanno aperto una nuova strada per tutte lavorando nelle miniere come cernitrici. Un lavoro retribuito in denaro significava avere libertà e indipendenza, una rivoluzione in quell’epoca. E le donne non si sono tirate indietro quando c’è stato da lottare per avere una vita migliore.»

Gianni Loy, ex docente di Diritto del lavoro all’Università di Cagliari, si è invece concentrato sulle condizioni di vita dei bambini all’inizio del Novecento.

«Nella Buggerru di quegli anniha detto che voleva essere una piccola Parigi, un luogo meraviglioso dove i francesi a capo della miniera volevano ricreare il loro stile di vita, i bambini venivano precocemente avviati al lavoro, subivano le difficili condizioni di vita delle famiglie ed erano vittime innocenti di eventi più grandi di loro. Ma, anche dal loro ultimo scalino della scala gerarchica, i bambini hanno partecipato alle ribellioni e agli scontri. Quando a Cagliari, nel 1906, le tabaccaie guidano la rivolta contro il caro vita, agli scontri partecipano anche is picciocus de crobi e uno di loro viene ferito dalle fucilate dell’esercito.»

Nell’ultima parte della mattinata, è toccato alla poesia restituire il fermento di quegli anni di acceso conflitto e di nascita di un’identità collettiva. È Riccardo Massole, figlio del poeta Manlio, a far rivivere i versi di due composizioni paterne “Tre uomini uccisi”, dedicata proprio all’Eccidio, e “Contrappunto per un compagno ucciso”. Infine, l’attore Luigi Pusceddu ha concluso il convegno con un monologo che ha rievocato quei giorni concitati di protesta del 1904, diventati poi scintilla della coscienza collettiva dei lavoratori italiani.

Domani, 4 settembre, il momento clou delle celebrazioni, dalle ore 9.00 in piazza Eccidio, con la santa Messa di commemorazione, la deposizione della corona davanti alla targa che ricorda i morti e gli interventi delle autorità e delle rappresentanze sindacali. Dopo i saluti della sindaca Laura Cappelli, interverranno il presidente del Consiglio regionale Piero Comandini, la presidente della Regione Alessandra Todde,  il segretario confederale nazionale della Cisl Ignazio Ganga, il segretario organizzativo nazionale della Uil Emanuele Ronzoni, la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi.

 

Domenica 24 maggio, alle 21.00, al Teatro delle Saline prosegue la rassegna “1 € festival”. “Cherridoras”, testo e regia di Elena Musio, verrà portata in scena dalla compagnia Ilos. I racconti delle miniere di Montevecchio sono di Iride Peis Concas.

“Cherridoras” – “Imus tott’inie… pro unu mossu ‘e pane”. Nelle miniere della Sardegna, in particolare di Sos Enattos, di Guzzurra e di Monteveccho, si sviluppano le storie presentate in questo spettacolo. La narratrice, testimone diretta dell’evoluzione di una comunità, ripercorre, sul filo della memoria, la sua e l’altrui esistenza attraverso alcuni fatti che l’hanno segnata nel bene e nel male. Lo spettacolo vuole raccontare, non solo la dura e spietata quotidianità delle miniere, ma soprattutto la grande umanità delle persone che ci vivevano, mettendo in risalto l’altruismo e la solidarietà da parte di tutto il villaggio, non solo nei momenti di allegria ma, soprattutto, di tristezza e di bisogno; la grande rete che si muoveva in aiuto di quello che aveva subito una disgrazia o un’ingiustizia, terrena o divina che fosse. Col passare degli anni… come ben scrive la scrittrice Iride Peis Concas… «le vene del minerale si sono esaurite, i minatori non scendono più sotto terra, le donne non separano più l’utile dallo sterile e la campana del riposo tace, le famiglie dei minatori si sono disperse nei loro paesi d’origine… nulla è più come prima»… ma la gente che ha vissuto in tutte le miniere della Sardegna, ha una ricchezza che non si esaurirà, è giusto coglierla, e raccontare le loro storie, perché patrimonio di tutti noi. Uno spettacolo che, alternando l’uso dell’italiano a quello della lingua sarda, nelle varianti barbaricina e campidanese, offre uno spaccato della vita in miniera. Una rievocazione lontana sia dalle tradizionali messe in scena disperate e struggenti, che da quelle false e consolatorie.

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